Guerra giudaica



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LIBRO V

CAPITOLO SECONDO

Libro V:47 - 2, 1. La marcia di Tito in territorio nemico era aperta dai soldati regi e da tutte le forze ausiliarie, cui tenevano dietro i genieri per la costruzione delle strade e la misura­zione degli accampamenti. Venivano poi le salmerie dei co­mandanti con l'apposita scorta, e dietro a questa procedeva Tito con il seguito di fanti scelti e lancieri e gli squadroni della cavalleria legionaria.


Libro V:48 Dietro c'erano poi le macchine, e poi i tribuni e i prefetti di coorte attorniati da reparti scelti, quindi intorno all'aquila le insegne precedute dai rispettivi trombettieri. A questo punto veniva la fanteria legionaria, che marciava su sei file,
Libro V:49 seguita dalle salmerie e dai servi di ogni legione; dietro a tutti i mercenari e la retroguardia di scorta ad essi.
Libro V:50 Guidando l'esercito in bell'ordine, com'è nel­l'uso dei romani, Tito procedette attraverso la Samaria sino a Gofna, già in precedenza presa da suo padre e allora occu­pata da una guarnigione.
Libro V:51 Dopo aver alloggiato qui per una notte, verso l'alba riprese il movimento e dopo una giornata di marcia pose l'accampamento nel luogo che i giudei chia­mano nella loro lingua Valle delle Spine presso un villaggio di nome Gabath Saul, che significa Collina di Saul, a circa trenta stadi da Gerusalemme.
Libro V:52 Di lì, presi seicento cavalieri scelti, proseguì per fare una ricognizione della città, volendo esaminare le sue fortificazioni e saggiare le intenzioni dei giudei, nel caso che intimoriti al vederlo si arrendessero prima di attaccare battaglia.
Libro V:53 Aveva infatti saputo, com'era in realtà, che il popolo, intimidito dai rivoluzionari e dai briganti, de­siderava ardentemente la pace, ma non si muoveva perché era troppo debole per ribellarsi.
Libro V:54 - 2, 2. Finché egli cavalcò diritto lungo la strada maestra che portava alle mura, nessuno comparve davanti alle porte;
Libro V:55 ma quando abbandonò la strada piegando verso la torre Psefino e la colonna dei cavalieri prese a snodarsi in linea obliqua, all'improvviso presso le cosiddette Torri delle Donne un gran­dissimo numero di nemici balzarono fuori attraverso la porta che sta di fronte ai monumenti di Elena, s'incunearono in mezzo alla cavalleria e,
Libro V:56 prendendo posizione di fronte a quelli che stavano ancora galoppando lungo la strada, impedirono loro di raggiungere quelli che avevano voltato, e così taglia­rono fuori Tito con pochi altri.
Libro V:57 Questi non poteva proseguire perché il terreno davanti alle mura era tutto solcato dai fossi degli orti e intersecato da muriccioli e numerose siepi;
Libro V:58 d'altro canto vedeva l'impossibilità di tornare indietro in mezzo ai suoi per il gran numero dei nemici frapposti e perché i cava­lieri sulla strada maestra avevano fatto dietro front e per la maggior parte si erano dati alla fuga senza saper nulla del pe­ricolo del principe, anzi pensando che anch'egli si stesse riti­rando.
Libro V:59 Vedendo che l'unica possibilità di salvarsi era riposta nel suo valore personale, Tito voltò il cavallo e gridando ai compagni di seguirlo si lanciò in mezzo ai nemici, aprendosi a forza il passaggio per raggiungere i suoi.
Libro V:60 Fu quella più che mai l'occasione di riflettere che il Dio non trascura gli esiti delle guerre e i pericoli dei principi:
Libro V:61 sebbene infatti contro Tito venisse scagliato un nugolo di dardi, ed egli non fosse protetto né dall'elmo né dalla corazza - infatti, come ho detto, si era mosso per una ricognizione e non per combattere -, nemmeno uno toccò il suo corpo, ma tutti passarono via si­bilando, come se i tiratori fossero stati ben attenti a sbagliare la mira.
Libro V:62 Disperdendo a colpi di spada chi lo assaliva sul fianco e travolgendo molti di quelli che lo attaccavano di fronte, Tito spinse il cavallo sui corpi dei nemici caduti.
Libro V:63 A queste prove di valore del Cesare gli avversari levavano alti clamori incitandosi a dargli addosso, ma dovunque egli spingeva il cavallo era un fuggi fuggi generale.
Libro V:64 I suoi compagni in quella pericolosa avventura gli si tenevano stretti ricevendo colpi di dietro e sui fianchi; ognuno non vedeva altra possibilità di salvarsi se non tirandosi fuori insieme con Tito prima di rimanere accerchiato.
Libro V:65 E infatti ne morirono due fra quelli che stavano più dietro: il primo fu preso in mezzo insieme col cavallo e fu trafitto, mentre il secondo, che era balzato a terra, lo uccisero e s'impadronirono del suo cavallo. Con tutti quanti gli altri Tito si mise in salvo raggiungendo l'accampamento.
Libro V:66 Una stolta speranza rinfocolò gli animi dei giudei, che avevano avuto la meglio in questo primo scontro, e l'occasionale suc­cesso ispirò loro grande confidenza nel futuro.
Libro V:67 - 2, 3. Cesare, essendo stato raggiunto nella notte dalla le­gione proveniente da Emmaus, il giorno dopo tolse l'accam­pamento spostandosi fino alla località chiamata Scopos, don­de si poteva già vedere la città e la gran mole luccicante del tempio: è un'altura che con i suoi declivi raggiunge la parte settentrionale della città, e pertanto ben le si addice il nome di Scopos.
Libro V:68 Qui, a sette stadi di distanza dalla città, Tito comandò di sistemare un accampamento per due legioni insieme, men­tre la legione quinta fu fatta accampare tre stadi dietro a quelle; il duce ritenne infatti che essa, stanca per la marcia notturna, meritava una protezione per poter eseguire più tran­quillamente i lavori di fortificazione.
Libro V:69 Questi erano stati appena cominciati quando arrivò anche la decima legione, che proveniva da Gerico, ove una parte dei soldati era stata messa a guardia dei passi già occupati in precedenza da Vespasiano.
Libro V:70 Quest'altra legione ebbe ordine di accamparsi a sei stadi da Gerusalemme, sul monte detto degli Olivi, che sorge dirim­petto alla parte orientale della città da cui la divide un profondo burrone che si chiama Cedron.
Libro V:71 - 2, 4. Allora per la prima volta la lotta delle fazioni all'interno della città, combattuta con rivalità incessante, si fermò per l'improvviso sopraggiungere della guerra esterna con tutte le sue minacce,
Libro V:72 e i rivoluzionari, vedendo con costernazione che i romani stavano costruendo tre accampamenti, gettarono le basi di una funesta alleanza.
Libro V:73 Cominciarono a chiedersi che cosa aspettavano, che cosa era loro successo per lasciarsi pas­sivamente soffocare entro la stretta di quei tre baluardi, perché, mentre il nemico si costruiva tranquillamente una nuova città, contrapposta alla loro, essi se ne stavano rinchiusi nelle mura come ad assistere ad uno spettacolo interessante e utile, lasciando inerti le braccia e le armi.
Libro V:74 “Faremo dunque sfoggio del nostro valore soltanto contro noi stessi” gridarono “e i romani per la nostra discordia prenderanno la città senza colpo ferite?”
Libro V:75 Incitandosi con questi discorsi, si radunarono, affer­rarono le armi, fecero un'improvvisa sortita contro la legione decima e, gettatisi giù per il burrone con terrificanti clamori, piombarono sopra ai nemici intenti alle opere di fortifica­zione.
Libro V:76 Questi stavano sparpagliati a lavorare, e perciò i più avevano lasciate le armi, supponendo che i giudei non avreb­bero avuto il coraggio di fare una sortita o che, se pure l'avessero osato, il loro impeto sarebbe stato paralizzato dalla discordia; pertanto furono presi alla sprovvista e gettati nello scompiglio.
Libro V:77 Alcuni abbandonarono il lavoro affrettandosi a fuggire, molti invece corsero alle armi, ma furono, uccisi prima di poter affrontare i nemici.
Libro V:78 Intanto s'ingrossavano continua­mente le file dei giudei, incoraggiati dal successo dei primi, e sfruttando il momento favorevole essi sembravano non solo ai nemici, ma anche a sé stessi di esser in numero molto mag­giore di quanti erano in realtà.
Libro V:79 Sono specialmente i soldati abituati alla disciplina, e addestrati a combattere in bell'or­dine ubbidendo ai comandi, che in caso d'improvviso disor­dine vanno soggetti a scompigliarsi. E così anche in quell'oc­casione i romani, colti alla sprovvista, cedettero agli assalti.
Libro V:80 E quando, vistisi raggiunti, si rivoltavano, essi frenavano l'im­peto dei nemici e li colpivano approfittando che quelli per lo slancio erano meno pronti a difendersi; ma alla fine, travolti dal numero sempre crescente di giudei che partecipavano alla sortita, abbandonarono l'accampamento.
Libro V:81 Forse l'intera legio­ne sarebbe allora stata in pericolo se Tito, informato della cosa, non fosse subito accorso in aiuto. Con molti rimproveri per la loro viltà fece tornare indietro i fuggiaschi e,
Libro V:82 piombando con le truppe scelte del suo seguito sul fianco dei giudei, molti ne uccise e ancor più ne ferì respingendo tutti in basso verso il burrone.
Libro V:83 Essi lungo il declivio subirono gravi perdite, ma quando raggiunsero l'altra costa si rivoltarono e, separati dal letto del torrente, si diedero a colpire i romani.
Libro V:84 In tal modo combatterono fino a mezzogiorno; poco dopo Tito, avendo sistemato a difesa contro nuove sortite una linea composta dalle truppe accorse con lui e da elementi presi dalle varie coorti, rimandò in cima il resto della legione a completare i lavori di fortificazione.
Libro V:85 - 2, 5. I giudei credettero che si trattasse di una ritirata e, al vedere che l'uomo da essi posto sulle mura faceva segno agitando la sua veste, una moltitudine di guerrieri freschi balzarono fuori con tale impeto, che la loro corsa sembrava quella di un branco di belve ferocissime.
Libro V:86 E in effetti nessuno dei romani contrapposti ne sostenne l'urto, ma come battuti dai colpi delle artiglierie ruppero lo schieramento e si diedero a fuggire su per il monte.
Libro V:87 A mezza costa restò fermo soltanto Tito con alcuni pochi, e sebbene quelli che, sprezzanti del pe­ricolo, erano rimasti per rispetto del generale lo pregassero insistentemente di ritirarsi dinanzi ai giudei fanaticamente pronti a morire,
Libro V:88 di non esporsi al pericolo a difesa di chi avrebbe invece dovuto difendere lui, di considerare la sua po­sizione personale e di non assumersi i compiti del soldato semplice lui che invece era signore della guerra e del mondo, e di non esporsi a un rischio così grave visto che da lui dipen­deva ogni cosa, egli parve che nemmeno li udisse.
Libro V:89 A quelli che venivano su dirimpetto a lui egli oppose una salda resi­stenza e, colpendoli in pieno petto, uccise quanti lo attacca­vano; poi, scagliandosi addosso alle fitte schiere, le sospin­geva giù per il pendio.
Libro V:90 Quelli, benché atterriti dal suo co­raggio e dalla sua forza, non si decisero a far ritorno in città, ma scansandolo su entrambi i lati continuarono a incalzare i romani che fuggivano verso l'alto. Anche contro di questi Tito si scagliò colpendoli sul fianco, e ne bloccò l'impeto.
Libro V:91 Nel frattempo i soldati che in cima attendevano ai lavori di fortificazione del campo, come videro fuggire quelli da basso, furono nuovamente presi dal terrore,
Libro V:92 e tutta la legione si di­sperse credendo che l'attacco dei giudei avesse travolto ogni resistenza e che lo stesso Tito si fosse dato alla fuga, giacché mai gli altri sarebbero fuggiti se quello fosse rimasto.
Libro V:93 Come presi dal panico, scapparono in tutte le direzioni finché alcuni si accorsero che il generale era impegnato nel folto della mi­schia; allora ebbero una gran paura per la sua sorte e, gri­dando, segnalarono il suo pericolo a tutta la legione.
Libro V:94 La ver­gogna li fece tornare indietro, e rimproverandosi a vicenda non tanto di essere fuggiti quanto di avere abbandonato Ce­sare, si gettarono con tutte le forze contro i giudei e, una volta fattili ripiegare lungo il declivio, li risospinsero tutti giù verso la valle.
Libro V:95 I giudei si ritiravano resistendo passo per passo, ma i romani avevano il vantaggio di stare più in alto e li ricac­ciarono tutti nel burrone.
Libro V:96 Tito, che aveva travolto quelli di­nanzi a lui, mandò di nuovo la legione a completare la for­tificazione del campo mentre egli teneva a bada i nemici as­sieme a quelli con cui aveva prima resistito.
Libro V:97 In conclusione, se si deve dire il vero senza nulla aggiungere per adulazione o detrarre per invidia, fu Cesare in persona che per due volte salvò l'intera legione in pericolo e le diede la possibilità di fortificarsi tranquillamente il campo.


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