Liber chronicus parr. Ia di vedeseta


Oratorio di S. Gio. Battista



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Oratorio di S. Gio. Battista

A lato della Chiesa parrocchiale vi è l’Oratorio di patronato una volta della famiglia Arrigoni Arrighi73 costrutto nell’anno 1718 a spese del fu Giovanni Battista Arrigoni, e nell’anno 1882 fu acquistato dal Parroco attuale per uso della Confraternita del SS.mo Sacramento, esso è distante dalla Parrocchiale quanto la larghezza della strada, ha la facciata rivolta a mezzodì ed il coro a settentrione, di figura quadrilunga, di lunghezza braccia 19,5 pari a metri 10,30, di larghezza braccia 10 pari a metri 5,40, la sua volta è di forma semicircolare imbiancata, ed il suo pavimento fatto a cemento, alle sue pareti vi sono vari quadri, salendo il coro, l’unico suo altare è di mattoni con la tribuna in stucco a colonne laterali, nel suo mezzo vi è il quadro in tela dipinto, il cui soggetto è l’Assunzione di Maria SS.ma con ai piedi S. Giovanni Battista e S. Catterina74 V. e M. dipinto da valente mano, contornato da relativa cornice consistente in fiorami di stucco, sotto l’invocazione dei sullodati [51] Santi, nel giorno della ricorrente loro festività, il Parroco vi canta la messa.
Sacristia parrocchiale

Dal lato destro vi è la sagristia che al tempo in cui eravi l’investito della rispettiva Cappellania, era compita75 di biancherie ed arredi sacri per l’ufficiatura coll’entrata che qui non si accenna; sulla sommità della facciata vi è la campanella, che al suo suono indica le sacre funzioni che vi si celebrano in qualsiasi ricorrenza.

Alla distanza di met. 11 e di fianco ad esso Oratorio vi era costruito nell’anno 1809 il cimitero per la sepoltura dei defunti giusta le provvide leggi in quell’epoca emanate, essendosi prima provvisto per mezzo delle sepolture allora esistenti nell’antica Chiesa parrocchiale demolita in quell’epoca, tal cimitero servì fino al 1843 nel quale tempo venne eretto l’attuale, nel luogo denominato Fontanello distante dall’abitato della contrada centrale di Vedeseta un quarto di chilometro poco più, e quello sunnominato venne poi sgraziatamente profanato e convertito in un carbonile, o deposito di carbone, per opera di uno che se lo appropriò indebitamente.

Oratorio di Avolasio

Oratorio di Avolasio - Giace questo Oratorio disgiunto dall’abitato di questa frazione, e secondo l’opinione di alcuni lo si vuole antichissimo, se si considera la sua semplicissima costruzione ed architettura, la sua [52] erezione secondo le memorie del Sacerdote D. Francesco Biava-Salvioni risale all’anno 1615, vi si vedono nel portico situato davanti alla porta maggiore di esso alcuni teschi di defunti che credesi ivi sepolti negli anni 1600 e seguenti in cui serpeggiava il contaggio76 nei contorni di questa montagna. Questo Oratorio ha la facciata verso sera a cui vi è congiunto il sullodato portico, è lungo braccia 15 on. 1 p 1 pari a met. 8, e largo br. 7 on. 6 punti 6 pari a met. 4,00 con soffitto di legno, e il pavimento di pietre martellate e connesse, ha dal lato di mezzodì una porta a comodo degli uomini, e a sinistra un rustico confessionale, il coro è fatto a volta e l’altare di mattoni è rivestito di stucco come parimenti sono gli ornati superiori della tribuna che contiene un quadro in tela rappresentante la B. V. della Neve, titolare di questo Oratorio che si solennizza il giorno 5 di agosto e ai lati il quadro di S. Carlo Borromeo e S. Ambrogio di cui si solennizza la festa della morte e della deposizione nel giovedì dell’ottava di Pasqua secondo il rito ambrosiano, invocato anch’esso come titolare. Dalla parte destra del coro si entra in sagristia, la quale è fornita della biancheria, degli arredi e dei sacri paramenti necessarii per le sacre funzioni.

Nel pavimento di esso Oratorio vi è un sepolcro antico e sulla sommità del tetto vi è un capitello su cui vi [53] sono due buone campanelle antiche, di cui ignorasi l’epoca in cui furono poste, davanti ad esso Oratorio vi è un vasto piazzale che in parte è formato ora ad uso della nuova fornace77 in cui si fanno le tegole (coppi), pianelle e quadrelli occorrenti per le fabbriche. Dalla parte d’oriente unito al coro dell’Oratorio vi è la casa che serviva di abitazione per il Cappellano ed è composta da n. 7=sette stanze e la cantina ed era fornita di mobili necessari per la residenza del prete, ora vi abita una famiglia privata la quale paga l’annuo affitto nelle mani della rispettabile Fabbriceria parrocchiale.


Oratorio del Reggetto

Oratorio del Regetto. - Esiste questo Oratorio in posizione verso mezzodì ed è disgiunto dall’abitato, ha la facciata rivolta a mezzogiorno e il coro a tramontana ed è in posizione allegra, questo, secondo le memorie del sullodato D. Francesco Biava-Salvioni, Parroco di Pizzino, venne eretto nell’anno 1635, la sua lunghezza è di braccia 16 on. 9 punti 10 pari a metri 9.00, la sua larghezza di braccia 11 on. 2 punti 6 pari a met. 6. E' pavimentato di cemento e il suo involto semicircolare, a sinistra vi si vede il pulpito di legno noce per il panegirico in onore del Santo titolare, sotto di esso vi è il confessionale pure in legno noce ben commesso, d’altra parte vi si vede appeso un antico quadro in tela di discretto [sic] pennel[54]lo, che raffigura la gerarchia angelica, la SS. Trinità, varii Santi e il Purgatorio con molte anime che anelano alla gloria celeste, in esso vi si vedono non meno di centocinquanta figure umane regolarmente disposte in buona simmetria.78

L’altare nel coro è di mattoni, superiormente ornato di legno verniciato a varii colori marmorei con scherzi di stucco e nella ancona una nicchia in cui è riposta la statua di legno rappresentante S. Antonio da Padova, in grandezza naturale, ristaurata, rimessa a nuovo e abbellita dal pittore Brighenti di Clusone nell’anno 1879, nel suo abito dell’Ordine francescano: esso è il titolare di questo Oratorio sotto la cui invocazione è dedicato e ha il Bambino Gesù in braccio. La sua festa cade ogni anno il giorno 13 di giugno, in tal giorno vi si canta la messa solenne con l’intervento del Parroco e dei RR. sacerdoti della Valle, ed anche i vespri colla benedizione della reliquia del Santo; talvolta la si fa anche per divozione per implorare da Dio mediante l’intercessione del Santo la grazia della pioggia se è prolungata la siccità e della serenità se è prolungata la pioggia, e anche in rendimento di grazie dei favori ricevuti per la di lui intercessione, e allora si porta la statua in processione, tale festa di divozione però la si fa colle elemosine degli abitanti della Parrocchia. [55] La festa poi che si fa nel giorno in cui cade è a spese del Parroco essendovi l’annuo interesse sopra un capitale a ciò destinato.
Oratorio della Lavina

Oratorio della Lavina. - Al fianco sinistro della contrada della Lavina e precisamente verso ponente, vi è l’Oratorio dedicato all’Annunciazione di Maria SS.ma la cui festa si celebra nel giorno 25 di marzo di ogni anno; in progresso di tempo venne aggiunta anche la divozione ad onore di S. Vincenzo levita e martire la cui festa celebrasi ai 22 di gennaio di ogni anno, con messa cantata e vespri dal Parroco di Vedeseta, nella cui giurisdizione parrocchiale esiste esso Oratorio, ora si canta la messa solenne a mezza mattina colla benedizione della reliquia del Santo, e ciò secondo l’intenzione di un certo Simone Arrigoni qui della contrada, il quale ordinò con suo testamento in data del giorno 18 novembre dell’anno 1626 che fosse dipinta l’immagine del Santo levita e martire sul quadro in tela che trovasi nell’ancona dell’altare come appresso verrà descritto.

Desso Oratorio venne edificato nell’anno 1428, come risulta da memorie inedite sulla Valle Taleggio del sullodato D. Francesco Biava-Salvioni Parroco di Pizzino e pubblicate in un opuscolo dell’Ing.r Arri[56]goni di Introbbio in una nota a pagina 191, venne più volte ristaurato minacciando rovina, la sua facciata è esposta a occidente ed il coro ad oriente, di figura è quadrilungo, è pavimentato di mattoni, ed il soffitto piano è a cemento, cosidetto alla veneziana, il coro è fatto ad involto semicircolare, è complessivamente lungo braccia 22 on. 10, punti 9 pari a met. 12,25, largo braccia 11 on. 8 pun. 4 pari a met. 6,30, ha la campanella sulla sommità della facciata, che invita gli abitanti alla messa, nel suo interno vi si vedono appesi diversi quadri in tela di poco valore, fra i quali meritano speciale riguardo due, di cui uno figurante la nascita di Gesù Bambino e l’altro di S. Giuseppe, questi trovansi appesi a cadaun lato dell’arco di ingresso del coro.

Entrando nel coro vedesi l’altare di mattoni rivestito con pochi ornamenti di stucco e con due colonne laterali nella parte superiore, nel mezzo dell’ancona vi è il summentovato quadro rappresentante il Mistero dell’Annunciazione con ai piedi per sbaglio del pittore S. Vincenzo Ferreri invece del levita e martire titolare del suddetto, esso è di discreto penello79, questo vi fu posto nell’anno 1630 essendo prima la tribuna dipinta a fresco, dal lato sinistro vedesi in alto il quadro in tela raffigurante S. Vincenzo levita e martire, da discreto penello figurato e di forma ovale, ma ora logorato dal tempo, di sotto vedesi [57] il quadro in tela rappresentante S. Carlo Borromeo in atto di preghiera di discreto penello,80 con cornice abbronzata, a destra vedesi altro quadro in tela figurante un altro Santo Vescovo, da ambi i lati dell’altare si accede in sagristia, la quale è provvista del necessario sia di biancheria come anche di paramenti per le sacre funzioni, come anche di arredi per ornamento dell’altare per le solennità suaccennate, di sopra; questi arredi vennero riargentati e rimessi a nuovo da un pio Sacerdote benefattore a proprie spese (vedi l’elenco dei sacerdoti nativi della Parrocchia) come anche le reliquie che trovansi nel ripostiglio situato nell’angolo a destra della prospettiva del coro, i reliquiari sono di legno lavorato a rilievo e intarsio argentato, sullo sportello in legno non lucido lavorato che chiude questo credenzino, vi è affisso un cartello che porta il nome dei Santi Martiri le cui ossa sono custodite entro questi reliquiarii di stile antico. Avvi pure la reliquia di S. Vincenzo levita e martire, contenuta in un reliquiario d’argento cesellato, entro relativo astuccio di cartone, ed è custodita in una casa privata.

Tale Oratorio colla relativa sagristia è molto umido, sarebbe bene fare uno scavo sotto il pavimento, indi riempirlo di pietre, indi rifare a nuovo il pavimento, sia dell’Oratorio come anche della sagristia, specialmente contro monte esternamente, una stabilitura di cemento al piede del muro, in tutta la sua lunghezza, onde impedire che vi penetri l’acqua.

[58] Congiunta alla sagristia vi è la casa che una volta era destinata per il Cappellano, ma per nulla adatta a tale scopo, in seguito fu acquistata da un privato da cui è occupata, dimorando ora esso colla sua famiglia, esercitando esso il commercio di latticinii nel sobborgo di Porta Venezia a Milano.81



Cappellette nel contorno della Parr.a

Santelle o triboline nel circondario della Parrocchia. - Fra le diverse opere che fece il benefico Parroco Giov. Pietro Locatelli si annoverano pure le santelle o triboline che fece erigere in diverse parti della Parrocchia quali sono: due sul sagrato della Chiesa parrocchiale di cui una poi fu distrutta per erigere la Chiesa ora esistente e la terza nella parte orientale della contrada, a cui vi è una fontana per le lavandiere con abbondante acqua ai piedi di essa, una alla località detta la Menterga sulla via che conduce al Regetto, un’altra alla Torre sull’antica strada che conduce in Salguggia, due da Vedeseta andando in Avolasio per l’antica via, cioè una al piede della cava di sabbia ed era la più bella di tutte, poi per l’ingiuria del tempo fu poi restaurata a spese di un benefattore nell’anno 1885 ma non peranco dipinta e l’altra nella località detta dei Frontali che credesi rovinata perché abbandonata la via. Quattro da Vedeseta a S. Bartolomeo di cui una a Pralongo, l’altra nel sito denominato Bosco Roveri sopra [59] i Grilli, la terza nei Salini sotto a S. Bartolomeo e l’ultima sul piazzale della Chiesa stessa di fronte alla facciata. Un’altra da Vedeseta alla Lavina sulla costiera della località detta la Nocca alla parte sud ovest82 della detta contrada, un’altra con fontana vicino alle case del Suaggio stata di recente rimodernata, altra tribuna sul Zappello83 del Riné sulla strada che conduce al monte Piazzoli e l’ultima nella località detta Foppa di Monte sopra la strada superiore che da Vedeseta conduce parimenti a S. Bartolomeo.84

Tutte queste tribune furono erette a spese del sullodato Parroco nell’anno 1730, parecchie delle quali con bella simmetria e dipinte a fresco da certo pittore Quarenghi Giovanni di Vall’Imagna che gli costarono una vistosa somma di danaro, su di esse furono disegnati e figurati i varii misteri della nostra santa Religione come ben vedesi, incaricando altresì i Parrochi suoi successori di Vedeseta per la loro relativa manutenzione, a tal effetto loro lasciò varii mobili e la libreria di sua ragione nella casa parrocchiale, alcune di tali tribune furono costruite con architettura ed involto e colla pittura da ogni lato con maggior spesa. È però costante usanza dei passaggieri nel passare vicino a tali santelle di recitare qualche orazione ad onore di Maria Vergine e in suffragio delle anime dei trapassati, in special modo del prelodato benefattore, il cui ritratto esiste in due copie, l’una in formato busto alquanto piccolo è appeso nella sacristia della Chiesa parrocchiale dalla parte verso monte [60] in posizione alta, sopra la cornice che sostiene l’involto, l’altra copia85 in formato più grande del naturale è appesa nella sagristia della Chiesa di S. Bartolomeo, ha pure questo pio benefattore lasciato nella casa parrocchiale una copia dell’originale già dipinto dal divino Raffaello che rappresenta la Madonna della seggiola.
Cappella eretta sotto il Parroco Artusi

Cappella detta dei morti fuori del paese. - Espressa dalla popolazione di Vedeseta al proprio Parroco Artusi l’intenzione di erigere una Cappella sullo stradale poco fuori del paese alla distanza di metri 207,50 circa dalla contrada centrale, nel punto che corrisponde prossimamente in linea retta all’angolo ovest del cimitero, essendo questo situato in posizione lontana dallo stradale più di 150 metri in linea orizzontale e posto sulla via cavalcatoria che conduce alla frazione del Regetto, ciò fu in omaggio e in adempimento alla propria divozione verso i defunti, affinché anche i passaggieri avessero a ricordarsi di recitare una prece in suffragio dei trapassati.

Venne questa costruita nell’anno 1885 con spontanee offerte della sullodata popolazione, la sua figura è un quadrato rettangolo che ha la dimensione esterna di metri 3,98 di lunghezza e metri 3,87 di larghezza e internamente ha la misura di metri 2,98 di lunghezza sopra metri 2,87 di larghezza e la sua altezza di metri 4,50 circa, la sua volta è a foggia di una tazza, ha l’altare di mattoni, e il suolo in pianelle [61] di cemento a mosaico colorate, essa è dipinta nella volta a fondo azzurro in mezzo a cui vi è l’Eterno Padre e lo Spirito Santo, un po’ sotto un angelo che porta al cielo un’anima, nei piccoli spazii situati ai quattro angoli sono figurati gli emblemi delle classi sociali, che per decreto divino sono colpite dalla falce fatale della morte, cioè: l’ecclesiastica nei distintivi del Papato, la civile nei distintivi del Re, in quelli della milizia colle armi, la scienza cogli strumenti musicali e gli apparati scientifici, l’agricoltura cogli stromenti del lavoro campestre.

In mezzo sopra l’altare ci si presenta la Risurrezione di N. S. Gesù Cristo sollevato in aria, a basso un angelo che tiene la pietra sepolcrale e le guardie sdraiate e immerse nel sonno, dalla parte destra dell’altare e a sinistra di chi ammira vi si rappresenta Adamo ed Eva in atto di commettere il peccato della disobbedienza al divino comando nel paradiso terrestre, cogliendo il frutto dell’albero della scienza del bene e del male, ed il serpente infernale avente la testa di una femmina, che istiga a trasgredire il comando di Dio, sotto la figura vedesi scritte le parole: "Per peccatum mors".

Dalla parte sinistra dell’altare, e a destra di chi guarda, vi è dipinta la risurrezione dei morti, in alto vedesi un angelo che collo squillo della tromba chiama i morti a nuova vita, per avviarsi alla gran Valle di Giosafat, ove si erigerà il divin tribunale, a basso gli scheletri che escono dalle loro tombe, alcuni vanno cercando le loro ossa per ricongiungersi insieme e ri[62]vestirsi della carne, dei nervi, muscoli e della loro pelle ed altri già rivestiti che s’avviano alla gran Valle di Giosafat con sotto l’epigrafe: "Et expecto resurrectionem mortuorum", tutto questo lavoro è opera del pittore Antonio Sibella nativo di Rota Fuori in Valle Imagna, che l’eseguì nell’anno 1887. Il suo ingresso ha la larghezza di met. 2,02 e l’altezza di met. 3, terminante in figura semicircolare e chiusa dal relativo cancello di ferro artisticamente lavorato e colorato cui vi ascende per due gradini di pietra di granito, la sua facciata è di pietra martellata e scolpita composta da due pilastri che sorreggono l’architrave, aventi ciascuno il relativo capitello e bassorilievo, l’architrave è pure intagliato come anche il cimiero sormontato dal piedestallo portante una piramide regolare a base quadrata e terminata da una croce di ferro lavorata, ai lati del cimiero vedonsi due altri piedestalli portanti due statue di cemento figuranti due angeli, l’apertura della Cappella è contornata da relativa cornice della medesima pietra.

Esternamente e davanti alla stessa Cappella vi è uno spazio che dicesi atrio scoperto, esso è contornato da apposito parapetto alto met. 0,50 e coperto da lastre della stessa pietra portante all’ingiro un cancello di ferro battuto e lavorato ed ogni sua parte è lunga met. 5,76 e alta met. 1,12, ad esso atrio vi si sale per una scaletta di n. 8 gradini di cui n. 7 sono della medesima pietra di cui sopra, e l’ultimo [63] in fondo è di pietra indigena divisa in parti riunite, a lato della stessa scaletta sonovi due frontespizi dell’analoga pietra di cui sopra, dei [quali] quello a destra porta un’iscrizione e l’altro a sinistra è incavato internamente con in mezzo un apposito foro che serve per raccogliere le elemosine con sopra l’iscrizione: "Offerta per i poveri morti" e sotto: "Santo e salutare pensiero" ecc.

La dimensione dell’atrio è di met. 2,70 sopra met. 3,15 di larghezza, tutto selciato nel suo interno davanti all’apertura della Cappella, sul frontespizio della medesima vi si vede un’epigrafe scolpita in una pietra di forma ovale portante lo scopo per cui fu eretta la stessa Cappella, tale epigrafe è affissa all’architrave nel suo mezzo.

Le pietre sopradescritte provennero dalle cave esistenti nel Comune di Carvico presso Ponte S. Pietro. La lunghezza della scaletta e la larghezza dell’ingresso dell’atrio stesso è di met. 1,95, quest’opera di completamento tanto della facciata della Cappella, come dell’atrio colla posa in opera del cancello e della relativa scaletta furono fatte nell’anno 1886.86

[64]

Capitolo IV
Visite pastorali avvenute per mezzo degli

Arcivescovi di Milano, e loro delegati -

Descrizione della nuova Chiesa parrocchiale,

sua figura ed invocazione
Visite pastorali

Dall’epoca in cui furonsi introdotti i primi abitanti, e con essi, come si è notato nel primo capitolo di questa seconda parte, e dall’epoca in cui furono erette le Chiese e poscia le Parrocchie una dietro l’altra in questa nostra Valle Taleggio, non si ha memoria veruna che siasi fatta la Visita pastorale per opera degli Arcivescovi di Milano, ciò che fu parimenti nella vicina Valle di Averara, nella Valsassina e in altre terre, prima del Sacro Concilio di Trento. Solo si ha dalle memorie storiche di questa Valle, che queste terre fino dalle origini in cui cominciarono ad essere abitate, furono tributarie all’Arcivescovo pro tempore di Milano, del rimanente nulla è affatto noto su questo argomento, benché come a suo luogo si è notato, questa Vallata nel suo intiero in un con quella d’Averara faceva parte della vasta Diocesi di Milano.



Ia

La prima visita pastorale che in questa Valle ven[65]ne fatta dopo il prelodato Sacro Concilio di Trento, fu quella del glorioso S. Carlo Borromeo allora Arcivescovo di Milano, la quale seguì nell’anno 1566, in quell’epoca essendo la Parrocchia di Vedeseta dalla sua erezione sino a quella circostanza istituita nella Chiesa di San Bartolomeo, vedendo il prenominato Arcivescovo come si è notato a suo luogo sul trasferimento della Parrocchiale, essere distante la Chiesa parrocchiale dalle contrade di Vedeseta, Lavina ed altre frazioni e l’essere priva da qualsiasi abitazione all’infuori di quella del Parroco, e affatto isolata, d’altra parte come era ciò assai inconveniente, sapendo anche come accenna la storia locale, che ben parecchi dei parrocchiani alludendo il pretesto della distanza dalla Parrocchia, non santificavano la festa, e sovente trasgredivano i loro doveri religiosi, dandosi ad ogni sorta di divertimenti, stimolati anche da cavallanti che venivano in questa Valle a trasportarvi e smerciarvi dei generi necessari per il vitto,87 con grande rammarico del Parroco stesso, il sullodato Arcivescovo ne ordinò il trasferimento della Parrocchiale dalla prelodata Chiesa di S. Bartolomeo a quella di S. Antonio Abbate in Vedeseta, con tutto quanto era di pertinenza della Parrocchia stessa, e dei diritti del Parroco, dei paramenti ecc. come si è a suo luogo descritto, parimenti ordinò quanto era necessario per l’esercizio del culto stesso. Da questa [66] prima sacra visita pastorale ne rimane memoria perché in quest’epoca fu costituito il Beneficio parrocchiale, mentre prima non lo era, una seconda visita la fece nell’anno 1582, ma di questa non trovasi documento che ricordi un tale avvenimento.



IIa

Dopo il glorioso S. Carlo ritienesi vi sia stato in visita il Cardinale Federico Borromeo nipote del sullodato poco dopo il 1600, ma anche di questo non esiste documento nell’archivio parrocchiale da cui risulti che era venuto in questa Parrocchia, ma credesi però che sull’esempio dell’illustre e immortale suo predecessore e zio S. Carlo Borromeo, nell’epoca in cui fece le sue pastorali escursioni nella vicina Valle d'Averara sia penetrato anche in questa Valle, e abbia visitato le singole Parrocchie compresa anche questa di Vedeseta.



IIIa

Nell’anno 175188 venne in visita pastorale in questa Valle il Cardinale Giuseppe Pozzobonelli allora Arcivescovo di Milano il quale consacrò la attuale Chiesa parrocchiale di S. Ambrogio in Pizzino, come ricorda un’epigrafe scolpita in tavola di marmo nero la quale è situata sul pilastro destro del coro vicino all’altare della Madonna, in questa Parrocchia dal prelodato cardinale Arcivescovo fu mandato in qualità di convisitatore delegato Monsig.r Felice D’Adda, canonico ordinario della Metropolitana di Milano, [67] dal quale era accompagnato il prefato Cardinale Arcivescovo; questi nel compiere un tale ufficio, trovò che la Chiesa parrocchiale allora esistente causa la sua piccolezza poco rispondeva a contenere la popolazione già da allora aumentata, ordinò che ne fosse costrutta un’altra, più ampia, la quale meglio rispondesse alle esigenze della Parrocchia. Alcuno asserì che un’altra visita pastorale fosse stata fatta da un certo Monsig.r Scotti Vescovo in partibus infidelium per delegazione dell’Arcivescovo Visconti, di cui ne era ausiliare, ma di questo non trovasi nessuna notizia né nell’archivio parrocchiale e neppure in quello della veneranda Curia arcivescovile, per quanto risulta dal libro intitolato: "Notizie storiche della Valsassina", dell’autore D. Carlo Gianola attuale Parroco di Garbagnate milanese, da ciò risulta che dopo quella sopraenunciata fatta dal canonico D’Adda verun’altra visita pastorale venne fatta dall’epoca in discorso a questa parte, tranne che nel 1893 ci venne Mons.r Tavani Vescovo titolare di Mindo, ma fu invitato appositamente per benedire solennemente le due statue di S. Antonio Abbate e S. Luigi Gonzaga, come si vedrà a suo luogo.


Cenni sulla nuova Chiesa

Descrizione della nuova Chiesa parrocchiale sua figura ed invocazione. - Tale prescrizione non cominciò ad effettuarsi che quarant’anni dopo, cioè nell’anno 1793, aven[68]do in quell’anno alcuni provvidi benefattori lasciato due legati di qualche considerevole somma, questi servirono d'incoraggiamento e spinta per sollecitare i maggiorenti del paese a stabilire il progetto di eseguire la costruzione della nuova Chiesa, a tale effetto ne fu fatto fare il disegno, s’ignora però da quale architetto si siano valsi per la delineazione e allestimento dell’opportuno disegno, come anche per la sua esecuzione, perché il primitivo disegno non lo si trova, tranne che quello per la costruzione delle balaustre, il quale è opera del figlio del signor Paleni di Bergamo, ma di questo se ne parlerà a suo luogo.

A tale progetto venne data esecuzione nel mese di giugno dell’anno successivo 1794, sgraziatamente venne scielto un luogo poco propizio per tale fabbrica, vicino all’antica Chiesa, con tale positura che una facciata guardava l’altra, essendo quella della nuova Chiesa rivolta a tramontana col coro a mezzodì.89

Nell’anno 1803 come alcuni asseriscono venne benedetta con molta pompa e solennità dal Rev.mo D. Carlo Crippa allora Prevosto di Primaluna, a ciò delegato dall’Arcivescovo, resosi defunto nell’anno 1832, ed aperta al divin culto nella prima domenica di ottobre e, secondo l’autore dell’opera già menzionata "Cenni ed osservazioni sulla Valle Taleggio" che ne fu testimonio oculare, venne benedetta e officiata nell’anno 1810, se poi si osserva all’iscrizione impressa sulla facciata della Chiesa così concepita: "Populi labor [69] et elemosina perfecerunt anno 1803"90 potrebbesi ritenere a giusta ragione sia stata benedetta e sia stata aperta al divin culto nell’anno 1803, si ignora la somma che venne spesa nel costruirla e renderla officiabile.

Essa è di figura ellittica ed è lunga dalla porta maggiore ai gradini del coro essi pure compresi braccia 33 on. 2 punt. 5 pari a metri 17,60, la larghezza nel suo maggior seno di braccia 25, 5, 7 pari a met. 13,50, il coro compresa la parte semicircolare nella quale contermina, il cui raggio è di met. 3,57, ha la lunghezza di braccia 19 on. 3 punti 10 pari a met. 10,24 e la larghezza di braccia 13 on. 5 punti 2 pari a met. 7,12, l’altezza dal pavimento fino all’involto della tazza semiovale è di braccia 28 on. 3 punti 7 pari a met. 15,22 e l'altezza della navata dal pavimento fino alla maggior convessità dell'involto semiellitico è di braccia 28 on. 8, p. 7 pari a met. 15,00, essa è pavimentata di mattoni, ora di pianelle di cemento a mosaico a due diversi disegni, ed imbiancata da ogni parte a varie tinte, come anche nella facciata, benché questa secondo le regole del disegno non è peranco terminata.

Entrando in Chiesa per la porta maggiore vedesi prima di tutto la cosidetta bussola di legno noce lucido lavorato ad arte, essa venne costruita verso l'anno 186091 sotto la reggenza del Parroco D. Angelo Rocca di [70] Milano (vedi Parte 3ª Elen. dei Parrochi di Vedeseta): questa ha tre porte, l’una in mezzo, a cui è sovrapposta una finestra di forma semicircolare, con telaio a vetri colorati stati recentemente collocati il cui diametro è grande quasi come la porta stessa, e due porte laterali di minore grandezza di quella di mezzo, essa misura met. 2,86 di lunghezza sopra met. 1,38 di larghezza, la sua altezza si fa ascendere a m 4,40, essa serve di riparo dal freddo nella stagione invernale, nel tempo delle sacre funzioni,


organo

sopra la medesima vi è l’organo il quale è stato eretto nell’anno 1878 e provvisto dalla Ditta Locatelli Saverio fabbricatore d'organi in Bergamo e fu inaugurato il giorno 8 di settembre del medesimo anno, la cantoria e la cassa dell’organo sono decorati in varii spazi da lavori di intarsio di bell’effetto.

Entrando da ambedue gli antiporti della bussola sì da quello a destra che da quello a sinistra vedesi da ambo i lati una vaschetta di marmo rosso variegato, affissa nella parete, per l’acqua, poscia vedesi un passo innanzi a destra un’apertura che con scala a chiocciola conduce alla sommità, a metà di essa vi è il transito per cui si accede alla cantoria dell’organo, dall’altro lato corrispondente di fronte a questo vi è un nicchio in cui vi è il fonte battesimale, già dell’antica Chiesa ed è di pietra calcare in figura di conca rotonda cui vi è sovrap[71]posto il relativo armadio di legno noce in figura prismoidale diviso in due parti, di cui l’una più grande l’altra alquanto più piccola, di uguale altezza e a basi parallele, e lavorato in rilievo. Guardando nuovamente a destra poco oltre la sunnominata apertura vedonsi lateralmente due confessionali dei quali quello a destra fu trasportato da S. Bartolomeo nell’anno 1810, e quello a sinistra dall’antica Chiesa demolita. Nel seno maggiore dei due lati sono aperte due porte per comodo degli uomini, a lato di quella a destra trovansi rizzate in piedi due scale a mano di cui una lunga e l’altra mezzana, queste furono costruite nell’anno 1876 e servono per addobbare la Chiesa coi relativi paramenti per le principali solennità dell’anno, a lato di quella a sinistra vi è il pulpitino su cui sale il Parroco per la spiegazione della dottrina cristiana, questo è di legno di tiglio intagliato e lavorato nel frontespizio, venne dipinto e dorato negli ornati e nelle lineature come anche la cantoria e la cassa dell’organo nell’anno 1896, questo pulpitino fu costruito nell’anno 1857, o 58 che sia.

Sopra queste due porte laterali si sono costruite nell’anno 1893 due nicchie alte cadauna metri due della larghezza di met. 0,80 e della profondità di met. 0,60, di figura semicircolare nella parte superiore, in cui sono poste in quella a destra la statua di S. Antonio Abbate titolare della Chiesa parrocchiale, rappresentato nell’età di anni 105 in abi[72]to di cenobita avente nella mano sinistra un libro e fra il braccio un bastone ricurvo a cui in cima è attaccato un campanello, colla mano destra in atto di benedire, ai suoi piedi ha l’immondo animale da una parte, e dall’altra una fiamma simbolo della sua protezione sopra il fuoco e sopra gli animali, in quella a sinistra vi è la statua di S. Luigi Gonzaga in costume religioso indossante la cotta col crocefisso nelle mani in atto contemplativo, ai suoi piedi da una parte vi è un putto con uno staffile e il giglio tra le mani e dall’altra lo scettro e la corona simbolo dell’illustre casato da cui sortì i natali.

Queste due statue furono provviste con le spontanee offerte delle famiglie della Parrocchia in quel medesimo anno, e fu stabilita per la prima volta la festa di S. Luigi Gonzaga nel giorno 6 di agosto cadendo esso nella prima domenica di questo mese, con molta pompa e straordinaria solennità; al maggior lustro e decoro di essa oltre al numeroso clero fu invitato Monsignor Francesco Tavani Vescovo titolare di Mindo, il quale benedisse solennemente le due prenominate statue di S. Antonio e S. Luigi e amministrò la cresima ai fanciulli d’ambo i sessi della Parrocchia e delle vicine, e per la prima volta venne portato in processione il simulacro di S. Luigi intervenendo altresì col clero lo stesso Vescovo in abito pontificale.

Le due sullodate statue furono [fornite] dal distinto scultore in le[73]gno il sig. Cristoforo Bettinelli e figli di Bergamo il quale oltre alle due statue fece anche i due telai in legno delle nicchie, intarsiati, lavorati e indorati con fregi in cima e in fondo, e tutto questo costò la bella cifra di quasi milletrecento lire.

Più avanti vedesi a destra l’altare che prima era di mattoni con sopra pochi gradini per i candellieri, quelli stessi dell’altare maggiore dell’antica sunnominata Chiesa, sopra questi era affisso in muro con pochi ornati di stucco il quadro in tela raffigurante i Santi Rocco, Sebastiano e Defendente,92 l’incavatura degli altari era prima simile a quella in cui sono situati i confessionali sopra descritti.

Da informazioni positive avute da alcuni testimonii oculari, i quali se ne ricordano ancora oggidì, risulta che nell’anno 1841, o 42 che sia, furono erette le due Cappelle laterali come si veggono ancora oggidì, nella Cappella a destra ove come si è detto qui sopra vi era il suaccennato quadro, fu eretto di nuovo l’altare di marmo cenerognolo,93 con lineamenti e fascie di marmo bianco, così pure il tabernacolo e la mensa ossia ciborio, con sottostante prospetto di color rosso variato, e colla croce di ottone cesellato in mezzo, il tutto in stile moderno, con un sol gradino per i candellieri, sopra ergesi l’ancona con in mezzo una nicchia in cui vi è posta la statua della B. V. del Rosario, essa è di marmo pure cene[74]rognolo con capostipite lavorato di color bianco, e cimiero di metallo cesellato e bronzato. La nicchia è contornata da quindici quadretti di forma circolare rappresentanti i Misteri del Rosario, opera del pittore Morali di S. Giovanni Bianco, il gradino a basso è di marmo rosso variato con pianelle di cemento a mosaico e gradino d’ingresso nella Cappella di color bianco, questo pavimento venne fatto nell’anno 1892 insieme a quello della Cappella di fronte94 con offerte di alcuni benefattori e il resto pagato dalla Fabbriceria.

Il simulacro della B. V. alquanto più grande dell’antico venne provvisto nell’anno 1864 a spese della Fabbriceria parr.le, è vestito di damasco rosso di seta cosparso di fiori, con manto di color bianco e corona d’argento come pure il Bambino, questa venne ristaurata e abbellita in un col Bambino nell’anno 1878 dal pittore Brighenti di Clusone, unitamente al suo palco su cui la si pone quando si fa la festa e la si porta in processione. L’antico simulacro della B. V. venne ristabilito e trasportato nella quaresima dell’anno 1882 nella Chiesa di S. Bartolomeo, ivi fu portata in processione nella seconda festa di Pasqua, poscia fu deposta nella nicchia accanto all’altare di S. Giuseppe ove ora si conserva.

Di fronte all’altare della Madonna dalla parte sinistra vedesi l’altare che prima era dedicato alla [75] medesima, ora vi si è posto il suddescritto quadro in tela figurante i Santi Rocco, Sebastiano e Defendente, l’ancona in cui è collocato è di mattoni rivestita di stucco in stile moderno ad imitazione del marmo con capostipite e cimiero lavorato, il sottostante altare composto del gradino per i candellieri in marmo color cenerino, con lineamenti e fasciatura di color bianco, col tabernacolo pure di colore bianco, col ciborio e gradino a basso simile a quello di fronte suddescritto, con gradino di pietra grigia sull’ingresso della Cappella.

Poco avanti vedesi un nicchio chiuso da un antiporto di legno noce lucido lavorato con maestà, in esso sono riposti varii mobili di ragione della Chiesa, sopra di essa maestà eravi prima il cimiero di forma triangolare di legno noce come l’antiporto e la maestà, nell’anno 1895 sopra di questo ripostiglio venne fatta una nicchia sufficientemente grande in cui fu posta la statua di S. Giuseppe col Bambino in braccio, la quale presenta un bell’aspetto simpatico e divoto, col manto cosparso di fiori dorati, e col simbolico bastone fiorito, essa venne fatta dal valente scultore in legno sig.r Bettinelli fu Cristoforo di Bergamo, sua opera fu anche la facciata in legno artisticamente lavorata a intagli, dipinta e dorata negli ornati e nei fiorami, che presenta un bellissimo effetto.

Di fronte a questo, e dalla parte destra vedesi l’ingresso [76] nella sagristia poco avanti dell’altare della Madonna, questa è chiusa da relativo antiporto di legno noce lucido con maestà, appena entrando vi si vede a destra la scaletta di vivo per cui si sale al pulpito il quale è sovrapposto all’ingresso nella sagristia, esso è di forma quadrata rettangolare in poca parte arcuato a corda, di legno noce lucido lavorato ad arte con parete e antiporto pure di legno noce, e relativo baldacchino sovrastante lavorato e contornato da fregio simile a sandalina, disposta a piccoli semicerchi, fra l’uno e l’altro dei quali vi è un cordoncino doppiato e ritorto terminante in due fiocchini pure di legno.

Scendendo dalla scaletta e procedendo nella sagristia, questa è di forma ottagonale irregolare, benché esternamente presenti una figura quadrata regolare, con basamento di forma piramidale tronca a basi parallele fino al livello del piano, essa misura met. 8,82 di lunghezza, sopra met. 8,32 di larghezza presa fra i lati maggiori, la sua costruzione data da epoca posteriore a quella della Chiesa, secondo testimoni oculari nel 1841, la sua altezza è di circa met. 8,50, la sua volta ha la forma di una tazza piuttosto piana, le sue finestre di forma semicircolare, il suolo prima era pavimentato in mattoni, ma ora è di pianelle di cemento a mosaico.

Ai due lati minori verso ponente vi sono i confessionali [77] per gli uomini, di figura trapezoidale con parete e suolo interno di legno noce ed imposte a vetri, sopra ciascuno dei quali vi è un armadio in cui si ripongono varii oggetti di Chiesa, fra l’uno e l’altro di questi confessionali, vi è un armadio o scaffale chiuso, diviso in due parti, di cui nella prima vi si custodiscono vari oggetti di argenteria, come calici, reliquiarii ecc., e nella seconda a basso vi si conservano varii paramenti destinati al servizio di culto, di fronte e vicino ad esso, su di un piccolo rialzo di legno su cui poggia anche il medesimo vi è un grande cassabanco il quale oltre al servire di tavolo per disporvi i sacri indumenti onde essere indossati nelle sacre funzioni, serve inoltre per deporveli e conservarveli, vi sono varii cassettoni nell’interno di esso in cui ripongonsi i sacri paramenti per usarli secondo le varie solennità dell’anno.

Di fronte al sullodato cassabanco vi è un’apertura con scala dritta, per la quale si scende nello scurolo che in appresso verrà descritto, essa è chiusa in fondo da due imposte, quelle medesime che servirono a chiudere l’altra apertura sotto il presbitero che è stata murata all’epoca in cui venne fatta questa nell’anno 1891 [verificare]. Vi si vedono inoltre quattro altri armadii, dei quali uno internato nel muro in uno dei lati minori dell’ottagono, cioè quello verso mezzodì, di cui è figura la qui descrivenda sagristia, questo è diviso in due piani di cui l’uno più [78] grande, in cui vi si conservano i candellieri, le croci ed altri utensili di Chiesa, contengonvisi anche le parti del trono della Madonna sopradescritto, l’altro piano più piccolo sovrastante al primo qui sopra accennato: vi sono collocati altri oggetti, il secondo è situato vicino al qui descritto, è appoggiato al muro, e ha la stessa forma del primo sopra descritto situato fra i due sullodati confessionali, col davanzale un po’ ricurvo, in questo sonvi le croci astate per le processioni, i lanternoni ed altri oggetti, il terzo è affisso al muro e sostenuto da due mensolette e situato sopra la preindicata scala per cui scendesi nello scurolo, in esso trovasi il baldacchino portatile per le terze domeniche ed altro, il più antico a sei bastoni decorati da immagini diverse che si adopera nelle solennità, il quarto di forma come il primo e di stile antico è un vestiere stato trasportato dal vicino Oratorio di S. Giov. Battista, già di ragione della cessata Cappellania Arrigoni-Arrighi e contiene n. 4 cassettoni, in cui conservasi la biancheria, esso è sormontato da altro mobile in cui conservansi i libri di culto ed altri oggetti.

Scendendo per la preindicata scala, si entra nello scurolo; questo serviva un tempo di sagristia, da provvisorio deposito dei sacri arredi e vi si facevano le funzioni del Venerdì Santo, esso è terminato in figura semicircolare, la sua lunghezza e larghezza è circa un quid simile di quella del prelodato sopra[79]stante coro, la sua altezza è di met. 3 o poco più ed ha due sole finestre, la sua volta ha la forma semiovale ed il pavimento in mattoni come pure il suo altare che era dedicato al Santo Arcivescovo Borromeo di Milano, ora è dedicato a S. Luigi Gonzaga patrono della gioventù, quivi radunansi nelle terze domeniche e nelle principali solennità dell’anno i fanciulli ascritti95 al pio sodalizio del Santo erettosi nell’anno 1897, in occasione dell’inaugurazione delle S.te 40’ore avvenuta nel mese di settembre dell’istesso anno come si vedrà in avanti.

Salendo per la medesima scala e sortendo dalla sagristia si ascende al presbitero, prima vi si saliva per n. 4 scalini di vivo ed era difeso da semplice ringhiera di ferro, la quale scendeva lateralmente ai sopradescritti gradini, e difendeva altresì da un lato le due parti della scala per la quale scendevasi nel sottostante scurolo, ma questi sono stati levati via e surrogati da n. 3 altri di marmo bianco che si estendono da un capo all’altro rettamente per tutta la larghezza del coro e terminano da una parte e dall’altra vicino ai due antiporti della sagristia e del suaccennato nicchio, il coro è ora difeso dalla balaustra con ingresso in mezzo, questa è di marmo rosso a varii colori, sostenuta da pilastrini, e da colonnette di bella forma di colore bianco celestino, cadauna parte è lunga met. 2,22 e alta met. 0,86, il suo ingres[80]so misura in larghezza met. 1,40. Nel mezzo vedesi l’altare maggiore, fatto di mattoni e intonacato a scagliola che si finge di marmo a varie qualità, come se fosse terminata e tirata a lucido, ben pochi la distinguerebbero per finto marmo con cornici dorate, sopra di esso altare vi è la tribuna della stessa materia, sostenuta da sei colonne tinte di color verde marmorizzato, con capitelli e bassorilievi dorati, e conterminata da un semiglobo convesso a varii fiori dorati e sormontata da n. 3 piccole statuette, i gradini della predella a basso erano di legno noce, ora sono di marmo bianco, che in un colla balaustra vennero costruiti nell’anno 1891 dalla Ditta Paleni di Bergamo, il piano della predella dell’altar maggiore è di legno noce lavorato in mosaico, il pavimento di tutto il coro, della sagristia e delle due Cappelle laterali della Madonna e di S. Rocco, con pianelle di cemento, quello del coro in mosaico con quello di puro cemento della sagristia nell'istesso anno, e quello dei due altari sunnominati in mosaico nell'anno successivo 1892, di disegno differente dalla Ditta Ghilardi di Bergamo, vi hanno pure le cornici delle tendine del coro, e dei piccoli ripostigli degli olii santi situate dalla parte sinistra dell’altar maggiore sono state dipinte e indorate nelle rigature nell’anno 1893 dal sig.r Bettinelli di Bergamo. Nell’anno 1896 venne messa la mensa dell’altare maggiore, consistente in una lastra di marmo bianco d’un sol pezzo della dimensione di met. 2,80 di lunghezza [81] sopra met. 0,80 di larghezza, e dello spessore di met. 0,05 con due pilastri sostenenti la stessa lastra pure di marmo bianco con fondo color verde sul davanti.

La sommità della volta ossia tazza fatta a forma semiovale è dipinta a fresco e rappresenta la SS.ma Triade che incorona la B. Vergine sopra tutti i cori angelici, e le quattro lunette sottoposte lateralmente a guazzo figurano i quattro Evangelisti. Dal lato destro dell’altar maggiore vi è il seggio dei sacri ministri, fatto di legno noce lucido, con relativa parete lavorata, nel mezzo del quale ove siede il celebrante vi si sale per due gradini, e lateralmente per un solo ove stanno gli altri ministri, questo serve all’uopo come seggio vescovile e non vi manca all’occorrenza che sovrapporvi il baldacchino; esso venne eretto circa l’anno 1870 sotto la reggenza del Parroco Coppa, dal lato sinistro del medesimo altare vi è un banco fatto a modo di mensa d’altare, con sovrapposto gradino di legno noce lucido, su cui mettonsi gli oggetti occorrenti nel tempo delle sacre funzioni.

Nella lacuna di mezzo del sullodato coro vi è il quadro in tela raffigurante il titolare S. Antonio Abbate96 del prelodato penello messovi nell’anno 1822 a spese del Sacerdote Don Paolo Arrigoni, lateralmente alla sua destra vi è altro quadro pure in tela figurante il Battesimo di S. Agostino per opera del grande Arcivescovo S. Ambrogio, alla sua sinistra un altro pure in tela figurante la regina Ester svenuta avanti il re Assuero, dietro e contro l’altar maggiore vi è una scala di legno noce per la quale si [82] sale a due lati, con parapetto lavorato a colonnette tornite, essa fu fatta nell’anno 1876 e serve per collocare sull’altare maggiore il SS.mo Sacramento nelle terze domeniche d’ogni mese e nelle solennità dell’anno.

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Capitolo V
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