Guerra giudaica



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LIBRO I

CAPITOLO VENTICINQUESIMO

Libro I:498 - 25, 1. Alessandro, quando vide che non era possibile far cambiare idea al padre, decise di affrontare la situazione e scris­se un atto di accusa in quattro fascicoli contro i suoi nemici, in cui confessava il complotto ma ne denunziava come com­plici la maggior parte di loro, a cominciare da Ferora e Salome; quanto a quest'ultima poi dichiarava che una notte aveva voluto per forza unirsi con lui, nonostante le sue resistenze.


Libro I:499 I fascicoli erano nelle mani di Erode con le numerose e terribili accuse contro i personaggi di maggior rilievo, quan­do in tutta fretta arrivò in Giudea Archelao, preoccupato per il genero e per la figlia. Con la sua grande accortezza fu loro di aiuto ed ebbe l'abilità di stornare le minacce del re.
Libro I:500 Infatti, incontratosi subito con lui, gridava: “Dov'è quel delinquente di mio genero? Dove potrò trovare la testa di quel parricida per potergliela staccare con le mie mani? Anche a mia figlia farò fare la stessa fine del suo bravo marito; poiché se anche non ha avuto parte nel complotto, è contaminata dall'es­sere stata moglie di un uomo siffatto!
Libro I:501 Mi stupisce poi la tua tolleranza verso chi ha congiurato contro di te, visto che Ales­sandro è ancora vivo. Io sono arrivato in tutta fretta dalla Cappadocia pensando che l'avrei trovato ormai già colpito dalla pena e con l'intenzione di unirmi a te nel giudicare mia figlia, che io gli feci sposare in omaggio alla tua dignità. In­vece ora dobbiamo decidere sul conto di tutti e due, e se sei un padre troppo debole per punire un figlio traditore, sosti­tuiamo le destre e ognuno si prenda il compito di dar sfogo allo sdegno dell'altro”.
Libro I:502 - 25, 2. Con questo violento discorso egli convinse Erode, nonostante la sua diffidenza, e quello gli fece leggere i fasci­coli composti da Alessandro, soffermandosi a esaminarli con lui capitolo per capitolo. Archelao colse l'occasione per svi­luppare il suo astuto disegno, e a poco a poco riversò le colpe su coloro che erano denunziati e su Ferora. E quando vide che il re lo seguiva, concluse:
Libro I:503 “Ciò che dobbiamo indagare non è se il ragazzo ha complottato contro di te, ma se contro il ra­gazzo hanno complottato tutti questi furfanti; non si scorge infatti la ragione per cui egli, che pure già godeva di onori regali e sperava nella successione, si sarebbe spinto a una tale nefandezza se non vi fosse chi lo istiga, e indirizza al mal fare la sua giovanile docilità. Da simili persone rimangono ingan­nati non soltanto i giovani, ma anche gli anziani, e ne vengono mandati in rovina casati assai illustri e regni interi”.
Libro I:504 - 25, 3. Erode approvò tali parole, e un po' alla volta lasciò sbollire lo sdegno contro Alessandro mentre si adirava contro Ferora, che nei quattro fascicoli appariva come il personaggio chiave. Ferora, accortosi dei mutati sentimenti del re, e che su di lui l'amicizia di Archelao aveva un potere superiore a ogni altro, poiché non c'era modo di uscirne onorevolmente, cercò di cavarsela con la sfrontatezza; perciò lasciò stare Alessandro e chiese aiuto ad Archelao.
Libro I:505 Costui gli rispose di non vedere come poteva intercedere per una persona schiacciata sotto il peso di tante accuse, da cui risultava chiaramente che aveva ordito il complotto contro il re e dato origine alla presente disgrazia del figlio, a meno che non si risolvesse a mettere da parte le manovre e i dinieghi, e ad ammettere i fatti incrimi­nati, chiedendone il perdono a chi era suo fratello e gli voleva veramente bene; ad ottenerlo egli lo avrebbe aiutato in ogni modo.
Libro I:506 - 25, 4. Ferora gli diede ascolto e, vestitosi di nero, in modo da destare la massima commiserazione, tutto piangente si gettò ai piedi di Erode, implorando il perdono che già altre volte aveva ottenuto e ammettendo di essere uno sporco tra­ditore, poiché realmente aveva fatto tutto ciò di cui era accu­sato, ma invocando pietà per la confusione mentale e per la follia di cui diceva esser causa l'amore per la moglie.
Libro I:507 Dopo aver così indotto Ferora a farsi accusatore e testimone contro sé stesso, Archelao prese poi ad intercedere per lui e placò lo sdegno di Erode ricorrendo a esempi di casa sua; anche lui infatti, pur subendo dal fratello affronti di gran lunga più gravi, aveva anteposto i diritti della natura alla vendetta; e in realtà nei regni, come nelle corporature massicce, c'è sem­pre qualche membro che s'infiamma per il peso che sopporta, e non si deve amputarlo, ma curarlo con una certa delicatezza.
Libro I:508 - 25, 5. Con questi discorsi, e molti altri simili, Archelao ammansì Erode nei riguardi di Ferora, ma continuò a mo­strarsi sdegnato contro Alessandro, e diceva di voler far sepa­rare la figlia per riportarsela a casa, fino a che indusse Erode a intercedere a sua volta per il figlio e a richiedergli di nuovo la mano della figlia. Ma Archelao, con un tono che sembrava assolutamente sincero, replicò che la figlia l'avrebbe volen­tieri data a chiunque altro volesse dei suoi, tranne però che ad Alessandro; infatti faceva grandissimo conto di conservare i legami di parentela con lui.
Libro I:509 Ma il re insisté col dire che Ar­chelao gli avrebbe come restituito in dono suo figlio acconsen­tendo a non rompere il matrimonio, anche perché avevano già dei figli, e la moglie era molto amata dal giovane, sì che, restando, avrebbe contribuito a farlo pentire degli errori com­messi, mentre, se gli veniva strappata, ciò lo avrebbe spinto alla completa disperazione;
Libro I:510 infatti le nature violente diventano più dolci sotto l'azione degli affetti domestici. Archelao con gran stento finì col consentire, fece la riconciliazione col gio­vane, e gliela fece fare col padre. Disse, però, che bisognava assolutamente mandarlo a Roma per un incontro con Cesare, al quale egli aveva scritto di persona informandolo di tutto.
Libro I:511 - 25, 6. Così si concluse l'abile manovra con cui Archelao salvò il genero, e dopo la riconciliazione passarono parecchi giorni in conviti e ricevimenti. Al momento della partenza, Erode gli regalò doni per settanta talenti, un trono d'oro tem­pestato di pietre preziose, eunuchi e una cortigiana che si chiamava Pannychis, e a ognuna delle personalità del seguito fece dei presenti adeguati alla loro importanza.
Libro I:512 Per volere del re, anche i dignitari di corte fecero tutti dei magnifici regali ad Archelao, che venne scortato fino ad Antiochia da Erode e dai notabili.


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