LA NUOVA EDIZIONE ITALIANA DEL RITO DELLE ESEQUIE
A cura di don Giulio Viviani per i Diaconi
Trento, 11 maggio 2013
UNA PREMESSA
Qualche volta scherzando, ma penso sia anche la vostra esperienza, dico che la celebrazione di un funerale è spesso più viva e vivace di un matrimonio! La gente, l’assemblea, durante la Messa di matrimonio spesso è amorfa e in silenzio; non risponde, non canta e non partecipa. Una ritualità che invece si sviluppa fuori di chiesa e soprattutto durante l’interminabile pranzo di nozze. Ad un funerale, invece, in genere la gente, il popolo di Dio, partecipa attivamente con gesti, con canti e preghiere.
Mi riferisco al matrimonio anche perché il recente Rito del Matrimonio (2004-08) ha qualcosa da dire anche riguardo al nuovo Rito delle Esequie (RE - 2011). Per celebrare oggi non basta più prendere in mano il libro liturgico, aprirlo e avanti! Occorre essere preparati e conoscerne la ritualità, i testi e le diverse proposte. Occorre prepararsi personalmente e coinvolgendo anche gli altri ministri interessati. Nel caso del Matrimonio, inoltre, occorre prepararsi anche con gli sposi. Tali e tante sono le varianti e le possibilità che il rito va “costruito” ogni volta. Se poi gli sposi vogliono realizzare un libretto, l’attenzione è necessaria per evitare che il rito diventi una farsa tra quello che il celebrante dice e quello che i fedeli trovano sul libretto (sempre da controllare perché in Internet c’è di tutto e di più!). Una preparazione necessaria non tanto per inventare qualcosa di nuovo, ma per utilizzare con intelligenza e attenzione pastorale le tante possibilità offerte. Così è anche il nuovo RE.
Ma così sono tutti i libri editi dopo la riforma del Concilio Vaticano II, compreso il Messale che molti di noi non conoscono ancora. Questi libri non sono dei vademecum per celebrare senza problemi. Questa era l’idea dei rituali precedenti il Concilio Vaticano II: ti dicevano tutto quello che dovevi fare una volta per tutte. Una volta imparato non c’erano più problemi, era sempre tutto uguale. Oggi non è così: ogni celebrazione va preparata; è un unicum. Certo, capisco che i funerali ti capitano quando meno te lo aspetti e a volte non c’è neppure tempo per preparare tutto a puntino: scegliere le letture, le preghiere, le intenzioni per la preghiera dei fedeli, i canti più adatti, preparare l’omelia, ecc. Per questo è necessario che i libri liturgici siano ben conosciuti già prima in modo adeguato. Non basta stiano in sagrestia, devono esserci almeno qualche volta anche nello studio del sacerdote e del diacono; a disposizione anche dei ministri laici incaricati, per consultarli, per conoscerli, per prepararsi. Non giochiamo al ribasso nel predisporre le nostre liturgie; non è perdere tempo. Con la celebrazione liturgica si plasma una comunità; con la celebrazione dei Sacramenti e dei sacramentali si formano in ogni tempo i “Christifideles”! Tutti i nuovi libri liturgici hanno una loro peculiarità che è data dai Praenotanda, un’Introduzione, da non saltare a piè pari come si fa di solito con la Prefazione quando si legge un libro! Se non conosci le Premesse, ti manca la base su cui costruire il Rito. Sarebbe come voler cucinare, leggendo da un libro di ricette solo le modalità esecutive senza conoscere gli ingredienti e la loro dose ed esatta quantità.
UN’ALTRA PREMESSA
Ogni civiltà fin dalle origini ha sempre avuto un suo culto dei morti. La morte e il morire oggi però fanno problema, come ben sappiamo. Noi non possiamo parlare di funerali senza interrogarci su come la nostra gente vede e vive la morte nel nostro tempo, che non sono più le modalità e il senso di una volta! C’è oggi una tendenza a marginalizzare la morte, soprattutto a non farla “vedere” ai bambini e ai ragazzi; a isolarla e a “fare in fretta”. Dagli ospedali si pensava di uscire vivi; in realtà si esce morti! Nascono allora anche gli hospice, in cui si va a morire: è un cambiamento epocale in cui spesso non hanno più posto i sacerdoti e i ministri della Chiesa.
D’altra parte invece la televisione è piena di scene di morte vere o fantastiche, ma sempre ormai morti “virtuali”. E quindi nasce l’interrogativo di come annunciare e celebrare in questo contesto la Pasqua di Cristo. Noi siamo anche e ancora eredi di una visione tetra e tragica del morire, di cui l’apparato liturgico era intriso fino al Concilio Vaticano II: molto “nero” e poca luce pasquale (pensiamo alle immagini evocate dal Dies irae!). Già la Sacrosanctum Concilium al n. 81 diceva: “Il rito delle esequie esprima in modo più chiaro l’indole pasquale della morte cristiana”. Dobbiamo, infatti, riconoscere che, pur cantando l’Alleluia, non è ancora entrata del tutto nella mentalità del popolo di Dio la dimensione pasquale delle esequie cristiane.
Badate che oggi, anche tra noi (basta guardare il sito diocesano), non si usa quasi più la parola morte. Si dice: è mancato, è scomparso; non è più tra noi, se ne è andato, si è addormentato, è stato sottratto all’affetto dei suoi cari, ecc. … o peggio: è tornato alla casa del Padre! (Perché: quando c’era già stato?). Per non parlare de L’Osservatore Romano che per annunciare la morte di un Vescovo parlava del “pio transito”… Proprio la liturgia, soprattutto la Messa, è rimasto l’unico posto in cui si parla ancora e continuamente di morte (quella di Cristo) e di morti, defunti! E poi magari ci dicono che noi non parliamo più dei Novissimi (Morte, Giudizio, Paradiso, Inferno). Occorre ribadire, come fa sempre la liturgia per noi cristiani, la centralità del mistero pasquale; la morte e la risurrezione di Cristo sono il centro della nostra fede, anche di fronte alla morte degli uomini e delle donne di oggi. Tra l’altro viene notato dagli studiosi che nella nostra società non si è ancora affermato un vero e proprio rito civile dei funerali. Quindi spesso non ci sono alternative alle esequie cristiane; senza entrare in merito, inoltre, alla problematica di funerali cristiani richiesti per persone non battezzate (giovani morti per incidente …), che in base al Codice di Diritto Canonico non hanno diritto al RE che sono riservate ai battezzati (can. 1176-1185).
È importante valorizzare e potenziare la realtà del mistero pasquale, ma senza dimenticare l’elaborazione del lutto che familiari e amici del defunto devono poter compiere. Ci sono nei nostri ambienti forme diverse e decisive di fronte alla realtà della morte e della fede nel mistero pasquale (ad es. una grossa diversità tra nord e sud Italia; o le nuove realtà degli immigrati). La stessa novità della cremazione annulla i tempi dell’elaborazione del lutto! C’è un passaggio non normale, non consueto. Occorre ricordare che anche il corpo cremato risorge!
La celebrazione della morte, pur essendo uno dei grossi impegni del clero rimane sempre qualcosa di marginale. I preti hanno ancora voglia di fare funerali? Le Esequie sono una perdita di tempo? La II edizione del RE è occasione per rimettere in circolo idee e per l’annuncio del Vangelo, altrimenti anche il nostro è solo un servizio da pompe funebri. Il nostro, dei sacerdoti, dei diaconi e delle comunità, è e deve essere l’atteggiamento di Gesù verso quanti incontrava nel suo ministero: lo stile del buon pastore attento alla realtà umana. Il RE al n. 16 delle Premesse Generali dice che “il sacerdote è educatore alla fede e ministro del conforto cristiano”. Sono inoltre convinto che in questo settore, che è insieme liturgico ma anche caritativo e di annuncio, potrebbe trovare spazio una specifica ministerialità dei Diaconi permanenti e di collaboratori laici: assistenza agli anziani, ammalati, moribondi; cura dei familiari in lutto; responsabilità nella celebrazione dei funerali e nei cimiteri. Permane anche l’aspetto del rapporto con le Agenzie funebri che a volte fanno da intermediari (o da barriera) con la famiglia.
La celebrazione in atto del RE è il primo e spesso l’unico strumento per la trasmissione della fede che oggi abbiamo e che in molti casi raggiunge anche i “lontani”. E questo assume un’importanza del tutto particolare nel RE. La pubblicazione del nuovo RE è occasione per una rinnovata catechesi sul mistero della morte per il cristiano. Il rischio è che anche il RE sia un vestito nuovo su una realtà vecchia: goffo e poco recepito. Possiamo anche ricordare le tematiche del convegno di Verona per declinare la testimonianza e l’annuncio cristiano nei luoghi della vita, per non rimanere troppo allo stretto, “ad intra” nella Chiesa, nell’ambito liturgico. La realtà della morte cristiana va vista come una scelta culturale di una memoria collettiva, con gli altri, con l'impegno di portare una cultura della vita anche nei luoghi della morte. L’invito è quello di cogliere l’occasione della II edizione del RE per rimettere in circolo idee per l’annuncio del Vangelo della risurrezione.
IL NUOVO LIBRO RITUALE
Da qualche mese, con il 2 novembre 2012, il nuovo Rito delle Esequie, seconda edizione “tipica per la lingua italiana e ufficiale per l’uso liturgico” è diventato obbligatorio secondo il decreto del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. A dire il vero sarebbero obbligatori ormai da qualche anno anche i nuovi Lezionari, che non si trovano ancora in alcune chiese della nostra diocesi…
Il nuovo libro rituale è stato voluto dalla CEI (Presentazione, n. 3) “sulla base dell’esperienza maturata in questi anni e di fronte alle nuove situazioni” di vita. Sono passati parecchi anni di lavoro e di studio, con pause, perché già negli anni ‘80 si parlava di fare una nuova edizione. Anche questo libro è frutto del lavoro di molti e porta con sé i segni di qualche compromesso e limitazione. In genere in questi ultimi anni si è passati, da una semplice traduzione dei testi liturgici latini, a testi tipici per la celebrazione della Chiesa in Italia (es. Messale del 1983, Benedizionale, Rito del Matrimonio, Lezionario). Si è in attesa anche della III edizione del Messale Romano italiano. Le limitazioni imposte dalla Istruzione sulla traduzione Liturgiam authenticam del 2001 lasciano qualche segno (es. Dio e non ... Padre); ma c’è spazio anche per nuove composizioni, che rivelano la capacità di formulare nuovi testi di preghiera anche oggi (ad es. l’orazione per un giovane, RE n. 213). Ogni libro liturgico è sempre un sussidio, pur importante e vincolante, da osservare e da usare. Io amo dire che si celebra la Messa e non il Messale!
Abbiamo ora a disposizione due edizioni una per il celebrante e una per la chiesa o cappella. Sono oggi purtroppo pubblicazioni “fragili” e costose. Le illustrazioni sono della Porta della Preghiera della basilica vaticana, opera di Lello Scorzelli (quello che fece il pastorale di Paolo VI sempre usato anche da Giovanni Paolo II). Il volume più piccolo non è proprio tascabile (da 248 a 490 pagine!), però contiene tutto, letture comprese (che non ci sono nel formato più grande) per la comodità dei vari tipi di celebrazione nei luoghi più diversi. Non dimentichiamo, inoltre, il volume, con la nuova traduzione, del Lezionario delle Messe Rituali con le letture proprie per le Messe dei defunti. Il Lezionario, purtroppo, non è stato aumentato ma è già abbastanza ricco di pericopi dall’Antico e dal Nuovo Testamento e in particolare di pagine evangeliche. Molte volte, nella mia esperienza e penso sia anche la vostra, ho celebrato il RE con le letture del giorno corrente. In vari momenti del RE sono anche indicati numerosi e brevi passi biblici da utilizzare nelle più svariate circostanze di preghiera, per “diffondere” e offrire non parole nostre ma la Parola di Dio. Alcune letture non sono, per esempio, adatte per la preghiera in caso di cremazione. La novità è data dall’adattabilità e dai nuovi formulari offerti (orazioni, monizioni, preghiere dei fedeli). Numerose, infatti, sono le possibilità di adattamento e la ricchezza dei nuovi testi (l’asterisco come in altre pubblicazioni indica i testi propri della CEI, del Rituale italiano). Molti sono già noti perché da anni erano stati pubblicati in quel testo ufficioso della CEI “Proclamiamo la tua Risurrezione” (2007). Per la musica è stato fatto un lavoro notevole; si trovano tutte le melodie di antifone, responsori, ecc. e anche un libro con i testi musicali e il CD. Anche in questo caso l’impegno di sacerdoti e cori sarebbe quello di cantare la liturgia e non nella liturgia. Mi domando anche come mai dopo 50 anni si canta ancora da qualche parte (in italiano) un testo che nel MRit non c’è mai stato: Agnello di Dio … dona loro il riposo eterno!
Per celebrare bene, adeguatamente ed efficacemente, anche i funerali, occorre conoscere, studiare, adattare il nuovo libro liturgico da parte di tutti noi e delle nostre comunità cristiane. So che qualcuno è rimato deluso: “non c’è nulla di nuovo!”; qualcun altro afferma: “Non potevano farlo più semplice!”. In pratica il Rito non è nuovo perché alla base c’è ancora quello latino del 1969; l’attuale edizione italiana (la II dopo quella del 1974) ha cercato di tradurre meglio i testi e di valorizzare il contenuto delle diverse preghiere. Per es.: “Prima di compiere il pietoso ufficio della sepoltura” - “Stiamo per compiere il rito cristiano della sepoltura. Affidando alla terra il corpo mortale del nostro fratello…”; n. 80); di questi testi per il commiato oggi ne troviamo ben dodici formulari tra cui scegliere (5 generici e altri per varie categorie: anziano, giovane, sacerdote, diacono, religioso, religiosa, deceduto improvvisamente). Anche questo elenco non è completo: pensiamo ad una persona malata da tanto tempo, ad un portatore di handicap, ecc. Nel linguaggio ci sono anche alcune novità come il riferimento all’anima e l’uso non solo del termine di fratello/sorella, ma anche di defunto/a, servo/a, fedele. Questo Rituale richiede quindi da tutti noi di conoscerlo, di scegliere tra le varie proposte i testi e le modalità (non si deve fare sempre tutto), di coinvolgere altri “ministri” e laici preparati o disponibili (ad es. per le preghiere in casa) e di predisporre dei sussidi più agili e più comodi, calibrati per l’uso specifico del sacerdote, del diacono e degli altri ministri in quella comunità o UP.
Le novità dell’edizione 2011 (uscita nel marzo 2012), oltre all’uso della nuova traduzione della Bibbia, sono soprattutto queste:
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La Presentazione della C.E.I.: un testo pregnante (in cui trovate qualche idea anche per le omelie) sulla fede della Chiesa che, di fronte alla morte, annuncia Cristo risorto; presenta i motivi di questa nuova edizione; mette in guardia dal rischio della privatizzazione e sottolinea il valore della comunità; ricorda le tradizionali modalità celebrative; invita ad un’accurata e comune preparazione del RE cristiane.
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Le Precisazioni della C.E.I.: Santa Messa o Liturgia della Parola nella chiesa parrocchiale; attenzione ai testi e riti ma anche alle persone: “le loro parole siano di sollievo al cristiano che crede, senza urtare l’uomo che piange” (RE, 17); valorizzare il canto; attenzione alla preghiera dei fedeli (evitare interventi fuori luogo); eventuali “saluti” al loro posto (al momento del Commiato) senza testi registrati o video, o musiche e canti estranei alla liturgia; dare spazio anche alla professione di fede; si ribadisce che il colore è il viola (non il nero che si vede anche indosso a sacerdoti giovani!; OGMR 346/e: “Il colore nero si può usare, dove è prassi consueta, nelle Messe per i defunti”).
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Non dimentichiamo le Premesse Generali che hanno sempre e ancora il loro valore (nessuna novità).
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Nella I parte: Esequie degli adulti: 1. Nella casa del defunto:
- la visita alla famiglia (per far uscire da un certo anonimato, offrendo solidarietà umana; preghiera e Parola di Dio; n. 26-29)
- la veglia (qualche novità, anche per laici che la guidano)
- una preghiera alla chiusura della bara (deposizione del corpo:
il volto che scompare!; monizione e 3 nuove orazioni; n. 42-46).
2. Accoglienza del feretro in chiesa (tutto uguale).
3. Celebrazione delle Esequie (tutto uguale con piccole novità):
- la possibilità delle Litanie dei Santi nella processione
- una rubrica che invita a stare attenti agli oggetti sulla bara (n. 66)
- l’uso di fiori, lumi, cero pasquale, evangeliario, croce
- per il commiato (12 proposte; n. 80)
- la “novità” della benedizione alla fine della Messa (in contrasto con OGMR n. 384 e 170: “Se alla Messa segue un’altra azione liturgica, si tralasciano i riti di conclusione, cioè il saluto, la benedizione e il congedo”); il congedo: se non si accompagna il feretro (n. 86)
- due formule finali alternative oltre L’eterno riposo (n. 98)
- l’accensione di un lume davanti alla tomba.
4. Esequie nella cappella del cimitero: sempre senza la Messa
Qui troviamo 7 nuovi formulari di preghiera dei fedeli (n. 116)
molto utili anche per altri momenti (anche per la Messa).
5. Il Rituale italiano non contempla la Messa e le esequie
nella casa del defunto.
Nella II parte: Esequie dei bambini: nessuna ulteriore novità di rilievo.
In Appendice, proprio per indicarne “l’eccezionalità”, con nuovi testi eucologici e indicazioni pastorali in merito, è presentata anche – tipica del rituale italiano – la possibilità delle Esequie in caso di Cremazione con una propria Introduzione. Questa modalità non tipica del culto cristiano dei morti, ma già permessa dalla Chiesa fin dal 1963, è sempre più diffusa, per vari motivi anche tra i fedeli cristiani. Normalmente si celebrano le esequie presente il cadavere che solo in seguito verrà portato alla cremazione. Casi eccezionali (morte all’estero, ecc.) si potranno verificare di celebrazioni esequiali con l’urna delle ceneri (da celebrare con la Messa o la Liturgia della Parola solo con il consenso del Vescovo). Si deve evitare comunque, per la verità del segno, di aspergere e incensare le ceneri; quei gesti sono riservati al corpo del defunto, “lavato” nel Battesimo, “unto” nella Confermazione, “nutrito” dall’Eucaristia e destinato alla “risurrezione della carne”. Non si ritiene opportuno neppure il cammino processionale con l’urna. Non è da cristiani disperdere le ceneri, seppellirle in modo anonimo o tenerle in casa; atteggiamenti contrari alla tradizione del cimitero, luogo della memoria e della preghiera. Ci sono aspetti comunitari, di rispetto, di tradizione evangelica ed ecclesiale da tenere presenti; prima tra tutte la modalità della sepoltura di nostro Signore Gesù Cristo, quelle degli apostoli e dei martiri, ecc. Attenzione a chi viene a “vendere armadi per le urne cinerarie” o alla richiesta di trasformare cappelle o capitelli in “colombari” (spesso privati)!
La ritualità prevede: I. Nel luogo della cremazione:
Esequie con liturgia della Parola (caso eccezionale)
o ulteriore momento di preghiera (oltre le Esequie avvenute in chiesa)
II. Monizioni e preghiere per la celebrazione esequiale (Messa o Liturgia della Parola) dopo la cremazione
III. Preghiere per la deposizione dell’urna (da parte del sacerdote, diacono o laico incaricato).
Si tratta di testi molto curati e attenti a quello che si compie con riferimenti alla fede nella “risurrezione della carne”. Sia le Premesse a questa Appendice che i testi offrono materiale robusto e valido per una doverosa catechesi su questa tematica.
Infine sempre in Appendice: oltre ai salmi e preghiere, già presenti nella precedente edizione, si trovano 5 formulari di preghiera dei fedeli; di essi due sono nuovi e il secondo (V) ha varianti con intenzioni per varie categorie (sacerdote, religioso, consacrata, madre, padre, anziano, giovane, bambino) e il testo delle Litanie dei Santi. Inoltre ci sono le melodie per le varie parti che si possono eseguire in canto (sempre segnalate nel testo da un simbolo grafico).
OLTRE IL NUOVO RITUALE
Vi invito a riflettere ancora su qualche aspetto legato alla ritualità e alla pastorale del RE.
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In questo tempo di individualismo è necessario vigilare per non perdere ma rivalutare il valore della comunità e della comunitarietà che ancor oggi si esprime in senso positivo nelle nostre parrocchie. Una dimensione da non sottovalutare, da far emergere, da evidenziare e incoraggiare sia nella presenza, che nella vicinanza al morente e ai familiari in lutto e nella ministerialità diffusa. C’è da dire che purtroppo nei testi eucologici non è dato molto risalto al valore e alla presenza della comunità. Oltre al momento del funerale ci sono altri momenti di celebrazioni comunitarie da valorizzare (veglie, ecc.), senza dimenticare quello che si può fare in occasione dell’annuale commemorazione dei defunti.
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Particolare attenzione va data anche alle modalità dell’annuncio e del coinvolgimento della comunità: il suono delle campane e il ricordo e la preghiera nelle celebrazioni di quei giorni nell’UP.
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Il caso di unire insieme due o più defunti in un’unica celebrazione esequiale: occorre agire con più decisione nel proporre questa modalità per esprimere la verità di una fede e di un rito che postula ed esige una dimensione comunitaria (non il mio funerale, il mio defunto), ricordando che celebrazione comunitaria, significa della/con la comunità (non del numero dei battezzandi, penitenti o defunti!).
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L’omelia, logicamente dalla Parola di Dio e dai testi eucologici, non può ignorare del tutto il defunto e la sua famiglia; occasione preziosa di annuncio e di “catechesi” sulla fede dei cristiani (cfr RE 76 e Precisazioni CEI 3). Un eventuale ricordo della persona, o meglio un saluto da parte di un familiare, o di un amico, o di un rappresentante della comunità va fatta dal sacerdote o da altri al momento del commiato (non dopo la Comunione), non dall’ambone! (sull’omelia: un articolo molto equilibrato di Fabio Trudu in Rivista Liturgica n. 99/1/2012; il fascicolo è tutto dedicato al nuovo RE).
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A volte permane il problema degli interventi (anche della processione offertoriale con simboli strani) spesso eccessivi nel numero e nella lunghezza (oltre che nelle sciocchezze), espressi dai rappresentanti della famiglia o di altre realtà parrocchiali, sociali e civili. Una proposta potrebbe essere quella di collocare questi interventi nella Veglia di preghiera – normalmente il Rosario – la sera del decesso (o la sera seguente) per non appesantire e a volte deformare il funerale stesso.
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Il nuovo Rito tiene conto anche della possibilità di una ritualità affidata ad altri ministri, cominciando dai Diaconi (da valorizzare), ministri ordinati e anche quelli straordinari, laici. Occorre maturare un’apertura alle diverse ministerialità. Pensiamo a quanto già avviene nei paesi di missione o in quelli in cui ormai da anni la carenza del clero ha portato a nuove forme di funerali senza ministro sacro. Sarebbe opportuno formare delle equipe per l’accompagnamento dei malati, moribondi e la vicinanza alle persone e famiglie in lutto. Come pure il servizio per la sepoltura dell’urna cineraria. Considerando i nuovi testi (pensiamo ad esempio alla visita in casa del defunto o alla preghiera al momento della chiusura della bara) sarà importante prevedere e provvedere dei sussidi per i laici a ciò deputati o per i familiari con i testi delle preghiere da dire e le letture da proclamare.
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Le tre stazioni: casa, chiesa e cimitero sono e rimangono una modalità, ma non certo obbligatoria. In molti casi oggi sono improponibili e impossibili. Rimane però il valore della presenza della comunità cristiana (non solo del sacerdote) nei tre luoghi (casa, chiesa, cimitero) che ricordano la vita e la morte del defunto e soprattutto del simbolico camminare (processione) da un luogo all’altro. Non vanno eliminati con troppa superficialità e disinvoltura queste tradizioni rituali significative. Non ignoro il problema di una “finta” processione verso il cimitero, al termine della quale non c’è la tumulazione, ma il “parcheggio” in attesa del viaggio verso il luogo dell’inceneritore. Se non c’è tumulazione è un “falso”.
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C’è inoltre un aspetto non simpatico ma che oggi esige un po’ di chiarezza: l’offerta che riguarda anche il costo di un “funerale” (riscaldamento, luce, pulizia, coro, organista, sagrista, offerta della Messa, ecc.); che fare? Sono necessarie modalità comuni, decise e attuate insieme e con coerenza (non i “tariffari”!). Occorre ogni tanto parlare di queste cose ai fedeli (non certo durante i funerali!).
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Una provocazione: celebrare la Santa Messa o una Liturgia della Parola? Si tratta di una decisione da prendere insieme (cfr RE, Precisazioni CEI, 1-2). La realtà attuale ma soprattutto ormai prossima delle nostre numerose e piccole comunità con la scarsità di clero deve interrogarci fin da subito su che cosa fare, come orientarci fin da adesso. Da anni mi pongo e propongo la domanda: che fare con i funerali? Tra qualche anno per i bambini il prete apparirà come il fossore! Lo si vede solo per i funerali. Certo è un momento qualificante della vita di una famiglia e di una comunità. Ma personalmente non credo sia sempre indispensabile la Messa. Non si potrebbe, dopo aver riflettuto insieme, decidere che d’ora in poi matrimoni e funerali si fanno tutti senza la Messa, con un liturgia della Parola ben curata? La Messa, per chi vorrà partecipare, è quella della comunità nei luoghi e nei tempi previsti e stabiliti. Così la gente si abitua, che ci sia il prete o no, ad una modalità sempre uguale di celebrazione: una liturgia della Parola.
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Permettete infine un altro aspetto: quello del nome del defunto o dei defunti nella Messa. Precisiamo che ci sono le Messe dei Defunti e per i Defunti. La Messa esequiale (con o senza il funerale; con o senza il cadavere) lo richiede con il suo proprio embolismo; ed è sempre significativo pronunciare i nomi nella prece eucaristica, ma soprattutto dei vivi più che dei defunti (Battesimo, Confermazione, Prima Comunione, Matrimonio, Unzione, ecc.). In molti luoghi si ricorda il defunto anche nel VII giorno e nel I anniversario (ma sono molti e fin troppi…). Nelle altre Messe celebrate con una o più intenzione per i defunti sarebbe bello abituarci e abituare la gente a non nominarli nelle preghiera eucaristica (vedi l’invito del Vescovo), ma alla preghiera dei fedeli (o anche semplicemente nel calendario settimanale esposto o inviato alla comunità). Anche in questo caso occorre agire insieme e con uniformità.
I numerosi cattivi esempi di funerali trasmessi in televisione da quelli di Stato (perché non fare una bella Liturgia della Parola, senza il momento della Comunione, proprio dei cristiani praticanti?), a quelli di personaggi famosi dove non emerge né l’annuncio di Cristo, né la fede nella vita eterna, ma solo qualche sciocca esibizione e spettacolarizzazione, spesso farcite di testi dal vago sapore di New Age, contrario alla verità del Vangelo, siano per noi di stimolo ad avere una competenza specifica con i nostri collaboratori per fare qualcosa di meglio, di vero, di bello. Come ha detto Benedetto XVI nel Messaggio alla XL Assemblea della CEI: “Il momento delle esequie costituisce un’importante occasione per annunciare il Vangelo della speranza e manifestare la maternità della Chiesa”.
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