CAPITOLO TREDICESIMO
Libro II:250 - 13, 1. Tutti gli insulti che Nerone fece alla fortuna, stravolto dalla troppa prosperità e ricchezza, in che modo assassinò suo fratello, sua moglie e sua madre, come da costoro rivolse poi la sua ferocia contro i più nobili,
Libro II:251 e come alla fine la sua follia lo portò sulla scena e nei teatri, io tralascerò di dire perché son cose che tutti sanno; mi limiterò quindi a raccontare ciò che sotto di lui accadde ai giudei.
Libro II:252 - 13, 2. Della piccola Armenia fece re Aristobulo, figlio di Erode, e al regno di Agrippa aggiunse quattro città con i loro distretti: Abila e Giuliade nella Perea, Tarichee e Tiberiade nella Galilea; il resto della Giudea l'affidò a Felice come procuratore.
Libro II:253 Questi catturò il capobrigante Eleazar, che da vent'anni taglieggiava il paese, insieme con molti della sua banda, e li mandò a Roma; furono poi un'infinità i briganti che lui stesso fece crocifiggere, o i paesani che punì come loro complici.
Libro II:254 - 13, 3. Però, mentre il paese veniva così ripulito, in Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei cosiddetti sicari, che commettevano assassini in pieno giorno e nel bel mezzo della città.
Libro II:255 Era specialmente in occasione delle feste che essi si mescolavano alla folla, nascondendo sotto le vesti dei piccoli pugnali, e con questi colpivano i loro avversari; poi, quando questi cadevano, gli assassini si univano a coloro che esprimevano il loro orrore e lo facevano così bene da essere creduti e perciò non era possibile scoprirli.
Libro II:256 Il primo ad essere assassinato da loro fu il sommo sacerdote Gionata e, dopo di lui, ogni giorno numerose furono le vittime, ma il terrore era più grande delle uccisioni perché ciascuno, come in guerra, si sentiva ogni momento in pericolo di vita.
Libro II:257 Si studiavano da lontano le mosse degli avversari e non ci si fidava nemmeno degli amici che si avvicinavano, ma pur fra tanti sospetti e cautele la gente continuava a morire, tanta era la sveltezza degli assassini e la loro abilità nel non farsi scoprire.
Libro II:258 - 13, 4. Oltre a questi, si formò un'altra banda di delinquenti: le loro mani erano meno lorde di sangue ma le loro intenzioni non erano meno empie, sì che il danno da essi inferto al benessere della città non restò inferiore a quello arrecato dai sicari.
Libro II:259 Individui falsi e bugiardi, fingendo di essere ispirati da Dio e macchinando disordini e rivoluzioni, spingevano il popolo al fanatismo religioso e lo conducevano nel deserto promettendo che ivi Dio avrebbe mostrato loro segni premonitori della liberazione.
Libro II:260 Contro costoro Felice, considerandoli come istigatori alla ribellione, mandò truppe a cavallo e a piedi e ne fece gran strage.
Libro II:261 - 13, 5. Ma guai ancor maggiori attirò sui giudei il falso profeta egiziano. Arrivò infatti nel paese un ciarlatano che, guadagnatasi la fama di profeta, raccolse una turba di circa trentamila individui che s'erano lasciati abbindolare da lui,
Libro II:262 li guidò dal deserto al monte detto degli ulivi e di lì si preparava a piombare in forze su Gerusalemme, a battere la guarnigione romana e a farsi signore del popolo con l'aiuto dei suoi seguaci in armi.
Libro II:263 Felice prevenne il suo attacco affrontandolo con i soldati romani, e tutto il popolo collaborò alla difesa sì che, avvenuto lo scontro, l'egizio riuscì a scampare con alcuni pochi, la maggior parte dei suoi seguaci furono catturati o uccisi mentre tutti gli altri si dispersero rintanandosi ognuno nel suo paese.
Libro II:264 - 13, 6. Ma dopo che anche questi furono domati, si verificò di nuovo un'infiammazione da un'altra parte, come in un corpo malato. Infatti i ciarlatani e i briganti, riunitisi insieme, istigavano molti a ribellarsi e li incitavano alla libertà, minacciando di morte chi si sottometteva al dominio dei romani e promettendo che avrebbero fatto fuori con la violenza chi volontariamente si piegava alla schiavitù.
Libro II:265 Distribuitisi in squadre per il paese, saccheggiavano le case dei signori, che poi uccidevano, e davano alle fiamme i villaggi, sì che tutta la Giudea fu piena delle loro gesta efferate. La gravità di questa guerra andava crescendo di giorno in giorno.
Libro II:266 - 13, 7. Altri disordini scoppiarono poi a Cesarea, dove i giudei erano mescolati con i Siri. I primi sostenevano che la città era loro perché un giudeo era stato il suo fondatore, cioè il re Erode; gli altri, pur ammettendo che il fondatore era stato un giudeo, ribattevano che si trattava di una città greca: infatti Erode non vi avrebbe innalzato statue e templi se l'avesse destinata a giudei.
Libro II:267 Per queste ragioni i due partiti erano in contrasto, e il contrasto sfociò negli scontri armati e ogni giorno gli elementi più facinorosi di ciascuna fazione si azzuffavano; infatti gli anziani dei giudei non riuscivano a tenere a freno i loro connazionali più turbolenti, e ai greci pareva vergogna cedere ai giudei.
Libro II:268 Questi prevalevano per la ricchezza e la vigoria fisica, mentre l'elemento greco aveva l'appoggio dei soldati; infatti le forze che ivi erano di guarnigione i romani le avevano per lo più arruolate in Siria, ed esse erano propense a sostenere i connazionali.
Libro II:269 Le autorità si sforzavano di sedare i disordini arrestando continuamente i più battaglieri e condannandoli alla frusta e al carcere. Tuttavia le pene inflitte agli arrestati non ispiravano negli altri esitazione o paura, ma li eccitavano ancor più alla ribellione.
Libro II:270 Una volta che la zuffa si era conclusa con la vittoria dei giudei, Felice si fece avanti nella piazza ordinando loro con minacce di ritirarsi. Poiché il suo comando non veniva eseguito, li fece attaccare dai suoi soldati, e parecchi furono gli uccisi, di cui vennero anche saccheggiate le proprietà. Ma, visto che i conflitti perduravano, Felice scelse taluni esponenti delle due parti e li inviò in ambasceria a Nerone perché sostenessero dinanzi a lui i rispettivi diritti.
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