bito dal pensiero del futuro. In futuro, chissà, i suoi meri-
ti sarebbero stati riconosciuti e la sua fama sarebbe stata
pari a quella di Hari Seldon. Anzi, lui sarebbe stato più
grande di Seldon, perché quest'ultimo aveva soltanto ela-
borato il quadro articolato di un futuro lungo un millen-
nio, mentre lui avrebbe elaborato il quadro di un passato
lungo almeno venticinquemila anni.
E adesso era arrivato il giorno chiave, il giorno decisi-
vo~
Il sindaco gli aveva già detto che tale giorno sarebbe
stato quello successivo all'apparizione del simulacro di
Seldon. Solo per questo Pelorat si era interessato alla Cri-
si di Seldon che per mesi aveva assorbito l'attenzione di
tutti su Terminus, e di quasi tutti nella Federazione.
A lui, che la capitale della Fondazione restasse lì o fosse
trasferita da qualche altra parte era sempre sembrato un
problema insigniflcante. E adesso che la Crisi era stata
superata, non sapeva ancora bene quale delle due parti
avesse sostenuto Hari Seldon, né se effettivamente il si-
mulacro avesse accennato alla questione.
Gli bastava sapere che Seldon era apparso, e che final-
mente era venuto il giorno fatidico.
Fu poco dopo le due del pomeriggio che una macchina
di superficie imboccò il viottolo che portava alla sua ca-
sa, abbastanza isolata, subito fuori Terminus. La portiera
posteriore si aprl. Scesero una guardia che vestiva l'uni-
forme del Corpo di Sicurezza del sindaco, un giovane, e
altre due guardie.
Pelorat era emozionato, doveva ammetterlo. Il sindaco
non solo sapeva delle sue ricerche, ma era chiaro che le
considerava della massima importanza. A quello che sa-
rebbe stato il suo compagno di viaggio avevano assegnato
una guardia d'onore, e a lui avevano promesso un'astro-
nave di prima classe. Era veramente lusinghiero, vera-
mente...
La governante di Pelorat aprì la porta. Il giovane desti-
nato a pilotare l'astronave entrò e le due guardie si collo-
carono ai due lati dell'entrata. Attraverso la finestra Pe-
lorat vide che la terza guardia restava fuori e che adésso
era arrivata una seconda macchina di superficie. Altre
guardie!
Era davvero sconcertante. Lo storico si girò a guardare
il giovane appena entrato nella sua stanza e si meravigliò
di riconoscerlo. L'aveva visto durante le olotrasmissioni.
--Ma siete quel consigliere!--disse.--Il consigliere Tre-
vize!
--Golan Trevize, sì. Voi siete il professor Janov Pelo-
rat?
--Sl, sì--disse Pelorat.--Siete voi quello che...
--Saremo compagni di viaggio--disse Trevize, secco.
--O almeno così mi han detto.
--Ma voi... voi non siete uno storico!
--No, infatti. Come avete osservato, sono un consiglie-
re, un uomo politico.
--Già... Be', ma perché ne faccio un problema? Lo sto-
F~rico sono io, no? Non ne occorre un altro. Immagino che
voi sappiate pilotare un'astronave.
Sl, me la cavo piuttosto bene.
.~ --Perfetto, è di questo che abbiamo bisogno. Ottimo.
1~' Ah, temo di essere più ferrato nel pensiero teorico che in
quello pratico, quindi, se per caso voi siete un tipo prati-
co, credo che formeremo una buona squadra.
Al momento ho l'impressione che la mia capacità di
pensare, pratica o teorica che sia, non brilli per eccellen-
za. A ogni modo, credo non abbiamo altra scelta che cer-
care di formare una buona squadra.
--Spero di riuscire a superare le incertezze che mi pro-
,1~ cura l'idea del viaggio nello spazio. Sapete, non ho mai
r. fatto un viaggio del genere. Sono un pigrone; si dice cosl,
vero? A proposito, volete una tazza di tè? Dirò a Kloda
che ci prepari qualcosa. In fondo, a quanto ho capito, non
~' dovremmo partire prima di qualche ora. Io però sono già
pronto: ho il necessario per entrambi. Il sindaco mi ha
E aiutato moltissimo. ~ straordinario quanto le interessi la
missione.
--Sapevate già da tempo del viaggio, allora? Da quan-
l~ --La Branno si è messa in contatto con me aspettate
--Pelorat aggrottò leggermente la fronte, facéndo i debiti
calcoli mentali.--Due, forse tre settimane fa. Ero al set-
timo cielo. E adesso che ho capito di aver bisogno di un
pilota e non di un altro storico, sono contentissimo che il
mio compagno siate voi, caro amico.
--Due o tre settimane fa--ripeté Trevize, abbastanza
sbalordito.--Allora era preparata da un pezzo la cosa. E
io...--S'interruppe.
--Come avete detto, prego?
--Niente, professore. Ho la cattiva abitudine di bor-
bottare fra me e me. Bisognerà che impariate a soppor-
tarla, se il nostro viaggio sarà lungo.
--Lo sarà, lo sarà--disse Pelorat, spingendo l'altro
verso il tavolo della sala da pranzo, dove la governante
stava preparando un tè alquanto complicato.--Potrà du-
rare moltissimo. Il sindaco ha detto che abbiamo tutto il
tempo che vogliamo davanti a noi, che la Galassia è vasta
e che dovunque andremo potremo sempre contare sull'
aiuto della Fondazione. Ha anche detto naturalmente che
dobbiamo comportarci in modo ragionevole, e io gliel'hó
promesso.--Ridacchiò e si sfregò le mani.--Sedetevi,
caro amico, sedetevi. Forse passerà un'infinità di tempo
prima che mangiamo ancora qualcosa su Terminus. `
Trevize si sedette e disse:--Avete famiglia, professore?
--Ho un figlio che insegna, credo, chimica o qualcosa
del genere all'Università di Santanni. Come interessi ha
preso da sua madre. E da un pezzo che vive per conto suo,
per cui, come potrete capire, non ho responsabilità, non
ci sono ostacoli qui che mi impediscano di tentare la sor-
te. Immagino che nemmeno voi ne abbiate.
--No, al momento non ne ho. Ho avuto alcune donne,
qui e là. Niente di stabile.
--Sì, sì. E fantastico quando si ingrana in un rapporto,
ma è ancora più fantastico quando si sente che si è liberi
di prenderlo alla leggera. Immagino non abbiate figli.
--No.
--Bene! Sapete, sono proprio di ottimo umore. Am-
metto di essere rimasto sconcertato quando siete entrato
in casa mia, ma adesso trovo elettrizzante la vostra pre-
senza qui. Ho giusto bisogno di una persona giovane ed
entusiasta che sappia districarsi nella Galassia. La nostra
è una ricerca, una ricerca importantissima.--La faccia
tranquilla e la voce tranquilla di Pelorat diventarono in-
solitamente vivaci, benché né l'espressione, ne il tono
cambiassero sensibilmente.--Mi domando se vi hanno
parlato della questione.
Trevize strinse gli occhi.--Si tratta di una ricerca im-
portantissima, dite?
--Sì. Una perla di inestimabile valore ~ nascosta tra le
decine di milioni di mondi abitati della Galassia, e nQi
non abbiamo come guida che minime tracce. Tuttavia, se
riusciremo a trovarla, il premio sarà incredibile. Se ce la
faremo, ragazzo mio, anzi Trevize, scusate, non crediate
che voglia assumere un atteggiamento paternalistico, se
ce la faremo, dicevo, i nostri nomi saranno famosi per se-
coli e secoli, fino alla fine del tempo.
--Il premio di cui parlate... questa perla di inestimabi-
le valore...
--Sembro Arkady Darell, la scrittrice, quando parla
della Seconda Fondazione, vero? Non c'è da stupirsi che
siate così meravigliato.--Pelorat buttò la testa indietro
come se stesse per scoppiare in una fragorosa risata, ma
si limitò soltanto a sorridere.--Niente di così stupido e
poco importante, vi assicuro.
--Se non state parlando della Seconda Fondazione, di
~e cosa state parlando, professore?--disse Trevize.
Pelorat di colpo si fece serio e assunse un'aria quasi di
~ scusa.
r~ --Allora il sindaco non ve l'ha detto? E strano, sapete.
,~ Per anni e anni me la sono presa col governo, che dimo-
' strava incomprensione verso il mio lavoro, ed ecco che
~, ora Harla Branno si dimostra all'improvviso straordina-
.~ riamente generosa.
--Sì--disse Trevize, senza nascondere il tono ironico.
--E una donna che ha straordinarie risorse filantropiche
nascoste. Ma non mi ha illustrato per niente tutta questa
faccenda.
_, --Non sapete della mia ricerca, allora?
--No, mi dispiace.
r _ Non dovete mica scusarvi. Che non ne sappiate nulla
~; è perfettamente legittimo: non si pub dire che io sia mol-
to famoso. Vi spiegherò tutto. Ho un'eccellente idea che
ci può aiutare a cercare, e trovare, la Terra.
Quella notte Trevize non dormì bene.
Si dibatteva nella ragnatela che la Branno gli aveva
tessuto intorno, e non trovava via d'uscita.
Lo stavano rnandando in esilio e non poteva farci nien-
te. Lei aveva agito con pacata inesorabilità, e non si era
nemmeno Preoccupata di dare una parvenza di costitu-
zionalità af tutto. Lui aveva confidato nei propri diritti di
consigliere e di cittadino della Federazione, e Harla Bran-
no non si era curata nemmeno di salvare la forma, violan-
doli.
E adesso quel Pelorat, quello strano accademico che
sembrava vivere nelle nuvole, gli era venuto a dire che la
vecchia tremenda aveva organizzato tutto già da settima-
ne.
Trevize si sentiva davvero il ragazzo sciocco che era
stato accusato di essere.
Sarebbe andato in esilio con uno storico che lo chiama-
va caro amico e che pareva entusiasta di comineiare a
cercare per la Galassia qualcosa chiamato Terra.
Per la barba del nonno del Mulo, che cos'è mai la Terra?,
si era chiesto appena l'altro l'aveva nominata. E aveva
chiesto spiegazioni.
--Perdonatemi, professore--aveva detto.--Sono
ignorante nella vostra materia, e spero non vi seccherete
se vi chiedo di dirmi in termini semplici che cosa sia la
Terra.
Pelorat lo aveva fissato con aria grave mentre i secondi ~ ~
scorrevano lenti, poi aveva risposto:--E un pianeta. Il '
pianeta originario, quello su cui. apparvero per la prima
volta gli esseri umani, mio caro amico.
Trevize l'aveva fissat() di rimando.--Su cui apparvero
per la prima volta? Provenienti da dove?
--Da nessuna parte. La Terra è il pianeta su cui l'uma-
nità si è evoluta attraverso vari stadi di sviluppo. Gli uo-
mini si sono originati dagli animali inferiori.
Trevize aveva riflettuto un attimo, poi aveva scosso la
testa.--Non capisco cosa intendiate.
Per un attimo sul viso di Pelorat era passata un'ombra
di irritazione. Lo storico si era schiarito la voce e aveva
detto:--Un tempo su Terminus non c'erano esseri uma- I
ni. Gli esseri umani ci vennero da altri mondi. Questo lo
saprete, immagino.
--Sì, certo.--Trevize era spazientito, seccato che l'al-
tro all'improvviso pontificasse.
--Benissimo. Questo vale anche per tutti gli altri mon-
di: Anacheonte, Santanni, Kalgan, eccetera. Tutti quanti,
in una qualche epoca del passato, furono colonizzati. In
una parolá, arrivò gente da altri pianeti. Lo stesso vale
anche per Trantor; sarà anche stata una grande metropo-
li per ventimila anni, ma prima che iniziassero quei ven-
timila anni non lo era.
--Com'era, allora?
--Era vuota. Per lo meno non c'erano gli esseri umani.
--E difficile a credersi.
--Però è vero. Lo dimostrano gli antichi documenti.
--Da dove veniva la gente che colonizzò Trantor?
--Non si sa bene. Ci sono centinaia di pianeti che so-
stengono di essere stati popolati nelle nebbie indistinte
dell'antichità e che hanno leggende fantasiose che parla-
no del primo arrivo degli esseri umani. Gli storici tendo-
no a non dare credito a queste storie e a riflettere invece
sulla «questione dell'origine«.
--Cosa sarebbe? Non ne ho mai sentito parlare. I
--Non mi sorprende. Ammetto che non è un problema
storico di cui ci si occupi molto, ora, ma durante la deca-
denza dell'Impero ci fu un periodo in cui destò un certo
interesse fra gli intellettuali: Salvor Hardin ne parla bre-
~vemente nelle sue memorie. La questione dell'origine è
~tr,' quella che riguarda l'identità e l'ubicazione del particola-
,:~'` re pianeta da cui ebbe inizio tutto. Se proviamo a guarda-
F re indietro nel tempo, vediamo che l'umanità forma una
!~ catena che va dai mondi colonizzati di recente a quelli
,~ più vecchi e a quelli ancora più vecchi, finché si arriva al
numero uno, il pianeta originario.
Trevize aveva notato subito una pecca nel ragionamen-
F to.--Non potrebbero esserci vari pianeti originari?
~, --No, nel modo più assoluto. Tutti gli esseri umani che
~` circolano nella Galassia sono di un'unica specie. Una sin-
gola specie non può avere origine su più di un pianeta. E
totalmente impossibile.
. --Come fate a saperlo?
--Innanzitutto...--Pelorat aveva congiunto le dita co-
F me preparandosi a una dissertazione, poi si era pentito,
f- pensando evidentemente che il discorso sarebbe stato
,~ troppo lungo e complesso. Aveva lasciato cadere le mani
lungo i fianchi e aveva dichiarato, serio serio:--Caro
amico, vi do la mia parola d'onore che le cose stanno real-
mente così.
Trevize, con un inchino formale, aveva detto:--Non
mi sognerei mai di metterla in dubbio, professore. Dicia-
mo allora che esiste un solo pianeta d'origine. Ma non po-
trebbero essercene centinaia che sostengono di essere
quel pianeta?
--Non potrebbero, ci sono. Tuttavia nessuno dispone di
prove convincenti. Fra le centinaia di mondi che preten-
dono di avere ospitato per primi la vita umana, non ce n'è
uno su cui esistano minime tracce di una società iperspa-
ziale, tanto meno tracce di un'evoluzione umana che si
sia originata da organismi preumani.
--Insomma voi sostenete che esiste un pianeta d'origi-
ne, ma che esso, per qualche ragione, non dichiara di es-
sere tale?
--Proprio così.
--E intendete cercarlo?
--Lo cercherò assieme a voi. E la nostra. missione. Il
sindaco Branno ha già disposto tutto quanto in questo
senso. Voi piloterete la nave flno a Trantor.
--Trantor? Non è il pianeta d'origine. L'avete detto voi
poco fa.
--Infatti. Il pianeta d'origine è la Terra.
--Allora dovrò pilotare la nave fino alla Terra, no?
--Evidentemente non mi sono spiegato bene. Terra è
un nome leggendario, citato in antichi miti. Non ha un si-
gnificato preciso per noi; è una parola di due sillabe che
per convenzione indica 11 pianeta dove ha avuto origine la
specte umana. Quale sia, nello spazio reale, il pianeta che
definiamo Terra non lo sa nessuno.
--E secondo voi, su Trantor lo sanno?
--Su Trantor spero di trovare informazioni utili. Ll c'è
la Biblioteca Galattica, la più grande di questo sistema
solàre.
--Ma in quella Biblioteca avranno già cercato le perso-
ne che all'epoca del Primo Impero erano interessate, co-
me avete detto voi, alla questione dell'origine.
Pelorat aveva annuito, pensieroso.--Sì, ma forse non
hanno cercato bene. Io ho imparato sulla questione dell'
origine tante cose che probabilmente gli imperiali di cin-
que secoli fa non sapevano. Posso consultare gli antichi
documenti con maggior cognizione di causa, capite? Ho
riflettuto un pezzo su tutta la faccenda e ho un'idea eccel-
lente in testa.
--Avrete parlato al sindaco Branno, immagino. Lei ap-
prova?
--Approva? Amico mio, è entusiasta. Mi ha detto che
Trantor è indubbiamente il posto dove posso trovare tut-
to quello che voglio sapere.
--Già--aveva mormorato Trevize.
E così, pensò Trevize nella notte insonne, il sindaco lo
spediva nello spazio a scoprire ciò che si poteva sulla Se-
conda Fondazione, e gli metteva al fianco Pelorat perché
una scusa buona, quella della Terra, mascherasse il vero
scopo del viaggio. Era una scusa efficace, perché li poteva
portare in qualsiasi luogo della Galassia, e Trevize ammi-
rò l'ingegnosità della Branno.
Ma che senso aveva andare su Trantor? Una volta che
fossero stati là, Pelorat si sarebbe ficcato nella Biblioteca
Galattica per non riemergerne mai più. Davanti agli in~
numerevoli scaffali di libri, di pellicole, di registrazioni,
alle innumerevoli computerizzazioni e rappresentazioni
simboliche, il professore si sarebbe sentito affascinato fi-
no a non desiderare più ripartire.
E poi c'era anche qualcos'altro...
Un tempo, all'epoca del Mulo, Ebling Mis era andato su
Trantor. Secondo quanto si raccontava, là aveva scoperto
dove si trovasse la Seconda Fondazione ed era morto pri-
e- di poterlo rivelare. Del resto lo stesso aveva fatto Ar-
~ady Darell, ed era riuscita anche lei a localizzare la Se-
conda Fondazione. Ma aveva scoperto che la sede era si-
~tuata sullo stesso Terminus e il covo della Seconda Fon-
_.~dazione era stato così eliminato. Dovunque fosse adesso
quel covo, non poteva che trovarsi da altre parti. Che sen-
. so aveva quindi recarsi su Trantor? Se bisognava cercare
~F~ la Seconda Fondazione, era meglio scegliere tutto, tranne
E,. Trantor.
r E poi c'era anche qualcos'altro...
't Quali altri piani avesse la Branno, Trevize non lo sape-
' va, ma certo non era propenso a farle un favore. Harla
' Branno si era mostrata entusiasta all'idea di un viaggio
su Trantor? Be' se lei voleva Trantor, allora non sarebbe-
t~ ro andati su Trántor. Da qualsiasi parte, ma non su Tran~
torl
Mentre la notte si avvicinava sempre più all'alba, Tre-
vize, stanco morto, cadde alla fine in un sonno irrequieto.
Per il sindaco Branno la giornata successiva a quella dell'
arresto di Trevize era stata piena di soddisfazioni. Le ave-
vano reso più onori di quanti meritasse, e nessuno aveva
fatto cenno all'incidente.
Lei però sapeva bene che il Consiglio si sarebbe scosso
presto dal suo torpore e avrebbe cominciato a porre do-
mande. Bisognava quindi agire in fretta. Perciò, lascian-
do da parte una quantità di altre questioni, si occupò fino
in fondo di quella che riguardava Trevize.
Nel momento in cui Trevize e Pelorat stavano discuten-
do della Terra, Harla Branno si trovava nel suo ufficio e si
accingeva a parlare con il consigliere Munn Li Compor.
Perfettamente a suo agio, il consigliere si sedette davanti
al sindaco, dall'altra parte della scrivania, e il sindaco lo
osservò e studiò ancora una volta.
Era più piccolo e più magro di Trevize, e aveva solo due
anni più di quest'ultimo. Entrambi erano stati eletti da
poco, ed erano giovani e insolenti. Probabilmente solo
questo li aveva fatti diventare amici, perché per il resto
erano assai diversi.
Mentre Trevize irradiava una fierezza un po' torva,
Compor ostentava una serena sicurezza di sé. Forse la
s~umatura di serenità gli era data dai capelli biondi e da-
gli occhi azzurri, due caratteristiche che non erano affat-
to comuni tra gli abitanti della Fondazione. Esse gli con-
ferivano un'aria fine, quasi femminile, che a giudizio del-
la Branno lo rendeva meno attraente di Trevize. Chiara-
mente però Compor era contento del suo aspetto, e cerca-
va di sfruttare al massimo le sue doti: portava i capelli
abbastanza lunghi e si preoccupava che le onde fossero
sempre a posto. Sotto le sopracciglia aveva un lieve tocco
di ombretto azzurro, che esaltava il colore degli occhi~
(Negli ultimi dieci anni l'ombretto di varie tinte era di-
ventato di moda, tra gli uomini.)
Compor non era un libertino. Conduceva una vita tran-
quilla con sua moglie, ma non aveva ancora manifestato
l'intenzione di avere flgli e non aveva nemmeno una se-
conda compagna segreta. Anche in quello era diverso da
Trevize, il quale cambiava partner con la stessa frequen-
za con cui cambiava le fusciacche dai colori chiassosi per
le quali era diventato famoso.
Kodell, il capo della Sicurezza sapeva praticamente
tutto sul conto di entrambi i consiglieri, e adesso sedeva
in silenzio in un angolo della stanza, con la sua solita fac-
cia cordiale e tranquilla.
La Branno disse:--Consigliere Compor avete reso un
buon servizio alla Fondazione, anche se, sfórtunatamente
per voi, non è il tipo di servizio di cui si possa parlare in
pubblico in tono elogiativo o per cui si possa ricevere una
normale ricompensa.
Compor sorrise. Aveva denti bianchi e regolari, e Harla
Branno per un breve attimo si domandò pigramente se
tutti gli abitanti del Settore Sirio non avessero lo stesso
aspetto di lui. Compor affermava di essere originario di
quella regione piuttosto periferica dello spazio perché
sua nonna materna, che aveva anche lei gli occhi azzurri
e i capelli biondi, sosteneva che la propria madre era del
Settore Sirio. Secondo Kodell, però, nulla dimostrava
che le cose stessero realmente così.
Da come sono fatte le donne, aveva detto Kodell, la
nonna di Compor poteva benissimo essersi inventata un'
ascendenza esotica per aumentare il proprio fascino e il
proprio già notevole magnetismo.
--Ah, perché, le donne sono così?--aveva detto secca
la Branno, e Kodell con un sorriso aveva risposto che si
riferiva naturalmente alle donne comuni.
Compor disse:--Non è necessario che il popolo della
~Pondazione sappia del servizio da me reso. Basta che lo
sappiate voi.
--Sì, io lo so e non dimenticherò. Ma non vi permette-
nemmeno di ritenervi libero da ogni obbligo. Vi siete
imbarcato in un'impresa complicata, e dovete per forza
continuare. Voghamo sapere altre cose su Trevize.
Vi ho detto tutto quanto sapevo su di lui.
~ --Forse è solo quello che intendete farmi credere. O
1~ forse è addirittura quello che credete voi stesso. In ogni
modo, rispondete alle mie domande. Conoscete un signo-
re di nome Janov Pelorat?
Compor aggrottò la fronte solo un attimo, poi la sua
espressione tornb serena.--Magari potrei riconoscerlo se
lo vedessi--disse--ma il nome non mi dice assoluta-
mente niente.
_ E uno studioso.
Compor piegò la bocca in una smorfia di disprezzo; dal
suo viso si capì che si stava domandando come mai il sin-
daco si aspettasse che uno studioso fosse tra le sue cono-
scenze.
--Pelorat è una persona interessante, che per motivi
,IP suoi desidera visitare Trantor--disse Harla Branno.--
Lo accompagnerà nel suo viaggio il consigliere Trevize.
Ora, voi siete stato buon amico di Trevize e dovreste co-
noscere bene il suo modo di pensare: credete che accon-
sentirà ad andare su Trantor?
Compor disse:--Se fate in modo che Trevize salga sul-
la nave e se la nave viene pilotata fino a Trantor, che cosa
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