Guerra giudaica



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LIBRO IV

CAPITOLO DECIMO

Libro V:420 - 10, 1. Così gridava fra le lacrime Giuseppe, ma i ribelli né fecero atto di sottomissione, né giudicarono prudente cam­biare propositi, mentre il popolo si sentì incitato a disertare.


Libro V:421 E dopo aver venduto a poco prezzo chi le sue proprietà, chi gli oggetti di maggior valore, inghiottivano poi le monete d'oro per non farle scoprire dai banditi e, rifugiatisi presso i romani, quando si liberavano l'intestino avevano larghezza di mezzi per ciò che occorreva.
Libro V:422 Tito infatti per la maggior parte li lasciava andare dove ognuno voleva, e ciò costituiva un incentivo di più a disertare, perché ci si liberava delle sofferenze della vita in città senza essere ridotti in schiavitù dai romani.
Libro V:423 Però gli uomini di Giovanni e di Simone sorve­gliavano con più cura per impedire l'uscita di costoro che l'ingresso dei romani, e chi dava adito soltanto a un'ombra di sospetto veniva immediatamente passato per le armi.
Libro V:424 - 10, 2. Per i ricchi, tuttavia, il rimanere in città era altrettanto pericoloso che cercare di fuggirne; infatti con una falsa accusa di diserzione venivano messi a morte perché le loro sostanze facevano gola. Intanto la fame esaltava il furore omicida dei ribelli, e questi due flagelli infierivano ogni giorno di più.
Libro V:425 Poiché non si trovava grano da nessuna parte, essi piombavano nelle case per rovistare, e se ne trovavano percuotevano gli abitanti per aver negato di averne, se non ne trovavano li torturavano come se l'avessero nascosto troppo bene.
Libro V:426 Indizio se avevano o non avevano provviste era l'aspet­to di quei disgraziati: chi ancora si manteneva bene era so­spettato di avere riserve di viveri, mentre quelli già consunti venivano trascurati, e si giudicava che non valeva la pena uccidere gente che fra poco sarebbe morta di inanizione.
Libro V:427 Molti nascostamente barattavano le loro proprietà per una misura di grano, se erano ricchi, o di orzo, se erano poveri, e rin­chiusisi nei più nascosti recessi della casa alcuni lo divoravano senza nemmeno macinarlo, tanta era la fame, altri lo mette­vano a cuocere, come permettevano la necessità e la paura.
Libro V:428 Non si apparecchiava più una tavola, ma strappando i cibi dal fuoco li facevano a pezzi ancora semicrudi.
Libro V:429 - 10, 3. Miserabile era il pasto e lacrimevole lo spettacolo, perché i più forti facevano i prepotenti e i deboli gemevano. Certo che la fame è la più grande di tutte le sofferenze, e nulla essa distrugge più che il rispetto: ciò che in altre condizioni è oggetto di considerazione viene invece trattato con disprezzo quando c'è fame.
Libro V:430 Così le mogli strappavano il cibo dalle boc­che dei loro mariti, i figli dalle bocche dei padri e, cosa fra tutte più dolorosa, le madri dalle bocche dei loro bambini, e mentre i loro cari si struggevano fra le loro braccia essi non si facevano scrupolo di privarli delle gocce donatrici di vita.
Libro V:431 Pur cibandosi in questo modo non restavano celati ai banditi, che dappertutto piombavano anche sui loro miseri bot­tini.
Libro V:432 Infatti quando essi vedevano una casa chiusa, capi­vano che questo era segno che gli abitanti stavano mangiando e immediatamente, sfondata la porta, vi penetravano e strappavano loro i bocconi quasi spremendoli alla gola.
Libro V:433 Venivano percossi vecchi che si tenevano stretta qualcosa da mangiare e venivano trascinate per i capelli donne che nascondevano ciò che avevano in mano. Non v'era pietà per la canizie o per l'infanzia, ma i bambini venivano sollevati con i bocconi cui restavano appesi e scrollati verso terra.
Libro V:434 Chi preveniva le loro incursioni e faceva a tempo a inghiottire ciò che essi gli avreb­bero strappato, essi lo trattavano con ancor maggior crudeltà come se ne avessero subita un'ingiustizia.
Libro V:435 Ed escogitarono terribili forme di supplizio per farsi dire dov'era nascosto il cibo, ad alcuni di quei miseri occludendo con dei ceci il meato delle urine e trapassandone il sedere con aguzzi bastoncini, e c'è da inorridire al solo sentire quali tormenti infliggevano a qualcuno per farsi dire che aveva anche un solo pezzo di pane o dove nascondeva una manciata di farina.
Libro V:436 E i carnefici non erano affamati, giacché la necessità li avrebbe fatti apparire meno crudeli; essi invece esercitavano solo il loro furore e si preoccupavano di procurarsi i viveri per i giorni futuri.
Libro V:437 A chi di notte strisciava verso gli avamposti romani per racco­gliere cicorie selvatiche ed erbe, essi andavano incontro, e quando quelli credevano di essere sfuggiti ai nemici essi li spogliavano di ciò che portavano,
Libro V:438 e sebbene quelli più e più volte li supplicassero, invocando anche il tremendo nome di Dio, di lasciar loro almeno una parte di quanto avevano rac­colto con sì grave pericolo, non gliene lasciavano nemmeno un poco; e dovevano ringraziare se, dopo essere stati spogliati, non venivano anche uccisi.
Libro V:439 - 10, 4. Queste le angherie che i comuni cittadini subivano ad opera degli scherani, mentre i cittadini di rango e di censo più elevati erano trascinati dinanzi ai capi. Di essi alcuni venivano messi a morte con la falsa accusa di cospirazione, altri di intesa con i romani per consegnar loro la città; ma il sistema più usuale era quello di far ricorso a un delatore prezzolato, il quale testimoniava che quelli avevano deciso di passare al nemico.
Libro V:440 Chi era stato spogliato da Simone veniva poi mandato da Giovanni, e chi era stato spogliato da Gio­vanni passava poi nelle grinfie di Simone; essi brindavano l'uno alla salute dell'altro col sangue dei cittadini e si sparti­vano le spoglie delle loro vittime.
Libro V:441 Erano divisi dalla lotta per il potere, ma concordi nelle ribalderie; infatti chi non faceva parte all'altro del frutto delle altrui miserie appariva un rozzo malfattore, e chi non ne riceveva si doleva di essere escluso da quel tristo affare come fosse stato privato di un bene.
Libro V:442 - 10, 5. Sarebbe impossibile raccontare nei particolari la storia delle loro nefandezze, ma per dirla in breve nessun'altra città ebbe mai a subire un tale martirio né, da che mondo è mondo, vi fu una generazione più capace di mal fare.
Libro V:443 Questi, in fine, oltraggiarono la stirpe degli ebrei per sembrare meno empi verso gli stranieri, e con il loro agire ammisero di essere una massa di schiavi - come appunto erano -, di essere gen­taglia e la feccia impura della nazione.
Libro V:444 Furono essi a distrug­gere la città, essi a costringere i romani, loro malgrado, a ri­portare un nefasto trionfo, essi ad attirare quasi a forza sul tempio le fiamme che non volevano ardere.
Libro V:445 Sta di fatto che quando dalla città alta essi le videro divampare né si addolo­rarono né versarono una lacrima, mentre fra i romani era dato di scorgere questi segni di commozione. Ma di ciò parleremo più tardi a suo luogo nel racconto degli avvenimenti.


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