dovrebbe importarcene qualcosa? Basta accettare il trac-
ciato stabilito dal Piano ed essere grati a chi provvede a
non farci deviare, vi pare?
Trevize si stropicciò gli occhi con una mano. Nonostan-
te la giovane età, sembrava il più stanco dei due.
--Non credo che diciate sul serio, che pensiate davvero
che la Seconda Fondazione faccia tutto quello che fa per
il nostro bene. Per idealismo ~ disse, fissando il sindaco.
--Voi siete pratica di politica, conoscete le manovre del
potere, e quindi saprete che non lo fa per politica, ma per
il proprio interesse. Noi siamo la punta di diamante, sia-
mo il motore, I'energia propulsiva. Fatichiamo e sudiamo
e sanguiniamo e peniamo. Loro si limitano a controllarci:
regolano un amplificatore qui, chiudono un contatto là, e
fanno tutto quanto comodamente, senza rischi per loro
stessi. Poi, quando sarà tutto a posto e quando, dopo mil-
le anni di sforzi e di lotte da parte nostra, sarà stato fon-
dato il Secondo Impero Galattico, quelli della Seconda
Fondazione si presenteranno come l'élite dominante.
La Branno disse:--Allora volete eliminare la Seconda
Fondazione? Poiché abbiamo percorso metà della strada
che ci separa dal Secondo Impero, pensate sia il caso di
correre il rischio di portare a termine il compito da soli e
di diventare noi i padroni di noi stessi. E così?
--Certamente! Perché, non dovreste volerlo anche voi?
Voi ed io non vivremo abbastanza per vedere l'epilogo
della storia. Ma voi avete dei nipoti e forse un giorno ne
avrb anch'io, e loro avranno a loro vólta dei nipoti e così
via. Vorrei che godessero del frutto delle nostre fátiche,
che ci considerassero la fonte del loro benessere, che ci lo-
dassero per il nostro operato. Non voglio che tutto si ri-
duca a una congiura segreta ordita da Seldon, che non
considero affatto un eroe. Vi dirò anzi che se permettere-
mo al Piano di proseguire inalterato, Seldon diventerà
~` una minaccia peggiore del Mulo. Per la Galassia, avrei
voluto che il Mulo avesse distrutto sul serio il Piano, com-
,~ pletamente e definitivamente. A lui saremmo sopravvis-
suti: era unico nel suo genere, e del tutto mortale. La Se-
E conda Fondazione, invece, pare immortale.
--Ma voi la vorreste distruggere, no?
1~ --Se solo sapessi come farlo!
F ~ Dal momento che non lo sapete, non ritenete proba-
bile che sarà la Seconda Fondazione a distruggere voi?
Trevize assunse un'espressione di disprezzo.--Ho pen-
sato che poteste essere sotto controllo perfino voi. Avete
previsto alla perfezione cosa avrebbe detto Seldon, e poi
mi avete trattato in quel modo... Tutto questo potrebbe
essere opera della Seconda Fondazione. Voi potreste esse-
re un guscio vuoto, riempito dal contenuto della Seconda
Fondazione.
--Allora come mai mi parlate così?
Perché se siete sotto il controllo della Seconda Fon-
dazione, io sono comunque perduto, e tanto vale che but-
ti fuori un po' della rabbia che ho dentro. E poi perché
penso che non siate affatto sotto controllo ma che sempli-
cemente non vi rendiate conto di quello che fate.
--In~atti non sono sotto il controllo di nessuno--disse
la Branno.--Come fate però a essere sicuro che stia di-
cendo la verità? Se fossi sotto il controllo della Seconda
Fondazione, ammetterei di esserlo? Saprei~di esserlo? Ma
è del tutto inutile chiedersi cose del genere. Io ritengo di
non essere sotto il controllo di nessuno, e voi non avete al-
tra scelta se non crederci. Riflettiamo però su un detta-
glio. Se la Seconda Fondazione esiste, certo ha tutto l'in-
teresse ad assicurarsi che nessuno nella Galassia sappia
della sua esistenza. Il Piano Seldon funziona bene solo se
le pedine, ovvero noi, non si rendono conto di come il Pia-
no stesso funzioni e di come vengano manipolate. All'epo-
ca di Arkady, la Seconda Fondazione fu distrutta perché
il Mulo attirò su di essa l'attenzione della Prima. O devo
dire che la Seconda Fondazione fu quasi distrutta, consi-
gliere?
«Da queste considerazioni possiamo trarre due corolla-
ri. Il primo è che la Seconda Fondazione molto probabil-
mente limita al minimo le grosse intromissioni. Ritengo
ragionevole supporre che le sia impossibile assumere il
controllo di tutti noi. Il suo potere ha certamente dei li-
miti. Assumere il controllo di alcuni e permettere agli al-
tri di intuirlo porterebbe inevitabilmente ad alterazioni
del Piano. Di conseguenza, dobbiamo concludere che il
loro modo di intromettersi è il più prudente, indiretto e
saltuario possibile, e che quindi né io né voi siamo con-
trollati.«
--Accettiamo pure questo corollario, anche se magari
è solo un desiderio. Qual è l'altro?
E più semplice e più chiaro ancora. Se la Seconda
Fondazione esiste e desidera conservare il segreto sulla
propria esistenza, una cosa è certa: chiunque pensi che
esista, parli apertamente della cosa e la gridi ai quattro
venti, deve per forza venire eliminato, cancellato, sop-
presso. Non la pensate così anche voi?
--E per questo che mi avete fatto arrestare, signor sin-
daco?--disse Trevize.--Per proteggermi dalla Seconda
Fondazione?
--In certo senso, e fino a un certo punto. Alla registra-
zione di Liono Kodell verrà data pubblicità non solo per
impedire agli abitanti di Terminus e della Fondazione di
venire indebitamente turbati dai vostri sciocchi discorsi,
ma anche per evitare di mettere in allarme quelli della
Seconda Fondazione. Non voglio che rivolgano la loro at-
tenzione su di voi.
--Ma pensa un po'!--disse Trevize, con pesante iro-
nia.--Allora è stato fatto tutto per il mio bene? Per i miei
begli occhi neri?
La Branno si mosse nella sua sedia e poi, di punto in
bianco, fece una risatina.--Consigliere--disse--non
sono così vecchia da non accorgermi che avete dei begli
occhi neri, e trent'anni fa questo sarebbe forse stato un
motivo sufficiente. Adesso però non muoverei un dito per
salvarli, se c'entrassero solo gli occhi. Ma se la Seconda
Fondazione esiste e si accorge di voi, si può accorgere an-
che di altri. Sono in gioco la mia vita e la vita di molte
persone, assai più intelligenti e importanti di voi. Senza
contare tutti i piani che abbiamo fatto.
--Oh, ma se vi preoccupate tanto dell'eventuale rea-
zione della Seconda Fondazione, vuol dire che credete sul
serio nella sua esistenza...
La Branno batté un pugno sul tavolo.--Certo che ci
credo, idiota paténtato! Se non sapessi che la Seconda
IIF~ Fondazione esiste, se non la combattessi con tutte le mie
F forze,.che cosa m'importerebbe dei vostri discorsi? Se
1~ non esistesse e voi sosteneste in pubblico la sua esistenza,
~ che importanza avrebbe mai la cosa? Da mesi volevo tap-
r~ parvi la bocca prima che parlaste nella Sala del Consi-
,4~ glio, ma il mio potere politico non mi consentiva di trat-
tare rudemente un consigliere. Dopo l'apparizione di Sel-
don ho guadagnato in prestigio, mi sono conquistata quel
~' potere, anche se solo temporaneamente... e proprio allora
voi avete preso la parola nella Sala del Consiglio. Ho rea-
gito immediatamente, e ora vi farò uccidere senza il mi-
t~ nimo scrupolo di coscienza e senza un secondo di esita-
zione, se non farete esattamente quello che vi dirò di fare.
~Tutta la nostra conversazione, fatta a un'ora in cui
avrei preferito di gran lunga trovarmi a letto a dormire,
ha avuto un unico scopo: indurvi a credere che quanto sto
per dire non è assolutamente uno scherzo. Intendo farvi
sapere che il problema della Seconda Fondazione, che so-
no stata abbastanza prudente da fare illustrare a voi, mi
dà sufficienti motivi per farvi condannare alla morte
mentale senza processo. E state certo che non esiterei ad
agire in questo senso, se ci fossi costretta.«
Trevize fece per alzarsi.
--Non fate nessuna mossa consigliere--disse la Bran-
no.--Sono solo una vecchia come indubbiamente stare-
te pensando, ma prima di arrivare a mettermi una mano
addosso sareste già morto. Sciocco ragazzo. Gli uomini
della Sicurezza non ci perdono d'occhio un momento.
Trevize tornò ad appoggiarsi allo schienale. Disse, con
appena un lieve tremito nella voce:--Non vi capisco. Se
credete davvero all'esistenza della Seconda Fondazione,
non ne parlereste così apertamente, non vi esporreste ai
pericoli ai quali avete detto che mi espóngo io.
--Riconoscete quindi che ho un po' più di buon senso
di voi. In altre parole, voi credete che la Seconda Fonda-
zione esista, ma ne parlate apertamente perché siete stu-
pido. Io credo che esista e ne parlo apertamente solo per-
ché mi sono curata di prendere precauzioni. Poiché sem-
bra che abbiate letto attentamente la storia di Arkady,
probabilmente ricorderete che Arkady parla di un conge-
gno statico mentale inventato da suo padre. Questo conge-
gno fa da schermo contro il potere mentale degli abitanti
della Seconda Fondazione. Esiste ancora, ed è stato an-
che perfezionato in condizioni di massima segretezza.
Questa casa per il momento è abbastanza al sicuro da
qualsiasi intrusione esterna. Adesso che abbiamo chiarito
questo punto, permettetemi di dirvi che cosa voglio da
vol.
--Che cosa?
--Dovete scoprire se quello che voi e io pensiamo è
davvero una realtà. Dovete scoprire se esiste ancora la
Seconda Fondazione, e se sì, dove si trova. Ciò significa
che dovrete lasciare Terminus per una destinazione igno-
ta, anche se magari alla fine risulterà che, come ai tempi
di Arkady, la Seconda Fondazione è qui tra noi. .~on tor-
nerete finché non avrete qualcosa da riferire, e se non
avrete niente da dire, non tornerete mai più, così la popo-
lazione di Terminus conterà uno sciocco in meno.
--Come diavolo posso cercare la Seconda Fondazione
senza far capire che la cerco?--disse Trevize, balbettan-
do.--Mi uccideranno subito, e voi non verrete a sapere
un bel niente.
--Allora non cercatela, ingenuo che siete. Cercate con
tutte le vostre forze qualcos'altro, e se per caso mentre lo
fate v'imbattete nella Seconda Fondazione, la quale non
avrà prestato la minima attenzione a voi, tanto meglio.
Potrete allora spedirci le debite informazioni con~ l'ipe-
ronda schermata e in codice, e la ricompensa sarà che po-
trete tornare qui.
--Immagino che abbiate un'idea della mia possibile
destinazione.
--Certo. Conoscete Janov Pelorat?
--Mai sentito nominare.
--Lo conoscerete domani. Vi dirà la vostra destinazio-
ne e partirà assieme a voi su una delle nostre navi miglio-
ri. Sarete solo voi due, perché due uomini sono anche
troppo quando si tratta di correre rischi. E se vi provate a
tornare senza avere in mano sufficienti informazioni, ver-
rete polverizzato prima di arrivare a un parsec da Termi-
nus. Questo è tutto. La conversazione è finita.
Si alzò, si guardò le mani e s'infilò lentamente i guanti.
Si girò verso la porta, e subito entrarono due guardie ar-
mate, che si scostarono per lasciarla passare.
Sulla soglia, Harla Branno si voltò.--Ci sono altre
guardie, fuori. Non fate niente per provocarle, o ci rispar-
mierete tutte le grane che la vostra esistenza comporta.
--Perdereste anche i benefici che potrei portarvi
disse Trevize, e riuscì a dirlo con noncuranza.
_ ~ --Correremo questo rischio--disse la Branno con un
~sorriso freddo.
8
Fuori la aspettava Liono Kodell.--Ho sentito tutto, sin-
daco--disse.--Siete stata eccezionalmente paziente.
--E sono eccezionalmente stanca. M'è parsa una gior-
nata di settantadue ore. Adesso occupatevene voi.
--Certo, ma ditemi, c'era davvero un congegno menta-
ri~ le statico intorno alla casa?
E~ --Oh, Kodell--disse la Branno, con un sospiro.--Co-
F~- me potete pensare una cosa del genere? Che probabilità
r c'erano che ci stessero òsservando? Credete proprio che la
Seconda Fondazione spii tutto e tutti, in tutti i momenti?
Io non sono giovane e romantica come Trevize: lui potrà
credere a questo, non certo io. Ma anche se così fosse, an-
che se gli occhi e le orecchie di quelli della Seconda Fon-
dazione fossero dappertutto, la presenza di un CMS non
ci tradirebbe immediatamente? Se l'avessimo usato, la
Seconda Fondazione avrebbe individuato una regione
mentalmente opaca e avrebbe dedotto che esiste uno
schermo contro i suói poteri, non vi pare? Il silenzio sull'
esistenza del CMS, almeno finché non saremo pronti a
usare il congegno al massimo delle sue possibilità, vale
non solo più della vita di Trevize, ma anche più della vo-
stra vita e della mia, credo. E però...
Erano saliti sulla macchina di superficie, guidata da
Kodell.
--E però?--disse il capo della Sicurezza.
--E però cosa?--fece la Branno--Ah, sì. Volevo dire
che quel ragazzo è intelligente. L'ho chiamato stupido
un'infinità di volte, per tenerlo al suo posto, ma non è af-
fatto uno stupido. E giovane e ha letto troppi romanzi di
Arkady Darell, e attraverso essi si è fatto l'idea che le cose
nella Galassia stiano in un certo modo, ma ha un ottimo
intuito; sarà un vero peccato perdere un elemento del ge-
nere.
--Siete sicura che lo perderemo?
--Sicurissima--disse la Branno con tristezza.--Ma è
meglio così. Non è di giovani romantici che abbiamo bi-
sogno. Non abbiamo bisogno di gente che lanci accuse al-
la cieca, col rischio di distruggere in un istante quello che
abbiamo impiegato anni a costruire. E poi, Trevize a
qualcosa servirà. Attirerà sicuramente l'attenzione degli
abitanti della Seconda Fondazione, sempre che esistano e
che si interessino a noi. E finché saranno polarizzati da
lui, c'è il caso che non bádino a noi. Forse otterremo addi-
rittura qualcosa di più del vantaggio di essere ignorati.
Preoccupati per Trevize, potrebbero involontariamente
tradirsi, e darci quindi il tempo e l'opportunità di elabo-
rare contromisure.
--Allora, Trevize fa da parafulmine.
La Branno abbozzò un sorriso.--Ecco la metafora che
cercavo tanto! Sì, è il nostro parafulmine, assorbe il colpo
e ci impedisce di subire danni.
--E l'altro parafulmine? Pelorat~
--Anche lui potrà rimetterci è inevitabile.
Kodell annuì. Conoscete il detto di Salvor Hardin,
no? Che il tuo senso morale non ti trattenga mai dal fare
quello che è gtusto.
--Al momento non ho nessun senso morale--mormo-
rò Harla Branno.--Ho solo un senso di mortale stan-
chezza. E tuttavia... Potrei nominare una quantità di per-
sone che perderei più volentieri di Golan Trevize. E un
gran bel ragazzo. E sa di esserlo, naturalmente.--Le ul-
time parole le biascicò, poi chiuse gli occhi e cadde in un
sonno leggero.
TERZA PARTE
Lo storico
9 ~
Janov Pelorat aveva i capelli bianchi e il suo viso, quand'
era calmo- ma era praticamente sempre calmo - aveva
un'espressione vacua. Pelorat era di statura e corporatu-
ra medie, tendeva a muoversi sempre senza fretta e par-
lava con ponderatezza. Dimostrava sempre assai più dei
suoi cinquantadue anni.
Non si era mai allontanato da Terminus, cosa alquanto
insalita, soprattutto considerata la sua professione. Lui
stesso non sapeva dirsi se la sua mania sedentaria ~osse
dovuta al pallino della storia, o se si fosse espressa nono-
stante quello.
Quell'hobby gli era venuto all'improvviso, all'età di
quindici anni, quando, durante una breve malattia, ave-
va ricevuto in dono un libro che parlava di antiche leg-
gende. In esso aveva trovato il motivo insistente di un
mondo solo e isolato, un mondo che non si rendeva nem-
meno conto del proprio isolamento, perché non aveva
mai conosciuto nessun'altra realtà.
La malattia era finita presto, e in capo a due giorni Pe-
lorat aveva letto il libro tre volte e si era rimesso in piedi.
Poi era andato al suo terminale di computer e aveva con-
trollato se la Biblioteca Universitaria di Terminus avesse
materiale che riguardava quel tipo di leggende.
Proprio di quel tipo di leggende si era occupato da allo-
ra. La Biblioteca Universitaria di Terminus era ben poco
fornita riguardo a quell'argomento, ma quando era di-
ventato più grande Pelorat aveva scoperto le gioie del
prestito interbibliotecario. Aveva in suo possesso tabulati
ottenuti, tramite segnali iper-radiazionali, da mondi lon-
tani come Ifnia.
Era diventato professore di storia antica. Adesso, tren-
tasette anni dopo aver letto quel libro di leggende, era al
suo primo congedo per motivi di ricerca, un congedo che
aveva chiesto con l'idea di fare un viaggio nello spazio (il
suo primo) fino a Trantor.
Pelorat si rendeva conto che per un abitante di Termi-
nus era stranissimo non avere mai viaggiato nello spazio,
e certo lui non aveva mai desiderato farsi notare per una
bizzarria del genere. Era successo per caso. Ogni volta
che avrebbe potuto intraprendere un viaggio, si era tro-
vato invischiato in qualche nuovo studio, in qualche nuo-
va analisi, in qualche nuova ricerca. Non aveva mai potu-
to sopprimere l'esigenza di sviscerare il nuovo argomento
e di aggiungere altre informazioni e considerazioni alla
montagna di dati raccolti, e così aveva sempre rimandato
tutti i viaggi. Il suo unico rimpianto, alla fine, era quel!o
di non avere mai visto Trantor.
Trantor era stata la capitale del Primo Impero Galatti-
co. Era stata la sede degli imperatori per dodicimila an-
ni, e prima di allora la capitale di uno dei più importanti
regni pre-imperiali, un regno che a poco a poco aveva
conquistato o assorbito in qualche modo gli altri, crean-
do le condizioni per la fondazione dell'Impero.
Trantor era un tempo una città che si estendeva su un
intero pianeta, una città ricoperta di metallo. Pelorat sa-
peva com"era dalle opere di Gaal Dornick, che l'aveva vi-
sitata all'epoca dello stesso Hari Seldon. Le opere di Dor-
nick non erano pid in circolazione, e il volume che Pelo-
rat possedeva avrebbe potuto essere venduto per una ci-
fra pari a metà di quanto uno storico guadagnava in un
anno. Ma solo l'idea di separarsi da quel libro lo avrebbe
fatto inorridire.
Naturalmente a Pelorat interessava Trantor per via
della Biblioteca Galattica, che ai tempi dell'Impero
(quando si chiamava Biblioteca Imperiale) era stata la
più grande della Galassia. Trantor era stata la capitale
dell'impero più vasto e popoloso che l'umanità avesse
mai conosciuto. I suoi abitanti superavano di parecchio i
quaranta miliardi, e la Biblioteca conteneva tutte le ope-
re creative (e anche un po' meno creative) dell'umanità,
I'intero compendio delle sue conoscenze. Ed era compu-
terizzata in modo talmente complesso, che occorrevano
persone esperte per poterla consultare.
Il fatto più interessante era che la Biblioteca esisteva
ancora. Pelorat non cessava di stupirsene. Quando Tran-
tor era caduta ed era stata saccheggiata, due secoli e mez-
zo prima, rovina e distruzione erano state tremende e i
racconti di morti e sofferenze inaudite non si contaváno.
Eppure la Biblioteca era rimasta in piedi, difesa (così si
diceva) dagli studenti universitari, che avevano usato ar-
mi costruite ingegnosamente. (Qualcuno riteneva che la
storia della difesa da parte degli studenti fosse completa-
mente romanzata.)
In ogni caso, la Biblioteca aveva resistito indenne al pe-
riodo di devastazioni. Ebling Mis aveva compiuto il suo
lavoro proprio lì, nella Biblioteca, quando per poco non
aveva localizzato la Seconda Fondazione (una storia alla
quale la gente della Fondazione credeva ancora, ma su
cui gli storici avevano sempre sollevato più di una riser-
va). I tre Darell, Bayta, Toran e Arkady, erano stati tutti
su Trantor. Arkady però non aveva visitato la Biblioteca,
e dalla sua epoca in poi la storia galattica non aveva fatto
mai più cenno a essa.
va centovent'anni nessun abitante della Fondazione
andava su Trantor, ma non c'era motivo di credere che la
Biblioteca non esistesse più. Che non si fosse più accenna-
to a essa dimostrava che esisteva ancora. Se fosse stata
distrutta, se ne sarebbe certo sentito parlare.
Era una Biblioteca antiquata e arcaica (lo era già all'
epoca di Ebling Mis), ma Pelorat era ben contento che co-
sì fosse; si sfregava le mani per la soddisfazione ogni vol-
a che pensava a biblioteche vecchie e antiquate. Più era-
I no antiche, più era probabile trovarvi ciò che cercava lui.
Di notte sognava a volte di entrare nella Biblioteca e di
chiedere, preoccupato e angosciato: Avete rimodernato?
Avete buttato via i vecchi nastri e le vecchie registrazioni? E
`anziani bibliotecari con gli abiti polverosi rispondevano
immancabilmente E tutto rimasto come è sempre stato,
~ professore.
Lll Ora il sogno si sarebbe avverato, gliel'aveva assicurato
~ il sindaco in persona. Come avesse saputo del suo lavoro,
F Pelorat lo ignorava. Non era riuscito a pubblicare gran-
,~` ché. Poco di quello che aveva fatto era abbastanza artico-
lato da essere adatto alla pubblicazione, e le cose che era-
` no apparse non avevano lasciato traccia di sé. Si diceva
però che Branno la Bronzea sapesse tutto quello che suc-
cedeva su Terminus e avesse occhi anche nelle dita dei
piedi e delle mani. Pelorat quasi quasi poteva anche cre-
j derci, ma se la Br(anno sapeva da tempo del suo lavoro,
f come mai non ne àveva capito l'importanza e non aveva
dato un contributo finanziario già prima di allora?
In certo modo, pensò con quel po' di rancore che un ti-
po tranquillo come lui era in grado di serbare, la Fonda-
zione guardava sempre e soltanto al futuro, assorbita
dall'idea del Secondo Impero. Non aveva né il tempo, né
la voglia di volgere lo sguardo al passato e considerava
con irritazione quelli che lo facevano.
Era un atteggiamento stupido, naturalmente, ma Pelo-
rat non poteva da solo sconfiggere la follia di tanti. E for-
se era meglio così. Poteva coltivare amorevolmente la sua
passione e forse un giorno sarebbe stato ricordato come il
grande Pioniere dell'Importante.
Ciò signiflcava ovviamente (aveva troppa onestà intel-
lettuale per rifiutarsi di capirlo) che anche lui era assor-
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