CAPITOLO DODICESIMO
Libro II:223 - 12, 1. Dopo la morte di Erode, che aveva regnato su Calcide, Claudio sul trono dello zio mise Agrippa figlio di Agrippa; nel governo del resto della provincia ad Alessandro successe Cumano, sotto il quale ricominciarono i disordini e si verificò una nuova strage di giudei.
Libro II:224 Essendosi la folla raccolta a Gerusalemme per la festa degli Azzimi, ed essendosi schierati la coorte romana sopra al portico del tempio - giacché usavano vigilare in armi in occasione delle feste, per evitare che la folla, raccolta insieme, desse inizio a qualche sommossa - uno dei soldati, sollevatasi la veste e inchinatosi con mossa indecente, mostrò ai giudei il suo deretano accompagnando il gesto con un acconcio rumore.
Libro II:225 La cosa fece imbestialire la folla, che con grandi schiamazzi esigeva da Cumano la punizione del soldato, mentre i giovani con la testa più calda e gli elementi per loro natura più ribelli del popolo si gettavano allo sbaraglio e, afferrate delle pietre, le scagliavano contro i soldati.
Libro II:226 Cumano, temendo di essere assalito dal popolo intero, fece affluire dei rinforzi. Quando questi arrivarono sotto i portici, i giudei furono presi da un panico irresistibile, e volte le spalle cercavano di fuggire dal tempio verso la città.
Libro II:227 Ma la stretta della folla che si accalcava nei pressi delle uscite fu tale, che più di trentamila persone morirono calpestandosi e schiacciandosi fra loro, e la festa si risolse in un lutto per tutta la nazione, con lamenti in ogni casa.
Libro II:228 - 12, 2. A questa sciagura seguirono altri disordini causati da briganti. Sulla strada pubblica che sale verso Bethhoron dei briganti piombarono addosso a un tale Stefano, un servo dell'imperatore, e lo depredarono del bagaglio che trasportava.
Libro II:229 Cumano mandò delle pattuglie nei villaggi vicini con l'ordine di prendere gli abitanti e di portarglieli dinanzi, imputando loro di non aver inseguito e catturato i briganti. In quell'occasione uno dei soldati, avendo trovato in un villaggio una copia della legge sacra, lacerò il libro e lo gettò nel fuoco.
Libro II:230 I giudei ne furono sconvolti, come se fosse stato dato alle fiamme l'intero paese, e spinti dalla loro religiosità come da una molla, alla prima notizia del fatto tutti si raccolsero in massa a Cesarea intorno alla residenza di Cumano, chiedendogli di non lasciare impunito chi aveva arrecato una tale offesa a Dio e alla loro legge.
Libro II:231 Cumano, visto che il popolo non si calmava se non otteneva soddisfazione, si decise a far venire il soldato e comandò che, passando attraverso la folla dei suoi accusatori, fosse condotto al supplizio. E allora i giudei si ritirarono.
Libro II:232 - 12, 3. Si ebbe poi un violento scontro fra Galilei e Samaritani. Infatti presso il villaggio chiamato Gema, che è sito nella grande pianura della Samaritide, mentre un gran numero di giudei si recavano alla festa, rimase ucciso un Galileo.
Libro II:233 Accorse allora dalla Galilea una gran folla con l'intenzione di dare addosso ai Samaritani, mentre i maggiorenti si recavano da Cumano a pregarlo, prima che avvenisse l'irreparabile, di trasferirsi in Galilea e punire i colpevoli del delitto: era l'unico modo di disperdere la folla prima che cominciasse a scorrere il sangue. Ma Cumano, considerando la loro richiesta meno importante degli affari che in quel momento lo tenevano occupato, li congedò senza esaudirli.
Libro II:234 - 12, 4. Quando la notizia del delitto arrivò a Gerusalemme, la folla ne rimase sconvolta e, abbandonata la festa, mosse all'attacco di Samaria senza comandanti e senza dare ascolto a nessuno dei magistrati che cercavano di trattenerla.
Libro II:235 I briganti e i ribelli che ne facevano parte avevano alla loro testa Eleazar, figlio di Dineo, e Alessandro; piombati addosso agli abitanti del vicino distretto dell'Acrabatene, essi ne fecero strage senza aver riguardo per l'età e diedero alle fiamme i villaggi.
Libro II:236 - 12, 5. Cumano, presa da Cesarea un'ala di cavaneria detta dei Sebasteni, accorse in aiuto delle vittime dei disordini, e dei partigiani di Eleazar molti ne catturò e ancor più ne uccise.
Libro II:237 Il resto della folla che muoveva ad attaccare i Samaritani venne raggiunto dai magistrati di Gerusalemme che, vestiti di sacchi e col capo cosparso di cenere, li supplicarono di tornate indietro, di non attirare i romani contro Gerusalemme per voler punire i Samaritani, di aver pietà della patria e del tempio, dei figli e delle loro mogli, che correvano tutti un pericolo mortale per vendicare l'uccisione d'un solo Galileo. I giudei prestarono ascolto e si dispersero.
Libro II:238 Ma molti, imbaldanziti dall'impunità, si diedero al brigantaggio, e in tutta la regione si ebbero saccheggi e violenze ad opera dei più temerari.
Libro II:239 I notabili della Samaria, recatisi a Tiro presso Ummidio Quadrato, che era allora il governatore della Siria, gli chiesero di infliggere un qualche castigo a quelli che avevano devastato la regione.
Libro II:240 Ma arrivarono anche i maggiorenti dei giudei, fra cui il sommo sacerdote Gionata figlio di Anano, i quali sostennero che erano stati i Samaritani a dar inizio ai disordini con l'assassinio, e che di quanto era poi successo la colpa era di Cumano, che non aveva voluto perseguire gli autori del delitto.
Libro II:241 - 12, 6. Quadrato per il momento rinviò le due parti dicendo che avrebbe svolto precise indagini quando si fosse recato sul posto, quindi si portò a Cesarea, dove fece crocifiggere tutti i prigionieri fatti da Cumano.
Libro II:242 Di lì passò a Lidda, dove concesse una seconda udienza ai Samaritani, e avendo ordinato che venissero tradotti dinanzi a lui diciotto giudei, di cui si era assodato che avevano preso parte agli scontri armati, li fece decapitare.
Libro II:243 Altri due personaggi fra i più eminenti, e i sommi sacerdoti Gionata e Anania, e il figlio di costui Anano, e alcuni altri notabili dei giudei li inviò a Cesare, e così pure i personaggi più importanti dei Samaritani.
Libro II:244 Comandò anche a Cumano e al tribuno Celere d'imbarcarsi alla volta di Roma per render conto a Claudio di quanto era accaduto. Presi questi provvedimenti, da Lidda andò a Gerusalemme e, visto che il popolo era intento a celebrare pacificamente la festa degli Azzimi, si ritirò ad Antiochia.
Libro II:245 - 12, 7. A Roma Cesare, uditi Cumano e i Samaritani - ed era presente anche Agrippa, che si batté vigorosamente a sostegno dei giudei, mentre Cumano era appoggiato da molti personaggi influenti - pronunciò una sentenza di condanna a carico dei Samaritani, di cui mise a morte tre dei capi più importanti, e inoltre mandò in esilio Cumano.
Libro II:246 Quanto a Celere, comandò che fosse rinviato in catene a Gerusalemme e consegnato ai giudei perché lo schernissero e, dopo essere stato così trascinato per la città, venisse decapitato.
Libro II:247 - 12, 8. Dipoi Claudio inviò Felice, il fratello di Pallante, come procuratore della Giudea, della Samaria, della Galilea e della Perea, e trasferì Agrippa da Calcide a un regno maggiore assegnandogli i domini che un tempo erano appartenuti a Filippo, cioè la Traconitide, la Batanea e la Gaulanitide, cui aggiunse il regno di Lisania e l'antica tetrarchia di Varo.
Libro II:248 Dopo aver retto l'impero per tredici anni, otto mesi e venti giorni, Claudio morì lasciando come successore Nerone,
Libro II:249 che egli per le male arti di sua moglie Agrippina aveva adottato come erede al trono, sebbene avesse un figlio legittimo, Britannico, nato dalla precedente moglie Messalina, e una figlia, Ottavia, da lui fatta sposare a Nerone. Aveva avuto anche un'altra figlia, Antonia, nata dal matrimonio con Petina.
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