Guerra giudaica



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LIBRO VI

CAPITOLO NONO

Libro VI:409 - 9, 1. Tito, entrato nella città, ne ammirò le fortificazioni e soprattutto le torri, che i capiribelli nella loro stoltezza avevano evacuato.


Libro VI:410 Osservando l'altezza della base massiccia, le dimensioni di ogni blocco di pietra e la precisione delle commessure, e il loro sviluppo totale in ampiezza e in altezza
Libro VI:411 “Veramente abbiamo combattuto con l'aiuto di Dio” disse “e fu Dio che fece uscire i giudei da queste fortezze; infatti contro queste torri che cosa possono mani di uomo o mac­chine?”.
Libro VI:412 Simili considerazioni più volte egli le fece con gli amici mentre rimetteva in libertà i prigionieri dei capiribelli trovati nelle torri.
Libro VI:413 Più tardi, quando distrusse il resto della città e abbatté le mura, risparmiò queste torri a ricordo della sua fortuna, che l'aveva aiutato a impadronirsi di fortezze imprendibili.
Libro VI:414 - 9, 2. Poiché i soldati erano ormai stanchi di uccidere, mentre continuava a venir fuori una gran massa di superstiti, Cesare ordinò di sopprimere soltanto chi aveva armi e oppo­neva resistenza, e il resto di farli prigionieri.
Libro VI:415 Ma i soldati, oltre alle persone specificate nell'ordine ricevuto, uccisero anche i vecchi e i deboli, mentre i giovani e i validi li ammas­sarono nel tempio rinchiudendoli nel recinto delle donne.
Libro VI:416 Alla vigilanza su costoro Cesare prepose uno fra i suoi liberti, mentre affidò a Frontone, che apparteneva alla schiera dei suoi amici, l'incarico di stabilire la sorte da riservare ad ognuno.
Libro VI:417 Frontone mise a morte tutti i ribelli e i guerriglieri che s'incolpavano vicendevolmente, e tra i giovani scelse i più alti e di bell'aspetto mettendoli da parte per il trionfo.
Libro VI:418 Tutti gli altri, di età superiore ai diciassette anni, li mandò in catene a lavorare in Egitto, ma moltissimi Tito ne inviò in dono nelle varie province a dar spettacolo nei teatri mo­rendo di spada o dilaniati dalle belve feroci; chi non aveva ancora diciassette anni fu venduto in schiavitù.
Libro VI:419 Nei giorni che Frontone impiegò per decidere, morirono di fame undi­cimila prigionieri, alcuni perché non ebbero da mangiare per la spietatezza delle guardie, altri perché, pur avendolo avuto, non lo toccarono; inoltre la moltitudine era tanta, che v'era anche scarsezza di grano.
Libro VI:420 - 9, 3. Il numero complessivo dei prigionieri catturati nel corso dell'intera guerra fu di novantasettemila, quelli dei morti dal principio alla fine dell'assedio fu di un milione e centomila.
Libro VI:421 La maggior parte di costoro furono giudei, ma non di Gerusalemme; erano infatti convenuti da ogni parte del paese per la festa degli Azzimi, quando improvvisamente scoppiò la guerra in cui si trovarono invescati, e il superaf­follamento causò dapprima l'insorgere fra loro di una pesti­lenza e poi l'ancor più travolgente flagello della fame.
Libro VI:422 Che la città potesse contenere un sì gran numero di persone risulta dai computi effettuati sotto Cestio, il quale, volendo dimo­strare l'importanza della città a Nerone, che non teneva in nessun conto i giudei, chiese ai sacerdoti di trovare un sistema per calcolare la popolazione.
Libro VI:423 Ed essi, sopravvenuta la festa che si chiama Pasqua, nella quale si offrono sacrifici dall'ora nona fino all'undicesima, e attorno a ogni sacrificio si racco­glie un gruppo di confratelli in numero non inferiore a dieci - perché non è lecito sedere da solo alla mensa rituale - e sovente essi raggiungono la ventina,
Libro VI:424 contarono duecentocin­quantacinquemila seicento sacrifici.
Libro VI:425 Se consideriamo dieci com­mensali per ogni sacrificio arriviamo a un totale di due milioni settecentomila persone, che dovevano essere tutte in stato di purità rituale;
Libro VI:426 era infatti vietato di partecipare a tali sacri­fici sia ai lebbrosi, sia ai gonorroici, sia alle donne in periodo mestruale,
Libro VI:427 sia a chi fosse altrimenti contaminato, e così pure agli stranieri che assistevano al rito,
Libro VI:428 - 9, 4. dei quali arriva da fuori una gran moltitudine. In quel tempo, dunque, l'intera nazione era stata come chiusa in prigione dal destino, e la guerra ghermì la città rigurgitante di abitanti.
Libro VI:429 Fu così che il numero delle vittime risultò superiore a quello di qualsiasi sterminio compiuto da mano umana o divina; inoltre i romani, dopo aver ucciso o catturati tutti quelli in cui s'erano imbattuti nella città, si misero a dar la caccia a quelli che s'erano nascosti nelle gallerie sotterranee praticando delle aperture nel suolo e uccidendo quanti ne trovavano,
Libro VI:430 e anche laggiù furono scoperti più di duemila morti, dei quali alcuni si erano suicidati, altri s'erano tolti vicendevolmente la vita, ma i più erano finiti per la fame.
Libro VI:431 Chi si calava giù era investito da un orribile lezzo di cadavere, e molti si affrettavano a risalire mentre altri, spinti dalla cupidigia, s'inoltravano calpestando i corpi ammonticchiati;
Libro VI:432 in realtà non furono pochi gli oggetti di valore scoperti in quelle gallerie e il guadagno giustificava ogni mezzo. Vennero tirati su anche numerosi prigionieri dei capiribelli, che nemmeno ridotti agli estremi avevano deposto la loro ferocia. A tutti e due il Dio inflisse il giusto castigo;
Libro VI:433 Giovanni, distrutto dalla fame nei sotterranei insieme con i fratelli, supplicò i romani di concedergli la grazia che tante volte aveva sprezzantemente rifiutata, mentre Simone si arrese dopo una lunga lotta contro il bisogno, come vedremo in seguito.
Libro VI:434 Questi fu riservato al­l'esecuzione capitale in occasione del trionfo, mentre Gio­vanni fu condannato al carcere a vita. I romani, infine, incen­diarono le estreme propaggini della città e spianarono le mura.

LIBRO VI

CAPITOLO DECIMO

Libro VI:435 - 10, 1. In tal modo, dunque, Gerusalemme venne espugnata nel secondo anno del regno di Vespasiano, il giorno otto del mese di Gorpieo; in precedenza già cinque volte era stata presa, e questa fu la seconda volta che veniva distrutta.


Libro VI:436 A conquistare la città, ma senza distruggerla, furono Asocheo, re degli egiziani, e dopo di lui Antioco, quindi Pompeo e infine Sosio, unito con Erode.
Libro VI:437 Prima di loro fu il re dei babilonesi che prese e distrusse la città millequattrocentoses­santotto anni e sei mesi dopo la sua fondazione.
Libro VI:438 Il primo fondatore fu un capo dei Cananei, il cui nome nella sua lingua suonava “re giusto”, e tale egli era. Per questo fu il primo a far da sacerdote al Dio e, avendo per primo costruito il tempio, cambiò in “Ierosolima” il nome della città che prima si chiamava “Solima”.
Libro VI:439 Avendone scacciato il popolo dei Ca­nanei, David, re dei giudei, v'insediò il suo, ma quattrocento­settantasette anni e sei mesi dopo di lui la città fu distrutta dai babilonesi.
Libro VI:440 Dal re David, che fu il primo dei giudei a regnare su di essa, fino alla distruzione avvenuta sotto Tito sono millecentosettantanove anni.
Libro VI:441 Dalla prima fondazione fino al­l'ultima conquista sono duemilacentosettantasette anni.
Libro VI:442 Ma né la vetustà, né la magnifica opulenza, né il suo popolo sparso in tutto il mondo, né la gran fama della sua religiosità pote­rono salvarla dalla rovina. Tale fu la fine dell'assedio di Ge­rusalemme.


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