La ricostruzione medico legale


Sull’attendibilità di Claudio SICILIA



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Sull’attendibilità di Claudio SICILIA

Claudio SICILIA è stato collaboratore di giustizia di sicura affidabilità.

Proprio l’apporto collaborativo fornito agli inquirenti, iniziato nell’Ottobre 1986, ha determinato il suo assassinio il 18 Novembre 1991. Non v’è dubbio che tale circostanza di per sé rafforza oltremodo l’attendibilità delle sue dichiarazioni. Si veda al riguardo, le pagine da 32 a 60 della sentenza della Corte d’Assise di Roma del 23.7.1996, la cui motivazione è stata depositata il 21.12.1996 – (vds. All. n. 26). E’ utile riportare alcuni brani di detta pronuncia, che appaiono illuminanti per valutare l’attendibilità del dichiarante.

La spietata esecuzione di SICILIA, avvenuta ad opera di persone rimaste- almeno allo stato- ignote, assume, se la personalità e il peso delle dichiarazioni del collaboratore si esaminano alla luce della presente vicenda processuale, le tragiche sembianze della "cronaca di una morte annunciata".



Lo stesso SICILIA era perfettamente consapevole dei rischi che correva in un momento in cui la patente di totale inattendibilità rilasciatagli dalle ordinanze 28.3 e 1.4.1981 Trib. .Libertà (per le quali v., nel dettaglio, al capitolo IV) si scoloriva al cospetto del nuovo impulso dato all'istruttoria da un più attento e puntuale riesame del già imponente materiale probatorio raccolto in anni di indagini sulla criminalità organizzata romana.

Scrive SICILIA, nell'Ottobre 1989, al PM:
Invio la presente per informar la che dopo l'udienza del giorno 27.10.89 al Tribunale di sorveglianza di Roma, dove dovevano decidere sulla concessione degli arresti domiciliari per motivi di salute o della sospensione pena, è stata richiesta una perizia medico legale che sarà effettuata in questo periodo, dopodichè mi sarà nuovamente fissata l'udienza. Lei ormai conosce le mie condizioni di salute, conosce la mia situazione - familiare per la scelta di vita che ho fatto, a cosa andrò incontro quando tutto questo terminerà, a conti fatti mi rimane da vivere un periodo della mia vita sempre con la costante minaccia di essere eliminato.
E poco più di un anno dopo, al GI di questo processo, il collaboratore – la cui scelta maturò in un periodo storico in cui non vi erano norme speciali di tutela – tornava ad esternare, in toni drammatici, la sua angoscia per l'inevitabile ritorsione alla quale sentiva di essere esposto. (vedi pg. 32 e 33).
….Il livello di conoscenze di SICILIA era cosi profondo da consentirgli di profetizzare, con anni di anticipo, lo svolgersi di un evento – la falda tra gruppo Magliana e gruppo Testaccio – che avrebbe insanguinato il periodo 1989-90.
Interr. CLAUDIO SICILIA, 22.12.1986:
"Sempre in merito all' attuale attività della banda della Magliana posso dire che con l'evasione dell'Abbatino e di Vittorio Carnovale si sono poste le premesse per la riorganizzazione della banda così come era al tempo della sua massima potenza e forse anche più. Infatti gli stessi possono contare su Michele Senese, Renzo Danesi, Gianni Piconi, Roberto Giusti, i fratelli Mastropietro, i fratelli Sestili e Alberto Colafigli; è certo che potrà determinarsi uno scontro violento con quelli del Testaccio, attualmente particolarmente temibili per i loro contatti con gli estremisti di destra (...)”
Che SICILIA "dovesse" essere ucciso, dopo la scelta

collaborare, era risaputo. '



Interr. MANCINI, ud. 16.2.96:
PRESIDENTE: Perchè fu ucciso SICILIA?

MANCINI: Ma Presidente, è come se mi ammazzassero a me domattina. perchè? Co' 'sto po’ po’ de cose... Perchè aveva collaborato con 1a giustizia (...) Sicilia (.,..) c'è stato un periodo in cui ha rubato a man bassa con la Banda. Tutti i soldi erano suoi, eh! Io credo che sarebbe stato ammazzato lo stesso anche se non diventava collaboratore e poi il fatto che è diventatopentito, "infame", come se dice in mezzo all'ambiente, era un motivo validissimo
A conferma dell'attendibilità di CLAUDIO SICILIA, meritano di essere citati tre riscontri di clamorosi evidenza.

Il primo afferisce alle dichiarazioni rese da SICILIA nell'ambito della ricostruzione dell'episodio rubricato, in questo procedimento, sub 22 (tentato omicidio PIARULLI). Nell'interrogatorio del 24.11.1986, SICILIA ebbe a riferire che, in occasione della spedizione punitiva condotta da alcuni membri del sodalizio in danno di NINO PIARULLI, restò ferito ad una gamba RENZO DANESI.

L'imputato, che ovviamente ha negato non solo e non tanto di aver partecipato all'agguato ai PIARULLI, quanto di aver mai fatto parte di alcuna organizzazione criminale, ha sostenuto di non aver mai r1portato ferite da arma da fuoco. Ebbene, l'affermazione di DANESI di non aver mai subito ferite da arma da fuoco (cfr. interr. 20.3.87) è smentita dalle risultanze della perizia medico- legale 11.7.90 CAPELLI - D'ABRUZZO.
Il secondo episodio attiene alle notizie fornite da SICILIA in merito all'omicidio di NICOLINO SELIS: in occasione del fatto un colpo di pistola – riferì il collaboratore – attinse un mobile all'interno della villa di Libero MANCONE, luogo prescelto dagli esecutori dell'omicidio per attirarvi la vittima predestinata.

Orbene, l'attività d'indagine successivamente espletata ha attestato che anche su questo punto SICILIA aveva reso dichiarazioni conformi al vero.(vedi pagg. 38-40)

....

Non v'è altro da aggiungere circa la credibilità di SICILIA, se non che, come per ABBATINO, il giudizio più attendibile in merito proviene proprio dall'interno dell'organizzazione: che motivo avrebbe avuto CARNOVALE di rientrare in Italia ed architettare piani per eliminare SICILIA se costui fosse stato un semplice confidente di basso rango, o, peggio, se, come si è continuato a ripetere nel corso del dibattimento da taluni difensori, la Banda della Magliana, intesa come "network" criminale, non fosse mai nemmeno esistita? Sarebbe mai stato ucciso, SICILIA, se l'istruttoria, il procedimento, l'analisi storica e giudiziaria di oltre quindici anni di delitti rimasti in gran parte impuniti fossero solo, come si è sostenuto per tutta la durata del procedimento, il frutto di un abbaglio collettivo o della pervicace volontà calunniatrice di poliziotti zelanti e di assassini iscritti sul libro paga del pentitismo?(vedi pag. 60)
SICILIA ha reso, con riferimento al procedimento che ci occupa le seguenti dichiarazioni:
In merito ai miei rapporti con ZAZA Michele posso dire che quando venni associato al carcere di Regina Coeli per i fatti del fumo dapprima sono stato per qualche giorno alla prima sezione quindi venni mandato al Centro Clinico. Qui nel corridoio venni chiamato dalla ZAZA il quale mi disse se fossi il Sicilia implicato nel processo MALLARDO, se fossi il cugino dei MAISTO di Giuliano e dello IACOLARE; risposi affermativamente e lo stesso mi chiese di andare in stanza con lui.

Faccio presente che ero in stato di isolamento, dovevo ancora essere interrogato dal giudice, ciò nonostante ero in cella con altre tre persone: lo ZAZA, il GUALÀ Elio e il RIOLO Raimondo“ (vedi pag. 1, verb. 17.11.1986 – v. all. n. 27).
Ad un certo punto della comune detenzione lo ZAZA iniziò a parlami più esplicitamente della sua attività e ciò spesso in presenza del BONO; queste confidenze erano motivate dal fatto che in prospettiva io avrei potuto far parte di associazioni mafiose, in quanto ero persona fidata attese le mie parentele. Mi parlò in proposito di Danilo ABBRUCIATI che era appunto mafioso pur operando con altri gruppi i cui componenti erano all'oscuro della appartenenza alla mafia dell’ABBRUCIATI.

Mi raccontò che l’ABBRUCIATI pur avendo tolto a Umberto AMMATURO la donna, tale Toscano mi sembra comunque una brasiliana cognata di un altro mafioso Nunzio GUIDA, non aveva subito conseguenze proprio per la sua appartenenza alla mafia. Lo ZAZA era a conoscenza di tutti i fatti avvenuti a Roma in quanto gli erano riferiti dall’ABBRUCIATI il quale faceva parte della "famiglia” di Pippo CALÒ. Lo Zaza mi parlò delle vicende del suo processo a Roma; mi disse che si occupava da tempo del traffico dell’eroina, che per li traffico si serviva della struttura della sua organizzazione napoletana” (vedi pag. 2, verb. 17.11.1986 - v. all. n. 27).
Dallo ZAZA seppi anche del passaggio di Enzo CASILLO dalla N.C.O. ai NUVOLETTA e che questi stavano contattando Corrado IACOLARE; lo ZAZA sapeva anche che il CASILLO, per averglielo detto lo stesso, era coinvolto nella morte di CALVI; dei particolari della morte di CALVI venni a sapere invece da mio cugino Corrado IACOLARE” (vedi pag. 3, verb. 17.11.1986 - v. all. n. 27).
Lo IACOLARE aveva anche saputo dal medesimo canale che il CASILLO aveva effettuato frequenti viaggi in Inghilterra e a Parigi, cosa che lo IACOLARE sapeva anche per conoscenza diretta. Aveva saputo inoltre che il CASILLO durante uno dei viaggi in Inghilterra aveva partecipato alla eliminazione di CALVI; quale prima prova di fedeltà ai NUVOLETTA; in proposito mi disse che un grande quantitativo di denaro dei mafiosi era stato investito per il tramite di CALVI in attività immobiliari. Il CALVI doveva essere eliminato perché era a conoscenza di molti fatti importanti e non era più affidabile in quanto non ci stava più con il cervello perché preoccupato di provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Lo IACOLARE mi disse che aveva saputo dell'omicidio Calvi oltre che dal canale maranese da certi MAGLIARI, commercianti di biancheria, suoi amici napoletani di Londra. Lo IACOLARE mi disse che Calvi era stato impiccato dal CASILLO e da altre persone che non conosceva; aveva sospettato che insieme al CASILLO ci fosse anche il CUOMO. Chiesi spiegazioni su come si potesse far impiccare una persona a mo' di esempio. Lo IACOLARE mi disse se ricordavo l'episodio dell'impiccagione di tal CARTUCCIA e di un certo DI MATTEO di S. Antimo, fatti verificatesi nel carcere di Ascoli Piceno. Quanto al CARTUCCIA mi disse che questi era talmente terrorizzato dal CUTOLO che quando vedeva aprirsi la porta della cella ed entrare qualcuno, guardie o altri, saliva su una sedia e si metteva un cappio al collo urlando di non avvicinarsi in quanto altrimenti si sarebbe impiccato; in una occasione alla vista di una persona il CARTUCCIA come al solito era salito sulla sedia con la corda al collo e la persona che era entrata nella stanza gli aveva tolto la sedia di sotto impiccandolo. Quanto al DI MATTEO questi venne addormentato con un sonnifero Roipnol o altro e per usare le stesse parole dettemi dalla IACOLARE mentre il Di Matteo si trovava tra veglia e sonno lo avevano impiccato” (vedi pag. 3 e 4 verb. 19.11.1986, ore 17,30 - v. all. n. 28).
IACOLARE mi raccontò soltanto che CASILLO era andato a Londra e che aveva in qualche modo a che vedere con l’omicidio di CALVI, ma senza alcun collegamento con il sequestro CIRILLO. Sull’omicidio di CALVI ho già parlato ai giudici di Roma” (vedi pag. 9, verb. 15.5. 1987 - v. all. n. 29).
Il collaboratore ha riferito: “di Alvaro GIARDILI, IACOLARE mi raccontò soltanto che era un personaggio importante, in stretto contatto con Pazienza ed altri. Io sapevo personalmente che era in rapporti con Flavio CARBONI, DIOTALLEVI ed altri” (vedi pag. 10, verb. 15.5. 1987 - v. all. n. 29).
Dalla ricognizione delle dichiarazioni rese da SICILIA, si apprende che le sue fonti informative sono rappresentate da Michele ZAZA e da Corrado IACOLARE. Dal primo, ha appreso del passaggio di CASILLO dalla N.C.O. ai NUVOLETTA, il quale aveva riferito direttamente a ZAZA del suo coinvolgimento nella morte di CALVI.

Tali indicazioni convergono con quelle rese da Silvano MARITAN, già riportate nel corpo dell’atto di appello alle pagine da 495 a 497. MARITAN, in estrema sintesi, ha riferito quanto segue.



Nunzio GUIDA gli aveva riferito, nel corso dell’autunno del 1982, per averlo appreso da Michele ZAZA, che:

  • CALVI si era impossessato di soldi da riciclare appartenuti a Michele ZAZA, a Luciano LIGGIO e ai siciliani allo stesso riconducibili, anche residenti a Milano;

  • vi erano state due riunioni (una in Sicilia e una in Calabria) per trovare il modo che CALVI restituisse i soldi ricevuti per reinvestirli e per decidere cosa fare, alle quali aveva partecipato ZAZA;

  • si erano rivolti a una persona fuori dal contesto loro ambientale, un sardo, il quale si doveva interessare per far recuperare i soldi che avevano dato al banchiere;

  • i soldi dati erano di ZAZA, della mafia siciliana, ivi compreso Stefano BONTATE.

Le dichiarazioni di SICILIA e MARITAN vengono impreziosite da quanto riportato nella sentenza del Tribunale di Roma dell’8.11.1985, depositata il 4.1.1986, dalla quale si evince la sussistenza di contatti e rapporti tra Michele ZAZA e Nunzio GUIDA (vds. all. n. 30) così come il ruolo di prestigio di ZAZA nel panorama camorristico e mafioso (vedi pag. 36), nonché i suoi rapporti con Alfredo BONO, i CARUANA, Nicolò SALAMONE e altri (vedi pag. 37 – 40, 109). A pag. 234, il tribunale ricorda che ZAZA è camorrista e “mafioso di complemento”, secondo la prospettazione e gli organigrammi di BUSCETTA e che CONTORNO lo colloca tra i frequentatori abituali della masseria di Michele GRECO. Tommaso BUSCETTA, in data 23.7.1984, ha riferito: ““della “famiglia” di Michele ZAZZA conosco soltanto Nunzio BARBAROSSA, compare di Pippo CALÒ e Nunzio GUIDA”. Si aggiunga che a pag. 96, della predetta sentenza del Tribunale Penale di Roma, V sezione, si pone in rilievo la posizione devotamente ausiliaria di Nunzio BARBAROSSA rispetto a ZAZA. (vds. all. n. 31)
Inoltre, SICILIA ha appreso da Corrado IACOLARE:


  1. CASILLO aveva effettuato frequenti viaggi in Inghilterra e a Parigi. Durante uno dei viaggi in Inghilterra, questi aveva partecipato all’eliminazione di CALVI “quale prima prova di fedeltà ai NUVOLETTA” .

  2. Un grande quantitativo di denaro era stato investito per il tramite di CALVI in attività immobiliari.

  3. CALVI doveva essere eliminato perché a conoscenza di molti fatti importanti e non era più affidabile, in quanto non ci stava più con il cervello perché preoccupato dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria.

  4. CALVI era stato impiccato da CASILLO e da altre persone che non conosceva e aveva sospettato che con CASILLO ci fosse CUOMO.

  5. Alla sua richiesta di come si poteva far impiccare una persona, IACOLARE gli aveva citato due casi: quello di tale CARTUCCIA, terrorizzato da CUTOLO, salito con la corda al collo su una sedia, tolta da una persona entrata nella cella; DI MATTEO di S. Antimo, addormentato con un sonnifero, impiccato mentre si trovava tra veglia e sonno.




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