questo che vogliono.
Uno stratagemma furbo, dice lui. Molto astuto.
Sì, fa lei, è in Erodoto, o qualcosa del genere. La caduta di Babilonia, mi
pare che fosse.
Hai una sorprendente quantità di cianfrusaglie in testa, dice lui. Ma ora
le cose vanno equilibrate, no? I nostri due ragazzi non possono continuare
a fare la parte dei messaggeri divini. È troppo rischioso. Prima o poi com-
metterebbero un errore, fallirebbero e sarebbero uccisi. Devono scappare.
Sì. Ci ho pensato. Prima di fornire la parola d'ordine e le istruzioni, l'as-
sassino cieco dice che loro due devono essere portati alle colline ai piedi
delle montagne occidentali, con abbondanti provviste di cibo e così via.
Dirà che devono farvi una sorta di pellegrinaggio - salire su una montagna,
ricevere altre istruzioni divine. Solo allora lui fornirà la merce, intendendo
con questo la parola d'ordine. In tal modo, se l'attacco dei barbari fallisce,
loro due saranno in un luogo dove a nessuno degli abitanti di Sakiel-Norn
verrà mai in mente di cercarli.
Ma saranno uccisi dai lupi, dice lui. O se non da loro, dalle donne morte
dalle figure flessuose e le labbra rosso rubino. Oppure lei verrà uccisa, e
lui sarà costretto a soddisfare le loro innaturali brame fino alle calende
greche, poveraccio.
No, dice lei. Non è quello che succederà.
Ah, no? E chi lo dice?
Non fare ah, no. Lo dico io. Ascolta - ecco come andrà. All'assassino
cieco non sfugge alcuna voce, e perciò sa come stanno veramente le cose.
Le donne non sono affatto morte, in realtà. Hanno soltanto messo in giro
quella diceria, in modo da essere lasciate in pace. In realtà sono schiave
fuggitive, e donne scappate per evitare di essere vendute dai loro mariti o
padri. Non sono neanche tutte donne - alcuni sono uomini, ma uomini gen-
tili e affabili. Vivono tutti in caverne e allevano pecore, e hanno i loro orti.
Fanno a turno a nascondersi dietro le tombe e a spaventare i viaggiatori -
urlando loro contro e così via - per salvare le apparenze.
Inoltre, i lupi non sono davvero lupi, sono soltanto cani da pastore adde-
strati a spacciarsi per lupi. In realtà sono molto mansueti, e molto fedeli.
Dunque questa gente accoglierà i due fuggitivi, e una volta che avrà a-
scoltato la loro triste storia sarà molto carina con loro. Quindi l'assassino
cieco e la ragazza senza lingua potranno sistemarsi in una delle caverne, e
prima o poi avranno dei bambini che potranno vedere e parlare, e saranno
molto felici.
E nel frattempo tutti i loro concittadini saranno massacrati? chiede lui,
sorridendo. Stai avallando il tradimento verso il proprio paese? Hai barat-
tato il bene comune con la soddisfazione personale?
Be', quella gente stava per ucciderli. I loro concittadini.
Solo pochi ne avevano intenzione - l'élite, le carte in cima al mazzo.
Condanneresti tutti gli altri con loro? Lasceresti che la nostra coppia tradi-
sca la propria gente? Piuttosto egoista da parte tua.
È la storia, dice lei. È nella Conquista del Messico - come si chiama,
Cortez - la sua amante azteca fece lo stesso. È anche nella Bibbia. La pro-
stituta Raab si comportò in maniera identica, quando Gerico fu distrutta.
Aiutò gli uomini di Giosuè, e lei e la sua famiglia furono risparmiati.
Aggiudicato, dice lui. Ma hai infranto le regole. Non puoi trasformare le
donne morte in un branco di folcloristiche pastorelle secondo i tuoi capric-
ci.
Non hai mai inserito sul serio queste donne nella storia, dice lei. Non di-
rettamente. Hai solo riferito delle voci sul loro conto. Le voci possono es-
sere false.
Lui ride. È abbastanza vero. Ora, ecco la mia versione. Nell'accampa-
mento del Popolo della Gioia tutto accade come hai detto, anche se con
dialoghi migliori. I nostri due giovani vengono condotti alle colline ai pie-
di delle montagne occidentali e lasciati là tra le tombe, quindi i barbari si
accingono a entrare nella città secondo le istruzioni, e saccheggiano, e di-
struggono, e massacrano gli abitanti. Nessuno scampa alla morte. Il Re
viene impiccato a un albero, la Somma Sacerdotessa sventrata, il cortigia-
no che aveva ordito il complotto perisce insieme a tutti gli altri. I piccoli
schiavi innocenti, la corporazione degli assassini ciechi, le fanciulle sacri-
ficali nel Tempio - muoiono tutti. Un'intera cultura è cancellata dall'uni-
verso. Non viene lasciato vivo nessuno capace di tessere i meravigliosi
tappeti e questo, devi ammetterlo, è un peccato.
Intanto i due giovani, mano nella mano, a passi incerti, lenti, si avviano
per la loro strada solitaria attraverso le montagne occidentali. Credono
fermamente che saranno presto avvistati dai benevoli padroni degli orti, e
accolti tra loro. Ma, come dici tu, le voci non sono necessariamente vere, e
l'assassino cieco ha colto la voce sbagliata. Le donne morte sono davvero
morte. Non solo, i lupi sono davvero lupi, e le donne morte possono chia-
marli con un fischio a loro piacimento. In men che non si dica i nostri due
eroi sono carne per lupi.
Sei proprio un inguaribile ottimista, dice lei.
Non sono inguaribile. Ma mi piace che le mie storie siano realistiche, il
che vuol dire che devono esserci dei lupi. In una forma o nell'altra.
E perché questo sarebbe realistico? Si scosta da lui stendendosi sulla
schiena, fissa il soffitto. È seccata perché la sua versione è stata liquidata.
Tutte le storie parlano di lupi. Tutte quelle che valgano la pena di essere
raccontate, cioè. Tutto il resto è robaccia sentimentale.
Tutto?
Certo, fa lui. Pensaci un po'. C'è la fuga dai lupi, la lotta con i lupi, la
cattura dei lupi, l'addomesticamento dei lupi. Essere gettati tra i lupi, o get-
tare gli altri tra i lupi in modo che i lupi mangino loro e non te. Correre con
il branco dei lupi. Trasformarsi in lupo. Meglio di tutto, trasformarsi nel
lupo capobranco. Non esistono altre storie decenti.
Io credo di sì, ribatte lei. Credo che la storia di te che mi racconti la sto-
ria dei lupi non parli dei lupi.
Non scommetterci, dice lui. Nascondo un lato lupesco. Vieni qui.
Aspetta. C'è qualcosa che devo chiederti.
Okay, spara, fa lui pigramente. I suoi occhi si sono richiusi, la sua mano
è sopra di lei.
Mi sei mai infedele?
Infedele. Che parola antiquata.
Lascia stare le mie scelte lessicali, dice lei. Lo sei?
Non più di quanto tu lo sia nei miei confronti. Fa una pausa. Non la con-
sidero un'infedeltà.
Come la consideri? chiede lei con voce fredda.
Da parte tua, distrazione. Chiudi gli occhi e dimentichi dove sei.
E da parte tua?
Diciamo solo che sei prima inter pares.
Sei veramente un bastardo.
Sto solo dicendo la verità, fa lui.
Be', forse non dovresti.
Non ti inalberare, dice lui. Sto solo scherzando. Non sopporterei l'idea di
mettere un dito su qualsiasi altra donna. Vomiterei.
C'è un silenzio. Lo bacia, si ritrae. Devo partire, dice con cautela. Dove-
vo dirtelo. Non volevo che ti chiedessi dov'ero finita.
Partire per dove? Perché?
Partecipiamo al viaggio inaugurale di una nave. Tutti, l'intero entourage.
Lui dice che non possiamo mancare. Dice che è l'avvenimento del secolo.
Del secolo è passato solo un terzo. In ogni caso, avrei pensato che un
piccolo posto fosse riservato alla Grande Guerra. Lo champagne al chiaro
di luna può difficilmente competere con i milioni di morti nelle trincee. E
che dire dell'epidemia di influenza, o...
Intende l'avvenimento mondano.
Oh, mi scusi, signora. Ho sbagliato.
Qual è il problema? Starò via solo un mese - be', più o meno. A seconda
di come verranno organizzate le cose.
Lui non dice niente.
Non è che voglia farlo.
No. Non credo che tu lo voglia. Troppi pasti a sette portate da mangiare,
e fin troppi balli. Alla fine una ragazza può esaurirsi.
Non essere così.
Non dirmi come devo essere! Non unirti al coro di gente che ha progetti
per migliorarmi. Mi hanno rotto i coglioni. Sarò quello che sono.
Mi dispiace. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.
Odio quando strisci a terra. Ma Cristo, se sei brava a farlo. Scommetto
che fai un sacco di pratica, sul fronte interno.
Forse è meglio che vada.
Vattene, se ti va. Si gira, le dà le spalle. Fai quel cazzo che hai voglia di
fare. Non sono il tuo guardiano. Non devi alzarti e supplicare e piagnuco-
lare e dimenare la coda per me.
Non capisci. Non ci provi neanche. Non capisci affatto come stanno le
cose. Non mi diverto.
Va bene.
Mayfair, luglio 1936
IN CERCA DI UN AGGETTIVO
DI J. HERBERT HODGINS
...Mai nave più bella ha solcato le rotte marine. Ha la bellezza
agile e aerodinamica del levriero nella struttura esterna, mentre al-
l'interno è caratterizzata da una profusione di dettagli e da una su-
periorità nell'arredamento che ne fa un capolavoro di comodità,
efficienza e lusso. La nuova nave è un albergo Waldorf-Astoria
galleggiante.
Ho cercato un aggettivo adatto. È stata chiamata meravigliosa,
eccitante, magnifica, regale, sontuosa, maestosa e superba. Tutte
parole che la descrivono con una certa precisione. Ma ogni parola
in sé rende conto soltanto di una singola fase di questa «grande
conquista nella storia della cantieristica britannica». È impossibile
descrivere la Queen Mary: deve essere vista e «sentita», come bi-
sogna partecipare alla sua incomparabile vita di bordo.
...Naturalmente nel salone principale ógni sera venivano aperte
le danze, ed era difficile ricordare di essere in mare. La musica, la
pista, la folla elegantemente vestita erano tipici delle sale da ballo
degli alberghi di almeno mezza dozzina di città nel mondo. Si po-
tevano ammirare tutti gli abiti più nuovi lanciati da Londra e Pari-
gi, usciti dritti dritti dalle loro scatole. Si potevano ammirare an-
che le ultime novità in fatto di accessori: borsette incantevoli;
mantelle da sera rigonfie, di cui molte versioni eleganti accentua-
vano i motivi colorati; scialli lussuosi e mantelline di pelliccia. I
massimi onori sono stati decretati all'abito a sbuffo, sia di taffettà
che di tulle. Dov'era preferito il modello dritto, il vestito era inevi-
tabilmente accompagnato da un'elaborata tunica di taffettà o di ra-
so stampato. Numerose e di foggia svariata le mantelle di chiffon.
Ma tutte ricadevano dalle spalle in un fluido stile militare. Una
donna giovane e bella dal viso di porcellana di Dresda sotto u-
n'acconciatura di capelli bianchi portava una mantella di chiffon
lilla sopra un abito grigio dalle linee molto morbide. Un'alta bion-
da con un abito rosa anguria indossava una mantella di chiffon
bianco, bordato di code di ermellino.
L'assassino cieco: Le Donne Delizia di Aa'A
La sera si balla, leggiadre danze sfavillanti su una pista scivolosa. Ilarità
indotta: lei non può evitarla. Dappertutto intorno scoppiettano i flash: non
puoi mai dire chi stiano prendendo di mira, o quando sui giornali apparirà
una tua foto, la testa rovesciata indietro, i denti bene in mostra.
La mattina ha i piedi doloranti.
Il pomeriggio si rifugia nella memoria, stesa su una sedia a sdraio, dietro
gli occhiali da sole. Rifiuta la piscina, il lancio degli anelli, il volano, i gio-
chi senza fine, privi di senso. I passatempi servono a far passare il tempo e
lei ha il suo, di passatempo.
I cani girano in continuazione intorno alla sdraio all'estremità dei loro
guinzagli. Sono tenuti da persone pagate per portarli a passeggio, tra le
migliori. Finge di leggere.
Qualcuno scrive lettere, nella biblioteca. Per lei non ha senso. Anche se
mandasse una lettera, lui si sposta con tale frequenza che potrebbe non ri-
ceverla mai. Ma potrebbe riceverla qualcun altro.
Nei giorni di mare calmo le onde fanno il loro dovere. Ti cullano. L'aria
di mare, dice la gente - ah, fa così bene. Bisogna fare un profondo respiro e
basta. Rilassarsi e basta. Lasciarsi andare.
Perché mi racconti queste storie tristi? dice lei, mesi prima. Sono stesi
avvolti nella sua pelliccia, con il lato del pelo verso l'alto, su richiesta di
lui. Aria fredda soffia attraverso la finestra rotta, i tram passano sferra-
gliando. Solo un minuto, dice lei, ho un bottone ficcato nella schiena.
È questo il tipo di storie che conosco. Tristi. Comunque, portata alla sua
logica conclusione, ogni storia è triste, perché alla fine tutti muoiono. Na-
scita, copula e morte. Non si fa eccezione, tranne forse per la parte della
copula. Qualche tizio non ci arriva neppure, povero cristo.
Ma in mezzo possono esserci parti felici, dice lei. Tra la nascita e la
morte - non è vero? Comunque, penso che per chi crede nel Paradiso anche
quella possa essere una storia discretamente felice - la morte, voglio dire.
Con nugoli di angeli che ti accompagnano cantando all'eterno riposo e così
via.
Già. Tante belle promesse per chi muore. No, grazie.
Eppure, ci possono essere parti felici, dice lei. O più di quante tu ne ab-
bia mai messe nelle tue storie. Non ne metti molte.
Vuoi dire la parte in cui ci sposiamo e ci sistemiamo in un piccolo bun-
galow e abbiamo due bambini? Questa?
Ora sei cattivo.
Okay, fa lui. Vuoi una storia felice. Vedo che non demorderai finché non
ne avrai una. Perciò eccola che arriva.
Era il novantanovesimo anno di quella che sarebbe divenuta famosa co-
me la Guerra dei Cento Anni, o Guerre Xenoriane. Il pianeta Xenor, situa-
to in un'altra dimensione dello spazio, era popolato da una razza superin-
telligente ma supercrudele nota come gli Uomini Lucertola, che non erano
quello che dicevano di essere. Esteriormente erano alti più di due metri,
erano squamosi e grigi. I loro occhi avevano fessure verticali, come quelli
dei gatti o dei serpenti. Avevano la pelle così dura che di solito non dove-
vano indossare vestiti, tranne corti pantaloni di carchineal, un metallo ros-
so duttile sconosciuto sulla Terra. Questi proteggevano le loro parti vitali,
anch'esse squamose ed enormi, potrei aggiungere, ma al tempo stesso vul-
nerabili.
Be', grazie al cielo qualcosa lo era, dice lei, ridendo.
Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto. Comunque, il loro piano era catturare
un gran numero di donne terrestri e generare una super-razza, mezza uo-
mo, mezza Uomo Lucertola, che sarebbe stata più dotata di loro per vivere
sui vari altri pianeti abitabili dell'universo - capace di adattarsi a strane at-
mosfere, di mangiare una gran varietà di cibi, di resistere a malattie scono-
sciute e così via -, ma avrebbe anche avuto la forza e l'intelligenza extrater-
restre degli Xenoriani. Questa superrazza si sarebbe diffusa in tutto il co-
smo e lo avrebbe conquistato, mangiando strada facendo gli abitanti dei
diversi pianeti, perché gli Uomini Lucertola avevano bisogno di spazio per
espandersi e di una nuova fonte di proteine.
La flotta spaziale degli Uomini Lucertola di Xenor aveva sferrato il suo
primo attacco alla Terra nel 1967, riportando devastanti successi nelle
principali città, dove erano morte milioni di persone. Approfittando del
panico diffuso, gli Uomini Lucertola avevano ridotto parti dell'Eurasia e
del Sud America a colonie a loro asservite, impossessandosi delle giovani
donne per i loro diabolici esperimenti riproduttivi e seppellendo i cadaveri
degli uomini in enormi pozzi, dopo averne mangiato le parti che più prefe-
rivano. Avevano un debole per i cervelli e i cuori, e i reni, leggermente ar-
rostiti sulla graticola.
Ma le linee di rifornimento xenoriane erano state interrotte da un lancio
di razzi partito da installazioni terrestri nascoste, gli Uomini Lucertola era-
no stati privati degli ingredienti vitali per le loro letali armi a raggi zorch e
la Terra si era ripresa e aveva contrattaccato - non solo con le proprie forze
militari, ma con nugoli di gas fatto con il veleno di una rana poco comune,
la Iridis hortz, usato un tempo dai Nacrod di Ulinth per intingere le punte
delle frecce e al quale, come avevano scoperto gli scienziati terrestri, gli
Xenoriani erano particolarmente sensibili. Perciò lo squilibrio era stato pa-
reggiato.
Anche i loro pantaloncini di carchineal erano infiammabili, se si riusciva
a colpirli con precisione con un proiettile che fosse già abbastanza caldo. I
franchi tiratori terrestri dalla mira infallibile, che usavano fucili a lunga
gittata con munizioni al fosforo, erano gli eroi del giorno, sebbene le rap-
presaglie contro di loro fossero severe, e comprendessero torture elettriche
sconosciute in precedenza e terribilmente dolorose. Gli Uomini Lucertola
non prendevano bene il fatto di vedersi divampare le parti intime, cosa
questa del tutto comprensibile.
Dunque, prima dell'anno 2066, gli Uomini Lucertola alieni erano stati ri-
cacciati in un'altra dimensione dello spazio, dove ora venivano inseguiti
dai piloti da caccia terrestri nelle loro piccole e veloci navicelle d'assalto
biposto. Il loro fine ultimo era annientare completamente gli Xenoriani, te-
nendone magari qualche decina da esibire in zoo appositamente fortificati,
dietro vetri infrangibili. Tuttavia gli Xenoriani non avevano intenzione di
arrendersi senza uno scontro all'ultimo sangue. Avevano ancora una flotta
funzionante, e qualche asso nella manica.
Avevano maniche? Pensavo che di sopra fossero nudi.
Cristo, non essere così pignola. Sai cosa voglio dire.
Will e Boyd erano due vecchi compagni - due consumati veterani delle
navicelle d'assalto che avevano combattuto mille battaglie, in servizio or-
mai da tre anni. Era un sacco di tempo per il reparto delle navicelle d'assal-
to, dove le perdite erano alte. A detta dei comandanti il loro coraggio era
superiore al loro giudizio, sebbene fino a quel momento T'avessero fatta
franca con il loro comportamento temerario, in un susseguirsi di audaci in-
cursioni.
Ma all'inizio della nostra storia una navicella-zorch xenoriana li aveva
incalzati da vicino e ora erano stati colpiti in malo modo e procedevano
con gran difficoltà. I raggi-zorch avevano aperto una falla nel serbatoio di
carburante, messo fuori combattimento il collegamento con il controllo
sulla Terra e fuso il meccanismo di governo, procurando nello stesso tem-
po una brutta ferita alla testa a Boyd, mentre Will sanguinava nella sua tuta
spaziale, da un punto non precisato del tronco.
A quanto pare siamo alla resa dei conti, disse Boyd. Fottuti su tutta la li-
nea. Ormai a momenti questo affare andrà a gambe all'aria. Vorrei solo che
avessimo avuto il tempo di far esplodere qualche altro centinaio di quegli
squamosi figli di cane, mandandoli al creatore.
Idem. Be', alla salute, vecchio amico, disse Will. Comunque, sembra che
hai qualcosa che ti gocciola là dentro - un intruglio rosso. Ti cola dalle dita
dei piedi. Ha, ha.
Ha, ha, fece Boyd con una smorfia di dolore. Proprio divertente. Hai
sempre avuto un senso dell'umorismo scadente.
Prima che Will potesse rispondere, la nave girò su se stessa ormai fuori
controllo e descrisse una spirale da capogiro. Erano stati catturati da un
campo di gravità, ma di quale pianeta? Non avevano idea di dove si tro-
vassero. Il loro sistema gravitazionale artificiale era fuori uso, e così i due
uomini persero i sensi.
Quando si svegliarono, non potevano credere ai loro occhi. Non erano
più nella navicella, né nelle loro aderenti tute spaziali metalliche. No, in-
dossavano ampie vesti verdi di un materiale scintillante, ed erano distesi su
soffici divani dorati in un pergolato di viti frondose. Le loro ferite erano
guarite, e il dito medio della mano sinistra di Will, saltato via in un'incur-
sione precedente, era ricresciuto. Si sentivano pervasi di salute e benessere.
Pervasi, mormora lei. Mio Dio.
Già, a noi ragazzi piace qualche parola ricercata di tanto in tanto, dice
lui, parlando con un lato della bocca, come un gangster dei film. Dà un
tocco di classe a questa roba.
Lo immagino.
Andiamo avanti. Non ci capisco niente, disse Boyd. Credi che siamo
morti?
Se siamo morti, ci metto la firma, disse Will. Va tutto bene, benone.
Direi.
Proprio allora Will emise un debole fischio. Stavano venendo loro in-
contro due delle femmine più fantastiche che avessero mai visto. Indossa-
vano lunghi abiti di una tinta blu violacea, che ricadevano in piccole pie-
ghe e frusciavano ai loro movimenti. Ciò ricordò a Will niente di meno che
le guarnizioni di carta che venivano messe intorno alla frutta nelle spoc-
chiose drogherie di prim'ordine. Avevano le braccia e i piedi nudi, e strane
acconciature con fini reticelle rosse. La pelle era di uno squisito rosa dora-
to. Camminavano con un moto ondulato, come se fossero state immerse
nello sciroppo.
Salute a voi, uomini della Terra, disse la prima.
Sì, salute, disse la seconda. Vi abbiamo aspettato a lungo. Abbiamo se-
guito il vostro arrivo sulla nostra telecamera interplanetaria.
Dove siamo? chiese Will.
Siete sul pianeta Aa'A, rispose la prima. La parola suonava come un so-
spiro di appagamento, con un piccolo sussulto nel mezzo, come quelli che
fanno i bambini quando si girano nel sonno. Suonava anche come l'ultimo
respiro di un morente.
E come ci siamo finiti? chiese Will. Boyd era senza parole. Faceva scor-
rere gli occhi sulle curve formose e mature in mostra davanti a lui. Mi pia-
cerebbe affondare i denti in un pezzo di quella roba, stava pensando.
Siete caduti dal cielo nella vostra navicella, disse la prima. Sfor-
tunatamente è andata distrutta. Dovrete rimanere qui con noi.
Non sarà dura da sopportare, disse Will.
Ci prenderemo molta cura di voi. Vi siete guadagnati un premio. Proteg-
gendo il vostro mondo dagli Xenoriani, proteggete anche il nostro.
Il pudore impone di gettare un velo su quanto accadde poi.
Deve proprio?
Te lo dimostrerò tra un attimo. Bisogna solo aggiungere che Boyd e Will
erano gli unici uomini sul pianeta Aa'A, perciò naturalmente le donne era-
no vergini. Ma potevano leggere nel pensiero, e ognuna di loro capiva in
anticipo cosa potessero desiderare Will e Boyd. Così ben presto le fantasie
più stravaganti dei due amici furono realizzate.
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