Isaac Asimov. L'Orlo della fondazione



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soddisfazione che ne avrebbero tratto avrebbe forse im-

pedito loro di chiedersi se sapesse in effetti cosa intende-

va fare...
38
Quella sera, il Primo Oratore parlò da solo con Gendibal.

--Avevate ragione--gli disse.--Non ho potuto fare a

meno di penetrare un attimo sotto la superficie della vo-

stra mente e ho visto che avele giudicato il mio annuncio

un errore. Lo è stato. E che non vedevo l'ora di cancellar-

le dalla faccia quel sorriso sempre uguale e di darle una

lezione per il modo in cui, facendo finta di niente, usurpa

sempre il mio ruolo.


Gendibal disse, con garbo:--Sarebbe forse stato me-

glio se mi aveste parlato in privato della cosa e aveste

aspettato il mio ritorno, prima di dare l'annuncio.
--Così non avrei potuto dare una lezione alla Delarmi

--disse Shandess.--Certo, è una motivazione un po' mi-

sera per un Primo Oratore, lo so.
--Il vostro annuncio non la fermerà, siatene certo.

Continuerà a brigare per ottenere quella carica, e forse

con qualche ragione. Sono sicuro che alcuni Oratori sa-

rebbero pronti a sostenere che avrei dovuto rifiutare l'

onore che mi avete reso. Non sarebbe difficile sostenere

anche che la Delarmi è la mente più brillante della Tav~

la e che merita di essere Primo Oratore.
--La mente più brillante della Tavola finché si tratta

di battere in astuzia gli altri membri--borbottò Shan-

dess.--Per lei gli unici veri nemici sono i suoi colleghi.

Non avrebbe mai dovuto esser nominata Oratore. Senti-

te, devo proibirvi di prendere con voi la hamiana? E stata

la Delarmi, con le sue manovre, a costringervi a questa

scelta.
--No, no, quello che ho detto davanti alla Tavola è ve-

ro. La hamiana sarà effettivamente un ottimo sistema di

allarme per me, e sono grato alla Delarmi per avermi in-

dotto ad accorgermene. Sono convinto che S;uri Novi si

rivelerà di grande aiuto.
--Va bene, allora. A proposito, nemmeno io ho menti-

to. Sono certissimo che riuscirete a risolvere in qualche

modo il problema. Sempre che vi fidiate della mia intui-

zione...
--Credo di potermene fidare, perché anch'io la penso

come voi. Vi prometto che qualunque cosa succederà, re-

stituirò più di quello che ho ricevuto. Qualunque cosa gli

Anti-Mulo o la Delarmi possano fare, al mio ritorno meri-

terò la carica di Primo Oratore.


Già mentre parlava Gendibal studiava il proprio senso

di soddisfazione. Come mai era così compiaciuto, così an-

sioso di iniziare quell'avventura nello spazio? Per ambi-

zione, naturalmente. Una volta Preem Palver aveva intra-

preso un'avventura del genere e adesso Stor Gendibal

avrebbe dimostrato che anche lui ne era capace. Ma che

ci fosse anche qualcos'altro, oltre all'ambizione? L'attra-

zione per la lotta? Il desiderio in genere di qualcosa di ec-

citante per uno che, come lui, era stato costretto a vivere

la sua vita di adulto in un angolo dimenticato in un pia-

neta retrogrado? Non sapeva rispondersi esattamente,

ma sapeva senz'ombra di dubbio che non vedeva l'ora di

partire.
UNDICESIMA PARTE

Sayshetl
39


Janov Pelorat vide, per la prima volta nella sua vita, una

stella brillante trasformarsi a poco a poco in una sfera,

dopo quello che Trevize aveva definito micro-Balzo. Il

quarto pianeta, un mondo abitabile che costituiva la loro

meta del momento, s'ingrandì più lentamente davanti ai

loro occhi, nell'arco di giorni.


r
Il computer ne aveva fornito una mappa e questa appa-
L' riva ora sullo schermo dell'apparecchio portatile che Pe-
~J lorat teneva in grembo.
!~ Con la sicurezza di chi ha già atterrato su innumerevoli
~` pianeti, Trevize disse:--Non cominciate a guardarvi in-

torno troppo presto, Janov. Dobbiamo superare la stazio-

ne d'entrata, e la faccenda potrebbe diventare seccante.
~' Pelorat alzò gli occhi.--Ma si tratta solo di una forma-

lità...
--Sì, ma potrebbe diventare una formalità seccante.


--Ma siamo in tempo di pace!
~ --Sicuro. Questo significa solo che ci faranno passare.
t Prima però c'è da sistemare la questione dell'equilibrio
F ecologico. Tutti i pianeti hanno il loro e non desiderano

che venga alterato. Così hanno stabilito che le navi che

arrivano devono essere controllate, in modo che eventua-

li organismi nocivi o eventuali infezioni vengano fermati

per tempo. ~ una precauzione ragionevole.
--Mi pare però che noi non siamo portatori di infezio-
E ni.
--No, e non potranno non constatarlo. Ricordatevi tut-
,~` tavia che il Pianeta Sayshell non è membro della Federa-

zione della Fondazione, per cui faranno sicuramente di

tutto per dimostrarci la loro indipendenza.
Una piccola nave si afflancò alla Far Star per ìspezio-
E narla e un funzionario della Dogana di Sayshell salì a

bordo. Memore di quando era stato militare, Trevize par-

lò con lui in modo conciso.
--- La Far Star, di Terminus--disse.--Ecco i docu-

menti. Non armata. E una nave privata. Il mio passapor-

to. Un solo passeggero, ecco il suo passaporto. Siamo tu-

risti.
Il funzionario della Dogana indossava una divisa sgar-

giante in cui dominava il cremisi. La pelle delle guance e

quella sopra il labbro erano per~ettamente rasate, ma dal

mento partiva una barbetta che, divisa in due punte, co-

steggiava la linea della mandibola.--Una nave della

Fondazione?--disse.
Trevize si guardò bene dal correggerlo o anche solo

dall'abbozzare un sorriso. C'erano tante variazioni dialet-

tali del galattico standard quanti erano i pianeti, e cia-

scuno aveva diritto alla propria. Finché ci s'intendeva, le

sfumature non avevano importanza.
_ Sì, signore--disse Trevize.--Una nave della Fon-

dazione, di proprietà privata.


--Bene. Il vostro cargo, prego.
--Il mio cosa?
--Il vostro cargo. Cosa trasportate?
--Ah, il mio carico. Ecco, questa è la lista dettagliata.

Solo beni personali. Non siamo qui per fare commercio.

Siamo semplici turisti.
Il funzionario della Dogana si guardò intorno con cu-

riosità.
--E una nave abbastanza di lusso, per due turisti.


--Non secondo il metro della Fondazione--disse Tre-

vize, affabile.--Sono ricco e posso permettermi una na-

ve del genere.
--State insinuando che mi si potrebbe mancizzare?--

Il funzionario fissò un attimo Trevize, poi distolse lo

sguardo.
Trevize esitò un secondo, cercando di afferrare l'esatto

significato del termine, poi decise quale comportamento

adottare.
--No--disse--non intendevo corrompervi. Non ho

alcun motivo per corrompervi, e, anche se fosse, voi non

mi sembrate proprio il tipo di persona che si fa corrom-

pere. Potete ispezionare la nave, se volete.


--Non ce n'è bisogno--disse il funzionario, mettendo

via il registratore tascabile.--Siete già stati esaminati

per il controllo infezioni e avete superato l'esame. Alla

nave è stata assegnata una lunghezza d'onda radio che

fungerà da radar di avvicinamento.
Se ne andò. L'intera operazione era durata un quarto

d'ora.
Pelorat disse, a bassa voce:--Avremmo potuto combi-

nare un guaio. Si aspettava veramente di venire corrotto?
Trevize si strinse nelle spalle.--Dare mance ai funzio-

nari della Dogana è una consuetudine antica come la Ga-

lassia, I'avrei fatto se avesse accennato alla cosa una se-

conda volta. Evidentemente ha preferito non correre ri-

schi con una nave della Fondazione, per di più una nave

di lusso. Il nostro buon sindaco, sia benedetta la sua pel-

laccia insensibile, ha detto che il nome della Fondazione

ci avrebbe protetti dovunque fossimo andatii e non aveva

torto. Avremmo potuto perdere molto più tempo.
--Perché? A quanto sembra il funzionario ha saputo

quello che vole~a sapere.


--Sì, ed è stato così gentile da fare il controllo della na-
rr~ ve con un'analisi radio a distanza. Se avesse voluto

avrebbe potuto ispezionare la Far Star con un apparec-


~` chio manuale, impiegando ore. E avrebbe potuto spedirci

~!; tutti e due in un ospedale da campo e tenerci lì per diver-

~, si giorni.
--Davvero? Oh, ma è terribile, caro amico.

~ --Non mettetevi in agitazione. L'importante è che non

F I'abbia fatto. Ho temuto che lo facesse, ma non l'ha fatto

~ il che significa che siamo liberi di atterrare. Vorrei atter-

F rare gravitazionalmente, perché così impiegheremmo so-

lo un quarto d'ora, ma non so dove possano essere i cam-

pi autorizzati, e non voglio combinare guai. Questo signi-
~` fica che dovremo seguire il fascio di onde radio e scende-

re a spirale attraverso l'atmosfera. Ci vorranno ore.


--E fantastico, Golan--disse Pelorat, tutto allegro.--
3 Atterreremo abbastanza lentamente da poter osservare il

E suolo?--Sollevò il suo schermo portatile, sul quale appa-

riva la mappa del pianeta.
--Più o meno. Bisogna attraversare la piattaforma di

nubi e poi ci muoveremo alla velocità di alcuni chilome-

tri al secondo. Non sarà come viaggiare in pallone, ma
1 avremo modo di renderci conto della planetografia.

1 --Fantastico! Fantastico!


Trevize disse, pensieroso:--Mi chiedo però se staremo

sul Pianeta Sayshell abbastanza a lungo da trovare con-

veniente regolare I 'orologio della nave secondo I 'ora locale .
--Immagino dipenda da quello che intendiamo fare.

Voi cosa pensate che faremo, Golan?


--Il nostro compito è trovare Gaia. Non so quanto tem-

po ci prenderà questa ricerca.


--Possiamo regolare gli orologi da polso e lasciare

quello della nave così com'è.


--Forse sì--disse Trevize. Guardò il pianeta che si

stendeva ampio sotto di loro.--Non ha senso aspettare

ancora. Regolerò il computer per l'atterraggio guidato

dalle onde raggio. Userò i motori gravitazionali imitando

il volo convenzionale. Allora cominciamo la discesa Ja-

nov, e vediamo un po' cosa si può trovare su Saysheli.


Fissò pensoso il pianeta, mentre la nave cominciava a

muoversi lungo la sua curva di potenziale gravitazionale


perfettamente calcolata.
Trevize non era mai stato nell'Unione Sayshell, ma sa-
peva che nel corso dell'ultimo secolo essa era stata co-

stantemente ostile alla Fondazione. Era sorpreso quindi

che avessero passato così facilmente il controllo della Do-

gana, e la cosa lo impensieriva un poco. Gli pareva stra-

na.
40
Il funzionario della Dogana si chiamava Jogoroth So-

bhaddartha e aveva già passato metà della vita a fare

quel lavoro, a periodi alterni.
Era un lavoro che non gli dispiaceva, perche un mese

su tre gli dava la possibilità di leggersi i suoi libri, ascol-

tare la sua musica e stare lontano dalla moglie e dal fi-
glio.
Naturalmente negli ultimi due anni il capo della Doga-

na era stato un Sognatore. Ed era tuttora in carica, il che

era irritante. Non c'è persona più insopportabile di quel-

la che, per giustificare una particolare azione, non trova

altra scusa che dire di essere stata ispirata da un sogno.
Personalmente Sobhaddartha non credeva affatto alla

cosa, anche se stava bene attento a non esprimere la sua

opinione ad alta voce, dato che la maggior parte della

gente, su Sayshell, disapprovava abbastanza i dubbi anti-

psichici. Se si t`osse fatto la fama di materialista avrebbe

corso il rischio di perdere la futura pensione.


Si accarezzò i due ciuffl della barba, uno con la destra e

l'altro con la sinistra, si schiarì rumorosamente la voce,

poi, con noncuranza forzata, disse:--Era quella la nave,

capo?
Il capo, che si chiamava Namarath Godhisavatta (an-

che il suo era un nome tipicamente sayshelliano), era oc-

cupato a controllare alcuni dati del computer e non alzò

gli occhi.--Che nave?--disse.
--La Far Star. La nave della Fondazione. Quella che ho

appena fatto passare e che è stata olografata da tutte le

parti. Era quella che avete visto in sogno?
Godhisavatta questa volta alzò gli occhi. Era un ometto

con occhi scuri circondati da rughe che non erano state

prodotte da una particolare propensione per il riso.--

Perché me lo chiedete?--disse.


Sobhaddartha drizzò la schiena e unì le sopracciglia

folte e scure.--Hanno detto di essere turisti, ma non ave-

vo mai visto prima d'ora una nave di quel genere e sono

convinto che siano agenti della Fondazione.

Godhisavatta si appoggiò allo schienale della poltrona.
~: ' Sentite, amico mio, nonostante i miei sforzi, non mi

paré proprio di ricordare d'avere chiesto la vostra opinio-

ne.
--Ma capo, lo considero un dovere patriottico sottoli-
i~ neare che...
Godhisavatta incrociò le braccia sul petto e flssò dura-

mente il suo sottoposto che (per quanto assai più impo-


E nente per statura e portamento) si curvb tutto e assunse

un'aria da pulcino bagnato, sotto lo sguardo del superio-

re.
Amico mio--disse--farete bene a compiere il vo-

stro dovere ser~za elargire giudizi, altrimenti procurerò

che non vi spetti alcuna pensione quando vi ritirerete dal

lavoro, il che avverrà presto se mi capiterà di sentire an-

cora da voi commenti su cose che non vi riguardano.
--Sissignore--disse Sobhaddartha a bassa voce. Poi,

con una nota sospetta di servilismo nella voce, aggiunse:

-- Rientra nelle mie competenze riferire che i nostri

schermi denunciano la presenza di un'altra nave, signo-

re?
--Consideratelo già riferito--disse irritato Godhisa-

vatta, tornando al lavoro.


--Una nave con caratteristiche molto simili a quelle

della Far Star--disse Sobhaddartha con tono ancora più

umile.
Godhisavatta poggiò le mani sulla scrivania e si alzò in

- piedi.--Una seconda nave della Fondazione?


Sobhaddartha in cuor suo sorrise. Quell'essere sangui-

nario nato da un'unione irregolare (si riferiva al capo, na-

turalmente) evidentemente non aveva sognato due navi.

--Sembra proprio di sì, signore--disse.--Ora torno al

mio posto di guardia ad aspettare ordini. E spero che...
Sobhaddartha non poté resistere, nonostante le minac-

ce alla sua pensione.--Spero che non abbiamo fatto pas-

sare la nave sbagliata.
41
La Far Star si spostava rapidamente sorvolando la super-

ficie del Pianeta Sayshell, e Pelorat ammirava affascinato

lo spettacolo. Lo strato di nubi era più sottile e sparso di

quello che c'era sopra Terminus, e, proprio come mostra-

va la mappa, le estensioni di terraferma erano più vaste e

compatte. A giudicare dal color ruggine di buona parte

delle masse continentali, anche le zone desertiche erano

più estese che su Terminus.

~' Non c'erano segni di vita da nessuna parte. Pareva un

mondo di sterili deserti, di piar.ure grigie, di grinzosità

senza fine che potevano essere aree montuose. E, natural-

mente, di oceani.

~- --Sembra senza vita--mormorò Pelorat.
--Non potete notare segni di vita a quest'altitudine--

disse Trevize.--A mano a mano che scenderemo, vedrete

la terra diventare verde in certe zone, e prima ancora di

questo vedrete il panorama scintillante dal lato notturno.

i Gli esseri umani hanno la mania di illuminare i loro

mondi quando cadono le tenebre; non ho mai sentito di

un pianeta che &ccia eccezione a questa regola. In altre

parole, i primi segni di vita che vedrete non saranno solo

umani, ma anche tecnologici
Pelorat disse, pensieroso:--In fin dei conti, gli esseri

umani sono per natura diurni. Secondo me fra i primi

compiti di una tecnologia in via di sviluppo dovrebbe es-

serci quello di convertire la notte in giorno. Anzi, se un

mondo inizialmente privo di tecnologia ne sviluppasse

una, si dovrebbe riuscire a seguire la sua evoluzione con-

trollando l'aumento di illuminazione sul lato notturno.

Quanto tempo occorre a vostro avviso per passare da uno

stato di buio uniforme a uno stato di illuminazione uni-

forme?
Trevize rise.--Che strane idee vi vengono in mente.

Immagino che sia perché siete esperto in miti. Credo che

un pianeta non possa mai raggiungere un'illuminazione

uniforme. Le luci notturne sono più fitte là dove la popo-

lazione è più densa, sicché nei continenti la luce si con-

centra in nodi e stringhe. Anche Trantor quando era al

massimo della sua potenza, solo in rari púnti sparsi non

seguiva questo tipo di struttura.
La terra diventò verde, come Trevize aveva predetto.

Durante l'ultimo giro intorno al pianeta, Trevize- indicò

alcuni segni caratteristici e disse che si trattava di città.

--Non è un mondo molto urbano. Non sono mài stato

prima nell'Unione Sayshell, ma secondo le informazioni

datemi dal computer la popolazione tenderebbe a un at-

teggiamento tradizionale, di legame col passato. Agli oc-

chi di tutta la Galassia tecnologia significa principalmen-

te Fondazione, e nei Posti in cui la Fondazione è imDoDo
lare c'è la tendenza a restare attaccati al passato, salvo

naturalmente per quanto Figuarda le armi da guerra. Vi

assicuro che il Pianeta Sayshell è modernissimo, sotto il
,I profilo militare.
I _ Poveri noi! Non avremo mica delle brutte sorprese,

Golan? Dopotutto siamo membri della Fondazione e ci

troviamo in territorio nemico...
--Non è territorio nemico, Janov. Ci tratteranno coi

guanti, non temete. La Fondazione, semplicemente, non è

molto popolare, tutto qui. L'Unione Sayshell non è mem-

bro della Federazione e siccome è orgogliosa della sua in-

dipendenza e non ama ricordare né di essere assai più de-

bole della Fondazione né che resta indipendente perché

noi le concediamo di esserlo, si permette il lusso di snob-

barci.
--Allora ho ragione a temere brutte sorprese--disse


t Pelorat scoraggiato.
--Ma no--disse Trevize.--Oh, via, Janov, io parlo so-

lo dell'atteggiamento ufficiale del governo sayshelliano.


e La popolazione è un'altra cosa; se saremo cortesi e se non

ci comporteremo come se fossimo i padroni della Galas-

sia la gente sarà cortese a sua volta. Non siamo venuti

qua per affermare la supremazia della Fondazione. Sia-

mo solo turisti, e faremo quelle domande che qualsiasi

turista potrebbe fare.


«Possiamo anche permetterci un po' di legittimo svago,

se la situazione lo consente. Non c'è niente di male a stare

qui qualche giorno per vedere cos'hanno da offrirci. Po-

trebbero esserci varie cose interessanti su questo pianeta:

la cultura, il paesaggio, il cibo e magari, in mancanza del

resto, le donne... Abbiamo soldi da spendere.1~


Pelorat aggrottò la fronte.--Oh, ma io, caro amico,

non...
--Su, su--disse Trevize.--Non siete così vecchio da

non potere. Non v'interessano le donne e tutto il resto?
--Non dico che non ci sia stato un tempo in cui m'inte-

ressavano, ma adesso non è il momento di pensare a que-

sto. Abbiamo una missione da compiere. Dobbiamo rag-

giungere Gaia. Non ho niente contro il divertimento, cre-

detemi, ma se ci invischiamo in un tal genere di cose for-

se ci riuscirà difficile poi liberarcene.--Scosse la testa e

aggiunse, in tono cortese:--Credo che temeste che, una

volta su Trantor, restassi così affascinato dalla Bibliot`eca

galattica da non avere più voglia di partire, vero? Be',
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quello che per me è la Biblioteca, possono essere per voi

una o più damigelle dagli occhi neri.
--Non sono un libertino, Janov--disse Trevize--ma

non ho nemmeno voglia di fare l'asceta. Benissimo, vi

prometto che procederemo nella nostra missione, ma se

dovesse farmisi incontro qualche persona particolarmen-

te gradevole, non vedo proprio perché dovrei impedirmi

di reagire come si conviene.


--L'importante è che diate la precedenza alla ricerca

di Gaia...


--Gliela darò. Ricordatevi però di non dire mai a nes-

suno che siamo della Fondazione. Capiranno che lo siamo

perché abbiamo carte di credito della Fondazione e par-

liamo con forte accento di Terminus, ma se non ci dichia-

reremo potranno fare finta di ritenerci stranieri qualsiasi

e trattarci con cordialità. Se invece diremo esplicitamen-

te di appartenere alla Fondazione, si rivolgeranno a noi

con cortesia, ma non ci diranno niente, non ci mostreran-

no niente, non ci porteranno da nessuna parte e ci lasce-

ranno completamente soli.


Pelorat sospirò.--Non capirò mai la gente.
--Non è difficile. Basta che diate un'occhiata attenta a

voi stesso e capirete anche il vostro prossimo. Noi non

siamo diversi dai nostri simili. Matematica o no, come

avrebbe potuto Seldon elaborare il suo Piano se non aves-

se capito la gente? E come avrebbe potuto elaborarlo se

la gente non fosse stata facile da capire? Mostratemi uno

che non riesce a comprendere la gente e vi proverò che si

tratta di una persona che si è costruita una falsa immagi-

ne di sé. Sia detto senza offesa, naturalmente.
--Nessuna offesa. Sono pronto ad ammettere che non

ho esperienza e che ho passato una vita piuttosto egocen-

trica, chiusa in un orizzonte limitato. Può darsi che non

abbia mai dato un'occhiata da vicino a me stesso, per cui

lascerò che siate voi a guidarmi e consigliarmi per quan-

to concerne la gente.


--Bene. Allora seguite subito il mio consiglio e guarda-

te il panorama. Presto atterreremo e vi assicuro che non

ve ne accorgerete nemmeno. Il computer e io ci occupia-

mo di tutto.


--Golan, non siate arrabbiato con me. Se una giovane

donna dovesse...


--Lasciate perdere. Adesso devo occuparmi dell'atter-

raggio.
Pelorat si girò a guardare il pianeta sotto di loro. Sa-


, rebbe stato il primo mondo straniero sul quale avrebbe

messo piede. In qualche modo quel fatto gli sembrava di

cattivo auspicio, benché i molti milioni di pianeti abitati

~ della Galassia fossero stati colonizzati da persone che ve-

F nivano da lontano
~ Sì, tutti quanti erano stati colonizzati da stranieri. Tut-

E ti tranne uno, pensò con un brivido di speranza e trepida-

~ zione.
,~ Lo spazioporto non era grande, almeno secondo il metro

1~ della Fondazione ma aveva l'aria efficiente. Trevize

@ guardb la Far Sta;ormeggiata al suo posto e chiusa erme-

ticamente. Fu data loro una complicata contromarca in

codice.
Pelorat disse, a bassa voce:--La lasciamo qui così?
Trevize annuì e posò una mano sulle spalle dell'altro,

per rassicurarlo.--Non preoccupatevi--disse, anche lui

a voce bassa.


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