Isaac Asimov. L'Orlo della fondazione



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--Sì, Oratore.
--E se sanno che siete atterrato su Sayshell lo saprà
~ànche il loro ambasciatore su Sayshell, il quale saprà pu-

re della presenza di Trevize sul pianeta. Tramite il vostro

iper-relé verrebbero subito avvertiti della vostra parten-
~; za per un luogo specifico lontano centinaia di parsec, ma

,~' I'ambasciatore li informerebbe della permanenza di Tre-

,~ vize sul pianeta. Che conclusioni potrebbero trarre da

k questo fatto? Il sindaco Branno è, a detta di tutti, una

donna scaltra, e l'ultima cosa che desideriamo è metterla
~ in allarme ponendola di fronte a enigmi oscuri. Non vo-

1~ gliamo che conduca fin qui parté della sua flotta. Tra l'al-

tro, le probabilità che lo faccia comunque sono spiacevol-

mente alte.


--Con tutto il rispetto, Oratore...--disse Compor.--

Che motivo abbiamo di temere una flotta se possiamo te-

nere sotto controllo il suo comandante?
--Per quanto ci sia poco da temere, c'è da temere an-

cor meno se la flotta non è qui. Restate dove siete, Com-

por. Quando arriverò, verrò a bordo della vostra nave e

allora...


--E allora, Oratore?
--Allora subentrerò a voi, naturalmente.
~ 49
F Terminato il contatto visivo, Gendibal rimase seduto a ri-

flettere per parecchi minuti.


Durante il viaggio verso Sayshell, un viaggio inevita-

bilmente lungo su quella nave che non poteva competere

in alcun modo con quelle tecnologicamente avanzatissi-

me della Prima Fondazione, aveva esaminato ogni singo-

lo rapporto su Trevize. I rapporti abbracciavano un pe-

riodo di quasi dieci anni.


Considerando la questione nel suo complesso e alla lu-

ce degli avvenimenti più recenti, risultava chiaro che

Trevize sarebbe stato una recluta meravigliosa per la Se-

conda Fondazione, se dall'epoca di Palver non fosse stata

adottata la regola di non toccare i nativi di Terminus.
Non era possibile fare una stima di quante reclute di

grande valore avesse perduto la ' econda Fondazione per

quel motivo; non era possibile valutare le qualità di tutti

gli esseri umani della Galassia, che era popolata da qua-

drilioni di individui. Era però improbabile che esistesse

qualcuno dotato come Trevize e certamente non esisteva

nessuno che, come lui, avesse, oltre alle capacità eccezio-

nali, una posizione-chiave.


Gendibal scosse leggermente la testa. Benché nato su

Terminus, Trevize non sarebhe mai dovuto passare inos-

servato. E bisognava riconoscere a Compor il merito di

essersi accorto della sua particolarità, nonostante che gli

anni, plasmandolo, I'avessero reso meno riconoscibile.
Ormai naturalmente Trevize non poteva essere di alcu-

na utilità alla Seconda Fondazione. Era troppo vecchio

per essere educato alla mentalica, eppure possedeva un'

intuizione~innata, la capacità di pervenire a una soluzio-

ne partendo da quantità di dati del tutto insufficienti.

Possedeva qualcosa, un quid innato.


Il vecchio Shandess, che per quanto non più nel flore

degli anni era in complesso un buon Primo Oratore, pen-

sava che Trevize fosse l'elemento-chiave della crisi, e a

questa conclusione era giunto senza avere a disposizione

i dati e le connessioni elaborati da Gendibal durante il

viaggio.
Come mai il consigliere si era recato su Sayshell? Che

piano aveva in testa? Che cosa si accingeva a fare?
E non lo si poteva toccare. Gendibal non aveva dubbi

su quel punto. Finché non si fosse saputo esattamente

qual era il suo ruolo, sarebbe stato deleterio cercare di in-

fluenzarlo anche di poco. Data la presenza degli Anti-Mu-

lo (qualunque fosse la loro identità), una mossa sbagliata

con Trevize, soprattutto con Trevize, poteva provocare

una reazione inaspettata e di enorme gravità.
Gendibal sentì una mente vagare nelle vicinanze della

propria e, distratto, la allontanò come avrebbe potuto al-

lontanare con la mano un-fastidioso insetto trantoriano.

Avvertendo di colpo il flusso di dolore della mente estra-

nea, alzò gli occhi.
Sura Novi aveva portato una mano alla fronte.
--Scusatemi, Maestro, sono colpita da improvviso mal

di testa.


Gendibal si sentì in colpa.--Scusatemi voi, Novi. Ero

distratto... O meglio, ero troppo concentrato in un certo

pensiero.--Sciolse subito, con delicatezza, il groviglio di

fibre mentali creatosi in Novi.


Novi sorrise, ill'uminandosi tutta.--E passato d'incan-

to. Il suono gentile delle vostre parole ha un effetto bene-

fico su di me, Maestro.
--Bene--disse Gendibal.--Ditemi, c'è qualcosa che
hon va? Come mai siete qui?--Evitò di entrare più a fon-

fdo nella mente di lei per'scoprire da solo le ragioni che

~avevano condotto la hamiana 1~. Provava sempre più ri-
~;,'luttanza a invadere la sua privacy.
Novi esitò e si protese leggermente verso di lui.--EFO
E preoccupata. Avevate lo sguardo fisso nel vuoto, emette-

vate mugolii e il vostro viso era scosso da tic. Sono rima-


~:~ sta impalata a guardarvi, timorosa che steste.decadendo

voglio dire... che vi steste ammalando, e non sapevo cosá

fare.
~ --No, sto benissimo, Novi, non dovete aver paura. Ca-

r pito?
~' La paura, e in genere le emozioni forti, deformavano e

Ll ' rovinavano in parte la simmetria della sua mente. Gendi-
~: bal la preferiva calma, pacifica e felice, quella mente, ma

aveva qualche ritegno a renderla tale con il proprio inter-


, vento. Novi aveva creduto che il mal di testa le fosse pas-

sato per via delle parole gentili di lui, e Gendibal era con-

tento, in fondo, che restasse nella sua convinzione.
E --Novi--disse--potrei chiamarvi Sura?
Lei alzò gli occhi a guardarlo con aria improvvisamen-

te afflitta.--Oh, Maestro, vi prego non fatelo!


3 --Ma Rufira~t vi chiamava così il giorno in cui ci co-

noscemmo. Ormai vi conosco abbastanza bene da...


--Sì, è vero, mi chiamava così, Maestro. E così che si

parla a una ragazza che non ha un uomo, un fidanzato, a

una ragazza che non è... completa. La si chiama per no-

me. Io mi sento più rispettata se mi chiamate Novi, è un


~` &tto che mi onora. E se è vero che non ho un uomo è pe-

rò vero che ho un maestro, e ne sono felice. Spero nón sia

offensivo per voi chiamarmi Novi.
--No, certo che non lo è, Novi.
La mente di Novi a quelle parole tornò meravigliosa-

mente simmetrica e Gendibal ne fu felice. Troppo felice.

Non era un po' strano che fosse tanto felice?
Con una pun~a di vergogna, si ricordò che il Mulo, al-

meno così si raccontava, aveva provato sentimenti del ge-

nere per quella donna della Prima Fondazione, Bayta Da-

rell, e che proprio questo l'aveva portato alla rovina.


Certo, il suo caso era diverso. La hamiana rappresenta-

va la sua difesa contro le menti degli Anti-Muli e a lui

premeva solo che assolvesse la sua funzione nel modo mi-

gliore.
No, non era vero. Un Oratore degno della propria cari-

ca non poteva di colpo smettere di comprendere i mecca-

nismi della propria,mente o, peggio, analizzarli male ap-

posta per evitare di riconoscere la verità. La verità, nel

suo caso, era che la mente di Novi gli piaceva quando era

calma e serena di per sé, senza bisogno del suo interven-

to. E la mente di Novi gli piaceva semplicemente perché

gli piaceva Novi. Del resto (pensb con un senso di sfida)

non c'era niente di male in questo.


Disse:--Sedetevi, Novi.
Lei ubbidì, sistemandosi timidamente sull'orlo della

sedia e scegliendo il posto più lontano da Gendibal. La

sua mente era piena di rispetto.
--Quando mi avete visto emettere mugolii in realtà

stavo parlando con una persona che si trovava a grande

distanza da me. Gli studiosi sanno fare questo, sapete.
Con gli occhi a terra e l'aria triste, Novi disse:--Capi-

sco che gli studiosi fanno tanti prodigi che io non com-

prendo e non immagino neanche, Maestro. E un'arte dif-

ficile la vostra, come scalare una montagna altissima. Mi

vergogno di essere venuta da voi con l'animo di diventare

studiosa. Come mai non mi avete riso dietro?


--Non c'è niente di male nell'aspirare a qualcosa, an-

che se questo qualcosa è irraggiungibile--disse Gendi-

bal.--Voi siete troppo vecchia ormai per diventare una

studiosa del tipo mio, ma non si è mai così vecchi da non

poter imparare di piu di quello che si sa e da non poter fa-

re di più di quello che si fa. Vi insegnerò un po' di cose su

questa nave. Quando arriveremo a destinazione, sarete

quasi un'esperta.


Gendibal si sentiva assai soddisfatto. Perché no? Stava

rifiutando deliberatamente l'idea stereotipa che la Se-

conda Fondazione aveva degli hamiani. Con che diritto,

d'altra parte, i membri della Seconda Fondazione si defi-

nivano tanto superiori? I giovani da loro educati non arri-

vavano poi così spesso a coprire cariche importanti. I figli

degli Oratori non possedevano quasi mai le qualità neces-

sarie a farli diventare a loro volta Oratori. C'erano state

le tre generazioni dei Linguester, tre secoli prima, ma re-

stava il sospetto che l'Oratore della generazione di mezzo

non fosse in realtà un Linguester. E se il sospetto era fon-

dato, come potevano gli Oratori, e in genere i membri

della Seconda Fondazione, mettersi su un piedistallo e

guardare dall'alto in basso gli hamiani?


Gendibal la guardò. Aveva gli occhi brillanti e la cosa
F~ '

k g~i fece piacere


~' --Cerchera con tutte le mie forze di imparare quello

che mi insegnerete, Maestro disse.


~, --Ne sono sicuro--disse Gendibal. D'un tratto gli ven-

~l~ ne in mente che durante la sua conversazione con Com-

1~` por non aveva accennato per nulla al fatto di avere un

~` compagno di viaggio di sesso femminile.


i`~ Forse però la presenza di una donna non era cosl stra-

na, per lo meno Compor non se ne sarebbe certo stupito.

La singolarità pérò era data dalla presenza di una hamia-

3 na..
Per un attimo, nonostante tutta la sua buona volontà

Gendibal tornò vittima dello stereotipo e si consolò pen-

~ sando che Compor non era mai stato su Trantor e non po-

r teva quindi accorgersi che Novi era una hamiana. Poi pe-

rò si liberò di quel residuo di condizionamento. Se anche

Compor, o chiunque altro, avesse capito che Novi era una

hamiana, non gli importava proprio niente. Lui era un

Oratore della Seconda Fondazione e poteva agire come

gli pareva, purché nel rispetto del Piano Seldon. Nessuno

aveva il diritto di interferire.
--Quando raggiungeremo la nostra destinazione do-

vremo dividerci, Maestro?--disse Novi.


Lui la guardò e disse, forse con più foga di quanto aves-

j~ se inteso metterci:--No non ci divideremo, Novi.


E la hamiana sorrisé timidamente, proprio come

avrebbe sorriso qualsiasi altra donna della Galassia.


TREDICESIM~ PAR~E

L'Università


°
Pelorat arriccib il naso quando rientrò, assieme a Trevize,

sulla Far Star.


Trevize alzò le spalle.--Il corpo umano emana forti

odori. Il riciclaggio non funziona mai istantaneamente e

gli odori artificiali si limitano a coprire quelli naturali,

senza sostituirsi a essi.


--E immagino che tutte le navi abbiano un loro odore

peculiare e irripetibile, una volta che siano state occupa-

te per un certo tempo da determinate persone.
--Infatti, ma dopo un'ora di permanenza sul Pianeta

yl

yl


l

Sayshell vi pareva ancora che questo puzzasse?


--No--ammise Pelorat.
--Bene, fra un po' di tempo anche all'odore della nave

non farete più caso. Anzi, se vivrete su di essa abbastanza

a lungo, al vostro ritorno da fuori il suo odore vi riuscirà

gradito, vi parrà l'odore di casa. A proposito, Janov, vi

avverto che, se dopo quest'avventura deciderete di diven-

tare un vagabondo della Galassia, dovrete ricordarvi che

è scortese fare commenti sull'odore di una nave o anche

di un pianeta con quelli che vivono su quella nave o quel

pianeta. Tra noi, ovviamente, ogni confidenza è lecita.
--Vi dirò una cosa curiosa, Golan: io considero davve-

ro la Far Star la mia casa. Se non altro, è stata costruita

dalla Fondazione.--Pelorat sorrise.--Sapete, non ho

mai avuto molto spirito patriottico. Mi è sempre piaciuto

pensare che il mio paese fosse l'umanità, ma devo confes-

sare che adesso che sono così lontano dalla Fondazione

sono pieno di nostalgia.
--Be', non siete troppo lontano dalla Fondazione, sape-

te--disse Trevize, mentre si sistemava il letto.--L'Unio-

ne Sayshell è pressoché tutta circondata da territorio del-

la Federazione. Abbiamo un ambasciatore e tantissime

presenze nostre qui, a cominciare dai consoli. I sayshel-

liani amano criticarci a parole, ma in pratica stanno mol-

to attenti a non fare niente che ci sia sgradito. Andate a

letto ora, Janov. Oggi non abbiamo combinato niente. Bi-

sognerà combinare di più domani.
Non era però difficile parlarsi da una stanza all'altra e

quando sulla nave tutte le luci furono spente Pelorat dis-

se, dimenandosi senza requie nella sua cuccetta:--Go-

lan?
--Sì.


--Dormite?
--Finché voi parlate, è escluso.
--Qualcosa abbiamo combinato, oggi. Il vostro amico,

Compor...


--Ex amico--borbottb Trevize.
--Amico o ex amico che sia, ci ha parlato della Terra e

di una cosa che non avevo mai imparato attraverso le mie

ricerche: la radioattività.
Trevize solleva il torso, puntellandosi su un gomito.--

Sentite, Janov, se anche fosse vero che la Terra è un pia-

neta morto, non torneremmo certo indietro per questo. Io

ho ancora intenzione di trovare Gaia.


,~lorat sbuffò piano, come se stesse soffiando via delle

9ume.--Ma certo, amico mio. Anch'io voglio trovare

~aia. D'altra parte, non è che pensi che la Terra sia un

~ianeta morto. Compor potrà anche essere convinto di

~uello che ha detto, ma non c'è settore della Galassia in
,~cui non si racconti che l'umanità ha avuto origine su una

Equalche Terra locale.


~«In antropologia chiamiamo questo fenomeno mondo-

~centrismo. Ciascun pianeta tende a dare per scontato di

essere superiore al pianeta vicino, a credere che la sua ci-

viltà sia più antica e raffinata di quella altrui, a pensare

che quanto di buono c'è negli altri mondi sia stato i~npor-

tato da lui, e quanto c'è di male sia stato inventato sugli


~: stessi mondi estranei o sia dovuto a un cattivo uso del

messaggio importato. E gli esseri umani hanno anche la


1 tendenza a credere che la civiltà migliore sia la civiltà

t~ più antica. Perciò, se non possono sostenere motivata-

F mente che il loro mondo è la Terra, pianeta d'origine dell'

umanità, quasi sempre fanno di tutto per dimostrare che

essa si trova nel loro settore, anche quando non SOllO in

grado di localizzarla con precisione.«


--Intendete dire, insomma, che Compor non ha fatto

altro che seguire l'andazzo comune quando ha affermato

che la Terra si trova nel Settore Sirio--disse Trevize.--

Però il Settore Sirio ha davvero origini antichissime. Tut-

ti i suoi mondi dovrebbero quindi essere noti, e penso non

sarà difficile fare un controllo anche senza recarsi laggiù.


Pelorat ridacchiò.--Anche se riusciste a dimostrare

che nessun mondo del Settore Sirio può essere la Terra,


E non servirebbe a niente. Non avete idea di quanto il mi-

sticismo possa ottundere la razionalità, Golan. Ci sono al-

meno cinque o sei settori della Galassia dove stúdiosi ri-

spettabili danno credito, con una solennità priva della

benché minima traccia di umorismo, à leggende locali se-

condo cui la Terra si troverebbe nell'iperspazio e si po-

trebbe raggiungere solo per caso.
--E sostengono che la Terra è stata raggiunta per caSQ

qualche volta, o no?


E --Ecco, si raccontano storie a questo riguardo, storie

alle quali tutti, per patriottismo decidono di credere, an-

che se sono assolutamente inatténdibili e anche se le per-

sone non nate sul mondo in questione le rifiutano in bloc-


co.
--Allora, Janov, rifiutiamole in blocco anche noi ed en-

triamo nell'iperspazio del sonno, il nostro iperspazio per-

sonale.
--Ma, Golan, è la faccenda della radioattività che m'

interessa. Mi pare che sia abbastanza verosimile.


--In che senso?
--Ecco, un mondo radioattivo è un mondo in cui la ra-

diazione dura è presente in concentrazioni più alte delle

solite. Su un tale mondo il ritmo delle mutazioni sarebbe

maggiore e l'evoluzione sarebbe più rapida e più differen-

ziata. Vi ho già detto, se ricordate, che su un punto le va-

rie leggende concordano: sul fatto, cioè, che la Terra

avrebbe ospitato milioni di specie diverse. Potrebbe esse-

re proprio questa varietà di t`orme di vita, questa evolu-

zione esplosiva ad avere generato l'intelligenza umana e

ad averla indotta poi ad allargare i propri orizzonti. Se

per qualche ragione la Terra fosse stata radioattiva, ovve-

ro più radioattiva degli altri pianeti, si potrebbe spiegare

perché essa sia diventata così unica e diversa.
Trevize rimase un attimo in silenzio.--In primo luogo

--disse--non abbiamo motivo di credere che Compor ci

abbia detto la verità. E molto più probabile che ci abbia

mentito per indurci ad andarcene di qui a setacciare co-

me matti il Settore Sirio. Secondo me è proprio questo

che si proponeva. Ma ammettiamo pure che ci abbia det-

to la verità: non ha forse affermato che la radioattività

sulla Terra è così alta da avere reso impossibile la vita?


Pelorat sbuffò di nuovo.--La radioattività non ha im-

pedito alla vita di evolversi sul pianeta ed è molto facile

per un organismo sopravvivere una volta nato che riusci-

re a nascere. Se dunque la vita si è sviluppata e perpetua-

ta, è evidente che il livello di radioattività dev'essere sta-

to compatibile con essa, all'inizio. In seguito poi, tale li-

vello non può che essersi abbassato. Non c'é niente che

possa farlo alzare.


--E le esplosioni nucleari?--suggerì Trevize.
--Che cosa c'entrano?
~ Voglio dire, mettiamo che sulla Terra ci siano state

molte esplosioni nucleari...


--Impossibile. In tutta la storia della Galassia non ri-

sulta che alcuna civiltà sia mai stata così sciocca da usare

le esplosioni nucleari come armi belliche. Se così fosse

stato, non saremmo mai sopravvissuti. Durante le insur-

rezioni trigelliane, quando entrambe le parti contendenti

erano ridotte alla fame e alla disperazione, Jendippurus


~F-
horatt propose di dare inizio a una reazione di ~usione

nel...


~' --E fu impiccato dai marinai della sua stessa ~lotta.

Conosco molto bene la storia galattica. Io però pensavo a

un incidente, a proposito della Terra.

r _ A quanto si sa, incidenti di questo tipo non possono

portare a un aumento molto significativo della radioatti-

r vità di un pianeta--disse Pelorat con un sospiro.--Im-

magino che quando troveremo il tempo di occuparci di

~, questa faccenda ci toccherà andare nel Settore Sirio a

i condurre qualche ricerca.

,f --Un giorno forse lo faremo. Ma per adesso...


--Sì, sì, ora smetto di parlare.
Pelorat mantenne la promessa e Trevize rimase per

quasi un'ora sveglio al buio, a chiedersi se non si fosse già

ll fatto notare troppo dai suoi avversari, e se non fosse il ca-

E so di partire subito per il Settore Sirio e di andare poi su

Gaia quando l'attenzione di tutti fosse stata volta altrove.
Quando finalmente si addormentò non era ancora

giunto a una decisione. Fece sogni tormentosi.


51
Arrivarono in città solo a metà mattina. Trovarono il cen-

tro turistico affollato, a quell'ora, ma riuscirono lo stesso

a farsi dire dov'era una biblioteca di consultazioae. Una

volta in biblioteca, furono istruiti sull'uso dei modelli lo-

cali di computer di raccolta dati.
Visitarono con cura i musei e le università, comincian-

do da quelli più vicini, e controllarono tutte le informa-

zioni disponibili sugli antropologi, gli archeologi e gli

t Storici del luogo.


--Ah!--esclamò Pelorat, a un certo punto.
--Ah?--disse Trevize, brusco.--Ah cosa?
--Questo nome, Quintesetz. Mi suona familiare.

E --Lo conoscete di persona?


--No, naturalmente, ma forse ho letto qualcosa di suo.

Sulla nave ho il mio indice generale...


--Non ho nessuna intenzione di tornare sulla nave, Ja-

nov. Il nome vi è familiare e questo è già un punto di par-

tenza. Se Quintesetz non è in grado di aiutarci potrà pur

sempre fornirci ulteriori indicazioni.--Trevizé si alzò.--

Troviamo un mezzo per arrivare all'Università di Say-

shell. E visto che all'ora di pranzo là non ci sarà nessuno,

faremo meglio prima a mangiare.
Era già pomeriggio avanzato quando arrivarono all'

università; si fecero strada in mezzo al suo labirinto di

corridoi e finirono in una sala d'aspetto dove una giovane

donna li lasciò per andare a cercare informazioni su

Quintesetz.
--Mi chiedo quanto dovremo aspettare, ancora--dis-

se Pelorat, a disagio.--Ormai le lezioni saranno tutte fi-

nite.
Quasi avesse sentito quel commento, proprio allora la

giovane donna allontanatasi qualche tempo prima tornò.

Si diresse in fretta verso di loro producendo un rumore

acuto e melodioso con le scarpe viola e rosse, luccicanti.

Il rumore variava d'intensità secondo la rapidità e la

pressione dei passi.


Pelorat fremette. Pensò che evidentemente ciascun pia-

neta aveva, oltre a un suo particolare odore, un suo parti-

colare modo di aggredire i sensi. Si disse che, come aveva

imparato a non fare più caso al puzzo, forse avrebbe im-

parato anche ad accettare senza fastidio la cacofonia pro-

dotta camminando dalle giovani donne che vestivano al-

la moda.
La ragazza si fermò davanti a lui.--Potete dirmi per

esteso il vostro nome, professore?


.--E Janov Pelorat, signorina.
--Qual è il vostro pianeta d'origine?
Trevize alzò una mano come per invitare il suo compa-

gno al silenzio, ma Pelorat, non notando o non accoglien-

do il suggerimento, disse:--Terminus.
La ragazza, con aria compiaciuta, gli elargì un gran

sorriso.
--Quando ho detto al professor Quintesetz che un cer-

to professor Pelorat chiedeva di lui, mi ha risposto che

avrebbe accettato di vedere soltanto lo Janov Pelorat di

Terminus e nessun altro.
Pelorat batté ripetutamente le palpebre.--Vo-volete


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