Tra le finalità perseguite con la redazione di questa tesi, mediazione e counseling si rivelano come strumento vivo che non può e non deve permettersi di arrestare la sua crescita. Riprende molti aspetti già utilizzati in passato, scegliendo un intervento mediativo (non giudicante) di una persona imparziale in grado di far comunicare, in maniera costruttiva.
Di certo l’atto mediativo o il colloquio di counseling puntano a mettere le parti nella condizione di uscire da situazioni di impasse, effettuando un graduale passaggio da uno stato di confusione e di sofferenza, originato dal conflitto, ad una condizione di nuovo equilibrio.
L'abitudine della società moderna, è quella di demandare la responsabilità dei conflitti a degli specialisti siano essi psicoterapeuti o avvocati.
Con tali atteggiamenti, non apportano però alcuna crescita alla persona al contrario creano piuttosto dipendenza, blocchi e “false” soluzioni.
Chi, più delle parti in causa, ha una precisa conoscenza del conflitto e delle circostanze che lo hanno causato, nonché delle strategie per poterlo fronteggiare?
La domanda può apparire retorica tanto quanto fondata è la convinzione che sia la mediazione che il counseling possano fornire una risposta decisa e una soluzione alternativa.
La situazione può cambiare e modificarsi costruttivamente solo se terzi non giudicanti e imparziali, interrompono il processo di inasprimento e mostrano ai contendenti la strada per poter arrivare a percorsi costruttivi.
Le soluzioni autoritarie dissimulano il problema, soffocano richieste ritenute legittime, e aumentano in questo modo il potenziale di conflitto alla base. Il conflitto riemergerà (forse modificato) da qualche altra parte!
Mediazione e counseling hanno l'obiettivo di rendere gli individui protagonisti delle proprie scelte future, hanno precisi intenti educativi, gettando il “seme del cambiamento”, non lasciano mai “le cose” così come stavano.
Diventano una filosofia sociale che opta per la negoziazione ragionata, offrono un setting in grado di far incontrare i contrari e di farli convivere, non di ignorarli o addirittura di sopprimerli, consentendo la sfida del divenire, il passaggio da una condizione all’altra, la trasformazione continua che è simbolo della vita e uscita dalla sofferenza. Essa non espelle magicamente la sofferenza né la nega virtualmente, ma le offre un senso più complessivo.
Uno degli aspetti più importanti è proprio quello di far emergere l’autoresponsabilizzazione di ognuno e con essa la capacità di auto-gestione. In questa prospettiva il percorso mediativo come il counseling rientrano nelle pratiche di educazione degli adulti, è un’attività educativa di tipo psicopedagogico nel senso più pieno del termine. L’educatore-mediatore-counselor pratica la maieutica dato che aiuta la persona a tirar fuori (ex-ducere) le sue potenzialità.
Sono percorsi socialmente efficienti ai fini della capacità risolutiva dei problemi, ma anche pedagogicamente efficaci ai fini del processo auto-formativo delle persone, il colloquio infatti conduce l’individuo alla de-reflessione, cioè a leggersi in terza persona, a porre una distanza emotiva fra sé e il proprio problema e all’intenzione “paradossa” che consiste nel portare mentalmente all’estremo parossistico una situazione difficile in modo da gestirla meglio nel concreto della vita quotidiana.
L'esperienza mediativa è, per sua stessa natura, un "apprendimento" che agisce sulla sfera degli atteggiamenti, dei comportamenti e delle emozioni; è un lavoro di lifelong learning, proprio perché
considera l’individuo come un’entità sempre in evoluzione e il conflitto diviene in questa nuova prospettiva una condizione necessaria e fisiologica della vita, esso con il disagio (mancanza di agio e di benessere) che porta, spingendoci all’azione, ci offre una condizione di apprendimento e una futura promozione al cambiamento.
E' proprio questa idea di continuo cambiamento, di crescita costante che mi affascina e accompagna la mia vita. La mediazione mi appartiene da sempre, ho mediato in quanto prima figlia di quattro, ho mediato quando ho deciso di trasferirmi a Catanzaro dalla bella Parma integrando la mia cultura e le mie abitudini, con quelle di una terra tanto diversa ma allo stesso tempo piena di sorprese, e medio ogni giorno nel mio “magico” lavoro.
La mediazione non ha mai fine: è un percorso di «cura di sé» e può ritenersi, insieme al counseling un valida e possibile alternativa!
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Grazie alla mia famiglia per avermi sopportato, soprattutto in questi ultimi giorni, di sfrenato lavoro, a mio marito mio primo sostenitore, alla mia collega che mi ha sollevato da numerosi impegni per rendere più agevole il mio lavoro di tesi, ai miei allievi
che fanno il tifo per me, allo staff di Prepos per la disponibilità, a me stessa perché questo lavoro è stato una fantastica e simpatica fatica, ma soprattutto grazie a tutti i meravigliosi giovani che ho incontrato in questi anni: li porto tutti con me.