CAPITOLO DICIANNOVESIMO
Libro II:513 - 19, 1. Gallo, non scorgendo alcun altro focolare di rivolta in Galilea, ritornò con l'esercito in Cesarea. Cestio, ripresa la marcia con l'esercito al completo, entrò in Antipatride, e avendo saputo che in una torre chiamata Afeku erano raccolti non pochi giudei in armi, mandò avanti ad attaccarli un distaccamento.
Libro II:514 Ma questo, prima di venire a battaglia, con la sola paura fece disperdere i giudei; l'accampamento fu trovato vuoto e insieme coi villaggi vicini fu dato alle fiamme.
Libro II:515 Da Antipatride Cestio avanzò su Lidda, che trovò spopolata; infatti per la festa dei tabernacoli tutta la gente si era recata a Gerusalemme.
Libro II:516 Trucidate una cinquantina di persone che avevano fatta apparizione, e incendiata la città, proseguì la marcia e, risalendo attraverso Bethhoron, si accampò in un luogo detto Gabao, a cinquanta stadi da Gerusalemme.
Libro II:517 - 19, 2. I giudei, visto che il nemico era ormai vicino alla città, abbandonarono la celebrazione della festa e corsero alle armi; facendo grande affidamento sul loro gran numero, disordinatamente e fra grandi schiamazzi uscirono a battaglia, senza darsi pensiero di rispettare il riposo del settimo giorno; era infatti proprio il sabato, che essi rispettavano con cura particolare.
Libro II:518 Ma quella furia che li aveva spinti a non badare a scrupoli religiosi fece sì che avessero la meglio nella battaglia; infatti si scagliarono con tanta foga contro i romani, da infrangerne le linee e attraversarle seminando la strage.
Libro II:519 Se in aiuto del settore dello schieramento che aveva ceduto non fosse sopraggiunta con una manovra aggirante la cavalleria e quella parte della fanteria che non era stata troppo provata, Cestio e tutto l'esercito avrebbe corso un grave pericolo. Dei romani caddero cinquecentoquindici uomini, di cui quattrocento fanti e il resto cavalieri; dei giudei ventidue.
Libro II:520 Fra questi si distinsero per valore Monobazo e Cenedeo, parenti di Monobazo re dell'Adiabene, e dopo di loro Niger della Perea e Sila di Babilonia passato ai giudei dal re Agrippa, sotto il quale aveva militato.
Libro II:521 Respinti nell'attacco frontale, i giudei si ritirarono in città, mentre Simone figlio di Ghiora si gettò alle spalle dei romani che salivano verso Bethhoron, intercettò gran parte della retroguardia e, strappatene molte salmerie, le trasportò in città.
Libro II:522 Mentre Cestio restava fermo sul posto per tre giorni, i giudei occuparono le alture e si assicurarono il controllo di tutte le vie d'accesso, ed era evidente che non sarebbero rimasti inattivi, se i romani avessero ripreso la marcia.
Libro II:523 - 19, 3. Allora Agrippa, vedendo che con una massa così numerosa di nemici in possesso delle alture circostanti nemmeno la condizione dei romani era scevra da pericoli, ritenne opportuno cercare di venire a trattative con i giudei: o li avrebbe persuasi tutti quanti a metter fine alla guerra o almeno avrebbe staccato dagli avversari quanti non erano d'accordo con la loro politica bellicista.
Libro II:524 Pertanto inviò a loro due dei suoi uomini meglio noti a quelli, Borcio e Febo, con l'offerta di un accordo da parte di Cestio e di sicuro perdono per le colpe commesse se avessero gettate le armi e fossero passati dalla loro parte.
Libro II:525 I rivoluzionari, temendo che tutta la massa per la speranza d'impunità passasse ad Agrippa, si scagliarono contro i suoi emissari con le armi in pugno.
Libro II:526 Febo l'uccisero prima che potesse aprir bocca, mentre Borcio, sebbene ferito, riuscì a fuggire; quelli del popolo che protestavano li colpirono a sassate e bastonate ricacciandoli in città.
Libro II:527 - 19, 4. Cestio, visto che i loro contrasti offrivano una buona occasione per un attacco, guidò all'assalto tutto l'esercito e, travolti i giudei, l'inseguì fino a Gerusalemme.
Libro II:528 Accampatosi nel luogo chiamato Scopos, distante sette stadi dalla città, per tre giorni si astenne da ogni attacco, forse aspettandosi da quelli di dentro qualche atto di resa, e sguinzagliò numerosi soldati nei villaggi circostanti a fare razzia di vettovaglie; il quarto giorno, il trenta del mese di Iperberetaios, schierò l'esercito e mosse contro la città.
Libro II:529 Il popolo era tenuto a bada dai rivoluzionari, e i rivoluzionari, spaventati dalla disciplinata tattica dei romani, abbandonarono le parti esterne della città e si ritirarono in quella interna e nel tempio.
Libro II:530 Cestio, avanzando, appiccò il fuoco al quartiere chiamato Bezetha, detto anche Città Nuova, e a quello che si chiamava Piazza delle Travi; poi procedette verso la città alta e si accampò di fronte al palazzo reale.
Libro II:531 Se avesse voluto in quello stesso momento farsi strada con le armi al di là delle mura, si sarebbe ben presto impadronito della città e la guerra sarebbe finita. Ma il prefetto degli accampamenti Tirannio Prisco e la maggior parte degli ufficiali di cavalleria, comprati da Floro, lo dissuasero dal tentare l'impresa.
Libro II:532 E fu così che la guerra si prolungò per tanto tempo e i giudei furono travolti da orribili sventure.
Libro II:533 - 19, 5. Intanto molti dei cittadini più cospicui, spinti da Anano figlio di Gionata, gridarono a Cestio che gli avrebbero aperte le porte.
Libro II:534 Ma quello non prestò loro attenzione, sia per l'avversione che nutriva, sia perché non si fidava, e indugiò tanto che i rivoluzionari si accorsero del tradimento, tirarono giù dalle mura i partigiani di Anano e a colpi di pietra li ricacciarono nelle loro case; poi si collocarono sulle torri e di là bersagliavano i nemici che cercavano di superare le mura.
Libro II:535 Per cinque giorni i romani tentarono da ogni parte di attaccare, ma senza successo; il giorno dopo Cestio prese molti soldati scelti e gli arcieri e lanciò un assalto contro il lato settentrionale del tempio.
Libro II:536 I giudei fecero resistenza dall'alto del portico e più volte respinsero gli attaccanti che si accostavano al muro, ma alla fine, sopraffatti dal gran numero dei dardi, si ritirarono.
Libro II:537 Allora i soldati romani della prima fila appoggiarono al muro gli scudi e dietro a loro li appoggiarono quelli della seconda fila e così via finché formarono quella che essi chiamano la testuggine, sulla quale i proiettili scagliati dall'alto rotolavano senza far danno, e i soldati potevano tranquillamente scalzare il muro e prepararsi a dar fuoco alla porta del tempio.
Libro II:538 - 19, 6. I rivoluzionari furono presi da un grande terrore e già molti fuggivano dalla città, come se ormai fosse sul punto di essere espugnata. Il popolo rimase rinfrancato, e a mano a mano che i rivoluzionari si ritiravano essi avanzavano per spalancare le porte e accogliere Cestio come un benefattore.
Libro II:539 Se questi avesse insistito ancora un poco nell'assedio, avrebbe occupato ben presto la città; ma fu Dio, io credo, che a causa di quei malvagi aveva distolto il suo sguardo dai luoghi santi, a impedire che la guerra avesse fine quel giorno.
Libro II:540 - 19, 7. Infatti Cestio, non accorgendosi né della disperazione degli assediati, né della favorevole disposizione del popolo, all'improvviso richiamò i soldati e, rinunciando nel modo più assurdo ai suoi piani senza aver subito alcuna sconfitta, sloggiò dalla città.
Libro II:541 Rianimati dalla sua improvvisa ritirata, i briganti si lanciarono sulla retroguardia e uccisero un gran numero di fanti e cavalieri.
Libro II:542 Quella notte Cestio la passò nell'accampamento a Scopos, ma il giorno dopo, continuando a ritirarsi, fomentò ancor più l'audacia dei nemici, che attaccando la retroguardia ne facevano strage e, muovendosi sui due lati della strada, li colpivano sul fianco.
Libro II:543 Né la retroguardia osava rivoltarsi contro i nemici che la colpivano alle spalle, credendo che gli inseguitori fossero una massa innumerevole, né gli altri ardivano di affrontare quelli che li colpivano sul fianco, perché essi erano armati alla pesante e temevano di rompere le file mentre vedevano che i giudei erano armati alla leggera e pronti a insinuarsi in mezzo a loro; in conclusione subirono molte perdite senza infliggerne alcuna ai nemici.
Libro II:544 Durante tutta la marcia caddero uomini colpiti e strappati allo schieramento, e solo dopo che ne furono uccisi parecchi, fra cui il comandante della sesta legione Prisco, il tribuno Longino e il comandante di un'ala di nome Emilio Giocondo, riuscirono ad arrivare a Gabao nel vecchio accampamento, dopo aver anche perduto gran parte dei materiali.
Libro II:545 Ivi Cestio rimase due giorni, incerto sul da fare; il terzo giorno, vedendo i nemici assai più numerosi, e che tutt'intorno era pieno di giudei, capì che aveva fatto male a indugiare e che, se si fosse ancora attardato, avrebbe dovuto combattere con un maggior numero di nemici.
Libro II:546 - 19, 8. Per rendere più spedita la ritirata, diede ordine di sbarazzarsi di tutto ciò che appesantiva l'esercito. Uccisi pertanto i muli, gli asini e le altre bestie da tiro, eccetto quelle che trainavano le munizioni e le macchine - a queste erano attaccati per la loro utilità, ma soprattutto per il timore che i giudei le prendessero e le usassero contro di loro - fece riprendere la marcia verso Bethhoron.
Libro II:547 Sul terreno scoperto i giudei rallentarono i loro attacchi, ma quando i romani imboccarono lo stretto sentiero a mezza costa e cominciarono a scendere, una parte dei giudei che li avevano preceduti sbarrò loro lo sbocco mentre altri incalzavano gli ultimi spingendoli nel precipizio; tutto il resto della moltitudine si dispose in alto sul bordo della strada e tempestò l'esercito con un nugolo di proiettili.
Libro II:548 Anche i fanti si trovarono impacciati a difendersi, ma ancor più pericolosa era la situazione per i cavalieri; infatti né sotto quei colpi potevano procedere in ranghi ordinati lungo la strada, né era praticabile ai cavalli lo scosceso pendio che conduceva ai nemici;
Libro II:549 sul lato opposto c'erano precipizi e burroni, giù nei quali scivolavano e si sfracellavano. Non si vedeva luogo per sfuggire né alcun mezzo per difendersi, e non sapendo che fare presero a gemere e a lamentarsi disperatamente; rispondeva ad essi il grido di guerra dei giudei e i loro clamori di esultanza e di furore.
Libro II:550 Per poco avrebbero catturato tutto l'esercito di Cestio, se non fosse sopraggiunta la notte, durante la quale i romani si rifugiarono a Bethhoron mentre i giudei, tenendo occupate tutte le alture circostanti, vegliavano affinché i nemici non si disimpegnassero.
Libro II:551 - 19, 9. Allora Cestio, disperando di poter continuare a ritirarsi apertamente, decise di fuggire nascostamente, e avendo scelto i soldati più coraggiosi in numero di circa quattrocento li mise sopra i tetti, ordinando loro di gridare la parola d'ordine delle sentinelle negli accampamenti, sì che i giudei credessero che tutto l'esercito fosse lì; egli poi con tutti gli altri procedette senza molestie per una trentina di stadi.
Libro II:552 All'alba i giudei, vedendo che il loro quartiere era vuoto, piombarono addosso ai quattrocento che li avevano ingannati e in breve li abbatterono e si diedero a inseguire Cestio.
Libro II:553 Costui, che durante la notte si era non poco avvantaggiato, di giorno accelerò la fuga, sì che i soldati per lo sgomento e la paura abbandonarono anche le artiglierie d'assedio e le catapulte e la maggior parte delle altre macchine, che allora i giudei catturarono e poi usarono contro chi se n'era disfatto.
Libro II:554 Inseguendo i romani arrivarono sino ad Antipatride. Di poi, non riuscendo a raggiungerli, tornarono sui loro passi prendendo seco le macchine e spogliando i cadaveri; quindi raccolsero il bottino che avevano lasciato indietro e fra canti di trionfo rientrarono nella città.
Libro II:555 Le loro perdite erano state addirittura irrilevanti, mentre dei romani e loro alleati ne avevano ucciso cinquemila e quattrocento fanti e quattrocentottanta cavalieri. Questi i fatti del giorno 8 del mese di Dios, nel dodicesimo anno del regno di Nerone.
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