Isaac Asimov. L'Orlo della fondazione



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hamiani. Più lontano ce n'erano altri ancora. L'agricolto-

re fermo davanti a lui puzzava forte.

--I fatti miei non sono fatti tuoi, Karoll Rufirant.

--Ah così?--disse Rufirant, alzando la voce.--Senti-

to, amici? Dice, i fatti suoi non stanno nostri.

Qualcuno rise alle spalle del contadino, e una voce gri-

dò:


--Bene dice, perché i tediosi stanno a fare cose coi libri

e i puter, robaccia non adatta ai veri uomini.

--Bene, io ora andrò per i fatti miei, quali che siano--

disse Gendibal, deciso.


--E come ci riuscirai, piccolo tedioso?--disse Rufl-

rant.
--Passandoti accanto.


--Sul serio? Non ci hai paura di venire fermato?
--Da te e da tutti i tuoi amici? O da te solo?--Gendi-

bal di colpo si mise a parlare in dialetto hamiano.--Da

solo ti sta a mancare il coraggio eh?
Stando alle regole Gendibal non avrebbe dovuto pun-

zecchiarlo così, ma in quel modo avrebbe evitato un at-

tacco in massa e l'attacco in massa doveva essere evitato

anche a costo di strappi ancora più grandi alla regola.


Funzionò. L'espressione di Rufirant si fece torva.--Se

la paura sta da qualche parte, sta dalla tua, librettaro.

Amici, fate largo. State indietro e lasciatelo passare, che

così vede se c'ho paura da solo.


Rufirant alzò le sue braccione e cominciò ad agitarle.

Gendibal non temeva l'arte pugilistica del contadino, ma

c'era sempre la possibilità che un colpo ben assestato an-

dasse in porto.


Si avvicinò con cautela, lavorandosi con delicatezza e

rapidità la mente di Rufirant. Non molto, solo un tocco

neanche percepibile; un tocco, però, sufficiente a rallen-

tare i riflessi dell'avversario in quel momento cruciale.

Poi penetrò nella rnente degli altri, che adesso si stavano

radunando in numero sempre più grande. Guizzò avanti

e indietro con sapienza, restando nelle menti degli ha-

miani abbastanza a lungo da individuare elementi utili

ma mai tanto a lungo da lasciare segni tangibili.
Si avvicinò all'agricoltore come un felino, guardingo

prudente, consapevole che nessuno dei presenti stava

preparandosi a interferire.
Ruflrant colpì all'improvviso, ma Gendibal vide ~a

mossa nella sua mente prima ancora che i muscoli dell'

altro si tendessero, e si spostò di lato. Il colpo andò a vuo-

to, anche se mancò l'Oratore di poco. Gendibal era saldo

sui piedi, tranquillo. Dal pubblico si levò un'esclamazio-

ne.
L'Oratore non fece la mossa né di ripararsi né di resti-

tuire i colpi sferrati dall'altro. Se avesse cercato di ripa-

rarsi col braccio, Rufirant glielo avrebbe ridotto male, e

se avesse cercato a sua volta di tirare di boxe, I'altro

avrebbe retto come niente il suo attacco.


L'unico sistema possibile era trattare l'avversario come

tri un toro, ed evitarlo alla maniera dei toreri. Solo così, e

~J non con l'opposizione diretta, Gendibal poteva sperare di
E inCrinare il suo morale.
Sbuffando e ruggendo, Rufirant caricò. Gendibal era
~,r~'~ pronto e si spostò quel tanto che bastava a scansare il col-

~: po. Di nuovo l'altro caricò, e di nuovo mancò il bersaglio.

~, Gendibal adesso aveva il respiro grosso. Lo sforzo fisico

1: era minimo ma lo sforzo mentale che comportava cerca-

~' re di controilare l'altro senza controllarlo nel vero senso

E~ della parola era notevole. Sarebbe stato impossibile so-

E stenerlo per lungo tempo.
I' Continuò a stuzzicare leggermente il meccanismo men-

E tale di Rufirant, tentando di favorire la depressione e la

. paura superstiziosa degli studiosi, poi disse:--Adesso

me ne andrò per i fatti miei.


Il viso di Rufirant si contrasse in una smorfia di rabbia,

ma per un attimo l'agricoltore rimase immobile. Gendi-

bal percepì i suoi pensieri. La figura del piccolo studioso

inerme si era dissolta come per magia, e al suo posto sta-

va sorgendo un senso di paura...
Ma di colpo la rabbia si gonfiò, annientando la paura.
Rufirant gridò:--Amici! Il tedioso sta a fare il balleri-

no. Salta qua, salta là e se ne frega della regola di noi ha-

miani onesti: un colpo tu, un colpo io. Prendetelo. Tenete-

lo fermo, così facciamo un colpo io, un colpo lui. Lui anzi,

gli permetto il primo colpo, e io sto ultimo.
Gendibal sondò piano la mente degli astanti, cercando

resistenze all'ordine impartito da Rufirant. L'unica sua

speranza era di mantenere quelle resistenze abbastanza a

lungo da assicurarsi la fuga. Poi avrebbe dovuto affidarsi

al proprio fiato e alla propria capacità di intorpidire la

volontà del contadino.


Sondò gli hamiani ripetutamente, soffrendo per lo sfor-

~o mentale. Capì che non avrebbe funzionato; gli uomini

erano troppi e la necessità di rispettare le regole del com-

portamento trantoriano lo vincolava senza rimedio.


Si sentì afferrare per le braccia. Adesso lo tenevano sal-

damente. Avrebbe dovuto intervenire su almeno due o tre

menti, ma un'azione del genere era inammissibile e la

sua carriera ne sarebbe stata distrutta. Tuttavia era in

gioco la ,ua vita, la sua stessa vita...
Com'era potuto succedere?
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Alla riunione della Tavola non erano presenti tutti.
Di solito non si aspettavano gli Oratori che arrivavano

in ritardo, e in ogni caso, pensò Shandess, nessuno lì ave-

va molta voglia di aspettare Stor C~endibal. Gendibal era

il più giovane e, ben lungi dal mostrare proprio per que-

sto deferenza verso gli altri, si comportava come se la gio-

ventù fosse di per se stessa un merito e come se la vec- 1

chiaia fosse una colpa commessa da chi avrebbe avuto il

dovere di esserne immune. Gendibal non era molto sim-

patico agli altri Oratori, e in realtà non era molto simpa-

tico nemmeno a Shandess. Ma non era della simpatia che

si doveva discutere lì.
Delora Delarmi interruppe le riflessioni di Shandess.

Lo stava guardando con i suoi grandi occhi azzurri e il vi-

so tondo che, dietro l'aria cordiale e ingenua, nascondeva

(a tutti tranne che agli Oratori del suo grado) una mente

acuta dotata di eccezionale capacità di concentrazione.
Sorridendo, Delora Delarmi disse:--Dobbiamo aspet-

tare ancora, Primo Oratore?--(La riunione non era ini-

ziata, ufficialmente, per cui, a rigor di termini, Delora po-

teva aprire la conversazione, anche se un altro al suo po-

sto avrebbe aspettato che fosse Shandess a parlare per

primo.~
Shandess la guardb con affabilità, nonostante la sua ~`

lieve infrazione alle regole della cortesia. In circostan-

ze ordinarie non si aspetterebbe, Oratore Delarmi, ma

poiché la Tavola si riunisce proprio per ascoltare l'Orato-

re Gendibal, è opportuno fare un'eccezione. I


--E lui dov'è, Primo Oratore?
--Questo proprio non lo so. .
La Delarmi si guardò intorno. I posti in tutto erano do-

dici, per dodici Oratori. In cinque secoli la Seconda Fon-

dazione aveva accresciuto i suoi poteri e i suoi doveri, ma

ogni tentativo di aumentare il numero dei componenti la

Tavola era fallito.
Erano stati dodici dopo la morte di Seldon, in seguito

alla decisione del secondo Primo Oratore (Seldon in per- I

sona era sempre stato considerato il primo della schiera),

e dodici erano rimasti.


~Perché dodici? Perché era un numero che permetteva la

divisione in gruppi uguali. Dodici persone si potevano

consultare facilmente tutte quante insieme, e nello stesso

tempo si potevano distribuire in sottogruppi di lavoro. Se


F~fossero state di più avrebbero imposto una minor libertà

F 'di consultazione; sé fossero state di meno, il movimento

s interno avrebbe subito più condizionamenti.
~` Quella, almeno, era sempre stata la spiegazione. In

realtà nessuno sapeva perché fosse stato scelto proprio il

numero dodici e perché dovesse essere immutabile. Ma

perfino la Seconda Fondazione era suscettibile di diven-

. tare schiava delle tradizioni.
Tutte queste cose Delora Delarmi le pensò nella frazio-

ne di un secondo mentre osservava oltre ai visi e alle

menti dei presenti, la sedia vuota deli'Oratore più giova-

ne.
Era contenta che nessuno provasse simpatia per Gendi-

bal. Per lei Gendibal aveva il fascino di un centopiedi, e

come un centopiedi avrebbe dovuto esser trattato. Fino

allora soltanto il suo talento e la sua indiscussa intelli-

genza lo avevano salvato da un processo per espulsione.

(Solo due Oratori erano stati incriminati - ma non con-

dannati - nella storia semimillenaria della Seconda Fon-

dazione.)
Tuttavia, il disprezzo che Gendibal dimostrava man-

cando alla riunione della Tavola era peggiore di molti in-

sulti e la Delarmi era lieta di constatare che nell'animo

dei presenti l'idea di processare il giovane si era già fatta

strada.
--Primo Oratore--disse--se non sapete dove si trovi

l'Oratore Gendibal, sarei felice di dirvelo io.


--Dite pure.
--Chi di noi non sa che questo giovane--(apposta tra-

lasciò il titolo onorifico, e naturalmente tutti lo notarono)

--si reca continuamente in territorio hamiano~? Cosa ci

vada a fare non lo so, ma in questo momento si trova tra

gli hamiani, ed è così preso da loro, da mettere in secondo

piano la riunione della Tavola.


--Credo che si limiti a correre o camminare, a fare

esercizio fisico~ insomma--disse un altro Oratore.


Delora Delarmi sorrise. Le piaceva sorridere; non le co-

stava nulla.--Qui abbiamo a disposizione l'Università

la Biblioteca, il Palazzo e l'intera regione che li circonda.

E certo una regione piccola in confronto al pianeta, però

credo che sia sufficientemente estesa da consentire l'eser-

cizio fisico. Allora, non sarebbe meglio cominciare, Primo

Oratore?
Shandess sospirò in cuor suo. Era in suo potere fare

yl
aspettare ancora gli Oratori o rimandare la riunione a

quando Gendibal fosse stato presente.`
Nessun Primo Oratore tutlavia poteva mantenere a

lungo e senza problemi la sua carica se non aveva come

minimo il sostegno passivo degli altri; non era quindi

prudente irritare questi ultimi. Perfino Preem Palver era

stato costretto qualche volta a usare le lusinghe per otte-

nere ciò che voleva. Tra l'altro, anche Shandess era secca-

to che Gendibal non si fosse fatto vivo. Il giovane doveva

imparare a rispettare le regole; non poteva agire sempre

di testa sua.
Shandess prese dunque la parola in qualità di Primo

Oratore.--Cominciamo--disse.--L'Oratore Gendibal

ha tratto alcune conclusioni sorprendenti dall'analisi dei

dati del Radiante Primario. Ritiene che esista un'organiz-

zazione che si è assunta il compito di conservare il Piano

Seldon in funzione e che assolve questo compito più effi-

cacemente di noi, naturalmente per un suo scopo. Secon-

do l'Oratore Gendibal, quindi, noi dovremmo cercare di

sapere di più su di essa, per poterci difendere. Voi tutti

siete stati informati di ciò e questa riunione è stata con-

vocata per permettervi di interrogare l'Oratore Gendibal

e per consentire a tutti noi di prendere decisioni in meri-

to alla linea d'azione da adottare.
Di fatto una spiegazione del genere era superQua;

Shandess aveva tenuto la m~ente aperta, per cui tutti sa-

pevano già. Il discorso era una questione di forma, di cor-

tesia.
Delora Delarmi si diede una rapida occhiata intorno.

Gli altri dieci parevano contenti che fosse stata lei ad as-

sumersi i~ ruolo di anti-Gendibal.--Eppure, Gendibal--

disse, tralasciando di nuovo il titolo onorifico--non sa

dare un nome e un volto a questa organizzazione.


Si trattava di un'affermazione chiara e inequivocabile,

il che rasentava la scortesia. Era come dire Sono in g:~ado

di anal~zzare la !iua mente, non c'è bisogno che ti scomodi a

dare spie~azton ~


Shandess notò la scortesia ma decise di fingere di non

averla notata.--Che l'Oratore Gendibal--(badò scrupo-

losamente a far precedere il nome dal titolo onorifico, ma

non sottolineò il fatto, perché non diede particolare risal-

to alla parola Oratore)--non sappia dare un nome e un

volto all'organizzazione non signiflca che essa non esista.

I membri della Prima Fondazione hanno continuato per
moltissimo tempo a ignorare la nostra esistenza e di fatto

~ ' la ignorano anche ora. Mettete forse per questo in dubbio


,r che esistiamo?
F~ --Dal fatto che esistiamo nonostante che la nostra esi-

stenza sia ignorata, non consegue che di una cosa basti


~ ignorare l'esistenza perché esista--disse la Delarmi, con
k una risatina.
F --Sì, è abbastanza vero. E per questo che le afferma-
F ,zioni dell'Oratore Gendibal vanno esaminate con la mas-

sima attenzione. Si basano su rigorose deduzioni mate-

matiche, che ho analizzato io stesso e che vi esorto a
,~ prendere in considerazione. Sono...--(cercò una sfuma-

tura mentale che esprimesse bene il suo punto di vista)--

plausibili.
--E quel Golan Trevize, quel membro della Prima Fon-

dazione che vaga per la vostra mente ma che non nomi-

nate?--disse la Delarmi, commettendo un'altra scorte-

sia che questa volta fece arrossire un poco il Primo Orato-

re--Che mi dite di lui?

i --L'Oratore Gendibal--disse Shandess--pensa che

Trevize sia lo strumento, forse inconsapevole, di questa

organizzazione, e che non dovremmo sottovalutarlo.


Delora Delarmi si appoggiò allo schienale della poltro-
~' na e si scostò dalla fronte i capelli brizzolati.--Se questa

ipotetica organizzazione esiste--disse--e se è così se-

greta e così potente perché mai avrebbe deciso di'servirsi

di un consigliere esiliato della Prima Fondazione? Di una

persona, cioè, che dà molto nell'occhio?
Il Primo Oratore disse, serio:--Può sembrare strano, è

vero. E tuttavia ho notato una cosa assai inquietante, che

non capisco.--D'istinto, quasi involontariamente, sep-

pellì quel pensiero nella propria mente, per paura che gli

altri potessero rilevarlo.
Tutti gli Oratori notarono il gesto mentale e, com'era

rigorosamente prescritto dalle regole, rispettarono il sen-

timento di pudore di Shandess.
Anche la Delarmi lo rispettb, sebbene con una certa do-

se di insofferenza. Disse, secondo la formula di pramma-

tica:--Possiamo chiedervi di lasciarci conoscere i vostri

pensieri, dal momento che comprendiamo e perdoniamo

l'eventuale senso di pudore presente in voi?
Shandess disse:--Nemmeno io, come voi, capisco che

motivo ci sia di considerare il consigliere Trevize lo stru-

mento di una certa organizzazione. Né ho idea di quali

potrebbero essere i suoi scopi se lo fosse davvero. Eppure

l'Oratore Gendibal sembra sicuro del fatto suo, e non si

possono sottovalutare le doti di intuizione di uno che è

diventato Oratore. Per questo mi sono risolto ad applica-

re il Piano a Trevize.


--A un singolo individuo?--disse sottovoce, sorpreso

uno degli Oratori, mostrandosi poi subito desolato per

quella sua domanda, che praticamente significava aChe

stupido! « .


--A un singolo individuo, sì--disse Shandess--e ave-

te ragione, sono stato uno stupido. So bene che il Piano

non si può applicare in alcun modo agli individui, e nem-

meno ai piccoli gruppi. Tuttavia ero curioso. Ho compiu-

to un'estrapolazione delle Intersezioni Interpersonali che

andava ben oltre i limiti ragionevoli, ma l'ho fatto in se-

dici modi diversi e ho scelto una regione, anziché un pun-

to. Mi sono quindi servito di tutti i particolari che cono-

sciamo di Trevize e del sindaco della Prima Fondazione.

Poi ho buttato tutto nel crogiolo, un po' alla rinfusa, te-

mo.--Fece una pausa.
--Allora?--disse la Delarmi.--Immagino... I risultati

sono stati sorprendenti?


--Non ci sono stati risultati, come potete ben capire--

disse il Primo Oratore.--Non si riesce a ottenere niente

con i singoli individui, tuttavia...
--Tuttavia?
--Sono quarant'anni che analizzo dati, e ho acquisito

una specie di sesto senso grazie al quale ho la netta intui-

zione di quali saranno i risultati prima che essi vengano

analizzati. E raro che mi sbagli. In questo caso, anche se

non ci sono stati esiti concreti, ho avuto la netta sensazio-

ne che Gendibal avesse ragione e che Trevize non dovesse

essere lasciato libero di agire.
--Perché non dovrebbe essere lasciato libero di agire?

--chiese Delora Delarmi, chiaramente stupita di percepi-

re nella mente del Primo Oratore un'emozione molto for-

te.
--Mi vergogno di non avere resistito alla tentazione di

usare il Piano per scopi ai quali non è destinato--disse

Shandess.--Mi vergogno altresì per essermi lasciato in-

fluenzare da una mera sensazione. Eppure non posso fare

a meno di esserne influenzato tuttora, perché è molto for-

te. Se l'Oratore Gendibal ha ragione, se è vero che da

qualche parte sta per arrivare il pericolo, allora sono si-

curo che, al momento in cui la nostra situazione divente-

rà critica, sarà Trevize a rappresentare l'elemento-chia-

ve. Sarà lui a giocare la carta decisiva.
--Da quali dati deducete questo?--disse la Delarmi,

scandalizzata.


--Da nessun dato--disse Shandess, guardandosi in-

torno con aria afflitta.--La matematica della psicostoria

non mi ha fornito risultati, ma mentre osservavo il com-

plesso gioco delle relazioni mi è parso che Trevize fosse la

chiave di tutto. Bisogna tenere d'occhio quel giovane.
25
Gendibal capì che non sarebbe tornato in tempo per par-

tecipare alla riunione della Tavola. C'era anzi rischio che

non tornasse affatto.
Era trattenuto saldamente. Sondò disperato le menti,

intorno, per vedere se ci fosse qualche speranza di indur-

re gli hamiani a lasciarlo andare.
Rufirant era in piedi davanti a lui, esultante.--Stai

pronto adesso, tedioso? Un colpo io, un colpo tu, come si

fa tra hamiani. Dài allora, piccolino, colpisci primo.
Gendibal disse:--E qualcuno ti bloccherà a te come

mi blocca a me?


--Lasciatelo andare--disse Rufirant.--No no, solo

le braccia. Le gambe tenetele forte. Non vogliamo che

faccia di nuovo il ballerino.
Gendibal si ritrovo con le braccia libere e le gambe

sempre inchiodate a terra.


--Dài, tedioso, colpisci--disse l'agricoltore.--Tiraci

un pugno.


L'Oratore; che stava ancora sondando le menti, indivi-

duò d'un tratto un senso di indignazione, di pietà, di pro-

testa per l'ingiustizia della situazione. Non aveva scelta,

doveva peF forza correre il rischio e intervenire su...


Non ce ne fu bisogno. Benché Gendibal non avesse in-

terferito, la mente sconosciuta reagl esattamente come

avrebbe voluto lui.
D'un tratto, comparve nel suo campo visivo una sago-

ma piccola, tozza, con lunghi capelli neri aggrovigliati e

l'indice teso ad accusare Rufirant.
Era una donna. Gendibal pensò cupamente che, non

avere notato prima la sua mente, dimostrava quanto fos-

se teso e preoccupato.
14

--Karoll Rufirant!--urlò la donna, rivolta al contadi-

no.--Bravo codardo! Un colpo io, un colpo tu, come si

usa fra hamiani, eh? Stai due volte più grande del tedio-

so. Perché non attacchi me? Ci sta quasi più pericolo. Cre-

di che ottieni gloria picchiando quel poveraccio? Vergo-

gna, non gloria, credo io. Tutti ti indicheranno col dito di-

cendo è quello, Rufir~nt si chiama, famoso picchia-mar-

mocchi. Rideranno, credo io, e nessun hamiano onésto

starà a bere con te. E nessuna hamiana onesta vorrà farsi

vedere con te.
Rufirant cercò di arginare il torrente di parole e di pa-

rare i colpi che lei gli stava dando, ma riuscì solo a dire,

con voce flebile:--Su, dài, Sura. Dài...
Gendibal si accorse di essere libero. Si accorse che Ru-

firant non lo guardava più torvo, che le menti degli ha-

miani non si occupavano più di lui.
Nemmeno Sura si occupava di lui; la sua furia era con-

centrata unicamente su Rufirant. Ripresosi, l'Oratore

guardò se fosse il caso di prendere misure per mantenere

viva quella furia e per rafforzare il senso di vergogna che

provava Rufirant, ma ancora una volta constatò che non

ce n'era bisogno.


--Ind~etro, tutti!--disse la donna. Ma guardate un

po'. Non basta che 'sta montagna di Karoll fa il gigante

col magrolino, ci stanno pure cinque o sei alleati che gli

danno man forte, vergognosi, per vantarsi alla fattoria di

aver fatto la loro parte. Gli tenevo il braccio, al marmoc-

chio, dirà uno, e Rufirant il gigarlte l'ha colpito in faccia

mentre lui stava bloccato. Ma io lo tenevo per un piede, dirà

l'altro, anch'io ho diritto a un po' di glona. E Rufirant, il

gran pezzo d'uomo, dirà non sono riuscito a batterlo sul

viottolo, allora i miei compagni l'hanno inchiodato e con l'

aiuto di tutti e sei gliele ho suonate di santa ra~:ione.
--Ma Sura--disse Rufirant, quasi piagnucolando--

ho detto al tedioso che poteva colpir primo.


--E avevi paura dei colpi tremendi delle sue braccia,

eh, Rufirant, zuccone? Su, lascialo andare dove ha da an-

dare, e voi tutti filate a casa, sempre che trovate ancora

qualcuno che vi accoglie. Sperate bene che la grande im-

presa di oggi sta dimenticata. E non starà dimenticata,

perché la starò a dire in giro se mi farete arrabbiare più

di che sto già arrabbiata.
I contadini si allontanarono in gruppo, a testa bassa,

senza voltarsi indietro.


~bal li segu~ con lo sguardo, poi fissò la donna. In-

" dossava casacca e pantaloni e ai piedi portava scarpe

~ malfatte. Aveva il viso lucido di sudore, e ansimava. Il na-

L~ SO era piuttosto grosso, il seno abbondante (almeno da

quanto poteva vedere lui attraverso la casacca larga), le

~ braccia erano nude e muscolose. Ma non c'era da stupir-

.~' si: le hamiane lavoravano nei campi accanto ai loro uo-

i mini.
La donna lo guardò severa, con ]e braccia sui fianchi.


Be', che stai a fare ancora qui, tedioso? Va' al tuo Posto

dei Tediosi. Stai impaurito? Vuoi che ti accompagno?


~' Gendibal cra infastidito dal puzzo di sudore emanato

dai vestiti non troppo puliti della donna, ma viste le cir-

costanze pensò che sarebbe stato troppo scortese mo-
1 strarsi schizzinosi.
--Vi ringrazio, signorina Sura...
~` --Ci ho un nome, Novi--disse lei, aspra.--Sura Novi.

Chiamami pure Novi, che basta.


--Vi ringrazio, Novi. Mi siete stata di grande aiuto.
t Son contento se mi accompagnate, non perché abbia pau-

ra, ma per il piacere della vostra compagnia.--Si inchi-


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