La ricostruzione medico legale


Sul significato dei contrasti nella dichiarazione degli imputati



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Sul significato dei contrasti nella dichiarazione degli imputati

Il difensore assume che in caso di concertazione tra gli imputati del processo non ci si sarebbe dovuto aspettare contrasti e, in particolare, difformità negli orari. È sin troppo evidente che quando vi è una concertazione la stessa è rivolta certamente agli aspetti fondamentali (es. non aver incontrato CALVI la sera del 17 Giugno).

Invero, il fatto che sugli orari vi siano dei contrasti è un sintomo del mendacio, dal momento che quelle indicazioni furono fornite in epoca vicina alla commissione del delitto. Né si può addebitare le sfasature temporali alla ipotizzata circostanza di non aver adeguato la lancette dell’orologio all’orario londinese o di non portare l’orologio, come ex adversis si sostiene, con riferimento alle sorelle KLEINSZIG.

  1. Sulla conoscenza del suicidio della CORROCHER e della destituzione dagli incarichi rivestiti in seno al Banco Ambrosiano

La difesa ha sostenuto che CALVI aveva avuto notizie dall’Italia, relative al suicidio della CORROCHER e alla sua destituzione dagli incarichi rivestiti in seno al Banco Ambrosiano.

Non vi è alcun elemento di prova credibile che consenta di affermarlo. Va richiamato, in proposito, quanto riportato a pagine 58 e 59 della memoria del 26.03.2010, dal titolo “La causa della morte di Roberto CALVI”.


  1. Sul non essere salito CARBONI da CALVI il 17 sera nella stanza del Chelsea Cloister da CALVI perché non aveva avuto la conferma della disponibilità dell’appartamento e per non volere sentire le lamentele di CALVI

CARBONI non è salito nell’appartamento occupato da CALVI al residence Chelsea Cloister, la sera del 17 Giugno 1982. Il difensore ha sostenuto che la situazione sarebbe stata identica se CARBONI e VITTOR fossero saliti. Ha aggiunto che, se l’avesse fatto, CARBONI si sarebbe esposto a domande e avrebbe dovuto dire che si sarebbero dovuti spostare l’indomani.

È sin troppo evidente come siano profondamente diverse le situazioni di compiere o non compiere un’azione. Dire che non si sarebbero potuti spostare quella sera e la spiegazione della situazione a CALVI non avrebbe presentato alcun problema. Le ragioni fornite per spiegare il mancato incontro sono risibili e portano con sé una singolare anomalia nella ricostruzione difensiva, che si trasforma in un grave e preciso indizio nei confronti di CARBONI. Al riguardo va richiamato quanto si è già detto nel corpo dell’atto di appello da pagina 153 a 171.

Da un lato, si sostiene che, per avere le referenze, sarebbe servita una settimana, secondo Giorgina WILLIAMS, e, dall’altro lato che l’indomani mattina CARBONI avrebbe ricevuto la conferma della disponibilità. Va ricordato che WILLIAMS MORRIS ha sostenuto che l’appartamento individuato non era idoneo a far fronte alle esigenze.

La condotta tenuta il 17 sera da parte dell’imputato appare in tutta l’inverosimiglianza, quando si pone mente al fatto che CARBONI, dopo non avere deliberatamente voluto incontrare il banchiere, avrebbe asseritamente deciso di telefonargli, una volta giunto all’Hotel Sheraton. È contraddittorio sostenere non volergli parlare direttamente e, più tardi a distanza di ore, quando si è più stanchi – in un orario in cui una persona come CALVI avrebbe dovuto, se non fosse stato prelevato, - telefonargli, dal momento che la chiamata è stata effettuata ben dopo la chiusura del locale dove avrebbero atteso le ragazze - chiusura alle ore 11.00, passeggiata successiva, viaggio con il taxi, operazione di check in all’hotel. Il fatto di per sé di andare al Chelsea Cloister per incontrare CALVI e, poi, sostenere di non averlo incontrato per le ragioni in questione è di per sé gravemente indiziante. Si tenga conto che CALVI, a quell’ora, non intendeva spostarsi, come ha sempre affermato VITTOR. Si è arrivati a sostenere, da parte della difesa, che nell’allontanamento di VITTOR non c’è nulla di anomalo perché se ne era andato altre volte. L’argomentazione è semplicemente assurda per il semplice fatto che VITTOR non se ne è mai andato di notte e non ha mai lasciato CALVI senza dirglielo. Quando è uscito dal Chelsea Cloister, VITTOR lo ha fatto su incarico di CALVI e, comunque, non a sua insaputa. Perché CARBONI, come del resto VITTOR, sostiene di non aver incontrato CALVI? È evidente che se non l’avesse fatto non si poteva sostenere che il banchiere si fosse allontanato a sua insaputa.

  1. Sulle attività svolte da CALVI nel corso della giornata del 17 Giugno 1982 e sulle dichiarazioni di Clara CLAVI in ordine a pretesi impegni del marito nel pomeriggio del 17 Giugno

La difesa ha sostenuto che CALVI avrebbe svolto attività fuori dal controllo degli imputati: il mattino quando, per tre ore, VITTOR rimaneva con le sorelle austriache; Clara CANETTI CALVI il 19.12.1990 ha riferito di aver appreso dalla figlia che il 17 Giugno il padre aveva spostato un appuntamento telefonico dalle ore 13 alle ore 14, ovvero alle 15.

In proposito, va rilevato quanto segue. Nelle rare occasioni in cui VITTOR è uscito CALVI voleva essere chiamato ogni 15/20 minuti, come si è già ricordato nel corpo dell’atto di appello.

Non risulta affatto che Roberto CALVI avesse riferito di un impegno per il giorno 17 Giugno, come assume la difesa.

Anna CALVI ha articolato il suo racconto, sulle telefonate del 17 Giugno 82, nei seguenti termini.

Quel giorno aveva sentito il padre tre volte. L’aveva chiamato molto presto alle 8.00. Era molto preoccupato e agitato e aveva raccontato che un certo PELLICANI, segretario di CARBONI, era stato arrestato dalla polizia e era stato “torturato” o, comunque, “trattato molto male”. Vi era una situazione di grande difficoltà e né lei, né il suo fidanzato si dovevano trattenere in Europa perché potevano essere presi e che doveva comprare dei biglietti per recarsi negli Stati Uniti e ricongiungersi ai suoi familiari (vedi pag. 52 e 53, trasc. 20.6.2006). Le aveva detto di pensarci e di dargli una risposta, dandole un appuntamento telefonico alle dieci e mezzo. All’ora convenuta chiamò, gli rispose che il suo fidanzato non aveva il passaporto perché per muoversi in Europa era sufficiente la carta d’identità e che lei non aveva alcun desiderio di andare negli Stati Uniti. Il padre aveva insistito, non aveva nessuna possibilità. L’unica soluzione era di partire, anche se doveva farlo da sola. Le aveva detto di uscire immediatamente e di andare a comprare subito un biglietto per partire la sera stessa e che l’avrebbe richiamata verso mezzogiorno, mezzogiorno e mezzo. A quel punto, era uscita e, non essendo riuscita a procurarsi un biglietto per la sera, aveva fatto una prenotazione per il giorno successivo nel primo pomeriggio, verso l’una , le due. Alle 12.00/12.30, in tarda mattinata, e dopo aver appurato che aveva fatto tutto, le dava “due appuntamenti, uno per la mattina presto circa le 8.00 del giorno successivo… in cui gli averi dovuto confermare che stavo effettivamente partendo e l’altro appuntamento era per il mio fidanzato … verso le tre e mezzo del pomeriggio”, del giorno 18 Giugno, dicendole che il signor KUNZ le avrebbe fatto avere del denaro per renderle più facili gli spostamenti, denaro che doveva accettare senza “dare nessuna confidenza” senza fidarsi e che dovevano “cominciare a staccarsi da questa gente” (vedi pag. 53 – 55, trasc. 20.6.2006).

La madre Clara CANETTI ha dichiarato: “Ad un certo punto aveva addirittura intimato a mia figlia di andarsene e aveva detto che avrebbe fatto due telefonate per avere conferma che avesse deciso di andarsene: una prima doveva farla direttamente a mia figlia che, tra l’altro, quando si rese conto che suo padre non le aveva telefonato, tornò piangente; l’altra telefonata doveva farla a Vittorio, il ragazzo di mia figlia; so che Vittorio disse a mio marito che avrebbe potuto richiamarlo alle 14 perché a quell’ora egli avrebbe potuto dirle se Anna si trovava già al sicuro. Mio marito, però, gli disse che non avrebbe potuto chiamarlo alle 14, ma soltanto alle 15; probabilmente, pertanto, alle 14 o prima di quell’ora aveva un impegno. Poi, comunque, neppure questa telefonata venne fatta” (vedi foglio n. 2 del verbale del 23.11.1983, ore 16:30. v. all. n. 41 ).

Successivamente, evidentemente non ricordando il predetto verbale, ha riferito: “Nel parlare con mia figlia Anna in questi Anna in questi anni ed anche con suo marito Vittorio, ho appreso un particolare di cui non ho mai parlato prima: quando Roberto nella mattinata del 17 Giugno 1982 telefonò ad Anna, le disse che per essere sicuro della sua partenza per gli Stati Uniti avrebbe richiamato a una certa ora, correggendosi immediatamente affermando che per quell’ora aveva da fare e quindi spostando l’appuntamento telefonico una o due ore più tardi. Mi sembra di ricordare che il primo orario fosse quello delle 13 e il secondo fosse quello delle 14 o delle 15. Proprio perché voleva essere sicuro della partenza di Anna, in quella telefonata Roberto disse ad Anna che avrebbe richiamato anche successivamente per assicurarsi che Anna fosse realmente partita. In realtà non avvenne neanche la prima telefonata ed in proposito Anna mi ha riferito che per tale ragione prese l’aereo quasi in lacrime essendosi assai preoccupata per il mancato arrivo della telefonata preannunciatagli dal padre, Vittorio tornò dall’albergo per aspettare quanto meno la seconda telefonata promessa da mio marito, ma non ricevette neanche tale telefonata” (v. pag. 2 del verbale del 19.12.1990 - v. all. n. 42).

Appare, per ciò, evidente che il banchiere aveva, al termine della mattinata del 17 Giugno 82, programmato di compiere quanto meno delle telefonate il giorno seguente alla figlia e al fidanzato della stessa. Un’attività che rende, ancora una volta, inconcepibile l’ipotesi suicidiaria, dal momento che chi si vuole uccidere non pianifica attività per un momento in cui non è più in vita.



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