Margaret atwood



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niane. In copertina una bionda dall'aspetto pseudobabilonese, una veste

bianca fissata sotto gli inverosimili seni da una cintura di anelli dorati,

gioielli di lapislazzuli attorno alla gola, una mezzaluna d'argento che le

spunta dalla testa. Ha le labbra tumide, la bocca aperta, gli occhi grandi, ed

è nelle grinfie di due creature con artigli a tre dita e occhi dalle pupille ver-

ticali. Indossano soltanto pantaloncini rossi. I loro visi sono dischi appiatti-

ti, la pelle è coperta di squame delle varie sfumature di un grigio che ricor-

da il peltro. Mandano un bagliore lucido, come se fossero cosparsi di gras-

so; sotto la pelle grigio-blu i muscoli si gonfiano e scintillano. Le bocche

senza labbra rivelano numerosi denti aguzzi come aghi.

Li avrebbe riconosciuti ovunque.

Come procurarsi una copia? Non in quel negozio, dove è conosciuta.

Non sarebbe assolutamente il caso di far nascere voci per un qualche com-

portamento bizzarro. Al giro di spese successivo fa una deviazione fino al-

la stazione e là, all'edicola, individua la rivista. Un sottile centesimo; paga

tenendo i guanti, arrotola svelta la rivista, la ficca in borsa. Il giornalaio la

guarda in modo strano, ma in fondo gli uomini lo fanno sempre.

Tiene la rivista stretta a sé per tutto il viaggio di ritorno in taxi, la porta

di nascosto di sopra, si chiude in bagno. Le sue mani, lo sa, tremeranno nel

girare le pagine. È una di quelle storie che leggono i fannulloni nei carri

merci chiusi, o i ragazzi in età scolare alla luce di una torcia. I guardiani

delle fabbriche a mezzanotte, per tenersi svegli; i rappresentanti nei loro

alberghi da commessi viaggiatori dopo una giornata infruttuosa, senza cra-

vatta, la camicia aperta, i piedi alzati, un whisky nel bicchiere dello spaz-

zolino da denti. I poliziotti, in una sera monotona. Nessuno di loro troverà

il messaggio che sarà sicuramente nascosto nelle pagine stampate. Sarà un

messaggio destinato soltanto a lei.

La carta è talmente delicata che le si rompe quasi tra le mani.

Qui nel bagno chiuso a chiave, dispiegata sulle sue ginocchia in caratteri

illeggibili, c'è Sakiel-Norn, città dai mille splendori - i suoi dei, le sue u-

sanze, la sua mirabile tessitura di tappeti, i suoi bambini fatti schiavi e

maltrattati, le vergini sul punto di essere sacrificate. I suoi sette mari, le

sue cinque lune, i suoi tre soli; le montagne occidentali e le loro inquietanti

tombe, dove i lupi ululano e si celano le belle morte viventi. La congiura di

palazzo allunga i suoi tentacoli, il Re aspetta l'occasione buona, calcolando

le forze schierate contro di lui; la Somma Sacerdotessa intasca le sue tan-

genti.

Ora è la notte prima del sacrificio; la prescelta aspetta nel letto fatale.



Ma dov'è l'assassino cieco? Cos'è stato di lui e del suo amore per la fan-

ciulla innocente? Deve aver tenuto quella parte per dopo, decide.

Poi, prima di quanto si aspetti, lo spietato attacco dei barbari, spronati

dal loro capo monomaniaco. Ma hanno appena superato le porte della città,

che c'è una sorpresa: tre astronavi atterrano sulla liscia pianura a est. Han-

no la forma di uova fritte o di Saturni tagliati a metà, e vengono da Xenor.

Ne irrompono fuori Uomini Lucertola, con i loro muscoli grigi guizzanti, i

loro calzoncini da bagno e le loro armi avanzate. Hanno armi a raggi, lazo

elettrici, macchine volanti monoposto. Tutti i tipi di congegni all'avan-

guardia.


L'improvvisa invasione cambia le cose per gli Zycroniani. Barbari e cit-

tadini, dignitari e ribelli, padroni e schiavi - tutti dimenticano le loro diffe-

renze e stringono causa comune. Le barriere di classe si dissolvono - gli

Snilfard gettano via i loro vecchi titoli insieme alle loro maschere facciali e

si rimboccano le maniche, presidiando le barricate assieme agli Ygnirod.

Tutti si salutano con il nome di tristok, che significa (approssimativamen-

te), colui con cui ho scambiato il sangue, vale a dire compagno o fratello.

Le donne vengono condotte al Tempio e chiuse là dentro per la loro stessa

incolumità, come anche i bambini. Il Re assume il controllo. Le forze bar-

bare sono accolte nella città per il loro valore in battaglia. Il Re stringe la

mano al Servo della Gioia, e decidono di dividersi il comando. Un pugno è

più della somma delle sue dita, dice il Re, citando un proverbio arcaico. Le

otto pesanti porte della città vengono chiuse all'ultimo momento.

Gli Uomini Lucertola riportano un successo iniziale nei territori più lon-

tani grazie all'elemento sorpresa. Catturano alcune donne dall'aria promet-

tente, che vengono chiuse in gabbia e concupite attraverso le sbarre da de-

cine di soldati Lucertola. Ma poi l'esercito xenoriano subisce una battuta

d'arresto: a causa di una differenza nelle forze gravitazionali le armi a rag-

gi su cui fanno affidamento non funzionano molto bene sul pianeta

Zycron, i lazo elettrici sono efficaci soltanto a breve distanza e gli abitanti

di Sakiel-Norn sono ora dall'altra parte di un muro molto alto. Gli Uomini

Lucertola non hanno abbastanza macchine volanti monoposto per traspor-

tare una forza d'assalto sufficiente a prendere la città. Proiettili piovono giù

dai bastioni su qualunque Uomo Lucertola si faccia abbastanza a tiro: gli

Zycroniani hanno scoperto che i pantaloncini metallici degli Xenoriani so-

no infiammabili alle alte temperature, e lanciano palle di pece bollente.

Il capo delle Lucertole fa i capricci e grida, e cinque scienziati Lucertola

vengono mandati a morte: Xenor evidentemente non è una democrazia.

Quelli lasciati in vita lavorano per risolvere i problemi tecnici. Con il tem-

po necessario e l'adeguato equipaggiamento, sostengono, potranno dissol-

vere le mura di Sakiel-Norn. Potranno anche produrre un gas che toglierà i

sensi agli Zycroniani. Allora saranno in grado di fare i loro comodi in tutta

tranquillità.

Questa è la fine della prima puntata. Ma che è successo alla storia d'a-

more? Dove sono l'assassino cieco e la fanciulla senza lingua? Nella con-

fusione la fanciulla è stata quasi dimenticata - l'ultima volta è stata vista

mentre si nascondeva sotto il letto di broccato rosso - e l'uomo cieco non è

comparso affatto. Sfoglia le pagine all'indietro: forse ha saltato qualcosa.

Ma no, i due sono semplicemente svaniti.

Forse tutto si aggiusterà nel prossimo eccitante episodio. Forse glielo fa-

rà sapere.

Lei sa che c'è qualcosa di folle in questa sua attesa - lui non le manderà

nessun messaggio, o se anche lo farà non le arriverà per quella via - ma

non può liberarsene. È la speranza che fa girare le sue fantasie, è il deside-

rio che fa sorgere quei miraggi - speranza contro speranza, desiderio nel

vuoto. Forse la sua mente sta cedendo, forse sta andando fuori strada, forse

sta uscendo dal seminato. Fuori dei cardini, come una porta rotta, come un

cancello contro cui si è andati a sbattere, come una cassaforte che si sta ar-

rugginendo. Quando sei scardinato, escono da te cose che andrebbero tenu-

te dentro, e ne entrano altre che andrebbero chiuse fuori. Le serrature per-

dono i loro poteri. Le guardie vanno a dormire. Le parole d'ordine non

funzionano.

Lei pensa: Forse sono stata abbandonata. È una parola sorpassata, ab-

bandonata, ma descrive esattamente la sua situazione. Abbandonarla è

qualcosa che lui potrebbe immaginare di fare. D'impulso potrebbe morire

per lei, ma vivere per lei sarebbe un altro paio di maniche. Non ha talento

per la monotonia.

Malgrado il suo buon senso aspetta e cerca, mese dopo mese. Batte i

drugstore, la stazione, ogni edicola che le capiti. Ma l'eccitante episodio

successivo non appare mai.

Mayfair, maggio 1937

PETTEGOLEZZI SULLA TORONTO CHE CONTA

DI YORK

Quest'anno aprile è arrivato saltellando come un agnello, e



prendendo l'esempio dal suo umore vivace e gioioso, la stagione

primaverile è stata tutta scompigliata da un gaio trambusto di ar-

rivi e partenze. Il signore e la signora Henry Ridelle hanno fatto

ritorno da un soggiorno invernale in Messico, il signore e la si-

gnora Johnson Reeves sono rientrati in automobile dal loro rifugio

di Palm Beach in Florida e il signore e la signora T. Perry Grange

sono tornati dalla loro crociera tra le assolate isole dei Caraibi,

mentre la signora R. Westerfield e sua figlia Daphne sono andate

a fare una capatina in Francia e in Italia, «Mussolini permetten-

do», e il signore e la signora W. McClelland sono partiti per la fa-

volosa Grecia. I Dumont Fletcher hanno trascorso un'eccitante

stagione a Londra e hanno fatto di nuovo il loro ingresso nella

scena locale, giusto in tempo per il Dominion Drama Festival, a

cui il signor Fletcher ha partecipato in qualità di membro della

giuria.

Nel frattempo, un ingresso di tipo diverso è stato festeggiato



nello scenario lilla e argento dell'Arcadian Court, dove la signora

Richard Griffen (ex signorina Iris Montfort Chase) è stata notata a

un pranzo dato da sua cognata, la signora Winifred «Freddie»

Griffen Prior. La giovane signora Griffen, una delle spose più im-

portanti della scorsa stagione, incantevole come sempre in un ele-

gante completo di seta azzurro cielo con uno chapeau verde chia-

ro, riceveva le felicitazioni per la nascita della figlia Aimee Ade-

lia.


Le Pleiadi erano tutte in gran fermento per l'arrivo della grande

attrice loro ospite, la signorina Frances Homer, la celebre inter-

prete di monologhi, che all'Eaton Auditorium ha riproposto la sua

serie di Donne del Destino, in cui presenta figure storiche femmi-

nili e l'influenza da esse esercitata sulla vita di importanti perso-

naggi mondiali come Napoleone, Ferdinando di Spagna, Horatio

Nelson e Shakespeare. La signorina Homer ha brillato per arguzia

e vivacità nei panni di Nell Gywn, è stata drammatica nelle spo-

glie della Regina Isabella di Spagna, la sua Josephine ha disegna-

to un quadretto delizioso e la sua Lady Emma Hamilton ha fornito

un'intensa prova di recitazione. Nel complesso è stato uno spetta-

colo pittoresco e affascinante.

La serata si è conclusa con un buffet offerto in onore delle

Pleiadi e dei loro ospiti alla Round Room dalla generosa signora

Winifred Griffen Prior.

Lettera dalla Clinica Bella Vista

Ufficio del Direttore,

The Bella Vista Sanctuary

Amprior, Ontario

12 maggio 1937

Signor Richard E. Griffen

Presidente e Capo del Consiglio di Amministrazione

Griffen-Chase Royal Consolidated Industries Ltd.

20 King Street West

Toronto, Ontario

Caro Richard,

È stato un piacere incontrarti in febbraio - sebbene in circostan-

ze così incresciose - e stringerti la mano di nuovo dopo tanti anni.

Le nostre vite ci hanno sicuramente condotto in direzioni diverse

dopo i «memorabili bei tempi andati».

Passando a un tono più serio, mi dispiace riferirti che le condi-

zioni della tua giovane cognata, signorina Laura Chase, non sono

migliorate; se mai, sono alquanto peggiorate. Le delusioni di cui

soffre sono ben radicate. A nostro parere rimane un pericolo per

se stessa e va tenuta sotto costante osservazione, se necessario con

sedativi. Non ci sono più state finestre rotte, quantunque si sia ve-

rificato un incidente in cui è stato usato un paio di forbici; tutta-

via, faremo tutto il possibile per evitare che succeda di nuovo.

Continuiamo a fare tutto quanto è in nostro potere. Sono ora di-

sponibili parecchi nuovi trattamenti che speriamo di usare con ri-

sultati positivi, in particolare la «terapia dell'elettrochoc», per la

quale avremo ben presto l'attrezzatura. Con il tuo permesso ag-

giungeremo questo al trattamento a base di insulina. Nutriamo

fondate speranze per un futuro miglioramento, sebbene la nostra

prognosi sia che la signorina Chase non sarà mai una persona for-

te.


Per quanto possa essere penoso, devo chiedere a te e a tua mo-

glie di trattenervi per ora dal fare visite o perfino dal mandare let-

tere alla signorina Chase, dal momento che il contatto con uno

qualunque di voi avrebbe sicuramente un effetto dirompente sul

trattamento. Come sai, proprio tu sei al centro delle fissazioni più

ostinate della signorina Chase.

Mercoledì sarò a Toronto, e sono impaziente di avere un collo-

quio privato con te - nei tuoi uffici, dal momento che la tua gio-

vane moglie, avendo appena avuto un bambino, non dovrebbe es-

sere eccessivamente turbata con faccende tanto preoccupanti. In

quella sede ti chiederò di firmare i necessari moduli di consenso

per i trattamenti che proponiamo.

Mi prendo la libertà di accludere il conto del mese scorso, per-

ché tu lo prenda prontamente in considerazione.

Cordialmente tuo,

Dr. Gerald P. Witherspoon, Direttore

L'assassino cieco: La torre

Si sente pesante e sporca, come un sacco di panni non lavati. Ma allo

stesso tempo piatta e senza sostanza. Carta bianca con sopra - appena per-

cettibile - l'impronta incolore di una firma, non la sua. Un detective po-

trebbe anche trovarla, quella firma, ma quanto a lei non può prendersi la

briga. Non può prendersi la briga di guardare.

Non ha rinunciato alla speranza, l'ha solo ripiegata e riposta: non è fatta

per essere portata tutti i giorni. Intanto ci si deve prendere cura del corpo.

Non ha senso non mangiare. Meglio stare all'erta, e in questo il nutrimento

aiuta. Anche i piccoli piaceri: può sempre far ricorso ai fiori, ai primi tuli-

pani, per esempio. Non serve a niente uscire di sé. Correre per la strada a

piedi nudi, gridare Al fuoco! Il fatto che non c'è nessun incendio non passe-

rà inosservato.

Il miglior modo di tenere un segreto è fingere che non ce ne siano. È

gentile da parte sua, dice al telefono. Mi dispiace tanto, ma non posso.

Sono impegnata.

Certi giorni - soprattutto i giorni sereni, caldi - si sente una sepolta viva.

Il cielo è una cupola di roccia blu, il sole un buco rotondo al suo interno,

attraverso il quale la luce del vero giorno splende beffarda. L'altra gente

sepolta con lei non sa cos'è successo: solo lei lo sa. Se desse voce alla sua

consapevolezza, la rinchiuderebbero per sempre. La sua unica possibilità è

continuare come se tutto stesse procedendo normalmente, e nel frattempo

tenere d'occhio il piatto cielo blu, stando attenta alla grossa crepa che do-

vrà finalmente apparirvi. Dopodiché lui potrebbe calarsi attraverso di essa

su una scala di corda. Lei si farà strada fino al tetto, salterà per afferrarla.

La scala sarà tirata su con loro due aggrappati, avvinghiati l'uno all'altra,

supererà torrette e torri e guglie, finché non uscirà dalla crepa nel finto cie-

lo, lasciando gli altri nel prato giù di sotto, a guardare inebetiti in aria a

bocca spalancata.

Che intrecci onnipotenti e infantili.

Sotto la cupola di pietra blu piove, splende il sole, tira vento, è sereno.

Stupisce pensare a come vengano realizzati tutti questi realistici effetti me-

teorologici.

C'è un bambino nelle vicinanze. Le sue grida le giungono a in-

termittenza, come se fossero portate dal vento. Porte si aprono e si chiudo-

no, il suono della sua piccola, immensa rabbia va e viene. È sorprendente

quanto possano strepitare. A volte il suo respiro ansimante è vicinissimo, il

suono stridulo e sommesso, come quando si strappa della seta.

Giace a letto, le lenzuola sopra o sotto di lei a seconda del momento del

giorno. Preferisce un cuscino bianco, bianco come un'infermiera, e leg-

germente inamidato. Parecchi cuscini per tenerla su, una tazza di tè per an-

corarla, così non si addormenterà. La tiene tra le mani, e se va a finire sul

pavimento si sveglierà. Non fa sempre così, è tutt'altro che pigra.

Sogni a occhi aperti si inseriscono a intervalli.

Immagina lui che la immagina. Questa è la sua salvezza.

Col pensiero cammina per la città, ripercorre i suoi labirinti, i suoi squal-

lidi dedali: ogni appuntamento, ogni incontro, ogni porta e scala e letto.

Quello che lui diceva, quello che diceva lei, quello che facevano prima,

quello che facevano dopo. Perfino le volte che discutevano, litigavano, si

separavano, si tormentavano, si ritrovavano. Com'era loro piaciuto rita-

gliarsi l'uno sull'altra, assaggiare il loro stesso sangue. Eravamo rovinosi

insieme, pensa. Ma come altro possiamo vivere, in questi giorni, se non in

mezzo alle rovine?

A volte vorrebbe dargli fuoco, farla finita con lui; finirla con quell'eter-

no, inutile desiderio. Almeno, potrebbero pensarci le ore del giorno e l'en-

tropia del suo stesso corpo - a logorarla, a consumarla, a cancellare quella

zona del suo cervello. Ma nessun esorcismo è bastato, e lei del resto non ci

ha provato con troppo impegno. Non è un esorcismo che vuole. Vuole

quella spaventosa beatitudine, come cadere giù da un aeroplano per sba-

glio. Vuole il suo sguardo famelico.

L'ultima volta che lo ha visto, dopo che erano tornati nella sua stanza,

era stato come annegare: ogni cosa si era oscurata e urlava, ma al tempo

stesso era intensamente argentea, e lenta, e chiara.

Questo è ciò che intende con essere schiava.

Forse lui porta sempre con sé un'immagine di lei, come in un medaglio-

ne; o non esattamente un'immagine, piuttosto un diagramma. Una mappa,

come di un tesoro. Quella di cui avrà bisogno per tornare.

Prima c'è la terra, migliaia di chilometri di terra, con un cerchio esterno

di rocce e montagne coperte di ghiaccio, spaccate, corrugate; poi una fore-

sta con un viluppo di frutti fatti cadere dal vento, che vanno a comporre un

manto intricato, legno morto che marcisce sotto il muschio; poi l'inaspetta-

ta radura. Poi brughiere e steppe battute dal vento e aride colline rosse do-

ve la guerra va avanti. Dietro le rocce, in agguato nei canyon inariditi,

stanno acquattati i difensori. Sono soprattutto cecchini.

Poi vengono i villaggi, con squallide casupole e i monelli che lanciano

occhiate furtive e le donne che trascinano fasci di ramoscelli, le strade di

terra battuta sporche della melma in cui si rivoltano i maiali. Poi le rotaie

della ferrovia che attraversano le città, con le loro stazioni e depositi, le lo-

ro officine e magazzini, le loro chiese e banche di marmo. Poi le città, va-

ste forme oblunghe di luce e tenebre, torre su torre. Le torri sono rivestite

di diamante. No: qualcosa di più moderno, più credibile. Non zinco, quello

è per i mastelli delle povere donne.

Le torri sono rivestite di acciaio. Là vengono fabbricate bombe, là cado-

no anche bombe. Ma lui evita tutto, attraversa tutto illeso, tutta la strada fi-

no a questa città, la città che contiene lei, con le case e i campanili che la

circondano, nella torre più interna, più centrale di tutte, che non sembra

neppure una torre. È camuffata: si potrebbe essere scusati a scambiarla per

una casa. Lei è il tremulo cuore di tutto, infilata nel suo letto bianco. È

chiusa lontana dal pericolo, ma è lei lo scopo di tutto ciò. Lo scopo di tutto

ciò è proteggere lei. Ecco come trascorrono il loro tempo - a proteggerla da

tutto il resto. Lei guarda fuori della finestra, e nulla può arrivare a lei, né

lei può arrivare a nulla.

Lei è lo zero rotondo, lo zero spaccato. Uno spazio che si definisce non

essendoci. Ecco perché non possono raggiungerla, posare un dito su di lei.

Ecco perché non possono appuntare nulla su di lei. Ha un sorriso così buo-

no, ma lei non c'è, là dietro.

Lui vuole pensarla invulnerabile. Mentre se ne sta alla sua finestra illu-

minata, con una porta chiusa a chiave alle spalle. Lui vuole essere là, sotto

l'albero, con lo sguardo rivolto verso l'alto. Facendosi coraggio si arrampi-

ca sul muro, una mano dopo l'altra si inerpica sulla pianta rampicante e sul

davanzale, felice come un ladro; si rannicchia, solleva il vetro, entra. La

radio è a basso volume, musica da ballo che si fa più forte e si affievolisce.

Soffoca i passi. Non si scambiano una parola, e così ricomincia il delicato,

accurato saccheggio della carne. Attutito, esitante e oscuro, come sott'ac-

qua.

Hai condotto un'esistenza protetta, le aveva detto una volta.



Si potrebbe anche chiamarla così, aveva replicato lei.

Ma come potrà mai venirne fuori, dalla sua vita, se non attraverso di lui?

The Globe and Mail, 26 maggio 1937

FAIDA ROSSA A BARCELLONA

PARIGI. SPECIALE PER THE GLOBE AND MAIL

Sebbene le notizie da Barcellona siano pesantemente censurate,

al nostro corrispondente a Parigi è giunta voce di scontri tra fa-

zioni repubblicane avversarie in quella città. A quanto pare i co-

munisti appoggiati da Stalin e bene armati dalla Russia stanno ef-

fettuando purghe contro i rivali del POUM, gli estremisti trotskisti

che hanno fatto causa comune con gli anarchici. All'euforia dei

primi giorni del regime repubblicano è seguita un'atmosfera di so-

spetto e paura, dal momento che i comunisti accusano il POUM di

tradimento da «quinta colonna». Si è assistito a scontri aperti in

strada, con la polizia cittadina che prendeva le parti dei comunisti.

Corre voce che numerosi membri del POUM siano in prigione o

in fuga. Parecchi canadesi potrebbero essere stati colpiti nel fuoco

incrociato, ma tali notizie rimangono non verificate.

Per quanto riguarda le altre zone della Spagna, Madrid è sempre

nelle mani dei repubblicani, ma le forze nazionaliste guidate dal

Generale Franco stanno riportando significativi successi.

L'assassino cieco: La Union Station

Lei piega il collo, appoggia la fronte sul bordo del tavolo. Immagina la

sua venuta.

È il crepuscolo, le luci della stazione sono accese, la faccia di lui vi ap-

pare sbattuta. Da qualche parte nelle vicinanze c'è una costa, blu oltremare:

sente le grida dei gabbiani. Sale con un balzo sul treno fra nuvole di vapo-

re sibilante, issa la sacca da viaggio sulla reticella; poi crolla sul sedile, tira

fuori il panino che ha comprato, lo svolge dalla carta spiegazzata, lo spez-

za in due. È quasi troppo stanco per mangiare.

Accanto a lui c'è una donna anziana che sta lavorando con i ferri a qual-

cosa di rosso, un maglione. Sa a cosa sta lavorando perché glielo dice lei;

gli direbbe tutto se glielo permettesse, dei figli, dei nipoti; ha senza dubbio


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