CAPITOLO SESTO
Libro II:80 - 6, 1. Nel frattempo, a Roma, Archelao dovette affrontare un altro giudizio contro alcuni giudei, che prima della rivolta erano stati inviati col permesso di Varo a trattare il problema dell'indipendenza nazionale. Erano arrivati in numero di cinquanta, ma li appoggiavano più di ottomila giudei che vivevano a Roma.
Libro II:81 Cesare raccolse il consiglio dei magistrati romani e dei suoi amici nel tempio di Apollo sul Palatino, che egli stesso aveva fatto costruire adornandolo con meravigliosa magnificenza; da una parte intorno agli ambasciatori la folla dei giudei, dall'altra Archelao con i suoi amici;
Libro II:82 gli amici dei parenti di lui non si unirono a nessuna delle due parti, non sopportando di stare a fianco di Archelao per l'avversione che nutrivano verso di lui, e d'altra parte vergognandosi che Cesare li vedesse far causa comune con gli accusatori.
Libro II:83 Fra i presenti era anche Filippo, il fratello di Archelao, inviato amichevolmente da Varo col seguito di una scorta per due motivi: per appoggiare Archelao e per ottenere una parte del patrimonio di Erode nel caso che Cesare l'avesse ripartito fra tutti i suoi discendenti.
Libro II:84 - 6, 2. Data la parola agli accusatori, essi in primo luogo trattarono delle illegalità commesse da Erode, dicendo di aver sopportato non un re, ma il tiranno più feroce fra quanti ve ne fossero mai stati. Le sue vittime erano state un'infinità, ma coloro che erano stati risparmiati avevano sofferto tali patimenti da invidiare gli uccisi.
Libro II:85 Egli aveva messo alla tortura non soltanto i corpi dei suoi sudditi, ma anche le loro città, e mentre aveva mandato in rovina le proprie, aveva abbellito quelle degli altri, facendo omaggio del sangue della Giudea ai popoli stranieri.
Libro II:86 In luogo dell'antica prosperità e delle patrie leggi, regnavano tra il popolo la miseria e la più dura iniquità, e insomma i giudei sotto Erode in pochi anni avevano sofferto più sventure di quante gli antenati ne avevano mai patite in tutto il tempo trascorso dopo la partenza da Babilonia, quando rimpatriarono sotto il regno di Serse.
Libro II:87 Erano scesi così in basso e si erano tanto abituati alla sventura, da sopportare l'amaro servaggio a un despotismo divenuto ereditario.
Libro II:88 Archelao, il figlio di un tale tiranno, dopo la morte del padre l'avevano prontamente acclamato re, e a lui si erano uniti nel compiangere la scomparsa del padre e nel far voti per il nuovo regno.
Libro II:89 Ma egli, come se si studiasse di non apparire figlio degenere di Erode, aveva inaugurato il regno con la strage di tremila cittadini: tante erano state le vittime sacrificate al dio per l'avvento al trono, cioè tanti erano stati i morti con cui aveva riempito il tempio in un giorno di festa.
Libro II:90 E allora era più che naturale che gli scampati da tanti disastri si fossero una buona volta posti faccia a faccia davanti alle loro sventure e volessero, come in guerra, essere colpiti davanti; pertanto supplicavano i romani di aver pietà di ciò che restava della Giudea e di non gettarne i brandelli superstiti in mano a chi li avrebbe crudelmente lacerati,
Libro II:91 ma di unire il loro paese alla Siria e di farlo reggere da propri governatori; avrebbero dimostrato come ben sapevano rispettare un governo giusto essi che allora venivano accusati di essere ribelli e sempre pronti a menare le mani.
Libro II:92 Con tale richiesta i giudei conclusero il loro atto d'accusa; poi si levò a parlare Nicola, che confutò le recriminazioni contro i re e a sua volta bollò l'insubordinazione del popolo e la sua naturale tendenza a disobbedire ai re. Pronunciò un'invettiva anche contro i parenti di Archelao che avevano fatto causa comune con gli accusatori.
Libro II:93 - 6, 3. Udite le due parti, Cesare per allora sciolse il consiglio, ma pochi giorni dopo assegnò la metà del regno ad Archelao col titolo di etnarca e promettendogli di crearlo re, qualora se ne fosse mostrato degno.
Libro II:94 L'altra metà la divise in due tetrarchie e le assegnò agli altri due figli di Erode, una a Filippo e l'altra ad Antipa, che aveva conteso il trono ad Archelao.
Libro II:95 Antipa ottenne la Perea e la Galilea, con una rendita di duecento talenti, mentre a Filippo furono attribuite la Batanea, la Traconitide, l'Auranitide e alcune parti dei possedimenti di Zenone presso la Paniade, con una rendita di cento talenti.
Libro II:96 Dell'etnarchia di Archelao facevano parte l'Idumea, tutta la Giudea e la Samaria, la quale fu esonerata da un quarto dei tributi a ricompensa per non essersi ribellata insieme con gli altri.
Libro II:97 Come città soggette egli ottenne Torre di Stratone, Sebaste, Ioppe e Gerusalemme, mentre le città greche di Gaza, Gadara e Ippo vennero staccate dal regno e annesse alla provincia di Siria. La rendita delle terre assegnate ad Archelao era di quattrocento talenti.
Libro II:98 Salome, oltre a ciò che il re le aveva lasciato per testamento, fu riconosciuta signora di Iamnia, Azoto e Fasaelide, e Cesare le fece omaggio anche del palazzo reale di Ascalona; dall'insieme raccoglieva rendite per sessanta talenti, ma i suoi possedimenti erano soggetti alla giurisdizione di Archelao.
Libro II:99 Degli altri membri della famiglia di Erode, ognuno ebbe quanto gli era stato lasciato nel testamento. Alle due figlie nubili del re Cesare aggiunse il dono di cinquecentomila dramme d'argento e le fece sposare con i figli di Ferora.
Libro II:100 Dopo la divisione del patrimonio egli ripartì fra loro anche il lascito ricevuto da Erode, che ammontava a mille talenti, conservando per sé solo qualche oggetto di poco conto in onore del defunto.
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