Guerra giudaica



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LIBRO V

CAPITOLO TERZO

Libro V:98 - 3, 1. Acquietatasi per un poco la guerra esterna, la discordia attizzò di nuovo quella interna.


Libro V:99 Arrivata infatti la festa degli Azzimi il giorno quattordici del mese di Xanthico, quando secondo i giudei essi si liberarono per la prima volta dagli egiziani, gli uomini di Eleazar spalancarono le porte e ammisero nel tempio chiunque del popolo volesse entrare a pregare.
Libro V:100 Allora Giovanni, approfittando della festa per or­dire nascostamente un tranello, scelse i meno noti fra i suoi partigiani, che per lo più erano in stato d'impurità, e con le armi ben celate li mandò in tutta fretta a impadronirsi del tempio. Quelli, appena furono dentro, si liberarono delle vesti e all'improvviso si vide che erano guerrieri.
Libro V:101 Nel tempio scop­piò immediatamente un'enorme confusione, e il popolo estra­neo alle fazioni credette che quelli volessero assalire tutti in­discriminatamente, mentre invece gli Zeloti compresero che l'attacco era rivolto soltanto contro di loro.
Libro V:102 Questi abbando­narono la guardia alle porte e, saltati giù dai merli, prima che lo scontro potesse cominciate si rifugiarono nei sotterranei del tempio; i popolani, raccoltisi impauriti attorno all'altare e am­massandosi nei pressi del santuario, vennero calpestati e mal­menati senza pietà a legnate e a colpi di spada.
Libro V:103 Molti pacifici cittadini per odio o inimicizie private vennero allora uccisi dai loro avversari con la scusa che erano della fazione avversa, e chiunque una volta aveva avuto a che dire contro qualcuno dei rivoluzionari, se riconosciuto, veniva allora condotto al supplizio come Zelota.
Libro V:104 Dopo aver inflitto un trattamento così spietato agli innocenti, concessero invece una tregua ai col­pevoli, che poterono risalire dai sotterranei e svignarsela. Im­padronitisi così anche della parte più interna del tempio e delle provviste che vi erano riposte, si sentivano ormai più sicuri nel duello contro Simone,
Libro V:105 e la lotta delle fazioni, che prima era stata a tre, si ridusse così a una lotta a due.
Libro V:106 - 3, 2. Tito decise di rimuovere gli accampamenti dal colle Scopos per piantarli più vicino alla città, e dopo aver disposto a difesa contro eventuali sortite una forza scelta di cavalieri e fanti nel numero che gli parve sufficiente, al resto dell'eser­cito comandò di spianare il terreno fino alle mura.
Libro V:107 E quelli abbatterono tutti i recinti e gli steccati con cui gli abitanti avevano delimitato i loro orti e le loro piantagioni, tagliarono tutti gli alberi da frutta che vi crescevano, colmarono le ca­vità e le anfrattuosità del terreno e,
Libro V:108 spianando col piccone i macigni adoranti, livellarono tutto il suolo dallo Scopos fino ai monumenti di Erode, che sono vicini alla Vasca dei Ser­penti.
Libro V:109 - 3, 3. In tale periodo i giudei organizzarono a danno dei romani il seguente tranello.
Libro V:110 I più audaci dei ribelli, uscendo fuori dalle cosiddette Torri delle Donne, come se fossero stati espulsi dai pacifisti e temessero di essere assaliti dai ro­mani, si aggiravano in quei paraggi celandosi gli uni dietro gli altri.
Libro V:111 Nello stesso tempo altri, che stavano sulle mura e facevano finta di essere del popolo, inneggiavano alla pace e chiedevano aiuto e invitavano i romani a entrare promettendo che avrebbero spalancato le porte; inoltre con alte grida sca­gliavano pietre contro i loro come per farli allontanare dalle porte.
Libro V:112 Costoro facevano finta di voler rientrare a viva forza e di scongiurare quelli di dentro, poi ogni volta si dirigevano verso i romani e quindi tornavano indietro dando l'impres­sione di non sapere che fare.
Libro V:113 La loro astuzia non mancò di far presa sui soldati, che credendo di avere in pugno gli uni pronti al castigo, e sperando che gli altri avrebbero aperto le porte, si disponevano a intervenire. Tito però ebbe sospetto di quello strano invito;
Libro V:114 infatti il giorno prima era stato lui che li aveva invitati a trattare per mezzo di Giuseppe, Ma non aveva trovato il più piccolo indizio di buona volontà; perciò diede allora ai soldati l'ordine di non muoversi da dove sta­vano.
Libro V:115 Ma alcuni dei soldati disposti sul davanti a protezione dei lavori di sterro avevano già impugnato le armi correndo verso le porte.
Libro V:116 Quelli che prima avevano fatto finta di essere stati cacciati dalla città, dapprima fuggirono dinanzi a loro, ma quando i romani furono fra le due torri che fiancheggia­vano la porta, vennero fuori di corsa, li circondarono e li attaccarono alle spalle.
Libro V:117 Gli altri che stavano sulle mura sca­raventarono sui malcapitati una gran quantità di pietre e proiettili d'ogni sorta sicché molti ne uccisero e moltissimi ne ferirono.
Libro V:118 Infatti non era facile allontanarsi dal muro es­sendo incalzati alle spalle, e per di più lo scorno di essersi fatti giocare e il timore dei comandanti spingevano a persi­stere nell'errore.
Libro V:119 Perciò fu solo al termine di un lungo combattimento con le lance, dopo aver ricevuto molti colpi dai giudei, ma averne inferti non meno, che essi spezzarono alla fine l'accerchiamento. Mentre si ritiravano, i giudei li inse­guirono bersagliandoli fino ai monumenti di Elena.
Libro V:120 - 3, 4. Poi i giudei presero a insolentire volgarmente per il successo riportato, deridendo i romani per essersi fatti pren­dere in trappola, e agitando gli scudi danzavano e lanciavano gridi di gioia.
Libro V:121 I soldati, da parte loro, furono accolti dalle minacce dei comandanti, mentre Cesare, tutto infuriato, così li redarguiva: “I giudei, che sono guidati solo dalla dispe­razione, fanno ogni cosa con preveggenza e circospezione quando preparano agguati e tranelli, e la fortuna arride ai loro piani perché sono ubbidienti, ben disposti e leali gli uni verso gli altri.
Libro V:122 Invece i romani, che per la loro disciplina e per l'ub­bidienza ai capi hanno sempre prona ai loro voleri anche la fortuna, ora subiscono i danni dell'indisciplina e sono bat­tuti perché non sanno tenere a freno le mani e, ciò che è più vergognoso, combattono senza ubbidire a un comandante mentre in mezzo a loro è il Cesare”.
Libro V:123 Aggiunse che molto avrebbero avuto a dolersi le leggi di guerra, molto suo padre nell'apprendere di un tale rovescio:
Libro V:124 suo padre, che era in­vecchiato sui campi di battaglia, non aveva mai visto un tale disastro, mentre le leggi, che puniscono sempre con la pena di morte quelli che si muovono anche per poco dal loro posto, assistevano ora allo spettacolo di un intero reparto che abbandonava la sua posizione.
Libro V:125 Ma ben presto quegli in­disciplinati avrebbero imparato a loro spese che anche la vit­toria non viene apprezzata dai romani se è frutto d'insubor­dinazione.
Libro V:126 Da tali discorsi che faceva ai generali era chiaro che Tito intendeva applicare contro tutti i rigori della legge. E costoro persero ogni speranza, convinti che da un momento all'altro sarebbero stati giustamente assoggettati alla pena di morte;
Libro V:127 ma le legioni si raccolsero intorno a Tito, supplican­dolo in favore dei commilitoni e pregandolo di far grazia all'indisciplina di pochi in considerazione della ubbidienza di tutti quanti gli altri; quelli avrebbero riscattato il presente rovescio con i futuri atti di valore.
Libro V:128 - 3, 5. Cesare annuì, sia per non respingere le suppliche, sia per un giusto calcolo; egli riteneva infatti che la pena pronunciata a carico di uno solo doveva sempre essere appli­cata, mentre quando si trattava di parecchi colpevoli ci si do­veva fermare alle minacce.
Libro V:129 Ai soldati, dunque, fece grazia, dopo averli a lungo ammoniti di essere più cauti in futuro, e intanto rimuginava il modo di far pagare ai giudei il loro tranello.
Libro V:130 Nel frattempo con quattro giorni di lavoro era stato spianato il terreno fino alle mura e, volendo far sfilare senza pericoli le salmerie e tutti gli altri servizi, Tito schierò il me­glio delle sue forze di fronte al settore, settentrionale e occi­dentale delle mura: tale schieramento era su sette file,
Libro V:131 davanti i fanti e dietro i cavalieri, gli uni e gli altri su tre file; in mez­zo stavano i frombolieri, che costituivano la settima fila.
Libro V:132 Avendo con tali forze precluso ai giudei la possibilità di una sortita, i carriaggi delle tre legioni e la massa degli addetti poterono transitare senza disturbo.
Libro V:133 Quindi Tito andò ad ac­camparsi a circa due stadi di distanza dal muro, sull'angolo dove questo piega da settentrione verso occidente, dirimpetto alla torre chiamata Psefino.
Libro V:134 L'altra parte dell'esercito si ac­campò dirimpetto alla torre chiamata Ippico, anch'essa a due stadi dalla città.
Libro V:135 La decima legione continuò a restare ac­campata sul Monte degli Ulivi.


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