CAPITOLO DECIMO
Libro VII:407 - 10, 1. Occupata così la fortezza, il comandante vi lasciò una guarnigione, e col resto dell'esercito fece ritorno a Cesarea.
Libro VII:408 Nessun nemico restava infatti nel paese, ormai tutto sottomesso nel corso della lunga guerra, che s'era fatta sentire anche presso molti giudei residenti nelle regioni più lontane esponendoli al pericolo di disordini.
Libro VII:409 Accadde inoltre, qualche tempo dopo, che molti giudei trovarono la morte ad Alessandria d'Egitto.
Libro VII:410 Infatti quelli che erano riusciti a trovarvi scampo dall'insurrezione dei sicari, non contenti di essersi salvati, ripresero le loro macchinazioni incitando molti dei loro ospiti a intraprendere la lotta per la libertà, a giudicare i romani per niente superiori a loro e a considerare come padrone soltanto Dio.
Libro VII:411 Contrastati da alcuni notabili della stessa comunità giudaica, assassinarono costoro continuando a insistere presso gli altri con gli incitamenti alla rivolta.
Libro VII:412 Viste le loro pazzesche intenzioni, i membri più autorevoli del consiglio ritennero che per loro rappresentava ormai un pericolo non intervenire e, raccolti in assemblea tutti i giudei, denunziarono i folli propositi dei sicari, dimostrando che erano loro i colpevoli di tutti i disastri.
Libro VII:413 Aggiunsero che quelli, non avendo pur dopo la fuga sicura speranza di essersi messi in salvo perché appena riconosciuti sarebbero stati immediatamente messi a morte dai romani, cercavano di coinvolgere nella propria rovina chi non aveva avuto parte in nessuno dei loro delitti.
Libro VII:414 Conclusero esortando l'adunanza a guardarsi dalle pericolose manovre di quelli e a consegnarli ai romani per dimostrare la loro lealtà.
Libro VII:415 Vista la gravità del pericolo, il popolo accolse l'esortazione e, scatenatosi furiosamente contro i sicari, li gettò in prigione.
Libro VII:416 Seicento vennero catturati immediatamente; quelli che avevano cercato di fuggire all'interno dell'Egitto, e in particolare a Tebe, dopo non molto vennero arrestati e riportati indietro.
Libro VII:417 Riguardo a costoro non vi fu alcuno che non restasse ammirato per la loro fermezza e per la forza d'animo, o cieco fanatismo che dir si voglia;
Libro VII:418 infatti, pur essendo stata escogitata contro di loro ogni forma di supplizio e di tortura soltanto perché dicessero di riconoscere Cesare come loro padrone, nessuno cedette o fu sul punto di cedere, ma tutti serbarono il proprio convincimento al di sopra di ogni costrizione, accogliendo i tormenti e il fuoco con il corpo che pareva insensibile e l'anima quasi esultante.
Libro VII:419 Ma a impressionare più di tutti chi era presente furono i ragazzi, dei quali non uno si lasciò piegare a chiamare Cesare il suo padrone: a tal punto la forza d'animo prevalse sulla debolezza dei loro corpi!
Libro VII:420 - 10, 2. Governatore di Alessandria era allora Lupo, che senza indugi informò Cesare di questi fermenti di rivolta.
Libro VII:421 L'imperatore, insospettito delle inesauste tendenze rivoluzionarie dei giudei e temendo che si raccogliessero di nuovo in forze attirando anche altri dalla loro parte, ordinò a Lupo di distruggere il tempio giudaico nel cosiddetto distretto di Onias,
Libro VII:422 che si trova in Egitto e fu costituito con tale denominazione nelle seguenti circostanze.
Libro VII:423 Onias figlio di Simone, uno dei sommi sacerdoti di Gerusalemme, al tempo in cui Antioco re di Siria portò guerra ai giudei fuggì ad Alessandria, dove dal re Tolomeo, in odio ad Antioco, gli vennero riservate cordiali accoglienze; egli allora promise che gli avrebbe assicurata l'alleanza del popolo giudaico se avesse accettato una sua proposta.
Libro VII:424 Il re s'impegnò a fare nei limiti delle sue possibilità, e Onias gli chiese il permesso di costruire in una qualsiasi località dell'Egitto un tempio da destinare al culto del Dio secondo i riti tradizionali.
Libro VII:425 Così da un lato i giudei sarebbero divenuti ancora più ostili ad Antioco, che aveva saccheggiato il tempio di Gerusalemme, dall'altra avrebbero nutrito per lui maggiori simpatie, e in gran numero si sarebbero raccolti presso di lui grazie alla libertà del culto.
Libro VII:426 - 10, 3. Tolemeo accolse la proposta e gli assegnò un distretto a centottanta stadi di distanza da Menfi, nel nomo che si chiama Eliopolitano.
Libro VII:427 Qui Onias impiantò una fortezza e poi costruì il tempio - non a somiglianza di quello di Gerusalemme, ma a forma di torre - usando grossi blocchi di pietra e facendogli raggiungere l'altezza di sessanta cubiti.
Libro VII:428 Nella costruzione dell'altare, tuttavia, imitò quello del santuario in patria, e lo stesso fece nell'adornare il tempio con doni votivi, ad eccezione del candelabro che era di foggia diversa;
Libro VII:429 infatti invece di un candelabro fece lavorare in oro un lampadario che irradiava una vivida luce appeso a una catena anch'essa d'oro.
Libro VII:430 Il sacro recinto fu tutto circondato da un muro di mattoni cotti con le aperture delle porte in pietra. Il re gli assegnò inoltre una grande estensione di terreno per ricavarne le rendite necessarie ad assicurare larghezza di mezzi ai sacerdoti e alla celebrazione delle cerimonie di culto per il Dio.
Libro VII:431 Tutto questo però Onias non lo fece con buone intenzioni, ma per l'astio che nutriva contro i giudei di Gerusalemme spinto dal rancore per il suo esilio, e con l'erezione di questo tempio sperava di attirarvi la moltitudine sottraendola a quelli.
Libro VII:432 V'era poi un'antica profezia, vecchia di circa seicento anni, fatta da Isaia, che aveva predetto la costruzione di questo tempio in Egitto ad opera di un giudeo. Tale fu, dunque, l'origine di questo tempio.
Libro VII:433 - 10, 4. Lupo, il governatore di Alessandria, ricevuta la lettera dell'imperatore, raggiunse il tempio e, avendone asportato alcuni doni votivi, lo chiuse.
Libro VII:434 Morto di lì a poco Lupo, il suo successore Paolino non soltanto spogliò il tempio di tutti i doni votivi, avendo rivolto gravi minacce ai sacerdoti se non glieli consegnavano tutti, ma vietò anche l'ingresso nel santuario a chi voleva fare cerimonie di culto e,
Libro VII:435 sbarrate le porte, lo rese del tutto inaccessibile, si da non lasciare in quel luogo neppure una traccia del culto divino.
Libro VII:436 Dalla costruzione del tempio fino alla sua chiusura erano passati trecentoquarantatré anni.
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