La ricostruzione medico legale


Sulle dichiarazioni rese da Ciro COZZOLINO



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Sulle dichiarazioni rese da Ciro COZZOLINO

Il difensore ha mostrato di attribuire notevole peso alle dichiarazioni rese da Ciro COZZOLINO, in data 12 Dicembre 1992, che ha indicato essere collaboratore di giustizia.

Le ha invocate per sostenere che CASILLO non era coinvolto nell’omicidio CALVI, per spiegare “il nascere della surreale affermazione di un coinvolgimento di CASILLO nelle vicende della morte di CALVI” (la diffusione della notizia relativa era un modo per far crescere la fama dell’organizzazione).

In proposito, va rilevato che Ciro COZZOLINO è un appartenente alla NCO e non risulta essere mai stato collaboratore di giustizia, né tantomeno destinatario di misure urgenti di protezione o di un programma di protezione. Non risulta nemmeno mai censito presso il Servizio Centrale di protezione, come risulta da una nota prodotta nel corso del giudizio di primo grado. In secondo luogo, va sottolineato che egli ha dichiarato di essere a conoscenza della notizia relativa al coinvolgimento di CASILLO nell’omicidio per averla appresa verosimilmente da Nicola NUZZO, ma di ritenere che si trattasse di una millanteria perché la voce “era troppo diffusa per un fatto così importante” (vedi pag. 1 e 2, verb. 14.12.1992). In altri termini, egli rende una dichiarazione “de relato” percepita da un appartenente alla medesima struttura camorristico che rafforza la tesi accusatoria. La sua opinione sull’infondatezza della stessa è inidonea a riverberare alcun effetto perché è una visione soggettiva proveniente da un camorrista rimasto tale. Tuttavia, va segnalato che questi ha anche affermato che “CASILLO aveva un gruppetto di persone a lui vicinissime che sicuramente sarebbero state a conoscenza del suo coinvolgimento nella morte di CALVI se questa voce fosse vera. Queste persone erano Mario CUOMO e Pasquale SCOTTI, che ora è latitante” (vedi pag. 2, verb. 14.12.1992). Orbene, la riprova della verità dell’informazione viene data da Oreste PAGANO, il quale ha riferito di aver appreso la notizia del coinvolgimento di CASILLO proprio da Mario CUOMO, partecipe all’esecuzione del delitto. Si noti che CUOMO era con CASILLO all’atto dell’attentato nel quale quest’ultimo morì.

In definitiva, le indicazioni di Ciro COZZOLINO lungi dall’essere un elemento di smentita della tesi accusatoria contribuiscono a rafforzarla, in quanto consentono di attribuire credibilità alla fonte conoscitiva del collaboratore di giustizia Oreste PAGANO, rappresentano un elemento confermativo del coinvolgimento di CASILLO ed escludono la fondatezza della chiave di lettura alle convergenti indicazioni sulla responsabilità di quest’ultimo sostenuta dalla difesa, vale a dire che si tratti di una millanteria.


  1. Sulle dichiarazioni rese da Giuseppe CILLARI

La difesa ha sostenuto che Matilde CIARLANTE ha escluso la veridicità delle circostanze riferite da Pino CILLARI (il quale era un usuraio e ha fornito dichiarazioni farneticanti). Si è soffermato, poi, sul contenuto dei verbali resi dal dichiarante e ha evidenziato che da quello reso il 24 Marzo 1994 alla Procura di Salerno, risulta che: CASILLO aveva due valigie a Londra, che aveva visto, in possesso di quest’ultimo, unitamente a delle chiavi; l’incarico di recuperare le borse era stato dato a DI CARLO e CASILLO, da parte di PAZIENZA e CARBONI; le valigie erano custodite a Fregene. Ne ha dedotto che “FLAVONI è stato licenziato in tronco”.

Con riferimento al verbale del 27 Aprile 1994, ha segnalato che dallo stesso risulta: CASILLO era a Londra; era partito con la macchina di CILLARI per recarsi a Trieste; il passaporto lo aveva predisposto LENA e l’aveva dato a CARBONI; i passaporti erano tre, uno dei quali era quello per CALVI; CALVI era stato pedinato finché non se l’erano preso; CASILLO era arrivato a Roma a bordo di un aereo procurato da PAZIENZA con altre persone e aveva un borsone e due borse; si esclude che IACOLARE fosse con CASILLO a Londra. Ne ha dedotto che CILLARI era a conoscenza della visita a Londra di CASILLO sin dall’inizio e ha evidenziato la sussistenza di un contrasto rispetto a quanto dichiarato da GALASSO, laddove ha riferito che in un primo momento CILLARI gli aveva confidato che era all’estero e, successivamente, che si era recato a Londra.

Ha rilevato la sussistenza di un contrasto tra i due verbali, in quanto nell’uno si dice che CASILLO e IACOLARE si sarebbero recati a Trieste con la vettura di CILLARI, mentre nel secondo che sarebbe stato CILLARI ad accompagnarlo all’Hotel Plaza di Milano. Con riferimento al terzo verbale reso da quest’ultimo ha, tra l’altro, evidenziato che non aveva fatto il nome di IACOLARE.

Il difensore ha attribuito le indicazioni di CILLARI sulla società BELLATRIX a notizie appresa dalla stampa.

Orbene, al riguardo occorre osservare quanto segue.

Va detto preliminarmente che, sebbene sussistano incongruenze nelle dichiarazioni riportate nei tre verbali (il fatto che CALVI era stato pedinato), non significa che il suo apporto possa considerarsi in toto inutilizzabile, dal momento che, come si è diffusamente esposto nell’atto di appello, egli è risultato in stretto collegamento con CASILLO, tanto da consentire a Pasquale GALASSO e a Carmine ALFIERI di assassinarlo con un auto-bomba, pur vivendo protetto da un numero consistente di sodali. Deve ritenersi, per quanto si è già detto, indubitabile che CASILLO si sia recato a Londra per uccidere CALVI, posto che ha riferito tali circostanze a GALASSO e ad ALFIERI in coincidenza con l’omicidio del banchiere per giustificare la temporanea assenza di CASILLO da Roma, come gli stessi hanno confermato. Ne deriva, pertanto, che non può essere messo in discussione il fatto che CASILLO si sia recato a Londra per uccidere CALVI nel Giugno del 1982. Del resto, non si può nemmeno ipotizzare che CILLARI avesse potuto apprendere quelle notizie da persone diverse da CASILLO, per la simultaneità tra l’evento e il momento della narrazione di tali circostanze a GALASSO e ALFIERI, i quali erano impegnati per eliminare nella città di Roma CASILLO proprio in quel periodo.

Invero, non sussistono elementi per ritenersi non genuine le sue indicazioni nelle parti in cui egli ha assunto di aver visto direttamente CASILLO con due borse, contenenti documentazione di società (fra le quali, la BELLATRIX e altre panamensi) e titoli, in relazione ai quali fornisce particolari, che possono rimanere impressi solo a chi ha partecipato all’azione. Non risulta che la stampa abbia riportato le indicazioni riferite da CILLARI, né tale materiale era presente nella borsa quando venne fatta riapparire il 1° Aprile 1986, nel corso della trasmissione televisiva condotta da Enzo BIAGI.

Nessuna incompatibilità sussiste tra l’incarico dato a CASILLO da parte di Flavio CARBONI e Francesco PAZIENZA di recuperare il materiale di CALVI e il ruolo svolto da Ugo FLAVONI. Come si è già esposto nel corso della requisitoria, il racconto di CILLARI (vedi pag. 341 dell’atto d’appello) non contraddice il ruolo di FLAVONI, al quale CARBONI ha consegnato del materiale a Londra che CALVI aveva portato con sé all’interno della borsa (prevalentemente chiavi di sicurezza). Le modalità utilizzate sono comprensibili: distribuendo il contenuto della borsa i rischi diminuiscono e questo CARBONI lo sapeva bene. La presenza di FLAVONI a Gatwich e la sua attività ha una funzione ben precisa: quella di assicurare il trasporto da Londra in Svizzera, compito che nessuno degli assassini poteva espletare, in quanto la disponibilità di tutto il materiale nella città luogo teatro dell’omicidio o in un viaggio proveniente dalla stessa sarebbe stato troppo rischioso e avrebbe comportato un serio rischio di essere incriminati per l’omicidio del banchiere, se si fosse stati sorpresi. Una volta assicurato l’allontanamento del materiale e raggiunta la destinazione programmata, ove gli assassini si sono dati convegno, CASILLO e altri hanno provveduto a trasportare, in tutto o in parte, a Roma il materiale, per conto di CARBONI, ricevendo la promessa di un lauto guadagno. Si noti come CILLARI abbia dichiarato che CASILLO giungeva all’aeroporto di Ciampino “due o tre giorni dopo la morte di CALVI” (vedi pag. 3, verb. 27.4.1994) e che FLAVONI effettuò il viaggio a Londra il 18 Giugno 1982, sicché le tempistiche differenziate dei due viaggi aerei di FLAVONI e CASILLO suffragano la tesi della piena compatibilità dell’impiego di entrambi nella condotta post-delictum.

È pur vero che sussistono delle difformità in alcune delle circostanze riferite nel corso dei verbali del 27 Aprile 1994 e del 17 Marzo 1995, che possono comportare un affievolimento della valenza delle sue dichiarazioni. Quand’anche si dovesse pervenire a un giudizio di inattendibilità di alcuni punti della sua versione (il fatto che CALVI sia stato pedinato) alla stregua del principio di frazionabilità nella valutazione delle dichiarazioni, permarrebbe la possibilità di utilizzare la porzione residua del suo racconto. Mette conto evidenziare che le dichiarazioni di CILLARI sono il frutto di una spontanea determinazione a precisare del dichiarante, il quale decide di raccontare quanto a sua conoscenza, spiegando di non aver riferito del coinvolgimento di IACOLARE e di Francesco DI CARLO in quanto “aveva paura” e aggiungendo che: “poiché ora sto male e non mi interessa più niente, ho deciso di riferire tutto quello che so” (vedi pag. 2, verb. 17.3.1995). Si tratta di una spiegazione del tutto credibile o che, comunque, appare logica perché CILLARI effettivamente era malato di un male incurabile, tant’è che dopo un certo periodo di tempo è deceduto. Ed è del tutto credibile che egli avesse paura di IACOLARE e DI CARLO, i quali erano vivi, a differenza di CASILLO, e potevano ben attuare una vendetta. La circostanza che abbia prima detto di aver prestato la vettura a CASILLO e che, da ultimo, abbia sostenuto di averlo accompagnato personalmente può trovare adeguata spiegazione nel timore di essere coinvolto nel delitto, venuto meno una volta resosi conto di dover morire. Una ragione che può spiegare gli innesti di ulteriori episodi nell’ultimo verbale (esempio il pranzo). L’attendibilità delle sue dichiarazioni, che appaiono tutt’altro che farneticanti, viene suffragata dal rapporto privilegiato che egli ha avuto con CASILLO, così stretto da consentire al clan di ALFIERI di ucciderlo, sebbene vivesse in clandestinità a Roma e si muovesse sempre debitamente scortato. Egli è risultato del tutto disinteressato ai fatti riferiti, tant’è che la difesa non ha potuto nemmeno utilizzare una possibile sua utilità o ragione di rancore nei confronti delle persone accusate. Né CILLARI aveva interessi giudiziari da salvaguardare rivolgendosi all’AG romana, tanto da indurre a ipotizzare che egli abbia fornito le dichiarazioni che ci occupano per catturare la benevolenza dei magistrati.

Quanto al rilievo difensivo inerente alle dichiarazioni rese da Matilde CIARLANTE, va richiamato quanto affermato nel corpo dell’atto d’appello (vedi pag. 678) e ribadito che la stessa non smentisce affatto quanto sostenuto da CILLARI, ma ne rafforza l’attendibilità poiché afferma: “dati i rapporti tra CILLARI e CASILLO, era più che logico e possibile che il primo fosse destinatario delle confidenze del secondo o possa essersi recato all’aeroporto a prelevarlo al rientro da qualche viaggio” e che, avendo conosciuto CILLARI, verso la fine di Aprile 1982, “nei primi mesi della nostra convivenza non ero molto addentro nelle sue attività” (vedi pag. 2, ass. inf. del 15.11.2002).

Infine, va osservato che nessun contrasto sussiste tra CILLARI e GALASSO per essere stato il primo a conoscenza, sin da prima della sua partenza, del fatto che CASILLO si era recato a Londra. E, infatti, sia CILLARI, sia GALASSO hanno dichiarato, in tempi diversi e in maniera indipendente l’uno dall’altro, che CASILLO è responsabile dell’omicidio di Roberto CALVI. La distonia invocata attiene a un profilo marginale del tutto secondario e si rivela un contrasto specioso. Il fatto che GALASSO abbia riferito di essere stato informato, in un primo momento, da CILLARI che CASILLO si trovava all’estero e, dopo alcuni giorni, che era tornato da Londra ove aveva ucciso Roberto CALVI non significa che CILLARI non fosse a conoscenza del fatto che CASILLO si fosse recato a Londra prima della sua partenza. Molto più semplicemente implica che CILLARI glielo ha detto nella seconda occasione quando lo ha informato del suo ritorno, circostanza alla quale GALASSO e il suo gruppo erano interessati.

In ogni caso, va osservato che Giuseppe CILLARI è un testimone semplice e le sue dichiarazioni vanno valutate secondo il criterio ordinario della prova, sicché le stesse costituiscono elementi indiziari della responsabilità di CASILLO e dell’imputato CARBONI che non fanno entrare in gioco, rispetto all’apporto dei collaboranti GALASSO e ALFIERI, la regola di cui all’art. 192 III co. c.p., bensì le regole generali in tema di pluralità di prove e di libera valutazione di esse da parte del giudice (rif. sent. nr. 6351, II sez., del 28.2.1994, la cui motivazione è stata depositata il 31.5.1994).

Si riporta ad ogni buon fine, il contenuto della massima della pronuncia citata:


In tema di chiamata in correità l’indagine penetrante sull’attendibilità intrinseca del chiamante si pone solo se la chiamata in correità sia l’unico elemento di prova e gli altri elementi acquisiti costituiscano solo un riscontro di tale attendibilità e non essi stessi, o per lo meno alcuni di essi, elementi di prova a carico dei chiamati. Invero, allorché alla chiamata in correità si affiancano altri elementi probatori o indiziari che a loro volta dimostrano, anche se non compiutamente, le responsabilità dell'imputato, non entra in gioco la regola di cui all'art. 192, comma 3, cod. proc. pen., bensì le regole generali in tema di pluralità di prove e di libera valutazione di esse da parte del giudice”.

Alla presente replica si allegano le dichiarazioni rese da Giuseppe CILLARI il 25.3.1994, il 27.4.1994 e il 17.3.1995, che costituiscono l’allegato n. 31.



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