La vita e I miracoli



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Ogni due mesi il Provinciale dei Cappuccini di Foggia, Padre Bernardo d'Alpicella, doveva inviare al Superiore generale dell'Ordine una dettagliata relazione su Pa­dre Pio. In duplice copia, gli avevano ordinato, perché il Generale doveva, a sua volta, mandarne subito una alla Suprema Congre­gazione del Sant'Uffizio. Il Provinciale non viveva a San Giovanni Rotondo, ma a Fog­gia. Doveva quindi informarsi per poter scrivere. Il suo referente era il Guardiano del convento di Santa Maria delle Grazie, Padre Raffaele. Tra loro c'era ormai un'intesa perfetta. Quell'esercizio era servito a cementare un'amicizia che all'inizio, a causa della provenienza di Padre Bernardo da un'altra provincia, sembrava impossibile. Adesso si davano del tu. Per adempiere il loro compi­to si incontravano spesso, discutevano, valutavano insieme. In questo modo avevano approfondito la conoscenza di Padre Pio. - Quanto mi pesa questa incombenza - diceva ogni volta il Provinciale. - E un impegno umiliante. Mi vergogno a dover sin­dacare continuamente su quello che Padre Pio fa, come lo fa, per­ché lo fa. Spero che Dio mi perdoni. - Anch'io non ne posso proprio più - rispondeva Padre Raf­faele. - Padre Pio è così buono, così semplice, così indifeso! E noi sempre a dubitare di tutto quello che fa. Prima di mettersi a scrivere, i due religiosi si soffermavano a esa­minare la situazione nei due mesi su cui il Provinciale doveva redige­re la relazione. Compilavano bilanci, facevano raffronti con i mesi precedenti e valutavano a fondo le ragioni per cui certe disposizioni del Sant'Uffizio non erano state osservate. In genere filava sempre tutto liscio. Padre Pio era ligio agli ordi­ni, li eseguiva con scrupolo. Ma per alcune restrizioni aveva una ripulsa; per esempio, per l'obbligo di celebrare la Messa in 30 mi­nuti. Ogni volta il Provinciale constatava che, su questo punto, il Padre aveva disobbedito. - Com'è andata la Messa in questi mesi? - domandò il Pro­vinciale a Padre Raffaele, che nella primavera del 1937 aveva compiuto l'ennesimo viaggio a Foggia per espletare quell'odiosa formalità. Padre Raffaele allargò le braccia scuotendo la testa: - Come sempre, anzi, peggio. Nel semestre scorso in media la sua Messa durava circa 60 minuti. In questo semestre la media è di 90 minuti e a volte di 100. - Oh, mamma mia - si lamentò il Provinciale. - Che scrivo? Il Sant'Uffizio gli ha imposto di n6n superare la mezz'ora! - Credo che non sia mai riuscito a rispettare quel tempo. Nep­pure la prima volta, appena arrivate le disposizioni. - Dovrebbe rendersi conto che se sgarra di 10, 15 minuti, al Sant'Uffizio possono chiudere un occhio. Ma quando raddoppia o triplica il tempo indicato, quelli possono pensare che lo fa appo­sta, o in spregio ai loro comandi, e si arrabbiano. - Gliel'ho detto e ripetuto tante volte. Risponde sempre che non ce la fa, che non è capace. Di recente poi mi ha detto che Ge­sù non vuole che lui vada in fretta durante la Messa. Gliel'ha proi­bito esplicitamente. - Ora siamo proprio perduti! - esclamò il Provinciale fingen­dosi disperato. - Se c'è Gesù di mezzo, addio comandi del Sant'Uf­fizio... E allora perché non viene Gesù a scrivere queste relazioni? I due confratelli risero. Il loro imbarazzo e la loro ritrosia nel compiere quell'adempimento denotavano il grande amore e la profonda ammirazione che avevano per Padre Pio. - E veramente ridicolo - osservò Padre Raffaele - che noi stiamo qui a misurare con il cronometro quanti minuti un sacer­dote resta sull'altare per la Messa. - Dovremmo semmai preoccuparci se la celebrasse in modo troppo veloce, se liquidasse un rito così importante frettolosamen­te - aggiunse serio Padre Bernardo. Sarebbe infatti segno di poca fede, di trascuratezza spirituale. Non ho mai capito il senso di quella disposizione. - Forse quelli del Sant'Uffizio vogliono che Padre Pio non si di­stingua, resti anonimo, non faccia niente di diverso dagli altri sa­cerdoti. Mi sembra comunque assurdo stabilire un tempo per il più sublime tra i riti religiosi, la Messa. - E pensare - disse Padre Raffaele - che la Messa di Padre Pio è ciò che colpisce di più il sentimento religioso dei pellegrini. Di tut­ti i pellegrini, a qualunque categoria sociale appartengano. Non ho mai sentito nessuno lamentarsi perché la sua Messa è lunga. Anzi, tutti ne parlano con grandissima ammirazione e sostengono di ri­cavarne un bene spirituale immenso. In convento arrivano di fre­quente anche sacerdoti e vescovi che si fermano e assistono alla Messa del Padre. Spesso, poi, vengono a parlare con me e mi confi­dano le loro impressioni, i loro sentimenti. Sono sempre profonda­mente commossi proprio per la Messa. Un alto prelato che veniva da Roma mi ha detto poco tempo fa: "Mentre Padre Pio celebrava, ho voluto meditare sulla Santa Messa e posso dire che, in ventidue anni di sacerdozio, mai ho meditato con tanto raccoglimento né ho assistito a una Messa celebrata con tanta devozione come stamani". Un altro, un sacerdote bavarese, mi ha scritto: "Per me San Giovanni Rotondo è stata una novella Assisi; e ascoltando la Messa di Padre Pio ho visto Gesù Cristo sulla terra rivivere dopo venti secoli - Sono convinto anch'io che tutti i sacerdoti dovrebbero dire la Messa come la dice Padre Pio. Se veramente ci mettessimo a ri­flettere sul significato dell'immenso mistero che prende forma in quei momenti sull'altare, chi avrebbe il coraggio di celebrare in fretta? - A quelli del Sant'Uffizio non interessa il contenuto della co­sa, loro si preoccupano della forma - affermò indignato Padre Raffaele. - Non dobbiamo criticare - lo redarguì bonariamente Padre Bernardo, ma aggiunse: - Bisogna proprio dire che quei Monsi­gnori romani sono dei legulei miopi e noiosi. - Vedi che mi dai ragione? - Lasciamo perdere, altrimenti ci mettiamo nei guai. Comun­que, a noi tocca obbedire. Le disposizioni ci sono, e se non le fac­ciamo osservare ci andiamo di mezzo tutti. Che scrivo? - La verità. Dobbiamo dire la verità, perché quelli controllano, e c e sempre qualcuno che fa la spia. - Aggiungerò che "la gente segue con profonda devozione la Messa di Padre Pio e ne ricava tanto bene spirituale", in modo che al Sant'Uffizio capiscano che è una cosa bella, edificante, da ri­spettare, non da punire! Per il resto, mi sembra che sia tutto a po­sto. Che ne dici? - Non vedo per il momento altre incongruenze. Arrivano le solite lettere anonime con le solite accuse, insinuazioni. - Bisogna rassegnarsi a questa piaga delle lettere anonime - osservò Padre Bernardo. - Ho letto che da queste parti sono un'autentica mania. Lassù al Nord, da dove provengo io, nessuno scrive lettere anonime. Nessuno si interessa delle vicende dei preti, dei religiosi, a meno che non scoppino scandali gravissimi. Qui in­vece è un vizio diffuso. Talmente diffuso che i vescovi della Puglia sono stati costretti a dichiarare che chi scrive lettere anonime ca­lunniando commette un peccato gravissimo, "riservato", che solo il vescovo può assolvere. Quando si arriva a prendere queste mi­sure disciplinari, bisogna riconoscere che la gente è vittima di odi e rancori inveterati. - Negli ultimi tempi sono proprio aumentate queste lettere. - Non ti preoccupare. Leggile per tenerti al corrente di tutto, ma non badarci troppo. - Va bene, farò così. Tornando a San Giovanni, Padre Raffaele continuava a pensare a quanto aveva detto a Padre Bernardo. "L'ho ingannato" si ripeteva pieno di rimorsi. "Ho accennato alle lettere anonime ma non gli ho confessato la ragione per cui stanno diventando un problema preoccupante." Le lettere anonime da qualche tempo riguardavano un argo­mento delicato, che aveva già procurato tanti guai a Padre Pio: le donne. Padre Raffaele lo teneva nascosto perché era certo che sa­rebbe stato deleterio se fosse diventato di dominio pubblico. E dal momento che era sicuro dell'innocenza del confratello, rischiava di persona. Le lettere anonime prendevano di mira soprattutto le "figlie spiri­tuali" di Padre Pio, un gruppetto di donne che il Padre aveva fondato nel 1916, al suo arrivo a San Giovanni, e che via via si era andato infoltendo. Donne e ragazze che, sotto la sua guida, si impegnavano a condurre una vita di perfezione, dedicandosi alla preghiera, alla meditazione e all'osservanza delle virtù evangeliche, pur continuan­do a vivere nel mondo: una sorta di suore laiche. Per Padre Pio erano autentiche "figlie", che lui seguiva, consigliava, aiutava con grande amore. Per i suoi detrattori, erano le sue amanti. Negli anni della "segregazione" il Padre era stato costretto a trascurare le sue "figlie spirituali", e tra loro si era avuto un pò di sbandamento. Negli ultimi tempi, poi, erano state proprio loro, con il loro comportamento, a far sorgere nuovi sospetti e nuove critiche. Sembrava che lo spirito del male fosse riuscito a penetra­re nel gruppo seminando divisioni. Alcune si erano lasciate vince­re dall'invidia, dalla gelosia, e accusavano il Padre di avere delle preferenze, di voler più bene a certe e meno ad altre. - Io sono tutto di ognuna - diceva loro Padre Pio, che sentiva per ciascuna un grande affetto paterno. Ma loro, accecate dall'egoi­smo femminile, non riuscivano a capire. E le stupide beghe si susse­guivano provocando negli estranei una cattiva impressione. - Le lasci perdere - consigliavano i confratelli di Padre Pio, te­stimoni diretti di certi inconcepibili capricci tipicamente femminili. - Ha gli occhi del Sant'Uffizio addosso e si perde in stupidag­gini del genere. - Ma quali "figlie spirituali"! Quelle sono delle arpie. Finiran­no per rovinarlo... Padre Pio percepiva le preoccupazioni dei confratelli, anche per­ché qualcuno, che aveva maggior confidenza, gliene aveva parlato apertamente. Però non dava loro ragione. Si comportava come un papà che ha dei problemi con i figli: soffre, ma non li abbandona. Avrebbe potuto farlo. Sapeva che così si sarebbe tolto dai guai, ma non lo riteneva giusto. Lui aveva dato vita a quel gruppo e lui dove­va continuare a preoccuparsene. - Ogni anima ha bisogno di una cura speciale - spiegava ai con­fratelli che lo criticavano. - Hanno caratteri diversi, da prendersi chi per un verso e chi per un altro. - Ogni tanto, però, gli sfuggiva­no frasi che palesavano quanto soffrisse per quelle vicende: - Mi costano lacrime di sangue, queste figliole! Che croce, Signore! Continuava con pazienza a vederle, a parlare con loro, a racco­mandare la tranquillità, a sedare i loro capricci, i malintesi. In ef­fetti non avrebbe potuto comunicare direttamente con le "figlie spirituali", dato che restava in vigore la proibizione di parlare "con qualsiasi donna", ma in via eccezionale "disubbidiva" per il bene di queste persone a lui tanto care. Padre Raffaele si era preoccupato quando aveva scoperto che, per le "figlie spirituali", da qualche tempo Padre Pio veniva meno a quanto disposto dai Superiori maggiori. Nel 1923 gli era stato infatti proibito di avere scambi epistolari con chiunque. Aveva obbedito, troncando di colpo la folta corri­spondenza che teneva da anni. Nel periodo della "segregazione", tuttavia, aveva ripreso a scrivere bigliettini a qualcuna delle sue "figlie spirituali". Scriveva, e quindi disobbediva a una precisa di­sposizione del Sant'Uffizio. Quando se ne era accorto, Padre Raffaele aveva provato una grande delusione. "Io lo considero un santo" diceva fra sé. "E un santo non può assolutamente disobbedire." Quei bigliettini erano diventati un incubo per lui. Pur sapendo di essere responsabile del comportamento del Padre davanti ai Su­periori, non aveva mai trovato il coraggio per affrontare l'argo­mento con lui. "Come si fa ad andare a chiedergli perché scrive letterine a delle donne!" si diceva imbarazzato. Fingeva di non sapere niente, sperando che la disobbedienza fi­nisse. Invece continuava. Anche dopo la conclusione del periodo di "segregazione", Padre Pio continuava a scrivere. Il Superiore era talmente amareggiato che non aveva ancora trovato il corag­gio di confidare il proprio segreto al Provinciale. "Prima o poi dovrò farlo" si diceva. "Altri confratelli lo hanno scoperto, e le chiacchiere corrono." Padre Raffaele era profondamente convinto che Padre Pio aves­se una missione particolare da svolgere in questo mondo. Ed era convinto che anche le sue "figlie spirituali" ne facessero parte. Quel gruppetto sarebbe certo diventato il fulcro di un grande mo­vimento spirituale. Perciò chiudeva un occhio se nel comportamento del Padre qualche cosa strideva con le severe regole che gli avevano imposto. Negli ultimi tempi, però, le trasgressioni erano aumentate. Nel maggio del 1936, dopo una breve malattia, era morta a San Giovanni Rotondo Carmela Morcaldi, madre di Cleonice. Carmela era stata una delle prime "figlie spirituali" di Padre Pio, e anche Cleonice lo era diventata fin da ragazzina. Orfana del papà, Cleo­nice aveva trovato nel Padre una guida spirituale straordinaria, che l'aveva seguita con amore negli anni difficili dell'adolescenza e della prima giovinezza, diventando per lei una specie di meravi­glioso "padre adottivo". Adesso, con la perdita della mamma, Pa­dre Pio costituiva tutto il suo mondo affettivo, e lei si sentiva an­cor più legata a lui. Cleonice aveva, nel 1936, trentun anni. Era nata il 22 febbraio 1904, il giorno in cui Fra Pio faceva la sua professione nell'Ordine dei Frati Cappuccini. E spesso il Padre le diceva: - Un Padre nasceva alla vita religiosa, e intanto una figlia veni­va alla luce. A trentun anni, Cleonice non era più una ragazzina. Aveva un diploma di maestra, insegnava, era carina, aveva già ricevuto di­verse proposte di matrimonio, ma le aveva sempre rifiutate perché da tempo aveva fatto una precisa scelta. Aveva deciso di vivere da "suora laica", di dedicare la propria vita alla preghiera, all'aiuto del prossimo, alle opere di Padre Pio. Durante il periodo della "segregazione", il Padre aveva scritto diversi bigliettini a Cleonice. Adesso, in occasione della morte del­la madre, le aveva inviato alcune lettere. Ed erano state proprio queste lettere a mettere in crisi Padre Raffaele, che si chiedeva co­me mai quel suo santo confratello avesse deciso di disobbedire a una disposizione impartita dal Sant'Uffizio. Dopo aver trascorso alcune notti insonni, Padre Raffaele decise di tornare a Foggia per confidare al Provinciale il pesante segreto che ormai si teneva dentro da troppo tempo. - Nei nostri incontri per preparare le relazioni semestrali ti ho taciuto un particolare - Parla pure - lo incoraggiò Padre Bernardo. Al Padre, come sai, è stato proibito di scrivere lettere, di tene­re corrispondenza fin dal 1922. Ha sempre obbedito, troncando la corrispondenza con alcune persone di cui faceva il direttore spiri­tuale per lettera. Però mi sono accorto che negli ultimi tempi invia bigliettini e lettere a qualche "figlia spirituale". In particolare, du­rante l'ultimo anno, ad una di loro, Cleonice Morcaldi, che è rimasta orfana di entrambi i genitori. Scrive, e quindi disobbedisce. - Mamma mia, è un fatto veramente grave! - esclamò Padre Bernardo. - Non riuscivo a trovare il coraggio per dirtelo. - E adesso? Se informo il Sant'Uffizio, come dovrei, succede il finimondo. Quelli, quando sentono parlare di donne vedono non il Demonio, ma tutto l'inferno! Se taccio, rischio ancora di più. - Anche perché - aggiunse Padre Raffaele - non sono il solo a sapere delle lettere. Altre persone ne sono al corrente, religiosi e laici. - Un bel guaio. Ma perché Padre Pio fa di queste stupidaggini? - Me lo sono domandato tante volte. È una delle cose che non capisco. - Avrà perso la testa per una di quelle ragazze. Capita. - No, questo è assolutamente da escludere - replicò deciso Padre Raffaele. E allora? - Vai a capirlo. Conosco Padre Pio da una vita ormai. È puro come un angelo. È un tipo sentimentale e vuole certamente bene alle sue "figlie spirituali". In lui il sentimento affettivo è molto forte: è un uomo traboccante d'amore, inteso in tutte le sfumature spirituali. Ma escludo nel modo più assoluto qualsiasi coinvolgi­mento morboso, di tipo erotico. Nel caso specifico, per Cleonice Morcaldi, come per altre "figlie spirituali", prova un amore pa­terno, grande, ma santo. Me lo ha confermato anche Padre Ago­stino, il suo confessore. Del resto, anche Gesù amava alcune don­ne più di altre: Maria e Marta, le sorelle di Lazzaro, Maddalena e quelle che lo seguivano ovunque... - Mi sembra - lo interruppe Padre Bernardo - che fai tutti questi ragionamenti per convincere soprattutto te stesso. Diciamo con franchezza che ti trovi a dover giudicare una vicenda estrema­mente delicata, e che il comportamento di Padre Pio ci mette tutti nei guai. - Sì, forse hai ragione, era proprio questo che volevo dire e ti chiedo di aiutarmi perché davvero non so che decisione prendere. Padre Bernardo rimase in silenzio, riflettendo su quanto gli era stato riferito. Non era molto disteso, e il suo viso rifletteva un'evi­dente contraddizione. - Insomma - sbottò - questo Padre Pio ce ne combina di tutti i colori. Con tutti i guai che già abbiamo, adesso ci sono anche le lettere, le donne, le "figlie spirituali", le orfane. Quanta pazienza! Guardò Padre Raffaele e vedendo che era triste gli sorrise. - Mi cogli alla sprovvista, non saprei neppure io che decisio­ne adottare - disse. - Forse bisogna attendere, riflettere. Per il momento non direi niente a quelli di Roma. Vediamo se riusciamo a risolvere il problema tra noi. Tu cerca di tenere la situazione sotto controllo. Se puoi, parla con Padre Pio. - Come faccio? Mi sento morire al solo pensiero di affrontare un argomento del genere con lui. - Allora aspettiamo, e che Dio ce la mandi buona. - Padre, voi mi avete tradito - mormorò Cleonice con voce rot­ta dal dolore. Si era accostata al confessionale di Padre Pio non per confessarsi, ma per dare sfogo ad un cruccio interiore che l'aveva let­teralmente sconvolta. Non era facile poter parlare con il Padre, e a volte approfittava del confessionale per confidargli le proprie pene. - Che ti succede, figliola? - domandò calmo Padre Pio. - Amalia mi ha raccontato tutto quello che vi ho confidato. Voi le avete rivelato i miei sentimenti. Sono veramente mortificata e anche arrabbiata. Non mi sarei mai aspettata un simile tradi­mento da voi. - Figlia mia, come osi pensare una cosa simile? Vorresti dubi­tare della mia serietà? Te ne ho forse mai dato motivo? - Eppure Amalia sa cose che io ho confidato solo a voi. - Non mi avevi accennato a certi appunti che avevi scritto per parlarmi dei tuoi problemi? - Sì, è vero. - Dove sono? - A casa, nella mia cameretta. - No, figliola. Tu li hai perduti, e Amalia li ha trovati. Sei stata tu stessa a tradirti, perdendo quelle carte e scatenando in Amalia la gelosia. Io non c'entro. Mi dispiace per quella povera figliola che non ha capito. - E adesso? - Non so che cosa succederà. Quella ragazza è ormai vittima della gelosia. Sta fantasticando, sogna, fa mille congetture. La gelosia acceca. Non so che cosa farà, e mi dispiace per la sua sof­ferenza. - Devo andare a parlare con lei. - No, ti consiglio piuttosto di farti vedere il meno possibile a parlare con me. - Ma io devo vedervi, sentire una vostra parola. Da quando è morta la mamma non ho più nessuno, solo voi. - Ti capisco, figlia mia. Ho sofferto terribilmente anch'io quando ho perduto la mamma. Ma dobbiamo guardare la realtà con gli occhi della fede. Noi sappiamo che la vita non finisce, ma continua in Dio, nell'aldilà. I nostri cari ci sono sempre vicini in Dio. La mamma tua dal cielo ti guarda e ti segue. Più di quanto poteva farlo quando era qui con te, su questa terra. - Padre, quando parlate di mia mamma dite sempre che e in cielo". Mai avete detto che è "in paradiso". Perché? - Figliola! Sono pochissime le anime che lasciando la terra ar­rivano direttamente al cospetto di Dio. Tutte hanno qualcosa da purificare, da lustrare, da togliere. E allora passano per il purgato­rio, che è uno stato in cui le anime stanno in attesa", bruciano nel desiderio della perfezione assoluta e in questo modo si purifi­cano. Tutti passano per il purgatorio. La tua mamma era una san­ta, e lo sai bene. Ma anche lei ha dovuto fare una breve sosta in quel luogo di purificazione. Ti posso assicurare, però, che ora è in paradiso. Vi è entrata questa mattina, l'ho saputo mentre celebra­vo la Messa. - La mamma ci proteggerà, ci aiuterà, ma io ho bisogno di sentire di tanto in tanto una vostra parola. - Facciamo così: se hai la necessità di scrivermi per comunicar­mi qualcosa, non firmare le lettere con il tuo nome e non chiamar­mi Padre Pio. Usa un altro nome. Per esempio, chiamami Racheli­na, così, se perdi le lettere, svii la curiosità di chi le trova. E quando vieni in chiesa, se hai bisogno di parlarmi, dopo aver salu­tato il Signore e aver parlato con lui, fai un colpetto di tosse. Allora io capisco e vado nel confessionale, dove possiamo parlare D'accordo? - Va bene, Padre, faremo così, ma non abbandonatemi. Ora vado, beneditemi. - Che il Signore sia sempre con te. E comportati bene. Preoc­cupati d’essere chiara davanti a lui. Il giudizio degli uomini non conta niente. Amalia aveva deciso di vendicarsi. Leggendo i fogli smarriti da ­Cleonice, si era convinta che Padre Pio avesse delle preferenze e non accettava questo fatto. Non ebbe il coraggio di andare a di­scutere della vicenda con il Padre. Si chiuse in se stessa, lasciando­si corrodere dalla gelosia. Cominciò a diffondere malumore tra le compagne. Qualcuna le dava ragione e si unì a lei. Con queste amiche Amalia abbandonò il gruppo delle "figlie spirituali" di Padre Pio per passare tra i suoi nemici. Divenne una delle sue più accanite accusatrici e, purtrop­po, lo incolpava inventando calunnie. Padre Raffaele vide all'improvviso aumentare le lettere anonime contro Padre Pio. Contenevano segnalazioni precise: denunciavano incontri segreti, nel cuore della notte, tra Padre Pio e qualcuna delle sue "figlie spirituali". Indicavano l'ora, parlavano di chiavi duplicate. Il Guardiano era spaventato. Si dava da fare per tenere tutto sotto controllo, ma gli riusciva difficile da solo. Si confidò con un confratello, Padre Vittore, che occupava la cella accanto a quella di Padre Pio ed era un tipo calmo e riservato. - Sta succedendo qualcosa di molto brutto - gli rivelò. - A che cosa alludi? - domandò Padre Vittore. - A Padre Pio. - Altre restrizioni in vista? - No. Si tratta difatti che accadono qui, nel nostro convento. Ricevo lettere anonime che contengono gravi insinuazioni. Si dice che Padre Pio di notte riceva in convento delle donne. - Ne ho sentito parlare - commentò Padre Vittore con tono imperturbato. - Da chi? - Dai confratelli. Credo che anche Padre Giuseppe abbia rice­vuto lettere del genere. Sai che lui è sempre stato scettico su Padre Pio. Il delatore probabilmente n’era al corrente e quindi si è ri­volto anche a lui inviandogli missive simili a quelle che hai rice­vuto tu. - Allora c'è un complotto - disse il Guardiano. – L’anonimo delatore manda le lettere a me perché Superiore del convento, per avvertirmi che devo denunciare ciò che sta accadendo; e man­da altre lettere a Padre Giuseppe per spaventarmi, farmi sapere che anche altri sono al corrente dei fatti, e che quindi non posso tenere nascosta la vicenda. Farabutto, mi vuole incastrare. E una mossa proprio cattiva contro Padre Pio. - Povero confratello, non lo lasciano mai in pace. - Anche lui, però! Con queste "figlie spirituali"... Non potreb­be mandarle tutte al diavolo? - I santi, chi li capisce? - Tu continui a ritenerlo tale? - Vorresti che cambiassi opinione per qualche pettegolezzo? So­no anni che vivo accanto a Padre Pio e conosco bene la sua condotta. - Hai ragione. Una persona va giudicata dall'insieme della sua condotta, non sulla base di chiacchiere. Però dobbiamo far luce su questi fatti. È importante stabilire che cosa ci sia di vero. Nel caso la vicenda arrivi a Roma, devo avere chiara la situazione in modo da poter controbattere alle accuse. - Quindi, che cosa vuoi fare? - Spiare Padre Pio. Nelle lettere si segnala perfino a che ora ri­ceverebbe le donne. Guarda qui. Padre Raffaele tolse dalla tasca del saio l'ultima lettera anonima che aveva ricevuto il giorno prima. - Vedi? - disse al confratello indicandogli un punto preciso. - Qui dice che questa sera, verso le 23, il Padre scenderà ad apri­re la porta della chiesa per far entrare una donna. - Fammi vedere - ribatté Padre Vittore prendendo la lettera e osservandola attentamente. - Che c'è? Che hai scoperto? - domandò il Superiore. - Questa è la scrittura di una donna. - Ne sei sicuro? - Ho letto un libro di grafologia, una scienza moderna che stu­dia la scrittura. L’autore è Padre Girolamo Moretti, un conventua­le, considerato, almeno in Italia, il padre di questa scienza. È un trattato interessante, e qualcosa ho imparato. Ti assicuro che que­sta scrittura ha tutti i caratteri tipici della grafia femminile. - Interessante! - Probabilmente si tratta di una delle "figlie spirituali" di Pa­dre Pio che ultimamente si sono allontanate da lui, che vuole ven­dicarsi calunniandolo. - Potrebbe essere proprio così. Ma io vorrei controllare il com­portamento del Padre per avere la certezza che le accuse sono false e quindi poterlo difendere. Tu mi devi aiutare. - Volentieri. - Ho già studiato un piano. Da questa sera ci daremo il cam­bio per seguire, di nascosto s'intende, i movimenti di Padre Pio. Lo terremo d'occhio tutta la notte. E controlleremo anche che le porte del convento e della chiesa siano chiuse. Ho pensato ad uno stratagemma: ho preparato delle striscioline di carta sottili, quasi invisibili. Alla sera tardi, non appena il Padre si è ritirato nella sua cella, tu, che gli vivi accanto, vieni subito ad avvertirmi, e io vado ad incollarle sulle porte. Se qualcuno, durante la notte, le apre, le striscioline si rompono e noi, al mattino, abbiamo la certezza che c'è stato qualcuno. Poi troveremo il modo di sapere chi ha aperto le porte di notte. - Va bene, sarò con te. Padre Raffaele e Padre Vittore cominciarono questo faticoso traffico. Era novembre e faceva freddo. Era gravoso svegliarsi nel cuore della notte per andare in giro ad ispezionare le porte, incolla­re le striscioline di carta e alzarsi al mattino prima degli altri per controllare. Per non far rumore, i due confratelli camminavano scalzi. Quando tornavano a letto, i loro piedi erano freddi come il ghiaccio. Questi controlli durarono mesi. Nemmeno una sola volta tro­varono una strisciolina di carta rotta. Nessuno, quindi, aveva mai aperto le porte di notte. Mai un movimento sospetto di Padre Pio o d’altri religiosi. Un giorno il Guardiano ricevette una lettera anonima molto lunga, che riferiva una quantità incredibile difatti farneticanti e affermava che, quella sera, alle 23, ci sarebbe stato un importante incontro tra Padre Pio e la misteriosa donna. - Padre Vittore, questa sera siamo di vedetta - disse al con-fratello. - È arrivata una lettera? - Sì, una lettera delirante. Comunque, dice che stasera alle 23 la donna entrerà in chiesa, e noi dobbiamo assolutamente controllare. - Bene, prepariamoci a vegliare. Si disposero nei punti strategici. Padre Raffaele controllava il coro dove, in genere, Padre Pio restava a pregare fino alle 23. Pa­dre Vittore sorvegliava la cella, così avrebbe potuto sapere se il Padre, una volta lasciato il coro, si ritirava nella sua cella o anda­va in un'altra parte del convento. Quando i frati erano già a letto, Padre Raffaele, furtivo e a piedi scalzi come sempre, andò a sigillare le porte. Poi si appostò in attesa. Padre Pio era nel coro. Intorno alle 23 si alzò per rientrare in cella. Ma invece di dirigersi lungo il corridoio scese in cucina, forse per be­re un sorso d'acqua. Come lo vide imboccare le scale, il Guardiano ebbe un tuffo al cuore. Voleva fermarlo, poi desistette. "Non potrei mai scoprire la verità" penso. Rimase ancora per un pò nel proprio nascondiglio e poi, veloce e guardingo, scese anche lui le scale. Cercò in cucina, in refettorio, nel corridoio, ma di Padre Pio non c'era più traccia. Guardò an­che in chiesa: niente. "Sarà uscito" si disse sconcertato. Non c'erano altre spiegazioni. Salì di nuovo al primo piano e bussò alla cella di Padre Vittore. - L'ho perso, non so più dove sia finito - mormorò addolorato. - Zitto - fece Padre Vittore mettendosi un dito sulle labbra. - È nella sua cella. - Nella cella? Da quanto tempo? - bisbigliò Padre Raffaele. - Da una decina di minuti. - Quando è uscito dal coro, l'ho vistò scendere le scale e ho pensato che andasse ad aprire la chiesa. Dopo un pò l'ho seguito, ma di lui nessuna traccia. - Sarà sceso a bere in cucina. - Ma non l'ho visto risalire. - Ti dico che è tornato subito in cella, ero in ascolto. - Sei sicuro che sia ancora lì? - Certo che ne sono sicuro. Padre Raffaele si avvicinò lentamente alla porta. Accostò l'orec­chio nella speranza di percepire qualche rumore. Sentì, in effetti, qualcosa e si avvicinò ancor di più. Il rumore ritmico, inconfondi­bile, era quello tipico di un monaco che si flagellava. In modo pe­sante. Si sentiva anche la voce addolorata di Padre Pio che accom­pagnava quel severo rito con la recita del Miserere, il salmo di David, usato per le preghiere di penitenza. Al Padre superiore vennero le lacrime agli occhi. Si sentì umilia­to e confuso. - Noi lo spiamo alla ricerca delle sue colpe, e lui è lì a flagellarsi - disse al confratello. - Siamo proprio cattivi. Il giorno seguente l'anonimo delatore inviò una seconda lettera dicendo che la sera prima, alle.23, Padre Pio aveva aperto la porta della chiesa e vi si era intrattenuto a lungo insieme alla misteriosa donna. - Vigliacco, farabutto, bugiardo, assassino - borbottava Pa­dre Raffaele camminando frettoloso verso la cella di Padre Vittore. - Se potessi averti qui ti strozzerei con le mie mani. Adesso ho le prove che sei solo un volgare mentitore. Ieri sera Padre Pio a quell'ora era nella sua cella che faceva penitenza, forse proprio per cercare di salvare la tua anima dannata. Il Superiore aveva deciso di lasciar perdere, di non curarsi delle lettere anonime e di non trascorrere più le notti al freddo girando per il convento. L’anonimo delatore, però, continuava la sua ope­ra farneticante, e a marzo accadde un fatto che portò di nuovo lo scompiglio nel convento di Santa Maria delle Grazie. - Ho colto Padre Pio in flagrante - disse Padre Giuseppe pre­sentandosi nella cella di Padre Raffaele. - Che cosa hai detto? - domandò il Guardiano. - Ieri sera tardi ho visto una donna entrare in chiesa. Sono sce­so e ho trovato Padre Pio sulle scale mentre saliva verso il corri­doio: certamente tornava dalla chiesa dove era andato ad aprire la porta alla donna. - Sei sicuro? - Sicurissimo. - Che cosa ti ha detto quando lo hai incontrato sulle scale? - Che era andato in cucina. - E tu? - Gli ho parlato della donna che avevo visto dal finestrone. Lui ha finto di cadere dalle nuvole ed è venuto con me a cercare. - Avete trovato la donna? - No, perché ad un certo punto lui ha detto che aveva paura dei ladri e non è voluto andare in chiesa a vedere. - E tu, ci sei andato? - No. Ero troppo furibondo. Se l'avessi trovata, l'avrei am­mazzata. - Quindi non l'hai vista. - L'ho vista mentre correva verso la porta della chiesa. E più tar­di mentre se la svignava. Invece di andare a dormire sono stato ap­postato al finestrone, e molto tempo dopo l'ho vista allontanarsi. Padre Giuseppe era esasperato. Era sicuro di quanto diceva. Pretendeva che il Guardiano denunziasse il fatto al Provinciale, che cacciasse Padre Pio dal convento. Padre Raffaele cercò di cal­marlo, ma si rese conto che non avrebbe ottenuto niente. Il con­fratello avrebbe certamente parlato in giro e forse anche scritto ai Superiori maggiori. Per cercare di impedire lo scandalo, chiamò Padre Agostino, con­fessore di Padre Pio, gli raccontò la vicenda e gli chiese di andare a parlare con il Padre. Padre Agostino si fermò tre giorni nel convento e svolse una minuziosa inchiesta. Interrogò Padre Pio e Padre Giu­seppe, li mise a confronto. Un incarico umiliante e penoso. - Non ho cavato un ragno dal buco - disse alla fine Padre Ago­stino al Guardiano. - Padre Giuseppe è fermo sulle sue posizioni, ma non ha visto la donna in chiesa e non l'ha neppure vista entrare. Dice d’averla vista avvicinarsi. Del resto, non l'ha nemmeno vista uscire; sostiene d’averla scorta dietro quel mucchio di sassi scavati dalla roccia dove dovrebbe sorgere la sede del Terz'Ordine. Lui giu­ra di aver visto una donna, e potrebbe avere ragione. Ma non ci so­no prove di nessun genere che quella donna sia entrata in chiesa. "Ho inoltre accertato che la porta della chiesa era chiusa a chia­ve, e la chiave l'aveva il sacrestano. Ad un certo momento Padre Giuseppe e Padre Pio sono andati insieme dal fratello sacrestano a prendere la chiave con l'intenzione di aprire la porta della chiesa. Ma poi non l'hanno fatto, per paura dei ladri, ed è stato Padre Giuseppe a riportare la chiave al sacrestano. Quindi, la chiesa non è stata aperta. La donna non può essere entrata." Padre Agostino fece una lunga pausa, poi con tono sereno pro- I segui: conosco Padre Pio da anni. Mentre rispondeva alle mie do­mande su questa faccenda, parlava con serenità. Si vedeva che è limpido come l'acqua. Padre Giuseppe invece era concitato, con­fuso dalla rabbia e dal desiderio di trovare il confratello in fallo. La mia convinzione, certissima, è che Padre Pio sia del tutto estra­neo a vicende del genere. Semmai è Satana che inventa, fa vedere, costruisce, elabora. Il Padre non c'entra niente. - Sono d'accordo con te - commentò Padre Raffaele. - E so-no proprio stufo. È più di un anno ormai che spio, passo le notti al freddo, nascosto negli angoli più imprevedibili, per controllare la condotta di Padre Pio. È ridicolo! Come si fa a dubitare di un confratello come lui? Basta guardarlo in faccia. Basta osservare come vive, come prega, quante penitenze fa. Siamo vittime di Sa­tana pure noi che dubitiamo. Mi vergogno di quello che ho fatto, non me lo perdonerò mai. È ora che la smettiamo con questa mentalità inquisitoria. Lasciamo che Padre Pio viva, agisca, realiz­zi ciò che lo Spirito di Dio gli suggerisce. Io non voglio più sentir­mi responsabile d’azioni vigliacche come quelle che ho compiuto alle sue spalle nel corso di quest'anno. - Caro Padre Raffaele, tutto quello che hai fatto quest'anno è stato preziosissimo - ribatté Padre Agostino. - La tua è una testi­monianza straordinaria per la storia. Senza il tuo lavoro sarebbero potuti restare dei dubbi sulla moralità di Padre Pio. Tu e Padre Vit­tore, con le vostre meticolose ricerche, avete dimostrato senza om­bra di dubbio che le accuse delle lettere anonime non avevano alcun fondamento concreto, erano inventate di sana pianta; si trattava quindi, ancora una volta, solo di calunnie. Io, a mia volta, con l'in­chiesta che ho svolto, ho provato che nemmeno i sospetti del nostro confratello stavano in piedi. Quindi, abbiamo definitivamente chia­rito un brutto equivoco. Ricordati quel che ti dico e tienilo bene a mente: la tua opera è stata preziosissima. Hai reso un grande servi­zio a Padre Pio. - Ti ringrazio di pensarla così - disse Padre Raffaele confor­tato da quelle parole che non si aspettava. - Mi auguro che tu abbia ragione, però io mi sento un verme.

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