La ricostruzione medico legale


Sull’inattendibilità di Luigi GIULIANO



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Sull’inattendibilità di Luigi GIULIANO

Si è ricavata l’inattendibilità del suo apporto dall’avere menzionato CARBONI tardivamente e sulla base di una ragione ritenuta risibile: il nome di vicolo dei Carbonari, ove era nato. Si è richiamata, in proposito, la domanda del presidente del Collegio di primo grado: “come mai prima non ricordava il nome della via ove era nato?”.

Sul punto, va osservato quanto segue. Luigi GIULIANO ha dichiarato che, all’inizio del 1983, mentre era ricoverato presso l’ospedale Caldarelli di Napoli (a seguito di un accoltellamento subito in carcere), veniva a sapere da Giuseppe MISSO che CALVI era stato ammazzato da Pippo CALO’ e Flavio CARBONI con il consenso, anzi su mandato di tutta la Mafia. Nei mesi successivi ne aveva avuto conferma da Ciro MAZZAERELLA e da Lorenzo NUVOLETTA. Venne a sapere del coinvolgimento di CARBONI dai predetti Ciro MAZZARELLA e Lorenzo NUVOLETTA.

Non è, poi, aderente alla realtà investigativa che GIULIANO “si sia deciso con molto ritardo a rivolgere accuse nei confronti di CARBONI, dopo che in diversi altri interrogatori non lo aveva affatto menzionato”, come ha sostenuto il Giudice di prime cure, poiché ne ha parlato il 6.3.2003, nel corso del terzo interrogatorio compiuto da quest’Ufficio (il primo era stato effettuato il 10.1.2003, meno di due mesi prima). Data la breve distanza temporale intercorsa e il lungo lasso tra la conoscenza e l’inizio della collaborazione, non appare condivisibile ritenere risibile la spiegazione offerta da GIULIANO, in ordine al collegamento tra il nominativo della strada in cui abitava e il nome della strada dove abitava, spiegazione che ha fornito anche nel corso delle indagini.

Si richiama in questa sede quanto esposto da pag. 378 a pag. 391 dell’atto d’appello.


  1. Sulla sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Napoli IV Sez. RG 97/2003, nei confronti di Ciro GIULIANO e Luigi GIULIANO

La sentenza non risulta acquisita nel corso dell’istruttoria dibattimentale e non può, pertanto, essere utilizzata ai fini del decidere. Per converso, va segnalato che l’attendibilità del collaboratore di giustizia Luigi GIULIANO ha trovato piena conferma nel procedimento definito con sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, II sezione, in data 12 Luglio 2006, depositata in cancelleria in data 12.10.2006, nell’ambito del proc. pen. nr. 779/2006 Sent., nr. 9487/2006 RGN, nei confronti di Luigi GIULIANO e altri (prodotta con richiesta di prove documentali del 9.2.2007).




  1. Sul perché CALVI avrebbe dovuto partecipare a un incontro conviviale con Luigi GIULIANO e altri mafiosi, in tal modo mettendosi nelle condizioni di farsi ricattare a vita.

Ma come, CALVI riciclava denaro di ‘cosa nostra’, s’incontra con il mafioso Vito CIANCIMINO nell’estate del 1980, incontra Danilo ABBRUCIATI nel 1981 in Sardegna e ci si chiede perché dovesse farsi ricattare incontrandosi in un ristorante con più mafiosi.



  1. Sulla frequentazione congiunta di night da parte di CALO’ e CARBONI

Il difensore ha sostenuto che Luigi GIULIANO ha dichiarato che, nel 1976, CARBONI e CALO’ frequentavano night assieme nel napoletano e ne ha dedotto che la circostanza non era possibile perché i due in quel periodo non si conoscevano.

L’argomentazione non è condivisibile perché non è vero che CALO’ e CARBONI non si conoscessero intorno al 1976. Nessuna risultanza esclude la loro conoscenza sin da quell’anno e, per converso, numerose acquisizioni dimostrano la sussistenza di rapporti finanziari tra i due per lo meno a partire dalla fine degli anni ’70. In realtà, la circostanza è del tutto verosimile dal momento che CALO’ a quell’epoca viveva stabilmente a Roma e aveva frequenti contatti con la criminalità campana, anche con riferimento al contrabbando di sigarette.


  1. Sull’inattendibilità di Antonio MANCINI

Si è sostenuta la sua inattendibilità, rilevando che nel 1994 aveva dichiarato di non essere a conoscenza di alcun che sull’omicidio. In proposito, va osservato quanto segue.

Antonio MANCINI risulta essere collaboratore di giustizia di sicuro affidamento. In proposito, è utile riportare il seguente brano tratto dalla sentenza della Corte di Assise di Roma, nr. 28/96 del 23 Luglio 1996:

MANCINI fu uno dei capi della "Banda della Magliana" a partire dalla sua costituzione e sino alla sua scarcerazione 1992” .. “che, attesa l’origine della sua aggregazione al gruppo poi sotto l’egida di Franco GIUSEPPUCCI, le dichiarazioni di MANCINI hanno elevatissima credibilità per tutti i fatti risalenti agli anni indicati e con specifico riferimento ai fatti omicidiari, al traffico di droga, ai rapporti tra il proprio nucleo di provenienza e l’altro gruppo principale (i testaccini) e al perdurare dell’associazione in ambiente penitenziario (vedi pag. 38 e 29).

Le dichiarazioni rese da Antonio MANCINI appaiono immuni da censura e del tutto genuine. Non sussistono motivi di rancore tra il dichiarante e gli imputati. Non sono emerse discrasie nei suoi racconti resi in dibattimento e in fase d’indagini e, perciò, si prestano a essere positivamente apprezzate sotto il profilo della costanza. Non può indurre a contrario avviso la contestazione mossagli sulla base di quanto riferito nel corso del verbale del 21 Aprile 1994, vale a dire: “non sono a conoscenza di circostanze specifiche in ordine alla morte di Roberto CALVI”, posto che egli ha spiegato che “per specifico intendo dire che non so chi ha operato materialmente” (v. pag. 163, tras. 29 Marzo 2006). La ragione fornita è del tutto plausibile, posto che in dibattimento non ha fornito indicazioni sugli esecutori materiali. Per quanto attiene al contenuto delle dichiarazioni dibattimentali si fa rimando all’atto d’appello.

La sua attendibilità non può considerarsi vulnerata nemmeno dalla mancata conferma da parte di Maurizio ABBATINO di quanto riferito da MANCINI, per averlo appreso da Edoardo TOSCANO, circa l’incontro che vi era stato (volto a comprendere come mai Danilo ABBRUCIATI fosse stato ucciso nel corso dell’attentato a ROSONE), tra gli esponenti di vertice della Banda della Magliana, PAZIENZA e CARBONI. In proposito si impongono alcune riflessioni.

Pur avendo enfatizzato la circostanza della mancata conferma nel corso dell’esame di MANCINI, la difesa di Flavio CARBONI ha omesso di porre quesiti quando si è trattato di esaminare Maurizio ABBATINO, al fine di verificare in contraddittorio le affermazioni del predetto MANCINI. ABBATINO, nel suo esame, come abbiamo visto, ha fornito ulteriori indicazioni del tutto credibili sulle finalità dell’attentato a Roberto ROSONE per averle apprese da Enrico DE PEDIS, uno dei soggetti che, secondo MANCINI, assieme ad ABBATINO, TOSCANO, PERNASETTI e PARADISI aveva partecipato all’incontro con PAZIENZA e CARBONI, ritenuti coinvolti nell’agguato.

È, perciò, evidente che non può parlarsi di un contrasto tra i due collaboratori. MANCINI ha dichiarato quanto gli ha riferito Edoardo TOSCANO e il suo interesse conoscitivo era polarizzato sulla fine dell’amico ABBRUCIATI; e potrebbe non aver memorizzato i nominativi dei partecipanti ed avere incluso ABBATINO, il quale, invece, non c’era. La discrasia potrebbe, però, essere riconducibile al proposito, riferito da ABBATINO, di tacere. Se così è, non si posso inferire circostanza negative sulla credibilità di ABBATINO. Semmai viene rafforzata la convinzione della genuinità dell’apertura collaborativa in dibattimento, laddove ha spiegato la finalità dell’agguato a ROSONE, in quanto ci troveremmo di fronte ad un caso di deliberato silenzio proprio sul medesimo tema della valenza dell’attentato a ROSONE suscettibile di estendere i suoi effetti anche su persone non intranee all’organizzazione. Sta di fatto che ABBATINO si è mostrato in possesso di conoscenze, per quanto detto, del tutto credibili. Se, poi, abbia o meno partecipato a quell’incontro è circostanza marginale. Non risulta che ABBATINO abbia negato la partecipazione di DE PEDIS, il quale è risultato avere rapporti privilegiati sia con CARBONI, sia con alti prelati vaticani. Basti pensare al fatto che è stato seppellito in una chiesa romana per meriti speciali, alla stessa stregua di Santi e dei Papi. In ogni caso, il contenuto del racconto di ABBATINO e MANCINI non è lo stesso. ABBATINO riferisce le finalità dell’attentato, come appreso da DE PEDIS, in epoca precedente all’omicidio CALVI e successiva all’omicidio BALDUCCI e di un’attività informativa, dapprima svolta da lui e TOSCANO, rivolgendosi a PERNASETTI e DE PEDIS, che non aveva portato a nulla, e di ulteriori informazioni apprese in seguito dai due, dopo che si erano rivolti a DIOTALLEVI. MANCINI narra un incontro intercorso con due soggetti coinvolti nell’attentato a ROSONE, PAZIENZA e CARBONI, del cui contenuto sa quanto riferitogli da TOSCANO, con specifico riferimento alle spiegazioni raccolte sulla occasionalità o meno della morte di ABBRUCIATI.

In definitiva, le dichiarazioni di entrambi i collaboratori non sono tra loro incompatibili, posto che MANCINI può aver riferito di un’iniziativa ulteriore rispetto a quella di cui ha parlato ABBATINO. Costituiscono, invece, una prova dell’autonomia delle loro conoscenze e, al contempo, conservano piena credibilità e valenza accusatoria nei confronti degli imputati CALO’, CARBONI e DIOTALLEVI, con riferimento all’omicidio di Roberto CALVI, attesa la finalità dell’attentato a ROSONE. Si noti che alcuna refluenza può avere il verdetto della Corte di Cassazione sull’agguato a ROSONE nei confronti di CARBONI e DIOTALLEVI perché si tratta in questo caso di un delitto diverso, giudicato nell’ambito di altro processo, e di nuove prove non valutate dai giudici che si sono occupati del processo ROSONE.

Non può sembrare anomalo che ABBRUCIATI abbia parlato del programmato viaggio a Milano con Edoardo TOSCANO, come ha riferito MANCINI, e non con ABBATINO, dal momento che quest’ultimo ha dichiarato che i suoi rapporti con ABBRUCIATI non erano tanto buoni, pur facendo parte del medesimo gruppo del Testaccio. Il racconto di MANCINI consente, invece, di comprendere come TOSCANO avesse un rapporto ben più saldo di quello di cui poteva vantare ABBATINO. Si pensi solo al fatto che questi (TOSCANO) lo aveva informato che CUTOLO lo voleva uccidere.

Anche sotto il profilo della finalità dell’attentato a ROSONE non è dato cogliere incongruenze. In due racconti provengono da persone che rivestivano in seno all’organizzazione ruoli differenziati e si completano l’un l’altro. Nessuno dei due riporta il movente a conflitti tra ROSONE e CALVI.

MANCINI ha dichiarato di aver appreso da DE PEDIS che ROSONE rappresentava un ostacolo per “i giochini finanziari” di coloro che avevano investito in CALVI nel Banco Ambrosiano; da Edoardo TOSCANO che doveva essere impaurito, zittito e solo ferito e non sapeva cosa c’entrasse CALVI con ROSONE. ABBATINO ha riferito di aver appreso, sempre da DE PEDIS, con il quale aveva parlato più volte, anche dopo che si era informato da DIOTALLEVI, che era un avvertimento per CALVI perché considerato non più affidabile e intenzionato probabilmente a parlare. Si trattava di un “attentato dimostrativo” e gli sembrava di aver capito che ROSONE si opponeva a CALVI.

L’obiettivo di CALO’ e dei soggetti a lui vicini richiedeva un intervento sia su CALVI, sia su ROSONE.

DE PEDIS era particolarmente legato ad ABBATINO (tanto che quest’ultimo ha sottolineato che erano cresciuti assieme, DE PEDIS abitava a cento metri da casa sua alla Magliana, conosceva la madre e i fratelli (vedi pag. 187, trasc. 30.5.2006). Egli ha raccolto le informazioni in più momenti, come si ricava dalle indicazioni di ABBATINO e dal raffronto delle stese con quelle di MANCINI, e le ha riversate su ABBATINO in presa diretta in epoca vicina ai fatti. Mentre MANCINI ha appreso quanto riferito, in larga parte da Edoardo TOSCANO, che, a sua volta, si era rivolto a PAZIENZA e CARBONI.





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