Guerra giudaica



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LIBRO I

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO

Libro I:467 - 24, 1. Ma la discordia non abbandonò i fratelli, che si separarono con sospetti vicendevoli peggiori di prima, Ales­sandro e Aristobulo addolorati per il diritto di anzianità rico­nosciuto ad Antipatro, Antipatro sdegnato per il secondo posto concesso ai fratellastri.


Libro I:468 Ma Antipatro, che era assai astuto, sapeva frenare la lingua e con grande malizia celava il suo odio verso gli altri, mentre questi per la nobiltà della loro stirpe avevano sulla bocca tutto ciò che era loro nel cuore; erano molti quelli che li provocavano, mentre i più degli amici s'insinuavano come spie.
Libro I:469 Tutto ciò che si diceva presso Ales­sandro veniva immediatamente riferito ad Antipatro, e poi con qualche aggiunta passava da Antipatro ad Erode; nem­meno se il giovane avesse detto qualche cosa innocentemente, si sarebbe salvato dalle critiche, ma il significato di ogni pa­rola veniva distorto per calunniare, e se qualche parola di­ceva con una certa franchezza, una piccolissima cosa finiva col diventare una enormità.
Libro I:470 Antipatro metteva all'opera sempre dei provocatori, sì che le sue menzogne avessero una base di verità, e bastava che una sola delle dicerie diffuse si dimostrasse corrispondente al vero per dar credito a tutte le altre. E i suoi amici erano tutti o riservatissimi per natura oppure li aveva con doni persuasi a non svelare nessun segreto, sì che non si sarebbe sbagliato chi avesse definito la vita di Antipatro un mistero di malvagità; e corrompendo con denaro i cortigiani di Alessandro o insinuandosi presso di loro con le adulazioni, mediante le quali a tutto riusciva, ne aveva fatto dei traditori e delle spie di ogni cosa che si faceva o si diceva.
Libro I:471 Con una messinscena accurato in tutti i particolari, ricorreva a una tec­nica raffinata per far giungere le calunnie a Erode, assumendo lui la parte del buon fratello e facendo svolgere dagli altri quella del delatore. Quando veniva riferita qualche cosa contro Alessandro, egli si presentava a recitare la sua parte co­minciando col ridicolizzare la diceria, ma poi piano piano ne dava conferma stimolando lo sdegno del re.
Libro I:472 Tutto veniva ri­portato a un complotto e a far credere che Alessandro fosse pronto ad uccidere il padre; infatti nulla dava tanto credito alle calunnie quanto le difese che Antipatro prendeva di Alessandro.
Libro I:473 - 24, 2. Amareggiato da tutto ciò, Erode toglieva ogni gior­no una parte del suo affetto ai figli per riversarla su Antipatro. Assieme a lui si voltarono dall'altra parte anche i dignitari della reggia, alcuni di propria volontà, altri per ordini rice­vuti, come Tolemeo, il più elevato degli amici, i fratelli del re e tutta la famiglia; infatti Antipatro era onnipotente e, cosa ancor più grave per Alessandro, era onnipotente anche la ma­dre di Antipatro, che ne assecondava le trame contro i fratellastri con odio più acerbo di una matrigna, e provava per i figli della regina un'avversione superiore a quella che si ha per i figliastri.
Libro I:474 Ormai tutti facevano la corte ad Antipatro per le speranze che egli ispirava, e dal parteggiare a favore degli altri ognuno era distolto dagli ordini del re, che aveva in­giunto alle persone più autorevoli di non avvicinare Alessan­dro e di non occuparsi delle sue cose. Ed Erode incuteva paura non soltanto agli abitanti del regno, ma anche agli amici di fuori; a nessun re infatti Cesare aveva dato tanta autorità, da poter chiedere l'estradizione di qualcuno sfuggito a lui anche da una città non soggetta.
Libro I:475 I due giovani erano all'oscuro delle calunnie, e perciò anche più incautamente vi offrivano il fianco; il padre infatti non muoveva alcun rimprovero aper­tamente, ma essi un po' alla volta se ne accorsero dalla sua freddezza e dal fatto che di fronte a qualche contrarietà s'inaspriva sempre di più. Antipatro suscitò contro i giovani l'av­versione anche dello zio Ferora e della zia Salome, cui stava sempre attaccato come fosse sua moglie, non stancandosi di aizzarla.
Libro I:476 Contribuiva a destare la sua inimicizia la moglie di Alessandro, Glafira, che menava vanto della nobiltà delle sue origini e si atteggiava a padrona di tutte le donne della reg­gia, essendo da parte di padre discendente di Temeno, da parte di madre da Dario figlio di Istaspe.
Libro I:477 E stava sempre a rinfacciare l'oscurità della stirpe sia alla sorella di Erode, sia alle sue mogli, che erano state prescelte tutte per la loro bel­lezza e non per la loro nobiltà. Ed erano molte, perché il co­stume patrio consente ai giudei di avere più mogli, e al re piaceva di averne tante; tutte erano contrarie ad Alessandro per l'atteggiamento altezzoso e sprezzante di Glafira.
Libro I:478 - 24, 3. Anche Aristobulo si attirò per colpa sua l'odio di Salome, che pur era sua suocera, e già da prima era mal di­sposta per l'alterigia di Glafira; il giovane infatti rinfacciava continuamente alla moglie l'umiltà delle sue origini, lamen­tandosi di aver preso in moglie una donna qualunque, mentre suo fratello Alessandro aveva sposato una principessa.
Libro I:479 Queste cose la figlia le riferiva piangendo a Salome, e aggiungeva che Alessandro e i suoi minacciavano anche, quando si fossero impadroniti del regno, di mettere anche le madri degli altri fratelli a lavorare ai telai insieme con le schiave, e quelli a far gli scrivani di villaggio, con un'allusione beffarda alla fine edu­cazione che avevano ricevuta. A questo punto Salome non riuscì a frenare l'ira e raccontò tutto a Erode, che era propenso a crederle perché parlava contro suo genero.
Libro I:480 E un'altra ca­lunnia concorse a infiammare l'animo del re; gli venne rife­rito infatti che i due invocavano continuamente la madre, mescolando ai gemiti le imprecazioni contro di lui, e poiché egli spesso distribuiva alcuni abiti di Mariamme alle nuove mogli, i due avevano minacciato che tra poco invece di vesti regali avrebbero fatto loro indossare vesti fatte di stracci.
Libro I:481 - 24, 4. Erode, sebbene a causa di queste voci fosse in ansia per le intenzioni dei giovani, non aveva tuttavia perduto ogni speranza di farli rinsavire, e mandatili a chiamare una volta che si apprestava a imbarcarsi per Roma, profferì poche minacce come re, ma le più furono ammonizioni di padre, esor­tandoli ad amare i loro fratelli e promettendo il perdono per le colpe passate, se si fossero comportati meglio in avvenire.
Libro I:482 Quelli respinsero le calunnie, affermando che si trattava di menzogne, e assicurarono il padre che con i fatti avrebbero confermato la loro difesa; però anche lui doveva far cessare le dicerie col non prestarvi facile ascolto, perché non sarebbe mai mancata gente disposta a inventare accuse contro di loro, finché c'era qualcuno pronto a crederci.
Libro I:483 - 24, 5. Con tali discorsi essi fecero presa sui sentimenti paterni di Erode e per il momento si liberarono del timore per l'immediato presente, ma erano in ansia per il futuro; s'accor­sero infatti dell'avversione di Salome e dello zio Ferora. Co­storo erano entrambi temibili e pericolosi, ma in maggior grado Ferora, che aveva parte in tutte le attribuzioni regali tranne il diadema, godeva di rendite private per il valore di cento talenti, e percepiva i frutti di tutto il territorio al di là del Giordano ricevuto in dono dal fratello. Questi lo aveva nominato anche tetrarca col consenso di Cesare, gli aveva concesso l'onore di nozze regali facendogli sposare la sorella della propria moglie e poi, dopo la morte di costei, gli aveva proposto di sposare la maggiore delle sue figlie con la dote di trecento talenti.
Libro I:484 Ma Ferora rifiutò di sposare la principessa per amore di una schiava e Erode, sdegnato, diede la figlia a quel suo nipote che più tardi fu ucciso dai Parti; ma non molto tempo dopo depose l'ira, perdonando l'infatuazione amorosa del fratello.
Libro I:485 - 24, 6. Già prima, quando ancora viveva la regina, Fe­rora era stato incolpato di attentare con veleni alla vita di Erode; allora poi le insinuazioni si infittirono a tal punto che il re, per quanto fosse affezionato al fratello, fu indotto a pre­starvi fede e a temerle. Dopo aver messo alla tortura molte delle persone sospette, infine arrivò anche agli amici di Ferora.
Libro I:486 Però nessuno di costoro ammise apertamente la congiura, ma dissero soltanto che Ferora si preparava a fuggirsene tra i Parti con la sua amata, e che partecipe del piano e della fuga era Costobar, il nuovo marito che il re aveva fatto sposare a Salome dopo che il primo era stato ucciso per adulterio.
Libro I:487 Nem­meno Salome andava immune da accuse; infatti suo fratello Ferora la incolpava di trattative per sposarsi con Silleo, il viceré di Obadas, re degli arabi, che era nemicissimo di Erode. Sebbene convinta e di questa e di tutte le altre colpe di cui Fe­rora l'accusava, Salome ottenne il perdono, e il re prosciolse anche Ferora.
Libro I:488 - 24, 7. La tempesta che si addensava nella reggia si concentrò tutta su Alessandro e sul suo capo. Vi erano tre eunuchi tenuti dal re nella massima considerazione, come mostravano gli uffici cui erano addetti: uno era incaricato di versare il vino, l'altro di servire le portate, l'altro di metterlo a letto e di dormire nella sua camera.
Libro I:489 Con grandi doni Alessandro piegò costoro ad atti pederastici. Riferita la cosa al re, vennero sot­toposti alla tortura, e non solo ammisero subito i rapporti amorosi, ma svelarono anche le promesse con cui vi erano stati indotti, e in che modo erano stati circuiti dai discorsi di Alessandro:
Libro I:490 che non dovevano fondare le loro speranze su Erode, un vecchio svergognato che si tingeva anche i capelli, a meno che per questo non lo credessero anche un giovanot­to, ma invece mettersi dalla parte di lui, che avrebbe eredi­tato il trono anche contro il volere di Erode, e fra breve avrebbe punito i nemici, mentre gli amici li avrebbe colma­ti di favori,
Libro I:491 a cominciare da loro per primi; dissero, inoltre, che fra i notabili esisteva un movimento segreto a sostegno di Alessandro, e che presso di lui si adunavano nascostamente i capitani dell'esercito e i loro subalterni.
Libro I:492 - 24, 8. Queste rivelazioni impaurirono Erode al punto che non osò divulgare subito le denunzie, ma inviando spie notte e giorno indagava tutto ciò che si diceva e si faceva, e i so­spettati li mandava subito a morte.
Libro I:493 La reggia cadde in preda a una grande confusione; ognuno infatti forgiava le calunnie a seconda delle simpatie o degli odi, e molti approfittarono del furore omicida del re per sbarazzarsi dei propri nemici. La menzogna veniva immediatamente creduta, e le pene erano più veloci delle calunnie; uno che aveva appena lanciata un'ac­cusa, veniva a sua volta incolpato, ed era condotto al supplizio assieme a colui che egli aveva fatto condannare; infatti il pe­ricolo di vita rendeva sommarie le procedure del re.
Libro I:494 Questi arrivò a tanta durezza, da non guardare di buon occhio nem­meno coloro che non venivano fatti oggetto di accuse e da trattare assai aspramente anche gli amici; a molti di costoro vietò di presentarsi a corte, e infierì a parole contro chi non poteva colpire a fatti.
Libro I:495 A calcare la mano contro Alessandro contribuiva Antipatro e, organizzata una banda di gente come lui, non lasciò da parte alcun genere di calunnia. Dalle sue mirabolanti insinuazioni e macchinazioni il re fu spinto a tal punto di terrore, da sembrargli che Alessandro stesse per sal­targli addosso con la spada in pugno.
Libro I:496 Così un giorno, im­provvisamente, lo fece imprigionare e sottopose a tortura i suoi amici. Molti morirono senza aprir bocca o senza dir nulla più di quello che realmente sapevano; gli altri, costretti dai supplizi a mentire, dissero che Alessandro congiurava contro di lui d'intesa col fratello Aristobulo e che si preparava a uc­ciderlo durante una partita di caccia e a rifugiarsi poi a Roma.
Libro I:497 A queste cose, sebbene non fossero attendibili ma inventate sotto il terrore dei supplizi, il re di buon grado credette, con­solandosi d'aver messo in prigione il figlio col pensiero di non aver dato l'impressione di commettere un'ingiustizia.


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