Guerra giudaica



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LIBRO IV

CAPITOLO SESTO

Libro IV:353 - 6, 1. Gli Idumei seguirono questo consiglio e per prima cosa misero in libertà circa duemila cittadini rinchiusi in carcere, che immediatamente fuggirono dalla città raggiun­gendo Simone, di cui diremo fra poco; quindi si ritirarono da Gerusalemme tornandosene a casa.


Libro IV:354 La loro partenza pro­dusse negli altri due gruppi uno strano effetto: infatti il popolo, che non sapeva del loro pentimento, si sentì alquanto rianimato come se si fosse liberato di un nemico;
Libro IV:355 dal canto loro gli Zeloti diventarono ancora più insolenti, quasi che invece di essere stati abbandonati da un alleato si fossero sbarazzati di persone che li tenevano in soggezione e li osta­colavano nelle loro malefatte.
Libro IV:356 Da quel momento più nessuna esitazione o riflessione prima di commettere un delitto; i piani venivano concepiti con rapidità fulminea ed attuati ancor più prontamente.
Libro IV:357 Le loro vittime erano specialmente i coraggiosi e i nobili, che venivano colpiti gli uni per invidia gli altri per paura; reputavano infatti che l'unica loro salvezza fosse riposta nell'eliminazione di tutti i personaggi di rilievo.
Libro IV:358 E così, assieme a molti altri, fu ucciso anche Gurion, insigne per la sua posizione e per i suoi natali, ma di tendenze demo­cratiche e ispirato a sistemi liberali più di qualunque altro mai fra i giudei: oltre al complesso delle sue qualità fu soprattutto la franchezza nel parlare a provocarne la morte.
Libro IV:359 Dalle loro mani non si salvò nemmeno Niger della Perea, che si era coperto di valore nei combattimenti contro i romani; tra violente proteste, e mentre metteva in mostra le sue ferite,
Libro IV:360 venne trascinato per la città fino all'esterno delle mura dove, perduta ogni speranza, supplicò che almeno non lo lascias­sero insepolto. Ma quelli prima di ucciderlo gli promisero che invece non gli avrebbero dato la sepoltura a cui tanto teneva,
Libro IV:361 e Niger, morendo, invocò su di loro il castigo dei romani, la fame e la pestilenza oltre agli altri orrori della guerra, e la lotta intestina.
Libro IV:362 Tutte queste imprecazioni contro quegli empi vennero esaudite dal Dio, compresa la più giusta, quella di subire lo strazio del furore fratricida, essendo dopo poco venuti in conflitto fra loro.
Libro IV:363 L'eliminazione di Niger li liberò dal timore di perdere il potere, ma non vi fu una cate­goria di cittadini che essi non cercassero di colpire con qual­siasi pretesto.
Libro IV:364 Mentre chi aveva avuto a che dire con qual­cuno di loro era stato da un pezzo eliminato, anche contro chi non aveva dato disturbo in tempo di pace venivano inventate opportune accuse; e se uno evitava di avvicinarli, era so­spettato di superbia, se parlava loro con franchezza, era so­spettato di disprezzo, se li trattava con riguardo, era sospettato di complotto.
Libro IV:365 L'unica pena, per le imputazioni più gravi come per le più insignificanti, era la morte e, tranne qualche caso, non si salvavano che le persone più insignificanti per la loro umile condizione.
Libro IV:366 - 6, 2. Tutti gli, altri comandanti dei romani, considerando una fortuna inaspettata il dissenso scoppiato fra i nemici, erano ansiosi di marciare su Gerusalemme e incitavano Vespasiano, cui spettava la suprema decisione, mostrandogli che il fa­vore del Dio si era loro rivelato col dividere i nemici in due fazioni contrapposte.
Libro IV:367 Ma un cambiamento della situazione po­teva verificarsi da un momento all'altro, e in breve i giudei si sarebbero potuti riconciliare o perché stanchi della guerra civile o perché presi dal pentimento.
Libro IV:368 Ma Vespasiano rispose che i loro ragionamenti erano completamente fuori strada, perché essi ardevano dal desiderio di dar spettacolo, come in un teatro, del loro valore e della loro forza, uno spettacolo non scevro di pericoli, senza preoccuparsi dell'utilità e della sicurezza.
Libro IV:369 Se si fosse mosso subito contro la città, avrebbe provocato la riconciliazione dei nemici e attirato su di sé la loro potenza nel massimo vigore; se invece avesse aspettato, li avrebbe trovati ridotti di numero per i vuoti prodotti dalla guerra civile.
Libro IV:370 Capitano più valente di lui era il Dio, che stava consegnando i giudei ai romani senza colpo ferire e offrendo graziosamente la vittoria al generale risparmiandogli ogni rischio.
Libro IV:371 In conclusione, poiché i nemici si distruggevano di propria mano ed erano in preda al peggiore dei mali, la guerra fratricida, conveniva ad essi di restar spettatori della loro rovina anziché misurarsi con individui pronti a morire e infe­rociti l'un contro l'altro.
Libro IV:372 “Se qualcuno ritiene” disse Vespa­siano “che la gloria della vittoria sarà meno dolce senza combattere, consideri che il successo riportato senza esporsi a pericoli è più vantaggioso di quello conseguito attraverso l'incerta prova delle armi.
Libro IV:373 E non sono da ritenere meno glo­riosi di chi si distingue in combattimento coloro che raggiun­gono gli stessi risultati sapendosi dominare e con il freddo calcolo”. Inoltre, mentre le schiere nemiche si andavano assottigliando, egli avrebbe potuto contare su un esercito reso più forte dal riposo dopo tante fatiche.
Libro IV:374 E specialmente per chi aspirava a una bella vittoria non era quello il momento migliore;
Libro IV:375 infatti i giudei non si stavano adoperando per ap­prontare armi o consolidare le mura o per raccogliere alleati, sì che un rinvio dello scontro sarebbe risultato a danno di chi lo consentiva, ma consumati dalla guerra civile e dalla discor­dia subivano ogni giorno perdite maggiori di quelle che loro stessi gli avrebbero potuto infliggere se li avessero attaccati e sconfitti.
Libro IV:376 Perciò, come badando alla sicurezza conveniva di lasciare che si sterminassero da sé stessi, così mirando a pro­cacciarsi maggior gloria non si doveva attaccare un nemico dilaniato dalla discordia; infatti ben a ragione si sarebbe detto che la vittoria i romani non l'avevano riportata per il loro valore, ma per la divisione dei nemici.
Libro IV:377 - 6, 3. I generali riconobbero la validità di queste considerazioni di Vespasiano, e in breve l'acutezza del suo disegno strategico fu resa manifesta dal gran numero di disertori che cominciarono ad arrivare ogni giorno eludendo la vigilanza degli Zeloti.
Libro IV:378 E non era facile la fuga, perché tutti i passaggi obbligati erano stati messi sotto controllo e chiunque veniva sorpreso era passato per le armi con l'imputazione di voler raggiungere i romani.
Libro IV:379 Però chi pagava veniva lasciato andare, sicché traditori erano solo quelli che non potevano pagare, con la conseguenza che ad essere uccisi erano solo i poveri mentre i ricchi si compravano il lasciapassare.
Libro IV:380 Lungo tutte le strade si accumulavano grossi mucchi di cadaveri, e molti che si apprestavano a fuggire cambiavano idea preferendo morire entro la città: la speranza di ricevere sepoltura rendeva ai loro occhi meno amara la morte in patria.
Libro IV:381 Gli Zeloti, co­munque, arrivarono a tanta ferocia, da non seppellire né gli uccisi in città né quelli uccisi sulle strade,
Libro IV:382 e come se si fossero espressamente impegnati a calpestare le leggi della patria in una con le leggi della natura, e a contaminare la divinità in aggiunta alle offese contro gli uomini, lasciavano che i cadaveri andassero in putrefazione sotto i raggi del sole.
Libro IV:383 Per chiunque seppelliva un parente, come per i disertori, era la pena di morte, e chi si preoccupava di dare sepoltura ad un altro si trovava poco dopo a doverla implorare per sé.
Libro IV:384 In breve, fra tutte quelle miserie nessun nobile sentimento andò così completamente perduto come la pietà. Infatti ciò che avrebbe dovuto ispirare compassione aveva invece l'effetto di eccitare quegli scellerati, che dai vivi passavano a sfogare la loro furia bestiale sui morti, e dai morti sui vivi.
Libro IV:385 Era tanto il terrore, che chi non aveva ancora avuto a che fare con gli Zeloti invidiava chi già era caduto nelle loro mani, come se si fosse liberato da un incubo, e a quelli che venivano torturati nelle prigioni parevano fortunati, al loro confronto, anche gli uccisi lasciati insepolti.
Libro IV:386 Ogni legge umana fu da loro violata, furono messe in burla le cose divine e derise le predizioni dei profeti come chiacchiere di ciarlatani.
Libro IV:387 E invece in quelle pre­dizioni si toccavano i fondamenti del bene e del male, che gli Zeloti offesero provocando l'avverarsi della profezia contro la patria.
Libro IV:388 Esisteva infatti un antico detto d'ispirazione divina secondo cui, quando la città fosse caduta in preda alla guerra civile e il tempio del Dio profanato per colpa dei cittadini, allora essa sarebbe stata espugnata e il santuario distrutto col fuoco dai nemici. Pur non negando fede a questa profezia, gli Zeloti si fecero strumento del suo avverarsi.


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