Guerra giudaica



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LIBRO IV

CAPITOLO NONO

Libro IV:486 - 9, 1. Vespasiano, preparandosi ad attaccare Gerusalemme da ogni lato, impiantò accampamenti a Gerico e ad Adida e vi sistemò in ciascuno una guarnigione composta insieme di truppe romane e arcate.


Libro IV:487 Inoltre mandò contro Gerasa Lucio Annio affidandogli uno squadrone di cavalleria e, parecchi fanti.
Libro IV:488 Costui, presa d'assalto la città, uccise un migliaio di giovani, che non avevano fatto in tempo a fuggire, fece pri­gionieri le donne e i bambini e diede il permesso ai soldati di saccheggiare ogni cosa; poi, appiccato il fuoco alle case, si gettò sulle borgate vicine.
Libro IV:489 Chi ne aveva la forza riusciva a fuggire, mentre i più deboli venivano uccisi, e tutto ciò che essi abbandonavano era dato alle fiamme.
Libro IV:490 Ora che la guerra aveva dilagato nell'intera regione, sui monti e nel piano, quelli di Gerusalemme si videro bloccate tutte le vie d'uscita: chi voleva passare ai romani era impedito dalla sorveglianza degli Zeloti, mentre chi non era ancora diventato filoromano tro­vava un ostacolo nell'esercito che stringeva la città da ogni parte.
Libro IV:491 - 9, 2. Mentre Vespasiano, che era tornato a Cesarea, si apparecchiava a marciare con tutte le forze contro Gerusa­lemme, gli giunse la notizia che Nerone era stato ucciso dopo un regno di tredici anni, otto mesi e otto giorni.
Libro IV:492 Qui non mi soffermo a raccontare del malgoverno di Nerone, che aveva messo il potere nelle mani di due perfidi individui come Ninfidio e Tigellino, infimi personaggi di estrazione servile, né come egli, tradito da costoro,
Libro IV:493 venne abbandonato da tutta la sua guardia e, fuggito con quattro liberti rimastigli fedeli, si tolse la vita poco fuori di Roma; non dirò come quelli che l'avevano deposto vennero di lì a poco puniti,
Libro IV:494 né la fine della guerra in Gallia, né il ritorno a Roma di Galba dalla Spagna, ove era stato acclamato imperatore, né come egli, accusato di sordidezza dai soldati, venne poi trucidato in mezzo al foro di Roma, e all'impero fu elevato Otone;
Libro IV:495 sorvolerò sulla spedi­zione di costui contro i comandanti di Vitellio e sulla sua fine, e così sulle lotte al tempo di Vitellio e sulla battaglia attorno al Campidoglio, né dirò come Antonio Primo e Muciano, dopo aver sbaragliato Vitellio e le legioni germaniche, misero fine alla guerra civile.
Libro IV:496 Un'esposizione particolareg­giata di tutti questi avvenimenti me la risparmio perché essi sono ben noti a tutti e già sono stati raccontati da molti sto­rici greci e romani; vi ho accennato per sommi capi nell'in­tento di preservare il quadro unitario dei fatti e di non spezzettare il racconto.
Libro IV:497 Vespasiano, dunque, dapprincipio rinviò la marcia su Gerusalemme, aspettando di sapere a chi era passato il potere dopo la morte di Nerone;
Libro IV:498 poi, quando apprese che il nuovo imperatore era Galba, non si mosse in attesa di riceverne istruzioni sulla guerra, e inviò a lui il figlio Tito per rendergli omaggio e per farsi dare disposizioni sulla Giudea. Insieme con Tito, e con le stesse intenzioni, anche il re Agrippa s'imbarcò per raggiungere Galba.
Libro IV:499 Ma mentre essi stavano attraversando per via di terra l'Achea, giacché era inverno, e le navi da guerra facevano il periplo, sopraggiunse la notizia dell'uccisione di Galba, dopo sette mesi e sette giorni di regno, e dell'acclamazione a imperatore del suo ri­vale Otone.
Libro IV:500 Allora Agrippa decise di proseguire per Roma, senza preoccuparsi del cambiamento intervenuto;
Libro IV:501 Tito invece, per una divina ispirazione, dalla Grecia ritornò per mare in Siria e ben presto raggiunse il padre a Cesarea.
Libro IV:502 In apprensione per le sorti dell'impero, che attraversava un momento così tempestoso, essi sospesero le operazioni contro i giudei, con­siderando inopportuno d'impegnarsi in guerra contro un popolo straniero mentre la patria era esposta a un pericolo tanto grave.
Libro IV:503 - 9, 3. Ma su Gerusalemme stava allora per abbattersi un'altra guerra. V'era un certo Simone, figlio di Ghiora, nativo di Gerasa, un giovane che per furbizia restava indietro a Gio­vanni, il quale già la faceva da padrone nella città, ma era a lui superiore per vigoria del corpo e per audacia;
Libro IV:504 questo aveva costretto il sommo sacerdote Anano ad allontanarlo dalla toparchia di Acrabatene, messa sotto il suo controllo, ed egli si era allora unito ai briganti che occupavano Masada.
Libro IV:505 Costoro dapprincipio lo tennero in sospetto, e gli concessero di sistemarsi assieme alle donne con cui era arrivato nella parte inferiore della fortezza, mentre essi occupavano la parte superiore;
Libro IV:506 ma poi per l'affinità delle maniere e per la fiducia che ispirava fu ammesso a partecipare alle loro scorrerie, e as­sieme a loro devastava i dintorni di Masada.
Libro IV:507 Cercò poi di convincerli ad intraprendere azioni a più largo raggio, ma senza riuscirvi, perché quelli si erano abituati alla fortezza e temevano di allontanarsi troppo dalla loro tana, se così si può dire.
Libro IV:508 Allora Simone, che mirava alla conquista del potere e sognava grandi imprese, udita anche la fine di Anano, si ritirò fra i monti e, promettendo la libertà agli schiavi e premi ai liberi, radunò da ogni parte una banda di briganti.
Libro IV:509 - 9, 4. Appena ebbe ai suoi ordini una banda abbastanza forte si diede a fare incursioni contro i villaggi di montagna; quindi, reso audace dai continui arrivi di altri briganti, scese ad operare in pianura.
Libro IV:510 Quando poi diventò un pericolo anche per le città, molte persone per bene si lasciarono attrarre verso di lui dalla sua forza e dal successo delle sue imprese, e la sua non fu più una banda di soli schiavi e ladroni, ma anche di non pochi cittadini che gli prestavano ubbidienza come a un re.
Libro IV:511 Ed egli prese a battere non solo la toparchia di Acra­batene, ma anche la regione fino alla grande Idumea; infatti in un borgo chiamato Nain egli innalzò un fortilizio cinto di mura e lo usava come base difensiva;
Libro IV:512 poi nel vallone di nome Ferete allargò molte caverne, oltre a quelle che trovò già pronte, per depositarvi i tesori e il ricavato delle razzie.
Libro IV:513 Ivi ripose anche i viveri saccheggiati, e nell'interno di esse erano alloggiati anche la maggior parte dei suoi uomini; era chiaro che addestrava le sue schiere e faceva gli altri prepara­tivi con la mira di attaccare Gerusalemme.
Libro IV:514 - 9, 5. Perciò gli Zeloti s'impensierirono ai suoi progetti e, volendo prevenire uno che cresceva a loro danno, uscirono ad affrontarlo in armi con la maggior parte delle loro forze; Simone andò loro incontro e nel combattimento che ne seguì parecchi ne uccise e gli altri li respinse fino alla città.
Libro IV:515 Non sentendosi ancora abbastanza forte, si astenne dal dar l'assalto alle mura; preferì invece assoggettare prima l'Idumea, e con ventimila uomini si mise in marcia verso le sue frontiere.
Libro IV:516 I capi dell'Idumea raccolsero allora rapidamente le forze mi­gliori del paese, circa venticinquemila uomini, e, lasciato tutto il resto della popolazione a difesa dei loro averi contro le incursioni dei sicari di Masada, si fecero incontro a Simone sui loro confini.
Libro IV:517 Qui per un'intera giornata Simone si batté contro di loro, ma senza risultare né vincitore né vinto; quindi egli si ritirò a Nain mentre gli Idumei tornavano a casa.
Libro IV:518 Non molto tempo dopo, Simone tornò a invadere il loro territorio con forze più rilevanti e, accampatosi presso un villaggio di nome Thecue, inviò uno dei suoi fidi, Eleazaro, alla vicina piazzaforte di Erodion con l'incarico di indurre la guarni­gione a consegnargliela.
Libro IV:519 Gli uomini del presidio lo fecero entrare prontamente, non sapendo per quale ragione veniva, ma appena Eleazaro ebbe accennato alla resa sguainarono le spade e l'inseguirono finché quello, non avendo più dove fuggire, si precipitò dall'alto delle mura nel sottostante bur­rone morendo sul colpo.
Libro IV:520 Intanto gli Idumei, preoccupati per la forza di Simone, stimarono opportuno di raccogliere qualche dato sull'entità dell'esercito nemico prima di venire a bat­taglia.
Libro IV:521 - 9, 6. Per tale bisogna si offrì prontamente Giacomo, uno dei capitani, che meditava il tradimento.
Libro IV:522 Partito da Aluro, il villaggio ove erano allora concentrate le forze degli Idumei,
Libro IV:523 raggiunse Simone e innanzi tutto s'accordò con lui per conse­gnargli la sua patria, ricevendone in cambio l'assicurazione che gli sarebbe stata sempre riservata una posizione di primo piano; inoltre promise che avrebbe collaborato all'assoggetta­mento dell'intera Idumea.
Libro IV:524 Dopo di che, invitato da Simone a un amichevole banchetto ed esaltato da magnifiche promesse, fece ritorno presso i suoi, e per prima cosa fornì un quadro molto esagerato delle forze di Simone;
Libro IV:525 poi, avvicinando i co­mandanti, e un po' alla volta tutto l'esercito, li persuase a venire a un'intesa con Simone e ad affidargli senza inutile spargimento di sangue il comando supremo.
Libro IV:526 Mentre manovrava in tal senso, mandò dei messi a sollecitare l'arrivo di Simone pro­mettendogli che avrebbe disperso gli Idumei, come in realtà fece.
Libro IV:527 Infatti, appena l'esercito di Simone fu vicino, egli fu il primo a balzare in sella e a darsi alla fuga seguito dagli altri traditori.
Libro IV:528 La massa fu presa dal panico e, prima di attaccar battaglia, ognuno uscì dallo schieramento tornandosene a casa.
Libro IV:529 - 9, 7. Simone, essendo inaspettatamente penetrato nell'Idumea senza colpo ferire, con un attacco di sorpresa s'impadronì per prima della cittadina di Hebron, dove fece molto bottino e asportò grandi quantità di viveri.
Libro IV:530 Come affermano i suoi abi­tanti, Hebron è più antica non solo delle altre città della re­gione, ma anche di Menfi d'Egitto; infatti le si attribuiscono duemilatrecento anni.
Libro IV:531 Raccontano, anzi, che ivi abitò Abra­mo, il progenitore dei giudei, dopo il suo ritorno dalla Meso­potamia, e di lì dicono che i suoi discendenti scesero in Egitto.
Libro IV:532 In questa città si additano ancora le loro tombe, di marmo pre­zioso e finemente lavorate.
Libro IV:533 A sei stadi dalla città si mostra un immenso terebinto, e dicono che l'albero sia lì sin dal giorno della creazione.
Libro IV:534 Da Hebron Simone prese a fare le sue incursioni in tutta l'Idumea, non soltanto saccheggiando villaggi e città, ma divorando anche la campagna perché i vi­veri non bastavano a una sì grande moltitudine: oltre gli armati lo seguiva una turba di quarantamila persone.
Libro IV:535 A tali bisogni si aggiungeva la sua ferocia e l'odio per quella popolazione, onde ancor più gravi risultarono i guasti inflitti all'Idumea.
Libro IV:536 Come si può vedere un bosco completamente spogliato dopo che son passate le cavallette, così alle spalle dell'esercito di Simone restava il deserto;
Libro IV:537 qui incendiavano, lì demolivano, e poi distruggevano tutta la vegetazione del paese o calpestan­dola o tagliandola, e la terra lavorata diventava sotto i loro piedi più dura di quella non lavorata. Insomma, di quello che essi distruggevano non restava nemmeno un segno che fosse mai esistito.
Libro IV:538 - 9, 8. Tutto ciò ebbe l'effetto di rinfocolare le apprensioni degli Zeloti; questi non osarono affrontarlo in campo aperto, ma gli tesero degli agguati e catturarono sua moglie e parec­chie persone del suo servizio.
Libro IV:539 Poi, tutti trionfanti come se avessero preso Simone in persona, fecero ritorno in città aspettandosi che fra breve quello, deposte le armi, sarebbe venuto a supplicarli di restituirgli la moglie.
Libro IV:540 E invece non da pietà, ma da furore egli fu preso per il rapimento e, avvici­natosi alle mura di Gerusalemme, sembrava una belva ferita che, non potendo sfogarsi sui feritori, si sfogava su chi capi­tava.
Libro IV:541 Chiunque usciva dalle porte per raccoglier erbe o legna, anche se disarmato o vecchio, egli lo faceva catturare e ucci­dere fra i tormenti, inferocito al punto che per poco non divo­rava le carni dei morti.
Libro IV:542 Molti anche ne rimandò indietro con le mani mozzate, col proposito di atterrire i nemici e, insieme, di istigare il popolo contro i colpevoli.
Libro IV:543 Per mezzo di essi mandò a dire che Simone aveva giurato sul Dio cui nulla sfugge che, se non si fossero affrettati a restituirgli la moglie, avrebbe sfondato le mura e inflitto il medesimo castigo a tutti gli abitanti della città, senza nessun riguardo per l'età e senza distin­zione fra innocenti e colpevoli.
Libro IV:544 Tali minacce atterrirono non soltanto il popolo, ma anche gli Zeloti, che gli rimandarono la moglie, ed egli per il momento si acquietò sospendendo per un poco le continue stragi.
Libro IV:545 - 9, 9. Però non soltanto nella Giudea regnavano i disordini e la guerra civile, ma anche in Italia.
Libro IV:546 Galba venne assassinato in mezzo al foro di Roma, e Otone, acclamato imperatore, si batté contro il rivale Vitellio, l'eletto delle legioni di Ger­mania.
Libro IV:547 Attaccata battaglia presso Bedriaco, nella Gallia, contro i generali vitelliani Valente e Cecina, nel primo giorno Otone ebbe la meglio, ma il giorno successivo prevalse l'eser­cito di Vitellio.
Libro IV:548 Seguì una grande carneficina e Otone, appresa la notizia della disfatta, si tolse la vita a Brescello dopo tre mesi e due giorni di regno;
Libro IV:549 le sue forze passarono agli ordini dei capitani di Vitellio che, alla testa dell'esercito, s'avviò alla volta di Roma.
Libro IV:550 Intanto, il quinto giorno del mese di Desio, Vespasiano era partito da Cesarea puntando sui territori della Giudea che non erano stati ancora sottomessi.
Libro IV:551 Avanzando nella regione montuosa assoggettò due toparchie, quelle che pren­dono il nome da Gofna e da Acrabetta, poi occupò le citta­dine di Bethela e di Efraim, ove collocò una guarnigione, e quindi si spinse con la cavalleria fino a Gerusalemme menando gran strage e catturando molti prigionieri.
Libro IV:552 Intanto Ceriale, uno dei suoi generali, alla testa di una forza di cavalieri e fanti devastava la regione detta Idumea superiore, dove prese d'as­salto la cittadina, che in realtà non è piccola, di Cafethra e la diede alle fiamme; poi ne attaccò un'altra di nome Cafarabis stringendola d'assedio.
Libro IV:553 Il muro era molto solido, e mentre egli si aspettava di doverci impiegare parecchio tempo, al­l'improvviso gli abitanti spalancarono le porte e, avanzando con rami d'olivo, fecero atto di sottomissione.
Libro IV:554 Assoggettati costoro, Ceriale puntò su Hebron, un'altra città molto antica, sita, come ho già detto, nella regione montagnosa non lungi da Gerusalemme; penetratovi a forza, sterminò tutti i gio­vani che vi trovò e appiccò il fuoco alle case.
Libro IV:555 Essendo così state sottomesse tutte le località tranne Erodion, Masada e Macherunte, che erano tenute dai briganti, l'obiettivo dei ro­mani era ormai Gerusalemme.
Libro IV:556 - 9, 10. Simone, dopo aver strappato la moglie dalle mani degli Zeloti, si rivolse di nuovo contro ciò che restava del­l'Idumea, e assaltando da ogni parte la popolazione costrinse i più a fuggire a Gerusalemme.
Libro IV:557 Egli li inseguì fino alla città e, circondate di nuovo le mura, metteva a morte tutti quelli che uscivano per lavorare in campagna e cadevano nelle sue mani.
Libro IV:558 Così per il popolo Simone era, fuori le mura, un nemico più terribile dei romani, mentre all'interno più feroci degli altri due erano gli Zeloti, fra i quali si distingueva per i disegni delittuosi e per la temerità il gruppo dei Galilei;
Libro IV:559 erano stati infatti costoro a portare al potere Giovanni, ed egli li ricom­pensava del predominio che gli avevano procurato concedendo a ciascuno di fare ciò che voleva.
Libro IV:560 Con un insaziabile desi­derio di preda frugavano le case dei ricchi, uccidevano gli uomini e stupravano le donne come fosse un gioco;
Libro IV:561 poi col bottino lordo di sangue gozzovigliavano e infine, sazi, si abbandonavano senza ritegno all'effeminatezza acconciandosi i capelli, indossando abiti da donna, cospargendosi di profumi e dandosi il bistro agli occhi per farsi più belli.
Libro IV:562 E le donne non le imitavano soltanto nel modo di agghindarsi, ma anche nelle pratiche amorose, ideando con frenetica dissolutezza in­fami amplessi, rotolandosi nella città come in un bordello, dopo averla tutta insozzata con le loro nefandezze.
Libro IV:563 Ma se avevano visi di donna, le loro erano mani d'assassini: mentre procedevano con molle andatura all'improvviso si trasforma­vano in audaci uomini d'arme, ed estraendo le spade da sotto alle vesti dai colori sgargianti trafiggevano chiunque capi­tava.
Libro IV:564 Chi fuggiva da Giovanni riceveva da Simone un'accoglienza ancora più funesta, e se uno si salvava dal tiranno di dentro periva ad opera di quello di fuori.
Libro IV:565 Per chi voleva pas­sare ai romani ogni via di scampo era sbarrata.
Libro IV:566 - 9, 11. Ma tra le forze di Giovanni scoppiò la rivolta, e tutti gli Idumei che ne facevano parte si staccarono e insor­sero contro il despota, invidiosi della sua potenza e stanchi della sua crudeltà.
Libro IV:567 Passati all'attacco, uccisero un gran nu­mero di Zeloti e i rimanenti li costrinsero a rifugiarsi nel palazzo reale costruito da Grapte, una parente di Iza, re degli Adiabeni;.
Libro IV:568 Ma assieme agli Zeloti vi fecero irruzione anche gli Idumei, che di là li ricacciarono fin nel tempio; poi si diedero al saccheggio dei tesori di Giovanni,
Libro IV:569 che abitava nel palazzo suddetto e vi aveva riposto il frutto della sua prepo­tenza.
Libro IV:570 Nel frattempo la massa degli Zeloti che era dispersa nella città si raccolse nel tempio unendosi a quelli che erano stati messi in fuga, e Giovanni si preparò a guidarli giù contro il popolo e gli Idumei.
Libro IV:571 Questi ebbero paura non tanto del loro attacco, essendo più forti in combattimento, quanto della loro follia, pensando che quelli di nottetempo potevano fare una sortita dal tempio, ucciderli e dar fuoco alla città.
Libro IV:572 Si radu­narono allora a consiglio con i sommi sacerdoti per deliberare come difendersi dal loro assalto.
Libro IV:573 Ma il Dio sconvolse le loro menti ed essi pensarono di ricorrere a un rimedio peggiore del male; infatti per liberarsi di Giovanni decisero di far entrare Simone, cioè di attirarsi un secondo padrone, e per di più sollecitandolo con le preghiere.
Libro IV:574 La decisione venne eseguita e il sommo sacerdote Mattia fu inviato a pregare quel Si­mone, che tanto avevano temuto, di voler entrare in città. Unirono le loro insistenze anche tutti quelli che erano stati costretti a fuggire da Gerusalemme per gli Zeloti e che desi­deravano di recuperare case e averi.
Libro IV:575 Simone acconsentì con grande degnazione di far loro da padrone e fece il suo in­gresso come per liberare la città dagli Zeloti, acclamato dal popolo quale salvatore e protettore;
Libro IV:576 ma quando fu dentro col suo esercito non pensò che al suo potere, considerando quelli che l'avevano invocato non meno nemici di coloro contro cui era stato invocato.
Libro IV:577 - 9, 12. Così il mese di Xanthico del terzo anno di guerra Simone si fece signore di Gerusalemme mentre Giovanni e la banda degli Zeloti, impediti di uscire dal tempio e perduto tutto ciò che avevano in città e che era stato immediatamente saccheggiato dagli uomini di Simone, cominciavano a dispe­rare della loro sorte.
Libro IV:578 Con l'aiuto del popolo Simone diede l'assalto al tempio, ma gli avversari, dispostisi sui portici e dietro le merlature, respinsero gli attacchi.
Libro IV:579 Tra le file di Simone caddero parecchi e molti riportarono ferite; gli Zeloti infatti, stando più in alto, potevano effettuare i loro tiri con maggiore facilità ed efficacia.
Libro IV:580 Tale vantaggio della posizione essi l'accrebbero con la costruzione di quattro torri grandis­sime per poter tirare da un'altezza superiore, una all'angolo nord-orientale, l'altra sovrastante al Xisto,
Libro IV:581 la terza all'altro angolo dirimpetto alla città bassa;
Libro IV:582 la quarta venne innalzata sul tetto degli alloggi sacerdotali, dove ogni settimana secondo il rito uno dei sacerdoti saliva per preannunziare nel pome­riggio con il suono di una tromba l'inizio del sabato e, la sera del giorno dopo, per annunziare la sua fine, dando così al popolo il segnale per la sospensione e la ripresa del lavoro.
Libro IV:583 Sulle torri, oltre agli arcieri e ai frombolieri, collocarono ca­tapulte e lanciamissili,
Libro IV:584 e da quel momento Simone rallentò gli attacchi, essendosi i suoi uomini perduti d'animo, pur continuando a battersi validamente per il vantaggio della superiorità numerica; ma i proiettili delle catapulte a lunga gittata aprivano numerosi vuoti fra i suoi.


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