Guerra giudaica



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LIBRO IV

CAPITOLO QUINTO

Libro IV:305 - 5, 1. Gli Idumei furono d'accordo e attraversando la città salirono al tempio. Gli Zeloti aspettavano ansiosamente il loro arrivo e, quando essi entrarono nel recinto, si fecero loro incontro baldanzosamente dall'interno del tempio.


Libro IV:306 Unitisi agli Idumei si scagliarono sugli assedianti e ne uccisero alcuni dei più vicini immersi nel sonno; alle gridi di chi si svegliava balzarono tutti in piedi atterriti e, afferrate le armi, s'avanzarono a battaglia.
Libro IV:307 Fino a che credettero che ad assalirli fossero i soli Zeloti, si batterono coraggiosamente confidando di aver la meglio per il loro gran numero, ma quando videro che altri irrompevano dal di fuori capirono che gli Idumei erano penetrati nella città.
Libro IV:308 Allora i più furono presi dallo sconforto e, gettate le armi, scoppiarono in lamenti; soltanto pochi fra i giovani, strettisi insieme, opposero un'animosa resistenza agli Idumei e per parecchio tempo protessero la moltitudine inerte.
Libro IV:309 Questa con le sue grida rivelò ai cittadini la tragica situazione che s'era creata, ma nessuno di quelli ebbe l'ardire di venire al soccorso quando seppero che gli Idumei erano entrati in città, e si limitarono a rispondere con inutili grida e lamenti, mentre si levava un coro di gemiti da tutte le donne in ansia per qualcuno degli uomini di guardia.
Libro IV:310 Dall'altra parte gli Zeloti facevano eco al grido di guerra degli Idumei, e i loro clamori riuniti erano resi ancora più terrifi­canti dal frastuono della tempesta. Gli Idumei non risparmia­rono nessuno, sia perché erano per natura feroci e sanguinari, sia perché, ridotti a mal partito dal temporale, si sfogarono contro chi li aveva tenuti fuori delle mura;
Libro IV:311 trattarono con uguale spietatezza tanto chi li implorava quanto chi oppo­neva resistenza, e passarono a fil di spada anche molti che si appellavano ai legami di parentela o li supplicavano di aver rispetto per il loro santuario comune.
Libro IV:312 Non v'era alcuna via di scampo né speranza di salvezza, ma risospinti l'uno sul­l'altro venivano trucidati, e i più, incalzati dove non c'era più spazio per indietreggiare mentre i loro carnefici avanza­vano, presi dalla disperazione si precipitavano a capo fitto sulla città, affrontando volontariamente una morte a mio parere più dolorosa di quella cui si sottraevano.
Libro IV:313 Il piazzale antistante al tempio fu tutto un lago di sangue, e il giorno spuntò su ottomila e cinquecento cadaveri.
Libro IV:314 - 5, 2. Costoro non bastarono però ad appagare il furore degli Idumei, che, rovesciatisi sulla città, depredavano ogni casa e uccidevano chiunque capitava.
Libro IV:315 Ma a sfogarsi sulla gente comune sembrava loro di perdere il tempo, e diedero la caccia ai sommi sacerdoti sguinzagliandosi per la maggior parte con­tro di loro.
Libro IV:316 In breve li presero e li uccisero; poi, accalcandosi presso i loro cadaveri, beffeggiavano Anano per il suo amor di patria e Gesù per il suo discorso dalle mura.
Libro IV:317 Giunsero a tal punto di empietà, da gettarli via insepolti, mentre i giudei si danno tanta cura di seppellire i morti, che finanche i condan­nati alla crocifissione vengono deposti e sepolti prima del calar del sole.
Libro IV:318 Non credo di sbagliare dicendo che la morte di Anano segnò l'inizio della distruzione della città, e che le sue mura caddero e lo stato dei giudei andò in rovina a comin­ciare dal giorno in cui essi videro scannato in mezzo alla città il loro sommo sacerdote e il capo della loro salvezza.
Libro IV:319 Era stato un uomo venerando sotto ogni rispetto e di assoluta integrità, che pur dall'alto della sua nobiltà, del suo rango e della sua onorifica posizione si era sempre compiaciuto di trattare alla pari anche le persone più umili, un uomo straor­dinariamente attaccato alla libertà e alla democrazia,
Libro IV:320 che al­l'interesse privato aveva sempre anteposto il bene comune. Quello di salvare la pace fu il primo dei suoi pensieri, perché sapeva che non sarebbe stato possibile battere i romani, ma, costretto dalla necessità, si preparò anche alla guerra in modo che, se i giudei non fossero riusciti a raggiungere un accordo, potessero almeno scendere in campo in condizioni favorevoli.
Libro IV:321 Insomma, se Anano fosse sopravvissuto, certamente i giudei sarebbero venuti a un'intesa, perché egli era un abile parlatore, capace di convincere il popolo, e già aveva preso il soprav­vento sugli avversari; altrimenti, in caso di guerra, avrebbero dato molto filo da torcere ai romani sotto un simile comandante.
Libro IV:322 A lui si affiancava degnamente Gesù, inferiore rispetto ad Anano, ma superiore agli altri.
Libro IV:323 Debbo ritenere che Dio, avendo condannato alla distruzione la città contaminata e vo­lendo purificare col fuoco i luoghi santi, eliminò coloro che vi erano attaccati con tanto amore.
Libro IV:324 E quelli che poco prima, avvolti nei sacri paramenti, avevano presieduto a cerimonie di culto di portata universale ed erano stati oggetto di venera­zione da gente venuta nella città da ogni paese, era dato ora di vederli gettati ignudi in pasto ai cani e alle fiere.
Libro IV:325 Su uomini siffatti io credo che la stessa virtù abbia lacrimato, lamentando di esser stata così calpestata dalla malvagità: tale fu la fine di Anano e di Gesù.
Libro IV:326 - 5, 3. Dopo la loro uccisione gli Zeloti e la massa degli Idumei si avventarono sul popolo facendone macello come di un branco di bestie immonde.
Libro IV:327 La gente comune veniva mas­sacrata sul posto appena era presa, mentre i giovani della nobiltà dopo la cattura li incatenarono e li gettarono in pri­gione, rinviandone l'uccisione nella speranza che qualcuno passasse dalla loro parte.
Libro IV:328 Ma nessuno si lasciò persuadere, perché tutti preferirono morire anziché schierarsi insieme con quei criminali contro la patria.
Libro IV:329 Terribili furono i supplizi cui vennero sottoposti dopo il rifiuto; furono flagellati e torturati, e solo quando il corpo non era più in grado di resi­stere ai tormenti, a stento concedevano loro il colpo di grazia.
Libro IV:330 Quelli presi di giorno venivano massacrati di notte, e i loro cadaveri erano trasportati fuori e buttati via per far posto ad altri prigionieri.
Libro IV:331 Tale fu il terrore del popolo, che nessuno osava né lacrimare apertamente un congiunto ucciso né dargli sepoltura, ma piangevano nascostamente dopo essersi rin­chiusi in casa, e gemevano badando a non farsi sentire dai nemici,
Libro IV:332 altrimenti chi piangeva avrebbe immediatamente su­bito la stessa sorte del compianto. Sui cadaveri, durante la notte, raccoglievano e gettavano un pugno di terra, e non mancò qualche coraggioso che osò farlo anche in pieno giorno.
Libro IV:333 Dodicimila furono i giovani della nobiltà che perirono in questo modo.
Libro IV:334 - 5, 4. Nauseati ormai dai massacri indiscriminati, quelli organizzarono la farsa di un regolare processo.
Libro IV:335 Si erano prefissi di eliminare uno dei personaggi più in vista, Zaccaria figlio di Baris, contro il quale li avevano inveleniti la sua grande av­versione al male e l'amore per la libertà; inoltre era anche ricco, sì che non solo speravano di appropriarsi dei suoi beni, ma anche di liberarsi di un avversario potente e temibile.
Libro IV:336 Pertanto intimarono a settanta dei cittadini più ragguardevoli di radunarsi nel tempio, assegnarono a questi come in una rappresentazione teatrale la funzione di giudici senza alcun effettivo potere, e dinanzi a loro accusarono Zaccaria di voler consegnare la patria ai romani e di aver organizzato il tradimento mettendosi in relazione con Vespasiano.
Libro IV:337 Le accuse non si fondavano né su una prova né su un indizio, ma essi dichiararono di esserne fermamente convinti e pretendevano che ciò bastasse a ritenerle vere.
Libro IV:338 Zaccaria, visto che non gli restava alcuna speranza di salvezza, giacché era stato convo­cato non in un tribunale ma in una prigione, non si lasciò chiudere la bocca dalla disperazione, ma si levò a sottolineare la balordaggine delle accuse e in breve demolì gli argomenti addotti contro di lui.
Libro IV:339 Poi, ritorcendo il discorso contro gli accusatori, enumerò tutti i loro misfatti e si soffermò a deplo­rare la catastrofica situazione che n'era derivata.
Libro IV:340 Gli Zeloti andarono sulle furie e a stento si trattennero dallo sguainare le spade perché volevano spingere fin in fondo la celebrazione del processo per gioco e, per di più, mettere alla prova i giudici, per vedere se avrebbero rispettato la giustizia anche con pericolo della loro vita.
Libro IV:341 I settanta all'unanimità votarono per l'assoluzione dell'imputato, preferendo affrontare la morte in­sieme con lui anziché accollarsi la responsabilità della sua con­danna.
Libro IV:342 Di fronte alla sentenza di assoluzione gli Zeloti scop­piarono in schiamazzi, e mentre tutti inveivano contro i giudici per non aver capito che si era trattato solo di una burla,
Libro IV:343 due dei più facinorosi si avventarono su Zaccaria, lo uccisero in mezzo al tempio e ne schernirono il cadavere dicendo: “Eccoti anche il nostro voto per essere più sicuro di andar­tene”; poi dall'alto del tempio lo gettarono nel sottostante burrone.
Libro IV:344 I giudici li percossero ignominiosamente col rove­scio delle spade scacciandoli dal tempio, e li risparmiarono soltanto perché, ritornandosene alle loro case, facessero sapere a tutti chi erano i padroni.
Libro IV:345 - 5, 5. Mentre gli Idumei erano ormai pentiti d'essersi mossi e disapprovavano un tal modo d'agire,
Libro IV:346 si recò tra loro in veste privata uno degli Zeloti che li riunì, svelò loro i de­litti di cui inconsapevolmente si erano resi complici collaborando con chi li aveva fatti venire, ed espose la vera si­tuazione della città.
Libro IV:347 Essi erano scesi in campo come se la metropoli fosse stata proditoriamente venduta ai romani dai sommi sacerdoti, e invece non era emersa alcuna prova del tradimento, mentre coloro che pretendevano di difenderla commettevano le più audaci ribalderie comportandosi da nemici e da oppressori.
Libro IV:348 A questi bisognava opporsi fin dal principio; tuttavia, una volta che s'erano lasciati trascinare a unirsi a loro nelle stragi della guerra civile, dovevano almeno troncare tale azione delittuosa e non insistere nell’appoggiare i sovvertitori delle patrie istituzioni.
Libro IV:349 Chi si era sentito offeso perché non gli avevano aperto le porte e dato il permesso di entrare in armi nella città, considerasse che i responsabili avevano pagato il fio: non era morto soltanto Anano, ma in una sola notte quasi tutto il popolo aveva perduto la vita.
Libro IV:350 Ad essi non sfuggiva che tutto ciò aveva causato in molti dei loro una sfavorevole reazione, e poi vedevano l'implaca­bile ferocia di chi li aveva indotti a intervenire e ora non usava riguardo nemmeno a coloro che li avevano tratti in salvo;
Libro IV:351 infatti ardivano di perpetrare i crimini più vergognosi proprio sotto gli occhi degli alleati, e i loro misfatti sarebbero stati imputati agli Idumei fino a che nessuno vi si fosse op­posto o avesse dissociato le proprie responsabilità.
Libro IV:352 E allora, poiché la storia del tradimento si era rivelata una calunnia e non si aspettava affatto un arrivo dei romani, mentre d'altro canto la città era caduta in preda a una banda di oppressori difficile da eliminare, se ne tornassero a casa e, mettendo fine alla collaborazione con quei delinquenti, facessero am­menda di tutte le colpe in cui avevano avuto parte trascinati con l'inganno.


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