Guerra giudaica



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LIBRO V

CAPITOLO PRIMO

Libro V:1 - 1, 1. Tito, dopo aver attraversato il deserto come sopra abbiamo detto, si trasferì dall'Egitto alla Siria arrivando a Cesarea, dove aveva deciso di effettuate il concentramento delle forze.


Libro V:2 Ma mentre egli stava ancora ad Alessandria in­tento ad assistere il padre nella sistemazione dell'impero che da poco il Dio aveva dato in loro potere, in Gerusalemme la guerra delle fazioni aveva nuovi sviluppi e diventava una lotta a tre, perché una delle due parti si rivoltava contro sé stessa: il che, trattandosi di farabutti, ben poteva dirsi che era un bene e un'opera della giustizia.
Libro V:3 L'attacco degli Zeloti contro il popolo, che segnò l'inizio della rovina della città, già si è detto sopra con grande accuratezza donde ebbe ori­gine e in quali disastri culminò;
Libro V:4 ora non sbaglierebbe chi di­cesse che la nuova fu una rivolta scoppiata dal tronco della rivolta, che essa fu come una belva infuriata che, quando non ha altro da divorare, finisce per infierire contro le proprie carni.
Libro V:5 - 1, 2. Infatti Eleazar figlio di Simone, colui che all'inizio aveva separato dal popolo gli Zeloti facendoli penetrare nel tem­pio, fingendo ora di essere sdegnato per le quotidiane ribalde­rie di Giovanni, che non metteva termine alle sue stragi, ma in realtà perché non soffriva di sottostare a un tiranno più giovane,
Libro V:6 essendo spinto dal desiderio di comandare e di stabilire un suo potere personale, si distaccò dagli altri prendendo seco due dei notabili, Giuda figlio di Chelchia e Simone figlio di Esron, nonché Ezechia figlio di Chobaris, un perso­naggio di un certo rilievo.
Libro V:7 Ciascuno di costoro si tirò dietro non pochi Zeloti, ed essi presero possesso della parte più interna del tempio collocando le loro armi sopra alle sacre porte sulla facciata santa.
Libro V:8 Disponendo di grande quantità di viveri stavano tranquilli - per chi non aveva scrupoli reli­giosi le provviste sacre rappresentavano un'abbondante riser­va -; tuttavia, preoccupati a causa del loro esiguo numero, per lo più non si muovevano dalla loro posizione.
Libro V:9 Giovanni invece, quanto era a loro superiore per numero di uomini, tanto era inferiore per la posizione, e avendo i nemici sopra la testa non poteva né attaccare senza pericolo né, per lo sdegno, starsene quieto;
Libro V:10 sebbene fossero maggiori le perdite che subiva rispetto a quelle che infliggeva ai partigiani di Eleazar, tuttavia non si dava pace; gli assalti ravvicinati e i tiri alla lontana si susseguivano senza tregua, e tutto il tempio era profanato dalle stragi.
Libro V:11 - 1, 3. Simone figlio di Ghiora, che il popolo vinto dalla disperazione aveva scelto come tiranno e fatto entrare nella città sperandone aiuto, e che controllava la città alta e una parte della città bassa, prese ora ad investire con maggior violenza gli uomini di Giovanni, i quali erano contempora­neamente sottoposti agli attacchi dall'alto. Egli li incalzava dal basso, così come alla lor volta gli uomini di Giovanni incalzavano dal basso i nemici sovrastanti.
Libro V:12 In tal modo Gio­vanni combatteva su due fronti infliggendo e subendo per­dite, e lo svantaggio in cui si trovava rispetto agli uomini di Eleazar per la posizione inferiore era compensato dal van­taggio della posizione dominante rispetto a Simone.
Libro V:13 Infatti gli attacchi dal basso li respingeva validamente usando solo proiettili lanciati a mano, mentre si serviva delle macchine per controbattere i tiri provenienti dalla parte alta del santuario;
Libro V:14 disponeva infatti di una gran quantità di mangani, catapulte e baliste, con cui non soltanto colpiva gli avver­sari, ma uccideva anche molti partecipanti alle cerimonie sa­cre.
Libro V:15 Sebbene infatti la loro folle empietà fosse esplosa in tutte le forme, avevano nondimeno concesso di entrare a chi vo­leva celebrare un sacrificio, pur tenendolo sotto stretta sor­veglianza se era un paesano, e sottoponendolo a perquisi­zione se era un forestiero. Ma costoro, sebbene riuscissero ad entrare facendoli vergognare della loro crudeltà, restavano poi vittime dei combattimenti.
Libro V:16 Infatti i proiettili scagliati dalle macchine raggiungevano con la loro violenza l'altare e il san­tuario piombando sui sacerdoti e sui partecipanti,
Libro V:17 sicché molti che erano venuti dai confini della terra in quel santuario fa­moso e venerato da tutta l'umanità, cadevano esanimi essi stessi dinanzi alle vittime da loro offerte, aspergendo col pro­prio sangue quell'altare adorato da tutti i greci e i barbari.
Libro V:18 Con i cadaveri dei paesani si mescolavano quelli degli stranieri, con i cadaveri dei sacerdoti quelli dei laici, e il sangue di ogni genere di vittime formava un lago nei luoghi santi.
Libro V:19 Città sventuratissima, quale rovina paragonabile a questa ti causarono i romani, che entrarono per purificare col fuoco le nefandezze del tuo popolo. Tu non eri più né potevi ri­manere la sede di Dio, una volta che eri diventata la tomba dei cittadini massacrati, e il tempio era stato trasformato in una fossa comune per le vittime della guerra civile! Eppure, potresti tornare ad avere una sorte migliore se mai riuscissi a placare il Dio che ti ha distrutta!
Libro V:20 Ma lo storico deve, fra l'altro, raffrenare i propri sentimenti, poiché non è questo il momento di compiangere la patria, ma di esporre i fatti. Narrerò quindi i successivi sviluppi della guerra civile.
Libro V:21 - 11, 4. Quelli che stavano portando alla rovina la città si dividevano in tre schiere: gli uomini di Eleazar, che avevano nelle loro mani le sacre primizie depositate nel tempio e che sfogavano il loro furore contro Giovanni, i partigiani di Gio­vanni, che spogliavano il popolo e lottavano contro Simone, e quest'ultimo, che succhiava anch'egli dalla città i mezzi per la lotta contro gli avversari.
Libro V:22 Giovanni, quando era attac­cato da entrambe le parti, divideva i suoi uomini in due schie­ramenti opposti, bersagliando dall'alto dei portici gli assalitori che salivano dalla città e controbattendo con le mac­chine i tiri effettuati dalla parte superiore del tempio;
Libro V:23 quando poi capitava di non aver pensieri dagli attaccanti dall'alto, che spesso si fermavano per l'ubriachezza e la fatica, allora con più coraggio e con più uomini usciva a scontrarsi con gli uomini di Simone.
Libro V:24 In qualsiasi punto della città arrivava, ap­piccava sempre il fuoco ai depositi di grano e di ogni altro genere di provviste; la medesima cosa faceva poi Simone in­calzandolo mentre quello si ritirava, e sembrava che voles­sero fare un favore ai romani distruggendo i viveri che la città aveva messo da parte in vista di un assedio, e recidendo i nervi della propria forza.
Libro V:25 Tutti i dintorni del tempio anda­rono distrutti dal fuoco e la città si trasformò in un desolato campo di battaglia per la guerra civile, mentre le fiamme di­voravano quasi tutto il grano che, in caso di assedio, poteva bastar loro per non pochi anni.
Libro V:26 E fu per fame che alla fine essi furono presi, ciò che non sarebbe stato affatto possibile, se non ne avessero gettato da sé le premesse.
Libro V:27 - 1, 5. Mentre la città era sottoposta da ogni parte ai colpi dei suoi carnefici e delle loro marmaglie, il popolo era come un gran corpo che stava in mezzo e ne rimaneva dilaniato.
Libro V:28 I vecchi e le donne, giunti alla disperazione per le loro sofferenze pregavano perché venissero i romani e aspettavano ansiosamente la guerra esterna per liberarsi dai mali interni.
Libro V:29 Le persone per bene erano in preda a un grande smarrimento e al terrore, perché non v'era né possibilità di provocare un mutamento della situazione, né speranza di un accordo, o di una fuga per chi volesse;
Libro V:30 tutti i luoghi erano sottoposti a sorveglianza, e i capibanda - che per il resto erano in con­trasto - ammazzavano come nemici comuni chi propugnava la pace con i romani o chi era sospettato di voler disertare, e si trovavano d'accordo soltanto nel far strage di quelli che invece meritavano di vivere.
Libro V:31 Incessanti erano di giorno e di notte i clamori dei combattenti, ma ancor più raccapriccianti erano i lamenti di quelli che gemevano per lo spavento.
Libro V:32 Le stragi moltiplicavano i motivi di lutto, il terrore strozzava il loro pianto ed essi, soffocando i loro affanni per la paura, erano tormentati dai gemiti repressi.
Libro V:33 Non v'era più rispetto per i parenti quand'erano vivi né cura di seppellirli dopo morti, e di entrambe queste cose era causa il fatto che ormai ognuno disperava di salvarsi; in realtà, chi non partecipava alla lotta delle fazioni aveva perduto qualsiasi interesse aspettandosi di morire da un momento all'altro.
Libro V:34 Intanto i rivoluzionari si af­frontavano calpestando i cadaveri ammonticchiati, e la frenesia che saliva da tutto quel sangue ai loro piedi li rendeva più bestiali.
Libro V:35 Escogitando sempre qualche cosa di nuovo per di­struggersi vicendevolmente ed attuando ogni piano fino in fondo senza pietà, non tralasciavano alcuna forma di violenza o di efferatezza.
Libro V:36 Giovanni arrivò a impiegare il legname de­stinato ad usi sacri per fabbricare macchine da guerra: una volta il popolo e i sommi sacerdoti avevano deciso di conso­lidare le fondamenta del tempio per innalzarlo di altri venti cubiti, e il re Agrippa con enormi spese e fatiche aveva fatto venire dal Libano il legname necessario; si trattava di travi che meritavano di esser viste tanto erano grosse e diritte.
Libro V:37 La guerra aveva troncato i lavori a metà e Giovanni, trovandoli di grandezza sufficiente per controbattere i nemici che aveva nella parte superiore del tempio,
Libro V:38 le tagliò per fabbricarne delle torri che collocò dietro al piazzale interno, di fronte all'ala occidentale dell'esedra, l'unico lato da dove potevano acco­starsi, mentre agli altri lati non si potevano avvicinare per le gradinate.
Libro V:39 - 1, 6. Con tali macchine costruite senza scrupoli di empietà Giovanni sperava di farla finita con i nemici, ma il Dio rese vani i suoi sforzi facendo arrivare i romani prima che egli po­tesse far montare qualcuno sulle torri.
Libro V:40 Infatti Tito, dopo aver fatto affluire presso di sé una parte delle forze, e date disposi­zioni alle altre perché lo raggiungessero a Gerusalemme, si mise in marcia da Cesarea.
Libro V:41 Aveva ai suoi ordini le tre legioni, che precedentemente condotte da suo padre avevano deva­stato la Giudea, e la legione dodicesima, che a suo tempo era stata battuta quando la comandava Cestio: una unità che in genere si era sempre distinta per il valore e che allora, ricordando il rovescio subito, era scesa in campo ancora più combattiva per il desiderio di vendetta.
Libro V:42 Di queste legioni co­mandò alla quinta di raggiungerlo passando per Emmaus e alla decima di risalire passando per Gerico, mentre egli s'av­viò con le altre due, seguito anche dalle formazioni ausiliarie fornite dai re in numero molto maggiore, e da un cospicuo corpo di ausiliari siriaci.
Libro V:43 I vuoti lasciati nelle quattro legioni dai reparti che Vespasiano aveva scelti perché accompagnasse­ro Muciano in Italia vennero colmati con le truppe condotte da Tito,
Libro V:44 che era arrivato con duemila soldati scelti delle le­gioni di Alessandria e tremila tolti dalle guarnigioni sull'Eu­frate.
Libro V:45 Nel suo seguito il personaggio più insigne per lealtà e capacità era Tiberio Alessandro, che precedentemente come governatore dell'Egitto aveva dato il suo appoggio a Ve­spasiano e Tito
Libro V:46 e che allora era stato innalzato a comandante superiore delle forze di spedizione perché era stato il primo a salutare con entusiasmo la nuova dinastia e con splendida fede ne aveva abbracciato la causa quando tutto era ancora incerto. Superiore a ogni altro per età ed esperienza, assi­steva Tito con i suoi consigli sulla condotta della guerra.


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