Guerra giudaica



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LIBRO I

CAPITOLO TRENTUNESIMO

Libro I:601 - 31, 1. Oltre a costoro, anche Batillo concorse a confermare definitivamente le mene di Antipatro; era un suo liberto che arrivò portando un'altra pozione mortifera, composta di ve­leni di vipere e di secrezioni di altri serpenti, sì che, se non fa­cesse effetto il primo veleno, Ferora e la moglie potessero ar­marsi di quest'altro contro il re.


Libro I:602 Come prova aggiuntiva della sua scelleraggine contro il re, Batillo esibì delle lettere fabbri­cate da Antipatro contro i fratelli: si trattava di Archelao e di Filippo, figli del re, che stavano a studiare a Roma, ed erano ormai grandicelli e pieni di senno.
Libro I:603 Essi davano ombra alle sue speranze e Antipatro, cercando di liberarsene, alcune let­tere contro di loro le falsificò a nome degli amici di Roma, mentre da altri amici corrotti con denaro fece scrivere che i due giovani parlavano sempre male del padre, che compian­gevano apertamente Alessandro e Aristobulo, e che non erano contenti di rientrate in patria; infatti già il padre li aveva man­dati a chiamare, e proprio questo era ciò che più turbava Antipatro.
Libro I:604 - 31, 2. E anche prima del suo viaggio, quando stava ancora in Giudea, egli a pagamento otteneva che da Roma ve­nissero inviate simili lettere contro i due giovani, e poi, per evitare i sospetti, si recava dal padre a difendere i fratelli, di­cendo ora che alcune delle cose scritte erano false, ora che si trattava di intemperanze giovanili.
Libro I:605 Allora poi, avendo dovuto sborsare grosse somme a coloro che avevano scritto contro i fratelli, egli cercò di confondere le relative prove acquistando vesti assai costose e tappeti variopinti e coppe d'argento e d'oro e molti altri oggetti di valore, si da occultare nella massa di tali spese i compensi versati a quelli. Pertanto mise in conto una spesa dell'ammontare di duecento talenti, di cui la mag­gior parte figuravano usciti per la causa contro Silleo.
Libro I:606 Ma sebbene allora tutte le sue mascalzonate, anche di minor conto, fossero state scoperte assieme a quella principale, sebbene al­lora tutte le indagini lo avessero proclamato parricida e le lettere lo avessero rivelato fratricida per la seconda volta, pur tuttavia nessuno di quelli che arrivavano a Roma lo in­formò di quanto accadeva in Giudea, nonostante passassero sette mesi fra l'affiorare delle prove a suo carico e il suo rimpatrio: tanto era l'odio che tutti nutrivano per lui!
Libro I:607 O forse furono le ombre dei fratelli assassinati che chiusero la bocca a chi voleva parlare. Pertanto scrisse da Roma annunziando con lieta parola il suo ritorno e informando di essere stato congedato da Cesare con tutti gli onori.
Libro I:608 - 31, 3. Il re, impaziente di mettere le mani sul cospiratore e temendo che egli venisse preavvertito e si mettesse al si­curo, gli rispose con una lettera piena di espressioni affet­tuose pregandolo di affrettarsi; se fosse arrivato presto,' lui avrebbe messo fine anche ai rancori contro la madre; e infatti Antipatro sapeva del ripudio di sua madre.
Libro I:609 Ma ancor prima aveva ricevuto a Taranto la lettera con la notizia della morte di Ferora e ne aveva mostrato un gran lutto, che alcuni apprezzarono come segno di attaccamento allo zio, mentre, a quanto sembra, il dispiacere era per il fallimento della con­giura, ed egli rimpiangeva non Ferora, ma il complice; inol­tre, lo aveva ormai assalito una certa paura delle macchina­zioni, soprattutto che non si scoprisse il veleno.
Libro I:610 Ma allora, ricevuta in Cilicia la lettera del padre che dicevamo, acce­lerò il viaggio, poi, approdando a Celenderi, il pensiero gli andò alla disgrazia della madre mentre il suo animo già di per sé aveva un brutto presentimento.
Libro I:611 Gli amici più avveduti gli consigliarono di non consegnarsi al padre prima di aver appurato per quali ragioni aveva ripudiato sua madre; teme­vano, infatti, che col suo arrivo potesse far aumentare le accuse contro di quella.
Libro I:612 Ma i meno riflessivi, e quelli che erano ansiosi di rivedere la patria piuttosto che solleciti dei bene di Antipatro, lo spingevano ad affrettarsi e a non offrire con gli indugi al padre un vano motivo di sospetto e un'arma in mano agli avversari. Se ora c'era qualche intrigo contro di lui, esso era nato per la sua assenza; ma in sua presenza nessuno avreb­be più osato muoversi; e sarebbe stato assurdo a motivo di sospetti malsicuri privarsi di beni sicuri, e non correre piut­tosto fra le braccia del padre e ottenerne il regno, che nelle sue sole mani vacillava.
Libro I:613 Antipatro seguì il loro consiglio, spin­to dal demone, e compiuta la traversata sbarcò al porto Au­gusto di Cesarea.
Libro I:614 - 31, 4. Contro le aspettative trovò ad attenderlo una gran solitudine, poiché tutti lo evitavano e nessuno osava avvici­narglisi; infatti era odiato come sempre, e l'odio poteva allora esser mostrato; e poi, molti erano stati trattenuti dal timore del re, poiché tutta la città era ormai piena di voci contrarie ad Antipatro, e Antipatro era il solo a non sapere ciò che si diceva contro di lui. Nessuno era mai stato accompagnato con pompa più splendida al momento della partenza per Roma, nessuno accolto in maniera più squallida.
Libro I:615 Egli ormai aveva in­tuito il disastro che l'aspettava a casa, ma astutamente con­tinuò a dissimulare, e sebbene all'interno fosse divorato dalla paura, si sforzò di atteggiare il volto a sicurezza.
Libro I:616 Del resto non c'era più via di scampo o maniera di sottrarsi ai peri­coli incombenti, mentre della situazione nella reggia nessuno lo aveva informato esattamente per paura delle minacce del re; restava poi una speranza più lieta, che cioè nulla fosse stato scoperto oppure, se qualche cosa si fosse scoperta, di potervi mettere riparo con la sfrontatezza e con gli inganni, gli unici mezzi di salvezza che gli erano rimasti.
Libro I:617 - 31, 5. Armato di questi, entrò nella reggia senza i suoi amici, che erano stati bloccati in mala maniera davanti al primo portone; nel palazzo si trovava Varo, il governatore della Si­ria. Antipatro si diresse verso il padre e, trovando il coraggio nella sua audacia, gli si avvicinò come per baciarlo.
Libro I:618 Ma Erode, con le braccia protese e il capo rivolto dalla parte opposta, gridò: “Anche questo si addice a un parricida, il volermi abbracciare, mentre è schiacciato da simili accuse! Va in malora, scelleratissimo uomo, e non toccarmi prima di esserti purgato dalle accuse. Ti assegno un tribunale e come giudice Varo, che opportunamente è qui fra noi. Va e preparati a difenderti per domani; concedo infatti un respiro per i tuoi artifici”.
Libro I:619 Senza riuscire a fiatare per lo sbigottimento, Anti­patro si ritirò, e fu raggiunto dalla madre e dalla sorella che gli svelarono tutte le prove emerse a suo carico. Allora si fece animo e si diede a cercare argomenti per la difesa.


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