CAPITOLO VENTESIMO
Libro II:556 - 20, 1. Dopo la disfatta di Cestio molti dei giudei più in vista abbandonarono la città, come una nave che sta colando a picco. Così i fratelli Costobar e Saul insieme con Filippo figlio di Iacimo, comandante di campo del re Agrippa, fuggiti dalla città raggiunsero Cestio.
Libro II:557 Antipa, invece, che era assieme a loro assediato nella reggia e disdegnò di fuggire, diremo in seguito come venne ucciso dai rivoluzionari.
Libro II:558 Cestio, a richiesta di Saul e dei suoi, li inviò in Grecia presso Nerone per informarlo della condizione in cui erano ridotti e per scaricare su Floro la colpa della guerra; egli infatti sperava che il furore di Nerone contro Floro avrebbe anche attenuato la pericolosità della sua situazione personale.
Libro II:559 - 20, 2. Intanto i Damasceni, venuti a sapere la disfatta subita dai romani, si affrettarono a sterminare i giudei residenti nella loro città.
Libro II:560 Poiché da tempo li tenevano rinchiusi tutti quanti insieme nel ginnasio, spinti dal sospetto a loro riguardo, giudicarono facilissima l'impresa, ma temevano per le proprie mogli che, tranne alcune poche, avevano tutte abbracciato la religione giudaica;
Libro II:561 perciò la cosa più difficile fu per loro agire di nascosto da quelle; poi bastò un'ora per saltare addosso ai giudei, che erano riuniti in numero di diecimila e cinquecento e non avevano armi, e trucidarli tutti a man salva.
Libro II:562 - 209 3. Quando gli inseguitori di Cestio arrivarono a Gerusalemme, attirarono dalla loro parte i filoromani, alcuni con la violenza altri con la persuasione, e radunatisi in assemblea nel tempio nominarono un maggior numero di capi per la condotta della guerra.
Libro II:563 Giuseppe figlio di Gorion e il sommo sacerdote Anano furono eletti a reggere con poteri assoluti il governo della città, con l'incarico di curare specialmente che venisse aumentata l'altezza delle mura.
Libro II:564 A Eleazar figlio di Simone, sebbene avesse il controllo del bottino fatto sui romani e dei denari presi a Cestio, non assegnarono una carica di governo, sia perché scorgevano in lui una tendenza a fare il tiranno, sia perché i più fanatici dei suoi seguaci si atteggiavano a guardie del corpo.
Libro II:565 Ma un po' alla volta il bisogno di denaro e gli intrighi di Eleazar indussero il popolo a riconoscergli il comando supremo.
Libro II:566 - 20, 4. Per l'Idumea elessero altri capi, Gesù figlio di Saffa, uno dei sommi sacerdoti, ed Eleazar figlio del sommo sacerdote Neos. A Niger, che allora governava l'Idumea, originario della Perea al di là del Giordano e perciò detto anche il Peraita, ordinarono di mettersi a disposizione dei due capi.
Libro II:567 Né trascurarono il resto del paese, ma furono mandati come capi a Gerico Giuseppe figlio di Simone, nella Perea Manasse, nella toparchia di Thamna Giovanni l'Esseno, cui furono anche affidate Lidda, Ioppe ed Emmaus.
Libro II:568 Giovanni figlio di Anania fu eletto capo per le province di Gofna e Acrabetta, e Giuseppe figlio di Mattia per le due Galilee; alla giurisdizione di quest'ultimo fu aggiunto anche il territorio di Gamala, la città più forte in quella regione.
Libro II:569 - 20, 5 - Ognuno dei capi prese a svolgere le mansioni affidategli col massimo possibile di zelo e di capacità. Quanto a Giuseppe, arrivato in Galilea, si preoccupò in primo luogo di cattivarsi la simpatia degli abitanti, ben sapendo che per mezzo di essa avrebbe risolto il maggior numero di situazioni, anche se per il resto avesse fallito.
Libro II:570 Persuaso che si sarebbe attirato il favore dei maggiorenti facendoli partecipi delle cure di governo, e quello di tutto il popolo, se avesse diramato gli ordini il più possibile per il tramite di persone del posto e familiari, scelti fra tutti gli anziani della regione i settanta di maggior senno li creò governanti di tutta la Galilea;
Libro II:571 nominò poi in ogni città sette giudici per i processi di minor conto; infatti quelli più importanti e i giudizi capitali dispose che fossero riservati a lui e ai settanta.
Libro II:572 - 20, 6. Sistemato in tal modo il governo degli affari interni delle città, passò ad occuparsi della loro sicurezza dagli attacchi esterni.
Libro II:573 E sapendo che i romani avrebbero cominciato a invadere la Galilea, fortificò le posizioni più importanti come Iotapata, Bersabe, Selame, Cafarecco, Iapha, Sigoph, il monte chiamato Itabirion, Tarichee e Tiberiade, e inoltre fortificò le caverne attorno al lago di Gennesareth nella Galilea detta inferiore; nella Galilea superiore la montagna detta Acchabaron e Sepph, Iamnith e Mero.
Libro II:574 Nella Gaulanitide egli fortificò Seleucia, Soganea e Gamala. Ai soli abitanti di Sepphoris concesse di provvedere da sé a costruire un muro, vedendo che erano ben provvisti di ricchezze e vogliosi di far la guerra senza bisogno di ricevere ordini.
Libro II:575 Ugualmente Giovanni figlio di Levi, per ordine di Giuseppe, provvide da sé a fortificare Giscala; a tutte le altre opere di fortificazione egli collaborò sia col lavoro, sia dirigendole personalmente.
Libro II:576 Dalla Galilea arruolò poi una forza di oltre centomila giovani, e prese ad addestrarli armandoli con vecchie armi raccolte da ogni parte.
Libro II:577 - 20, 7. In seguito, persuaso che la forza dei romani era imbattibile soprattutto per la disciplina e per la pratica con le armi, rinunciò all'addestramento che si raggiunge soltanto con la pratica e, vedendo che la disciplina derivava dalla gran copia di comandanti, suddivise l'esercito alla maniera dei romani e vi prepose un maggior numero di capi.
Libro II:578 Creò infatti reparti diversi di soldati che sottopose rispettivamente agli ordini di decurioni, di centurioni, di chiliarchi, e al di sopra di questi pose anche dei comandanti che erano a capo di formazioni di maggiore entità.
Libro II:579 Insegnò loro la trasmissione dei segnali, gli squilli di tromba per l'avanzata e la ritirata, gli attacchi sulle ali e le manovre aggiranti, come la parte dello schieramento che ha il sopravvento deve muovere a sostegno di quella che si trova in difficoltà, e collaborare con chi sia ridotto a malpartito.
Libro II:580 Insegnò anche tutto ciò che giova a rinsaldare l'animo e a fortificare il corpo; ma soprattutto li preparò alla guerra spiegando minutamente la disciplina dei romani, e facendoli riflettere sul fatto che stavano per scendere in campo contro uomini che con la loro prestanza fisica e il vigore dell'animo erano diventati padroni di quasi tutto il mondo abitato.
Libro II:581 Disse poi che avrebbe considerato prova della loro disciplina in guerra, anche prima di attaccar battaglia, l'astenersi dalle abituali malefatte, dal furto, dal ladrocinio, dalla rapina, dall'ingannare il connazionale, dal considerare un proprio vantaggio il danno dei più intimi.
Libro II:582 Le guerre, infatti, si conducono meglio da quelli presso i quali i combattenti hanno la coscienza a posto, mentre quelli che hanno dentro di sé l'iniquità sono in guerra non soltanto contro i nemici che li attaccano, ma anche contro il Dio.
Libro II:583 - 20, 8. Tali erano le sue continue esortazioni. E si trovarono ai suoi ordini pronti al combattimento sessantamila fanti e trecentocinquanta cavalieri, e inoltre quattromila e cinquecento mercenari su cui faceva il massimo affidamento; intorno a sé poi aveva seicento uomini scelti come guardie del corpo.
Libro II:584 Le città provvedevano facilmente a vettovagliare tutto l'esercito tranne i mercenari; infatti ciascuna mandava sotto le armi la metà dei coscritti e tratteneva gli altri per poterli fornire del necessario, sì che una parte era assegnata alle armi, l'altra al lavoro, e quelli che inviavano i viveri ottenevano in cambio dai militari la difesa.
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