Isaac Asimov. L'Orlo della fondazione



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dire chc ha sentito parlare di me?


--Pare proprio di sì.
Girandosi rigidamente verso Trevize, Pelorat abbozzò

un sorriso.--Ha sentito parlare di me! Francamente, non

credevo proprio... Voglio dire, ho scritto pochissime cose

e non pensavo che qualcuno...--Scosse la testa.--Non

sono cose important~!
Trevize sorrise a sua volta.--Smettetela di crogiolarvi
_ F
nell'estasi della falsa modestia e andiamo--disse. Poi si

~` rivolse alla donna:--Immagino che ci sia qualche mezzo

di trasporto per andare dal professor Quintesetz, vero, si-

gnorina?
~r _ Dal professore si può andare a piedi e io sarò lieta di

,accompagnarvi--rispose lei, incamminandosi.--Si tro-

va qui, in questo stesso complesso universitario. Siete

tutti e due di Terminus, voi?
I due la seguirono. Con una punta di fastidio, Trevize
1. disse:
--Sì, perché, qualcosa che non va?
--Oh, no, assolutamente. Sapete, su Sayshell ci sono

persone che non amano la Fondazione, ma qui all'univer-

sità abbiamo una mentalità più cosmopolita. Vivi e lascia
~: vivere, dico sempre io. Insomma, anche i membri della

Fondazione sono esseri umani. Capite cosa intendo dire?


--Sì, certo. Siamo in molti, nella F~ndazione, a pensa-

re che anche i sayshelliani sono esseri umani.


--Ecco, è così che la dovrebbero pensare tutti. Io non

ho mai visto Terminus. Dev'essere una vera metropoli.


f --In realtà non lo è--disse Trevize col tono di chi fa-
E ceva una semplice constatazione.--Credo che sia più

piccola di Sayshell City.


--Mi stupisce questa vostra affermazione--disse lei.

--Non è la capitale della Federazione della Fondazione?

Voglio dire, non c'è mica per caso un'altra Terminus, ve-

ro?
--No, a quanto ne so io c'è una sola Terminus la capi-

tale della Federazione, appunto. E proprio da li che ve-
niamo noi.
--Ma allora dev'essere per forza una città tentacolare.

E avete fatto un viaggio tanto lungo per vedere il profes-

sore! Qui siamo molto orgogliosi di lui, sapete. E conside-

rato la maggiore autorità di tutta la Galassia.


--Ah, sì?--fece Trevize.--E riguardo a cosa?
Lei sgranò gli occhi di nuovo.--Vi piace proprio stuz-

zicare la gente, eh? Il professor Quintesetz conosce la st~

ria antica meglio di... meglio di quanto io conosca la mia

stessa famiglia!


La ragazza continuò a camminare col suo passo melo-

dico. Trevize pensò a quanto fosse facile venir giudicati

degli importuni senza fare proprio niente per guadagnar-

si quella fama. Sorrise e disse:--Il professore saprà an-

che tutto sulla Terra, immagino...

--La Terra?--disse lei fermandosi davanti alla porta

di un ufficio e guardando Trevize senza capire.
--Ma sì, il mondo da cui ha tratto origine l'umanità.
--Oh, intendete il pianeta primevo. Penso di sl. Penso

che sappia tutto anche su quello; in fin dei conti, si trova

nel Settore Sayshell, come tutti sanno. l~ccoci all'ufficio

del professore. Ora vi annuncio.


--No, aspettate un attimo--disse Trevize.--Parlate-

mi della Terra.


--A dire la verità non mi risulta che nessuno la chiami

Terra, qui. Sarà un termine in uso nella Fondazione. Noi

la chiamiamo Gaia.
Trevize diede un'occhiata a Pelorat.--Ah, si? E dove si

trova?
--Da nessuna parte. Voglio dire, è nell'iperspazio e

non è raggiungibile in alcun modo. Quando ero piccola,

mia nonna mi diceva che Gaia un tempo si trovava nello

spazio reale, ma che poi la disgustarono talmente i...
--Crimini e la stupidità degli esseri umani--mormorò

Pelorat--che, per vergogna, abbandonò lo spazio e da al-

lora in poi si rifiutò di avere a che fare con l'umanità che

da lei aveva tratto origine.


--Ah, allora conoscete la storia, voi! Una mia amica di-

ce che sono solo superstizioni. Voglio proprio raccontar-

glielo; se queste superstizioni sono così irnportanti da es-

sere note ai professori della Fondazione...


Sul vetro affumicato della porta era scritto, a lettere

brillanti e coi difficili caratteri sayshelliani: SOT~YI`I QUIN-

TESETZ ABT. Sotto si leggeva, scritto nello stesso modo:
ISTITUTO Dl STORI~ ANTIC~.
La donna posò un dito su un tondo liscio, di metallo.

Non si sentì alcun rumore, ma per un attimo il vetro affu-

micato diventò di un color bianco latte e una voce som-

messa disse, con tono lievemente distratto:--Fatevi rico-

noscere, prego.
--Janov Pelorat di Terminus--disse Pelorat--e Go-

lan Trevize, sempre di Terminus.


La porta si aprì subito.
L'uomo che venne loro incontro alzandosi dalla scrivania

era alto e di mezza età. Aveva la carnagione scura e i ca-

pelli crespi color grigio-ferro. Alzò una mano in segno di
~saluto e con voce bassa e pacata disse:--Sono S.Q. Piace-

~' re di conoscervi, professore.


--Non posseggo titoli accademici--disse Trevize.--

Sono solo l'accompagnatore del professor Pelorat. Chia-

matemi semplicemente Trevize. E, a proposito, il piacere

è mio, professor Abt.


Quintesetz alzò la mano in un gesto di palese imbaraz-

zo.--No, no. Abt è solo uno sciocco titolo che non ha al-

cun significato al di fuori di Sayshell. Non fateci caso, vi

e prego, e chiamatemi S.Q. Di solito qui si usano le iniziali

nei rapporti quotidiani tra la gente. Sono davvero felice

di fare la conoscenza di due persone mentre aspettavo di

vederne soltanto una.
Parve esitare un secondo, poi tese la destra dopo esser-

~ sela asciugata un attimo sui pantaloni.


~ Trevize gliela strinse, chiedendosi quale fosse su Say-

f shell il modo giusto di salutare.


--Sedetevi, prego--disse Quintesetz.--Forse queste

sedie vi sembreranno troppo inanimate, ma non mi piace

la moda delle poltrone che stringono in un abbraccio.

~K~ Preferisco che un abbraccio significhi qualcosa. E voi?


--Anch'io--disse Trevize con un sorriso.--Scusate se

faccio un'osservazione forse impertinente, ma il vostro

nome sembra più dei Mondi del Margine che di Sayshell.
--Siete liberissimo di fare tutte le osservazioni che vo-

lete. In parte le mie origini risalgono ad Askone. Cinque

generazioni fa, i miei antenati lasciarono Askone perché

sentivano troppo il giogo del governo della Fondazione.


~; --E noi siamo membri della Fondazione--disse Pelo-

rat.
--Mi dispiace.


Quintesetz agitò un attimo la mano, come a voler

sdrammatizzare.--Non si pub serbare rancore per un ar-

co di cinque generazioni. Se le cose sono andate così, bi-

sogna metterci una pietra sopra. Ma, posso offrirvi qual-

cosa da mangiare o da bere? Gradite un po' di musica nel

sottofondo?


Se non vi spiace--disse Pelorat--sarei ansioso di

andare al nòcciolo della questione, sempre che le formali-

tà, su Sayshell, lo permettano.
--Le formalità d'uso qui da noi non impediscono affat-

to di andare subito al nòcciolo del problema. Non avete

idea di quanto abbia gradito sapere che eravate su Say-

shell, dottor Pelorat. Proprio due settimane fa mi è capi-

tato di leggere un vostro articolo sui miti dell'origine nel-

la Rivista di Archeologta, e le vostre riflessioni mi sono

parse interessantissime. Peccato solo che l'articolo fosse

troppo breve.


Pelorat arrossì, lusingato. Sono felicissimo che l'ab-

biate letto. Ho dovuto fare una sintesi, naturalmente, per-

ché la rivista non mi avrebbe mai pubblicato il lavoro in

versione integrale. Ho in progetto di scrivere un saggio

sull'argomento.
--Sarebbe davvero auspicabile. Ma sapete che, appena

letto il vostrb articolo, ho provato il desiderio di incon-

trarvi e parlarvi? Ho perfino pensato di venire su Termi-

nus, pur essendo conscio delle difficoltà che avrei incon-

trato per realizzare il viaggio...
--Quali difficoltà?--chiese Trevize.
Quintesetz apparve imbarazzato.--Rincresce dirlo,

ma Sayshell non desidera affatto unirsi alla Federazione

della Fondazione, e tende a scoraggiare le comunicazioni

e le relazioni con quest'ultima. Da noi c'è una tradizione

di neutralismo, capite? Nemmeno il Mulo riuscì a darci

fastidio; ci strappò solo una dichiarazione esplicita di

neutralità. Per questo motivo chiunque richieda l'auto-

rizzazione a visitare in generale il territorio della Fonda-

zione, e Terminus in particolare, è visto con sospetto, an-

che se è probabile che gli studiosi come me, animati da

interessi teorici, alla fine ottengano il passaporto. In ogni

caso non mi sono dovuto sottoporre a nessuna trafila bu-

rocratica, perché siete stato voi a venire da me. Stento

ancora a crederci. A che cosa devo la vostra visita? Avete

per caso sentito parlare di me come io ho sentito parlare

di voi?
--Conosco i vostri lavori, S.Q.--disse Pelorat--e ho

molti riassunti di essi tra le mie carte. Sono venuto da voi

perché mi sto interessando sia alla Terra, il presunto pia-

neta d'origine dell'umanità, sia al primo periodo di esplo-

razione e colonizzazione della Galassia. In particolare so-

no venuto per indagare sulla fondazione di Sayshell.
--Da quanto scrivete, mi sono fatto l'idea che oggetto

dei vostri studi siano i miti e le leggende--disse Quinte-

setz.
--E ancora più la storia, i fatti reali, quando esistono.

Altrimenti sì, i miti e le leggende.


Quintesetz si alzò, si mise a camminare su e giù per l'

ufficio, si fermò a fissare Pelorat, poi ricominciò a passeg-


3~iare.
Spazientito, Trevize disse:--Ebbene, signore?
--Curioso--disse l'altro.--Curioso davvero! Solo ie-

~i...


Solo ieri cosa?--interruppe Pelorat.
--Come vi dicevo poco fa, dottor Pelorat... A proposito,
~'posso chiamarvi J.P.? Mi riesce innaturale usare il cogno-

me per esteso.


--Ma certo, fate pure.
--Come vi dicevo poco fa, J.P., avendo apprezzato il

vostro articolo desideravo incontrarvi. La ragione per cui

lo desideravo era questa: avevo capito che eravate a co-
~ noscenza di numerose leggende sulle origini dei mondi,

E ma che non eravate a conoscenza della nostra. In altre

parole, volevo vedervi per dirvi proprio quello che siete

venuto a chiedermi.

~ --Che cosa c'entra questo con ieri, S.Q.?--chiese Tre-
I vlze.
--Be', c'è di mezzo una leggenda importante per la no-

stra società, una leggenda che è diventata il mistero prin-

clpale per noi...
--Mistero?
--Non in senso di enigma o rompicapo, còme s'inten-

de, credo, in galattico standard. Qui alla parola mistero

3 diamo il significato di qualcosa di segreto, qualcosa noto

so!o agli adepti e di cui non si deve parlare agli estranei.

E E leri era appunto il giorno.
--Il giorno di cosa?--chiese Trevize, cercando di do-

minare l'impazienza.


--Il Giorno della Fuga.
~ Ah ~ disse Trevize--il giorno della quiete e della

i meditazione, quello in cui tutti dovrebbero rimanere a

casa.
--In teoria sì, solo che nelle città grandi e nelle regioni

di maggiore sviluppo si osservano poco queste vecchie re-

gole. Ma a quanto vedo siete al corrente di questa consue-

t tudine.


` Pelorat, che stava sulle spine perché si era accorto che

Trevize aveva un tono spazientito, intervenne e disse:--

~Ie abbiamo sentito parlare perché siamo arrivati ieri.
--Di tutti i giorni possibili siamo capitati proprio in

quello--disse Trevize, sarcastico.--Sentite, S.Q., come

ho detto, io non sono un professore, ma vorrei farvi una

~; domanda. Avete parlato di un mistero noto agli adepti,

ma che non va rivelato agli estranei. Ma non ne state par-

lando con noi, che siamo appunto estranei?


--Sì, certo, voi siete due estranei, ma io non sono os-

servante, e i miei timori superstiziosi, a questo riguardo,

sono davvero minimi. In ogni caso l'articolo di J.P. mi ha

confermato in un'idea che avevo da tempo. I miti e le leg-

gende non nascono dal niente. Niente nasce dal niente. In

un modo o nell'altro c'è sempre dietro essi qualcosa di ve-

ro anche se magari distorto. E a me affascina la verità

ché potrebbe nascondersi dietro la nostra leggenda del

Giorno della Fuga.
--Non correte pericolo a parlarne?--disse Trevize.
Quintesetz alzò le spalle.--No, non credo proprio. I

conservatori, se lo sapessero, inorridirebbero, ma è da un

secolo ormai che non sono più al governo. I laici sono for-

ti e sarebbero ancora più forti se i conservatori non sfrut-

tassero le nostre prevenzioni contro la Fondazione. Inol-

tre, siccome sto discutendo di questo argomento per via

dei miei interessi professionali, la Lega degli Accademici

mi sosterrebbe a spada tratta, in caso di bisogno.


--Allora--disse Pelorat--vi spiace parlarci del mi-

stero del Giorno della Fuga, S.Q.?


--Ve ne parlerò volentieri, ma lasciate prima che mi

assicuri che non saremo interrotti, e anche che nessuno

stia a origliare. Come dice il proverbio, va bene essere co-

stretti a guardare il toro in faccia, ma dargli uno schiaffo

sul muso no!
Regolò un apparecchio che si trovava sulla sua scriva-

nia e disse.--Ecco, ora nessuno ci può sentire.


--Siete sicuro che non ci siano microspie?--disse Tre-

vize.
--Microspie?


--Microspie, congegni che permettono di tenere sotto

osservazione qualcuno acusticamente e a volte anche vi-

sivamente.
Quintesetz apparve sbigottito.--No, non ci sono con-

gegni del genere, qui su Sayshell.


Trevize alzò le spalle.--Se lo dite voi...
--Procedete, prego, S.Q.--disse Pelorat.
Quintesetz increspò le labbra, si appoggia allo schiena-

le della poltrona (che cedette un poco) e congiunse i pol-

pastrelli con l'aria di uno che si chiedeva da dove comin-

ciare.--Sápete cos'è un robot?--disse.

--Un robot?--disse Pelorat--No. ;
F-
Quintesetz guardò Trevize, che scosse la testa lenta-

~r mente.


~ --Sapete però che cos'è un computer, immagino.

F --Naturalmente--disse Trevize, spazientito.

t --Allora, una macchina mobile computerizzata...
--E semplicemente una macchina mobile computeriz-

i!! zata disse Trevize, sempre con tono seccato.--Ce ne

~- sono a bizzeffe e a quanto mi consta sono chiamate esclu-

sivamente così.


--... con sembianze umane è un robot--disse S.Q. ter-

minando il suo discorso come se Trevize non l'avessé in-

~: terrotto.--11 robot si distingue dalle altre in quanto ha

aspetto umano.


--Come mai ha aspetto umano?--chiese Pelorat, sin-

F ceramente sorpreso.


--Non lo so con certezza. Ammetto che per una mac-

china la forma umana è ben poco funzionale, ma sto solo

ripetendo quello che dice la leggenda. Robot è paròla an-

tica, di una lingua sconosciuta ormai, ma i nostri storici

sostengono che significa qualcosa come lavoro.
,! --Non conosco nessuna parola che somigli anche solo

vagamente a robot e che abbia pressappoco il significato

del termine lavoro--disse Trevize, scettico.
--In galattico no, certo--disse Quintesetz--ma que-
.~ sto è ciò che sostengono gli esperti.
l --Potrebbe essere un'etimologia invertita--disse Pelo-

I; rat.
--Quelle macchine erano usate per il lavoro e cosl si fi-

nì col dire che la parola robot significava lavoro. In ogni

modo, come mai avete introdotto quest'argomento?


--Perché qui su Sayshell si racconta che i robot furono

inventati e costruiti per la prima volta quando la Terra

era l'unico pianeta abitato e la Galassia le si stendeva da-

vanti completamente. deserta. A quell'epoca c'erano dun-

que due tipi di esseri dall'aspetto umano, gli uni naturali

gli altri costruiti, gli uni di carne, gl'i altri di metallo, gli

uni biologici, gli altri meccanici, gli uni complessi, gli al-

tri semplici...


Quintesetz fece una pausa e disse, con un sorriso morti-

ficato:--Scusate, ma è quasi impossibile parlare di ro-

bot senza citare passi del Libro della Fuga. Gli abitanti

della Terra inventarono i robot, dunque, fin qui tutto è

chiaro, no?
--E perché inventarono i robot?--chiese Trevize.

Sotayn Quintesetz alzò le spalle.--Chi può dirlo, ades-

so che è passato tanto tempo? Forse erano troppo pochi e

avevano bisogno di aiuto, specie in vista della grande im-

presa di esplorazione e colonizzazione della Galassia.
--E un'ipotesi plausibile--disse Trevize.--Una volta

che la Galassia fu colonizzata, la funzione dei robot ter-

minò. Certo non ci sono più macchine mobili computeriz-

zate di aspetto umanoide, oggi.


--In ogni modo--disse Quintesetz vi racconterò a

grandi linee la storia, tralasciando col vostro permesso

numerosi orpelli poetici che francamente non accetto, an-

che se la gente di Sayshell li accetta o fa finta di accettar-

li. Vicino alla Terra diventarono sempre più numerosi i

mondi colonizzati, mondi che giravano intorno ad altre

stelle e che avevano molti più robot di quanti ne avesse la

Terra stessa. Sui mondi inesplorati e selvaggi c'era più

bisogno di essi. Anzi, la Terra a un certo punto fece mac-

china indietro, non volle più saperne dei robot e si ribellò

loro.
--Che cosa accadde?--chiese Pelorat.
--I Mondi Esterni erano più forti. Con l'aiuto dei ro-

bot, i figli sconfissero la loro Madre, la Terra, e ne assun-

sero il controllo. Scusatemi, ma non posso evitare ogni

tanto di lasciarmi andare a qualche citazione. Però sulla

Terra ci fu un gruppo che riuscì a fuggire perché dispone-

va di navi migliori e di tecniche iperspaziali più collau-

date. Questo gruppo fuggì verso stelle e mondi lontani,

molto più lontani di quelli colonizzati in precedenza. Fu-

rono fondate nuove colonie in cui gli esseri umani potero-

no vivere liberamente e senza robot. Fu quella la cosid-

detta Era della Fuga e il giorno in cui il primo terrestre

raggiunse il Settore Sayshell, e anzi proprio questo pia-

neta, è quel Giorno della Fuga che da molte migliaia d'

anni noi festeggiamo regolarmente.


Pelorat disse:--Amico mio, state dicendo allora che

Sayshell fu colonizzato da persone provenienti diretta-

mente dalla Terra?
Quintesetz rifletté sulla cosa ed esitò un attimo. Poi

disse:
--Questa è l'opinione corrente.


--E naturalmente voi non l'accettate--disse Trevize.
--Mi pare che...--cominciò Quintesetz, poi si lasciò

andare ed esclamò:--Per tutte le stelle e i pianeti, no che

non l'accetto! E assolutamente inverosimile, ma è un
~ogma ufficiale e per quanto laico sia diventato il gover-

no, un certo rispetto almeno formale è d'obbligo. Ma tor-


~ niamo al punto. Nel vostro articolo, J.P., era assente

4~ qualsiasi ri~erimento a questa storia e alle due fasi della

,~ colonizzazione, una minore con grande impiego di robot,

L~ e I altra maggiore ma senza robot.


--Non c'erano riferimenti perché di questa leggenda
L sento parlare per la prima volta adesso, caro S.Q.--disse

Pelorat.--Vi sono infinitamente grato per avermene da-

to notizia. Mi sbalordisce che non sia mai trapelato nien-

te di ciò negli scritti...


--Questo dimostra quanto solido sia il nostro sistema

sociale--disse Quintesetz.--E il nostro grande <~ miste-

ro«, il segreto del nostro mondo.
--Può darsi--disse Trevize, secco.--Però, durante la

seconda fase di colonizzazione, quella senza i robot, gli


~: esseri umani si saranno spinti in tutte le direzioni, imma-

gino. Come mai questo grande segreto esiste solo su Say-


I shell?
--Forse esiste anche altrove e non è noto agli estranei
proprio come qui--disse Quintesetz.--I conservatori

da noi, credono che solo Sayshell sia stato colonizzato

dalla Terra e che tutto il resto della Galassia sia stato co-
F lonizzato da Sayshell. Il che è probabilmente una scioc-

chezza.
--Questi problemi secondari si potranno risolvere a

tempo debito--disse Janov Pelorat.--Ora che ho un

punto di partenza, posso cercare su altri mondi informa-

zioni del genere di quelle che ho avuto qui. L'importante

è che ho trovato la domanda giusta da fare; com'è noto,

da una domanda giusta si può ricavare un'infinità di ri-

sposte. Che fortuna che abbia...


--Sì, Janov--lo interruppe Trevize--ma l'amico S.Q.

non ci ha raccontato tutta la storia. Che cosa successe alle

colonie di più antica fondazione e ai loro robot? Lo dice

la leggenda?


--Non dettagliatamente, solo in sintesi--disse Quin-

tesetz.--A quanto pare, umani e umanoidi non possono

vivere insieme. Sui mondi dove c'erano i robot, la vita si

estinse .


--E la Terra?
--Gli esseri umani l'abbandonarono, si stabilirono qui

e probabilmente a`nche su altri pianeti, checché ne dicano

i conservatori.

r
--E da escludersi che tutti gli esseri umani abbiano la-

sciato la Terra. Il pianeta non può essere rimasto deserto.
--Forse no, ma io di questo non so niente.
Trevize disse, inaspettatamente:--La Terra era diven-

tata radioattiva?


--Radioattiva?--disse Quintesetz, sbalordito.
--Esattamente.
No, ch'io sappia. E un'ipotesi di cui non ho mai sen-

tito parlare.


Trevize restò un attimo in silenzio, a riflettere. Poi dis-

se:--S.Q., si sta facendo tardi e probabilmente vi abbia-

mo già fatto perdere anche troppo tempo.--~Pelorat sta-

va per protestare, ma Trevize gli posò una mano sul gi-

nocchio e strinse forte, sicché l'altro, pur seccato, lasciò

perdere.)


--Sono felice di esservi stato utile--disse Quintesetz.
--Lo siete stato davvero e se possiamo ricambiare in

qualche modo il piacere...


Quintesetz sorrise.--Se l'amico J.P. fosse cosl gentile

da evitarc di citarmi negli eventuali studi che pubbliche-

rà sull'argomento del nostro «mistero«, la ricompensa sa-

rà già sufficiente.


Pelorat disse, infervorato:--Se veniste su Terminus e

rimaneste per un certo tempo presso la nostra università

in qualità di professore ospite, i vostri meriti sarebbero

forse maggiormente riconosciuti e otterreste il credito

che meritate. Si può riuscire a organizzare le cose in mo-

do che questo succeda. Il governo di Sayshell non avrà

molta simpatia per la Federazione, ma penso che non se

la sentirà di rifiutarvi il permesso di venire su Terminus

per tenere, che so, un seminario su determinati aspetti

della storia antica.


Quintesetz per poco non fece un salto di gioia.--E voi

sareste in grado di combinare questo scambio?


--Io non ci avevo pensato--disse Trevize ma J.P.

ha ragione. Il tentativo ha buone probabilità di riuscita.

E naturalmente più ci darete motivo di gratitudine, più


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