Ancora la città-dormitorio



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Alcuni problemi


Una delle problematiche che gli studiosi dell'immigrazione nel nostro paese stanno riscontrando negli ultimi anni è la diffusione di forme di disagio abitativo anche tra persone che sono riuscite a consolidare almeno temporaneamente il loro status su alcuni degli altri fronti su cui non possono fare a meno di impegnarsi: ci su trova così di fronte a persone che lavorano con contratti a norma, in regola anche con il permesso di soggiorno, che sono però costretti a cercare riparo per la notte in sistemazioni che venivano considerate tipiche di chi è appena arrivato in Italia o comunque non è riuscito a integrarsi: le baracche e le fabbriche dismesse.
La relazione tra sistemazione abitativa da un lato e stabilizzazione/regolarità dall’altro è parziale. Quasi sempre quando viene sgomberato un insediamento abusivo, quando un incendio colpisce un capannone in cui sono rifugiati degli immigrati, si scopre con apparente sorpresa – un po’ di inconsapevolezza , un po’ di ipocrisia – che tra gli ospiti vi sono anche immigrati regolari e immigrati che lavorano22.
Questo fenomeno, di per sé segnale eloquente delle grandi carenze del sistema dei servizi sociali ma anche gravissima violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla nostra legislazione, sembra riguardare Cologno meno di altri territori circostanti, come Sesto San Giovanni o la zona di Crescenzago-via Adriano a Milano, con la loro abbondanza di aree industriali in stato di abbandono. Ma anche qui negli anni passati non sono mancati sgomberi da parte delle forze dell’ordine di piccoli insediamenti abusivi, in diverse parti della città, come si ricava dal dettagliatissimo spoglio delle pagine di cronaca locale dei quotidiani compilato dagli estensori del Rapporto 2003 su Cologno Monzese Sicura23.

È appena il caso di ricordare che chi vive in queste condizioni, oltre alla difficoltà di risolvere le incombenze quotidiane relative all'igiene personale, al riscaldamento, alla preparazione del cibo, è esposto a pericoli gravi per la propria sicurezza: queste persone, la cui presenza facilmente disturba chi abita nel circondario, corrono ad esempio il rischio di vedere tutti i loro beni rubati o bruciati.


Certamente molto più frequente nella nostra realtà è la situazione di chi deve condividere una stanza con altri, magari sconosciuti. Al subaffitto si associano spessissimo problemi di sovraffollamento e promiscuità. Per rappresentare questo fenomeno, possiamo immaginare un appartamento di due o tre locali, in cui si stivano 10 o 12 persone, ma sappiamo di casi in cui gli ‘inquilini’ erano molto più numerosi. E anche a Cologno è successo certamente che vi fossero posti-letto affittati a rotazione, con fruitori suddivisi per fasce orarie.

Se si conosce il livello medio degli affitti a Cologno, e sapendo che per questo tipo di sistemazioni vengono pagati solitamente tra 150 e 200 euro al mese, si può facilmente intuire quale può essere la tentazione di lucrare sul bisogno altrui. Stando a quanto emerge dalla nostra indagine, questi sfruttatori sono altrettanto numerosi tra gli italiani e tra gli stranieri. Tra questi ultimi, sembra che un numero consistente, forse la maggior parte, abiti nello stesso appartamento che viene subaffittato. E, sempre nel caso in cui a raccogliere il ‘canone’ mensile sia uno straniero, si tratta solo qualche volta di subaffitto vero e proprio. Altre volte invece sono famiglie che decidono di condividere con estranei le spese di mutuo dell'appartamento che hanno acquistato: in questo secondo caso, capita che non ci sia vero sfruttamento, che cioè il prezzo richiesto per il posto-letto venga effettivamente stabilito sulla base di una ripartizione delle spese di mutuo.

Tornando invece al caso forse più frequente, i ‘capi’, sono coloro che prendono in affitto una casa, ci vanno ad abitare essi stessi e la riempiono di altre persone, speculando sull’operazione: “ultimamente lo fanno anche persone normalissime, non legate a organizzazioni: loro lo hanno vissuto sulla loro pelle e ora hanno capito come funziona, appena sono a posto [con i documenti] lo fanno pure loro” (Ai 1).

Spesso queste persone vengono chiamate ‘proprietari’, e a volte l’improprietà linguistica nasconde il fatto che la particolarità della loro posizione non viene compresa. Capita ancora che essi diventino il punto di riferimento dei loro co-inquilini anche per necessità diverse da quelle dell'alloggio, tra cui alcune illecite come il reperimento di documenti falsi. Anche in questo caso risulta con evidenza come l'amministrazione e le forze sociali della città abbiano tutto l’interesse a contrastare queste poco sane forme di inserimento nella società italiana, facilitando invece i percorsi di integrazione e di assunzione dei propri diritti e doveri. Nel caso degli irregolari il discorso è molto più complesso, e dipende in larga misura dalle scelte politiche attuate a livello nazionale, ma ci pare che il piccolo esempio degli affari loschi che possono nascere a partire dallo sfruttamento del subaffitto spieghi perché gli enti locali dovrebbero fare il possibile per evitare che anche chi è sprovvisto del permesso di soggiorno cada nell'emarginazione.

Tornando ai problemi più ordinari della coabitazione, nei colloqui sia con gli agenti sia con i cittadini stranieri sono emerse descrizioni molto vivide delle difficoltà che sorgono dalla condivisione di spazi ristretti.

Ecco un esempio fra i tanti possibili:


Prima abitavo con altri sette in una camera, con letti uno sopra l’altro, con anche una coppia di ecuadoregni che hanno anche avuto un figlio mentre erano lì...

Ma dai, un figlio...

Sì [ride]. La proprietaria [in realtà la donna che subaffittava] era come una generala, brava però, una brava generala. Il problema era che c’era solo un bagno, eravamo in tutto più di 13. Io sono riuscita a stare un anno così, finché non c’è stato un litigio e me ne sono andata.

[...] Sono stata con dei colombiani, all’inizio sembravano bravi, ma rovistavano tutte le mie cose, dormivano nel mio letto...

(Cs 2)
Il sovraffollamento diventa anche più gravoso se vengono mescolate le abitudini e le culture di paesi diversi: nella maggior parte dei casi questi appartamenti-pensione ospitano persone provenienti da un unico stato, o comunque dalla stessa area culturale-linguistica. Ma non mancano le situazioni di rimescolamento, in cui risulta più accentuato il ruolo di comando dei proprietari e dei ‘capi’.

Quando va bene, essi si limitano a tentare di mantenere un minimo di ordine e a fare rispettare qualche regola. Possono però facilmente usare la loro autorità in modo arbitrario e dispotico. Ancora una volta, partendo dalle interviste sarebbe facile compilare un catalogo delle bizzarrie e delle angherie a cui vengono sottoposti gli inquilini di queste case. Ne citiamo solo una: uno degli intervistati, un distinto signore sessantacinquenne, che pure sembrava complessivamente soddisfatto della sua sistemazione, è sconcertato per la sua padrona di casa che sembra divertirsi a spostare le persone da una stanza all'altra, e che gli ha anche proposto di condividere con lei un letto matrimoniale: “figuriamoci – ha commentato – dopo 42 anni di vita matrimoniale!” (Cs 6).
“Perché vi sia discriminazione nei confronti degli immigrati non è necessario che vi sia un livello elevato di pregiudizio razziale. Si tratta invece di un fenomeno inerente al mercato dell’affitto”24.

Una prima forma di tale discriminazione è già stata più volte ricordata: ci sono proprietari non disposti ad affittare a inquilini stranieri. Tanti o pochi che siano, a causa del loro atteggiamento di rifiuto tra gli immigrati si diffonde scetticismo:


Poi non cerchiamo anche per le voci che girano tra i migranti.

[…] I miei amici mi hanno detto che era inutile anche perché gli stranieri hanno la fama di distruggere la casa in cui vanno.

(Cs 2)

Quando andiamo nelle agenzie di Cologno, loro pensano sempre che siamo arabi, dicono che non c’è niente. Comprare non posso, perché il mio lavoro non è stabile, ma non so neanche come si fa a comprare. Mi piacerebbe comprare, perché così pago casa mia, ma io da solo non riesco.



Siamo andati in quasi tutte le agenzie di Cologno. Ti trattano in un modo un po’ strano, non ci credo che non c’è neanche una casa da affittare. E poi non ti guardano in faccia… non come gli altri italiani, credo che a loro non piacciono gli arabi.

Hanno anche ragione, ci sono tanti arabi che fanno schifo, rompono tutto, con loro ti senti male, vogliono sempre fare casino, vengono da famiglie non buone.

(Cs 1)
Moltissime volte quando sentivano che sono straniero dicevano “già affittato”.

Tante volte scrivono “referenziati”, e quando scrivono così vuol dire solo italiani, questo lo so.

(Cs 6)
Negli anni scorsi questa situazione di “spropositato rifiuto, legato ad una diffusa mancanza di fiducia (anche razzismo) nei confronti degli stranieri” è stata denunciata pubblicamente dall’associazione Una casa per gli amici25.

Ma anche quando riescono a trovare un alloggio, gli immigrati corrono forti rischi di ricevere un trattamento peggiore, in primo luogo dal punto di vista finanziario:


E’ certamente grave, ma non può essere smentito: il passaparola fra proprietari ha creato ormai delle regole non scritte, degli accordi taciti (potremo anche chiamarlo un cartello) che ha delineato un canone “speciale” per immigrati., canone che si colloca oltre il livello del canone libero, provocando automaticamente l’espulsione dei più deboli dal mercato.26
Anche in questo caso, tra gli intervistati qualcuno conferma quanto emerge dalle ricerche:
Qui prima di tutto non c’è l'affitto, poi quando sanno che sei extracomunitario aumentano subito, da 500 a 700 euro, con magari 4000 euro di anticipo.

(Cs 3)
In sintesi, le modalità della discriminazione sono riconducibili alle seguenti:


1) i proprietari di case non affittano a stranieri (specie se di colore o albanesi) senza adeguate garanzie;

2) se affittano a stranieri pretendono un costo aggiuntivo e in molti casi, per i regolari, anche la stipula di una fideiussione bancaria;

3) se affittano a stranieri, specie nelle grandi città, l’affitto è in genere transitorio e si paga a persona anziché a mq.;

4) anche le agenzie immobiliari approfittano della situazione chiedendo spesso somme rilevanti (fino a 250.000 lire) a titolo di mediazione per la ricerca di un appartamento che mai si materializzerà e negando il risarcimento, anche parziale, della somma ricevuta.27


Con il quarto punto dell’elenco tuttavia si entra in un ambito che è più proprio definire come truffa. Anche alcuni agenti confermano che qualche loro collega, soprattutto a Milano, segue la prassi descritta sopra: i clienti vengono convinti a versare un certo quantitativo in contanti, in cambio della disponibilità – da parte dell’agente – a mostrare loro un appartamento libero; si tratta in molti casi di alloggi in condizioni disastrose, ma l’affare viene condotto in maniera tale che dal punto di vista strettamente formale non vi siano violazioni o irregolarità. Ecco l’efficace descrizione di un agente:
Soprattutto a Milano ci sono agenzie che promettono contatti in cambio di mezzo milione, e poi io ti faccio vedere un tugurio, ma io sono a posto. se poi riesco a affittarti l'appartamento tu mi devi dare anche la provvigione. Magari è sempre lo stesso schifoso tugurio, dove nessuno andrebbe manco se lo pagassero.

(Ai 1)
Di fronte ai tentativi di raggiro a danno degli immigrati, che sono molti e diversi, qualcuno reagisce:

Poi siamo andate in un’agenzia di corso Roma.

E com’è andata?

Siamo andate dai carabinieri.



Come?

Quando siamo andate via non ci volevano ridare la cauzione. Avevamo fatto qualche danno, ma quelli normali, se si rompe una sedia già mezza rotta…

I carabinieri hanno chiamato l’agenzia e ci hanno ridato metà della cauzione.

(Cs 7)
Quando ho comprato casa sono stato fregato dall'agenzia, mi sono trovato 10000 euro di spese condominiali arretrate, dal notaio mi hanno fatto vedere le note soltanto con le ultime spese, quelle pagate, poi l'amministratore mi ha chiamato per tutte quelle precedenti.

La segretaria dell’amministratore dice che devo pagare le spese, ma io ho visto bene, sul rogito c’è scritto che tutte le spese fino al giorno del rogito sono della parte venditrice. Ma molta gente, se non ha studiato, si fa fregare. Per ora ho fatto tutto da solo, niente avvocato.

(Cs 3)
Naturalmente non tutti sono in grado di procedere con la determinazione e la competenza dimostrate da questo cittadino: e ancora una volta il tema dell’informazione generalizzata sui propri diritti e doveri risulta cruciale.

Le ultime modifiche della legislazione sull’immigrazione hanno reso più complesso l’intreccio tra il problema dell’alloggio degli stranieri e quello della regolarità dei loro titoli di permanenza sul territorio nazionale: un certificato di idoneità alloggiativa viene richiesto per il rilascio del permesso e della carta di soggiorno e per il nulla-osta al ricongiungimento familiare; e una popolazione straniera che sempre più tende a stabilizzarsi nel nostro paese significa anche una crescita rapidissima delle domande di ricongiungimento.

La questione è ulteriormente complicata dalla scarsa chiarezza e dal sovrapporsi delle norme che fissano gli standard per l’idoneità e l’abitabilità. D’altra parte gli agenti immobiliari, che non sono certamente tenuti a conoscere le leggi e i regolamenti riguardanti gli stranieri, anche volendo faticherebbero molto a orientare i loro clienti non italiani nell'acquisto di abitazioni che rispondano a tutti i criteri. A causa di ciò, capita purtroppo che persone che con enormi sacrifici sono riuscite a comprare una casa e progettano di riunificare la famiglia, si ritrovino invece di fronte all’impossibilità di ottenere il nulla-osta degli uffici competenti.

Il funzionario comunale che effettua i sopralluoghi necessari per la certificazione ritiene che le situazioni più critiche siano costituite da sottotetti e seminterrati: si tratta del tipico caso di alloggi fuori standard che vengono immessi sul mercato esclusivamente per una clientela straniera, che peraltro li deve pagare a caro prezzo. Dai suoi racconti emerge tutta una casistica delle sistemazioni precarie, come le verande trasformate in camere da letto. Ma a parte i casi più evidenti, ci sono altre caratteristiche delle case che possono impedire il rilascio del nulla-osta: dalla collocazione della caldaia all’assenza di un sistema fisso di riscaldamento, dalla dimensione dei diversi locali, che non deve essere inferiore a un numero definito di metri quadrati, alla dotazione di sanitari.

In generale, tra gli addetti ai lavori è abbastanza condivisa l’idea secondo cui, pur in un contesto problematico come quello della normativa italiana sui cittadini stranieri, l’ambito dell’abitazione sia particolarmente intricato; anche a Cologno l'informazione circolante su questo tema è scarsa e imprecisa, e le persone direttamente interessate – gli immigrati – sono molto poco consapevoli dei loro diritti e doveri. Se tutto questo è vero, vi è un grande bisogno di un’azione positiva di sensibilizzazione e di orientamento.


Nel corso del colloquio, uno degli agenti immobiliari ha dato grande rilevanza a un’altra questione di carattere burocratico, che a suo avviso costituisce una grande difficoltà per gli stranieri che vogliono comprare casa: si tratta del certificato di residenza che le banche richiedono ai fini dell'erogazione di un mutuo. Se i potenziali acquirenti risiedono in un comune diverso da quello della casa desiderata, l’accensione del mutuo sarebbe fortemente complicata.

Riportiamo anche il suggerimento dell’agente, che propone di cercare qualche forma di scappatoia legale a questo problema, ad esempio con la concessione di una certificazione della domanda di residenza, che possa essere presentata alle banche.


Un altro tema spinoso su cui, nonostante i nostri tentativi, non siamo riusciti a raccogliere informazioni di rilievo è quello dell’abusivismo nelle case di proprietà pubblica. Il significato dell’eventuale presenza di stranieri tra gli occupanti di appartamenti dovrebbe essere valutato con estrema attenzione, in particolare perché spesso questo fenomeno si collega strettamente con quello, molto più grave, del controllo del territorio da parte delle organizzazioni malavitose.
È necessario infine almeno un accenno a un altro problema, che pure non ha una rilevanza specifica sul territorio preso in considerazione, ma riguarda in generale tutta l’Italia: in parallelo alla lenta ma costante crescita degli acquisti immobiliari da parte di cittadini stranieri, aumenta anche il numero di lavoratori non italiani che hanno contratti atipici, o comunque diversi da quel rapporto a tempo indeterminato che per molte agenzie bancarie sembra ancora costituire una condizione sine qua non per l'accensione di un mutuo. Chiaramente questa contraddizione, oltre a non avere un carattere locale, non colpisce esclusivamente gli immigrati: nell'area milanese le nuove forme di lavoro autonomo e parasubordinato riguardano primariamente i giovani italiani, che però spesso, potendo contare su reti famigliari più solide, hanno una possibilità in più di riuscire a presentare le garanzie finanziarie richieste a chi non dispone di buste-paga regolari.

Anche relativamente a questo punto riportiamo un brano di intervista:


Per fare il mutuo hai avuto problemi particolari?

Sì, lavorando con una cooperativa c’è bisogno di un garante, anche se poi dipende dalla banca: ci sono anche delle agenzie con le mani dentro le banche e ti fanno il mutuo anche senza busta-paga, anche se non lavori, una quota se la mette in tasca direttamente il direttore della banca.

Anche il garante deve avere una busta-paga, stesse condizioni. Io ho fatto un socio per comprare, mi ha obbligato la banca, io non volevo perché avevo paura che mi fregasse, che mi rompesse le palle, ma l’agenzia gli ha fatto firmare subito un atto di vendita. Serve un socio o un garante, o tutti e due.

(Cs 3)



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