Modello Amàrantos



Yüklə 0,61 Mb.
səhifə8/16
tarix01.08.2018
ölçüsü0,61 Mb.
#65181
1   ...   4   5   6   7   8   9   10   11   ...   16

Stavo per dormire, anzi ero in uno stato promiscuo tra il sogno e la realtà. Il mio corpo era atrofizzato, non muovevo neanche un muscolo, vedevo solo ombre distorte e qualche luce colorata ogni tanto. l'unica cosa reale che sentivo erano le voci dei due inquilini.

- Ah, sei tornato, stronzo. Noi domani mattina andiamo via, alle dieci, viene Eric a prenderci. Ci hai proprio rotto il cazzo con le tue sbronze di merda e la tua vigliaccheria. No, no, basta, noi andiamo via...

- Eric? Il terzo del trenino dei finocchi?

Dopo questa freddura nessuno di noi parlò più. Io restai un attimo sveglio, controvoglia, giusto il tempo per riflettere su tutta la situazione. Alla fine, cosa avevo concluso? Avevo perso due inquilini che avevano già anticipato la loro parte di affitto. Bene. Restava da pagare solo una terza parte ed ero rimasto solo. Meglio di così... Devo solo pagare il portoncino d’ingresso. Quanto costerà? Troppo. Fanculo, dormo.

Improvvisamente un rumore mi spaccò contemporaneamente il sonno ed il cazzo. Fanculo. Il campanello. È arrivato in sede il terzo piglianculo. Allora non avevo sognato. Aprii gli occhi per un istante, ma la luce mi diede un fastidio immane e gli richiusi subito. Drin, drin e porco drin. Si alzeranno i due deficienti. Drin. Sono io. Era sicuramente lui, lo aveva anche detto. Mi alzai così controvoglia che se il tipo mi avesse detto una parola fuori luogo gli avrei tirato una castagna sul muso.

Ero in mutande ma ancora con il maglione addosso. Attraversai il corridoio cosparso di vetri e vidi la faccia di quell'ebete appena al di fuori della porta martoriata. Buongiorno mi disse.

- Che cazzo suoni, non vedi che la porta è solo appoggiata?

Scansai rumorosamente quello che restava della porta, ma lui si fermò saggiamente di fuori e mi chiese dei due frocioni. Non ebbe neppure il coraggio di chiedermi che cazzo era successo. Non che me ne fregasse molto, infatti non feci una parola e tornai a dormire. Prima di buttarmi di nuovo sul letto incrociai i due che si affrettavano a salutare il loro simile. Porco cazzo si sono alzati finalmente, pensai avvolgendomi nella coperta. Con il cuscino intorno al teschio provai a riaddormentarmi. Non ci riuscivo. Sentivo solo i loro pavoneggiamenti per questo e per quello, tipico dei finocchi. Finalmente appena se ne andarono collassai senza più alcun pensiero.
Erano le due di pomeriggio quando mi svegliai ancora assonnato e rincoglionito. Avrei potuto dormire ancora ma avevo i coglioni troppo girati per farlo e preferii alzarmi e farmi una frittata. Fortunatamente c'erano ancora un paio di uova e le porcherie che mi ero portato in giro per tutta la mattina. Mangiai discretamente e mi feci un paio di birre raccattando gli avanzi che c'erano in giro per la casa. Quella mattina apprezzai i rimasugli, ma concettualmente li odiavo. Ogni volta che c'era una festa, o semplicemente ogni volta che c'era un po' di casino e ci si beveva qualche birra, c'erano sempre dei coglioni che la sprecavano. Quelli che poi l'indomani li trovi in giro e ti dicono: Ah, bello ieri sera, io mi sono scolato dodici birre a casa tua. E si vantano. Coglioni. Già il fatto che bevevano a scrocco mi stava su cazzo, poi si aggiungeva il fattore spreco. Di doni birre forse una o due la bevevano per intero, le altre le stracciavano per far vedere che erano dei grandi bevitori. Aprivano una birra, facevano due sorsi, poi la lasciavano nei posti più disparati. Trovavo birre mezze piene sotto il letto, in cesso, sul davanzale e perfino incastrate dietro i mobili. La cosa più merdosa era quando ci spegnevano dentro le sigarette. Ma come cazzo fa la gente a buttare via così la roba? Quel giorno continuavo a chiedermelo mentre ramazzavo alla buona la stanza. Io quando andavo alle feste ero una specie di spazzino. appena qualcuno lasciava la mezza birra in giro mi incaricavo di finirla fino all'ultima goccia. In un certo senso ero un eroe.

Dopo aver pulito il grosso della merda con un certo nervosismo incastrai un altro cartone della birra per tappare il buco sulla porta. I cartoni di birra. Qualche giorno prima, quando la porta era ancora intera, andammo giù al bazar a comprare da bere. Ricordo che c'era un bancale con sopra dieci cartoni di birra. Ben rise e si domandò come cazzo faceva il vecchio a smerciare tutta quella roba, dato che là intorno vivevano sì e no una cinquantina di persone. Nove di quei cartoni li comprammo noi. No comment.

Andai un attimo in cesso a lavarmi un po'. Non c'era la doccia. Il bagno sarà stato sì e no di un metro quadro e per giunta l'acqua calda era tiepida. Mi rasai, mi vestii per bene, presi i soldi, la sciarpa da baruffante e me ne andai fuori a congelarmi i testicoli.

Passai da un mio amico molto generoso. Aveva un aspetto solido e compatto, era freddo ma preciso. Soprattutto sembrava generoso. Gli inserivi una tessera, premevi qualche bottone e lui ti sputava in faccia qualche banconota di mezza taglia. Poi, puntualmente, verso fine mese iniziava a rifiutarsi di collaborare e come se non bastasse ti spediva a casa mille lettere di minacce. Era uno strozzino di merda. Un aguzzino schifoso. Nascosto sotto i portici, dietro un supermercato o perfino nei suoi uffici privati, ingannava la povera gente. Una strisciata di tessera per una manciata di denaro. Non avevi più soldi in archivio? Non aveva importanza, lui qualcosa te lo prestava. Poi a fine mese le mazzate. Santiddio. Allora con arroganza provai a tiar fuori dalla pancia grassa del mio migliore amico un paio di centoni. Credito non disponibile. Fanculo. Andai per tentativi a botte di venti. Centoquaranta era tutto quello che mi era rimasto.

Bimburlato di denaro andai a comprare qualcosa giù al bazar. Appena aprii la porta del negozio i gingilli appesi alla porta, stile antico Giappone, tintinnarono con malinconia e subito il vecchio commerciante mi locchiò come stesse fissando un mostro.

- Oggi pago, no problem...

Il melcico non rispose, si limitò a schiarirsi la voce con tono fascista. Io abbassai lo sguardo per il semplice motivo che non avevo nessuna voglia di continuare il discorso con quella mummia e mi diressi verso lo scaffale dei liquori. Non c'era nessun tipo di vodka liscia. Solo alla pesca, alla fragola, ai frutti bosco, ai frutti di mare e ad altre centomila stronzate. Nemmeno una schifosissima Keglevic ma solo stronzerie ai frutti e agli aromi. Come faceva la gente a bere roba così tarocca me lo ero sempre chiesto. Va beh, se sei già sbronzo bevi un po' di tutto, ma dopo esserti scolato una bottiglia di porcheria agli agrumi maledici il megrebo che li aveva tritati dentro. Per me era mattina, avevo bisogno di qualcosa di sano, non di porcherie. Alla fine rinunciai alla bottiglia di liquore, l'avrei comprata da un'altra parte. Presi solo una cassa di birra, pane e luganeghe. Verso l'uscita comunque ripiegai su un paio di bottiglie di vino rosso.

- Pago tutto, no problem?

- Hai rapinato una banca?

- No, purtroppo è la banca che continua a rapinarmi

Il vecchio non proseguì il discorso, abbassò la testa e si limitò ad intascare quasi cinquanta dei miei preziosi sesterzi. Non mi salutò neppure.

Fanculo vecchio di merda. Mi rompi il cazzo anche quando ti saldo il conto. Fottiti.

Appena fuori dal negozio mi accorsi di aver erroneamente preso una bottiglia di fragolino. Cazzo, fa cagare. Non valeva la pena di tornare dentro da quel vecchio imbecille solo per cambiare una bottiglia. Decisi che l'avrei offerta agli ospiti. O forse l'avrei bevuta io se fossi stato troppo sbronzo da accorgermi che era dolce. Percorsi velocemente il breve tratto di strada che mi riportava nel misero appartamento. Dovevo scopare.
Abbassai la serranda con rilassatezza. Lei rimase seduta sul letto a guardarmi, Si stava bagnando. Lo sapevo. E lei lo sapeva che io lo sapevo. Ed io sapevo che lei sapeva che io sapevo, altrimenti non sarei qui a scriverlo. Mi slacciai da me la cintura. Mi girai verso di lei e nella penombra lasciai fuoriuscire il mio fallo, in preda ad una perfida erezione. Me lo prese in mano, ma io mi buttai subito sopra di lei ed iniziai a spogliarla. Ogni centimetro di vestito che si spostava la mia lingua lo seguiva e leccava la giovane pelle leggermente sudata di piacere. Aveva perso la testa. Aveva piegato il capo all'indietro, con leggera inclinazione a sinistra. Mentre i suoi occhi si chiudevano la passera si apriva e mi bagnava le dita. L'uccello mi stava scoppiando dal flusso del sangue.

La scopata fu lunga e silenziosa. Mi uccise.

Ero disteso sul letto a fumarmi la classica quinta sigaretta del dopo sesso quando lei si alzò e si rivestì velocemente. La vidi sparire tra la neve ormai luccicante sotto la luna piena. Vaffanculo. Si era fatto tardi, i negozi erano sicuramente già chiusi. Fanculo all’alcol che spacca.
Alla sesta birra decisi finalmente di andare in qualche bettola a degluttare qualcosa di forte. Tutto stava tornando tranquillo, troppo tranquillo, non ne ero abituato. Avevo anche le tasche abbastanza fornite di grana. Mi infilai velocemente i pantaloni, la giacca di pelle e la solita sciarpa colorata. Non mi misi neanche su un maglione. Non ne avevo voglia.

Entrai nell’osteria più frequentata della zona. Lì trovai ovviamente molti dei miei soma: Eddie, Ozzy, Mick, Kurt e Lou. Eccetto per Eddie che era un saltuario bevitore, mi sembrava la compagnia d'eccellenza per prendersi una storta. Tutto andava meglio del previsto. Eravamo tutti seduti intorno ad una lunga tavola rettangolare, coperta da una coltre di fumo, tutti a sparare cazzate senza sosta. Si fecero qualche giro di birra, poi dato che era quasi ora di cena molti se ne andarono. Restai con Kurt e Lou. Kurt era fondamentalmente un buono. Non aveva grandi difetti, se non quello di dire stronzate e di giocare un po' troppo d'azzardo. Non grandi cose, ma tra schedine, Totogol, Totip, Lotto, Enalotto e budelli di Gesù si mangiava forse un po' troppi soldi rispetto a quelli che prendeva. Comunque stava bene ed era contento. Buon per lui. Lou sembrava molto più duro di kurt, ma in fondo in fondo non lo era per niente ed io lo sapevo. E sapevo anche che lui non avrebbe apprezzato che lo dicessi in giro. Quei pochi soldi che guadagnava li investiva nel bere, non dico tutti, ma quasi. Andai a pisciare. Uscii dal cesso del locale e vidi kurt che contava monetine.

- Ehi, e Lou dove cazzo è finito?

- Se n’è andato via con un tipo dalla parlata incomprensibile

- Ah, ho capito chi è. È un alcolizzato di merda.

- Noi, allora, che cazzo facciamo?

- Faccio ancora due puntate alla slot, poi andiamo a mangiare un boccone da qualche parte. Ok?

- Si può fare...

Mentre il mio socio rimpinzava la slot andai al banco per comprare un pacchetto di sax blu. In quel momento entrò un Pinco Pallino che conoscevo di vista, con una figa straniera. Un Pinco Pallino eterogeneo alla massa, ma contemporaneamente diverso. Simpatico a tutti e a nessuno. Amico di qualsiasi persona incontrasse. Il classico tipo viscido. Lo vidi bello, muscoloso di sana palestra, attraente. Mi veniva voglia di scoparmelo. Maglietta attillata, capezzoli bassi ma in vista sui pettorali squadrati come due ante di armadio, sorriso smagliante.

- Allora, come va? Ci chiese dondolando a destra e a sinistra con le spalle alte ed il petto in fuori.

La teneva sotto il braccio, come un trofeo da mostrare, la bionda straniera. Bella cazzo. Bionda. Con un seno che diceva succhiami. Con un culo che diceva sfondami. Con una bocca che parlava solo di stronzate. E non faceva ridere. Era una bellissima donna sì. Sicuramente era anche una gran puttana. Sì. Per me il Pinco la riempiva di sperma nella bocca e di mandrilli nel culo.

- Vi presento Ingrid, ragazzi - Si pavoneggiò il Pallino

- Gran bella puttanona! - avrei voluto dire - Piacere, Jim.

- Allora cosa fate di bello questa sera ragazzi?

- Stiamo per andare a mangiare un boccone a casa di Jim, e voi due? - Intervenne Kurt

- Ma, non sappiamo ancora dove andare a cenare...

Il mio sesto senso focalizzò un auto invito. O forse era solo la mia immaginazione, magari alimentata dalla mia perenne indole scroccona.

- Potremo mangiare tutti e quattro insieme, se volete... tutti a casa tua.

Ma come se volete, pensai. Cazzo è casa mia. Sono io che dico se volete santiddio, e non avevo nessuna intenzione di dirlo. Stavo per dirgliene quattro e mandarlo a cagare, ma il dubbio che quella bionda fosse veramente una troia di professione mi assalì come un cane idrofobo. Avremmo potuto farcela tutti. Sì cazzo. Pagando quello che c’era da pagare, s’intende.

- Ok, socio. Vamos

- Jim, ovviamente prima però passiamo a casa mia e prendiamo un bel bottiglione di spumante da tre litri. Ferrari s’intende...

Soboronis. Sboronibus. Niente da dire. Una cena con un finocchio gradasso, una troia, un mio soma e una bottiglia da signori con le palle di cristallo. Un bel mix. E magari ci scappava l’orgia.


E così il Pallino mi inchiappettò. Subito dopo la cena prelevò di peso la biondazza dalla sedia e se la portò dritta sul mio letto. Era destino. E come se non bastasse si chiuse dentro a chiave. Senza chiedere un cazzo.

- Kurt, ne ho pieno il cazzo di ‘sti gemiti da film porno. Andiamo via.

- Via... da casa tua? Ma sei sicuro?

Salii nella sua macchina e dimenticai i miei pensieri appesi ad un portachiavi. Erano appena le nove e mezza di sera quando io e Kurt ci infilammo in una classica osteria. Per la cronaca la stessa dove la sera prima mi ero accasciato a terra per motivi etanolici.

- Kurt. Ci è andata di merda. Pinco Pallino adesso glielo starà filettando nel deretano.

- Sei stato te un coglione a lasciarlo andare in camera...

- Che cazzo ne sapevo che si sarebbe chiuso dentro?

- Beh, effettivamente è proprio uno stronzo.

- Ed io effettivamente sono proprio un coglione.

- Proprio.

- Sinceramente speravo che il Pinco ce la passasse, quella vacca... invece è un fottuto egoista di merda. Una bottiglia di tre litri di piscio in cambio di una stanza. Fanculo.

- Figurati se ce l’avrebbe mai fatta scopare. Sarà anche vestita da troia, ma è sempre sua morosa.

- E chi cazzo te lo ha detto che è la sua ragazza?

- Nessuno, è un ipotesi, Jim.

- Per me l’ha recuperata in qualche night. Probabilmente la paga. E se non la paga è solo perché gli ha raccontato un mucchio di storie merdose, lo sborone.

- Può anche essere, Jim. Se fosse capitato a me avrei buttato giù la porta.

- Un’altra?

Maledetto lo stronzo che ha inventato le porte.

- Socio, la buttiamo sul bere?

- Più tardi. Io la butterei prima sul scopare.

- Ci inculiamo?

Bob e Ben lo avrebbero fatto sul serio. Dopo aver sbavato due ore sulle tette della babusca di Pinco Pallino eravamo praticamente con il colpo in canna. Fortunatamente quella volta ci bastarono un paio di telefonate e raccattammo due roie da sodomizzare.

- Allora restiamo d’accordo così: alle undici e mezza ci ritroviamo qui, Ok?”

Così Kurt mi accompagnò fino alla mia macchina, una Prinz verde del 68, poi ognuno girò per la propria strada.


Alle dieci e trentacinque spaccate mi sedetti al banco della solita osteria.

Di fianco a me notai un volto nuovo, molto simile a quello di un mio vecchio soma.

- Però, Kurt, vedo che mi hai anticipato... - puntualizzai ironicamente

- Eh, sai, la tipa voleva solo parlare un po’...

- Ti capisco socio - e non lo dissi tanto per dire. Ero andato in bianco anch’io. Sicuramente Kurt però non si era preso anche un calcio sulle palle, come invece era capitato al sottoscritto. Così mi facevano doppiamente male. Piene di sperma e lividi. Sei come tutti gli altri, vuoi solo scoparmi, mi disse. E ci credo. Non sono mica un finocchio.

Mentre si discorreva il barista ci piombò addosso come un avvoltoio su una carcassa di un prete grasso.

- Cosa bevete, giovani? Volete per caso una birra Grolsch in promozione? Mhaha

Questo Mhaha è un tentativo di imitazione dell'assurda risata che aveva quel tipo. Un tentativi fallito, però evidenzia il fatto che ci tengo tantissimo a sottolineare quanto schifo facesse quel suo Mhaha.

Io e Kurt ci guardammo negli occhi. Un tirchio di merda come lui che risparmiava perfino sul fuoco non ispirava per niente fiducia. Poi aveva anche quello schifosissimo Mhaha, pronunciato con tutta la sua virilità. Capii subito che anche Kurt preferiva qualcos'altro.

- No, no, niente birra, facci due bicchieri di cabernet...

Kurt annuì compiaciuto della mia scelta.

- Ma non volete una Grolsch, è in promozione...

- No, questa sera andiamo a vino

Il barista fece una smorfia e si diresse dietro il bancone. Lo vidi perplesso, quasi sconfitto. Poi quando un tale seduto al banco, una specie di motociclista, gli ordinò una di quelle fottutissime Grolsch gli si illuminò lo sguardo. Locchiai il suo tavolo e vidi che se ne era già scolate tre quattro. Forse erano veramente eccezionali come diceva.

Mentre fissavo le bottiglie vuote della mitica Grolsch, Kurt richiamò la mia attenzione.

- Hei Jim, hai visto il motociclista laggiù? Lo conosci anche te?

- Di vista.

- hai notato che sta bevendo ‘ste cazzo di Grolsch?

- Ah ,eh - annuii con un intercalare.

Ad un certo punto il barista ci interruppe.

- Mhaha. ho finito il cabernet. Cosa vi porto, allora? due Grolsch?

A quel punto mi girarono i coglioni, ma gliela diedi vinta.

- Va beh, porco due, sei peggio di un marocchino. Portaci queste due cazzo di Grolsch e falla finita

Kurt rise e con lui anche il motociclista, che levò l’ancora e venne verso di noi

- Dovete sapere ragazzi che vi è andata bene. Io sono venuto qui per bermi un caffè e questo maledetto me ne ha rifilate cinque...

Il barista fece un paio di Mhaha in segno di risata. Infondo stava al gioco. Infondo sapeva di essere un farabutto e ne andava fiero. Così io, Kurt ed il nuovo socio ci sistemammo tutti e tre in una panca a ferro di cavallo intorno al fuoco. A bere Grolsch.

- Pensa che a casa ho una cassa di birra quasi intera e sono qui a farmi inculare da ‘sto marocchino...

- Anche a casa tua c’è qualcuno che sta inculando qualcosa. Una bella troietta bionda...

- Basta che non mi inculi le birre...

Kurt mi guardò sorridendo. Non appena le nostre 33 cl si svuotarono ne arrivarono altre 3, senza neppure ordinarle. Poi ancora tre e così via, fino a perderne il conto. Chiunque avrebbe perso il conto. Non il barista però. Era uno sporco spilorcio lurido tirchio schifoso. Lui segnava tutte le birre che serviva sul suo taccuino, magari anche due in più piuttosto che una in meno.

I vapori benefici della Grolsch mi stavano confondendo le idee. Ormai era tutta una favola. Tutto quello che esisteva era una stanza piena di fumo, col soffitto basso e cavernoso. Un bancone scavato in un unico blocco di legno. Bottiglie di ogni tipo riempivano il muro come un mosaico. Grolsch. Solo Grolsch davanti a noi. Grolsch nei nostri stomaci, nel nostro sangue.

- Che ore sono?

- Le quattro, quattro e mezza quasi

- Bene


I nostri discorsi si stavano sciogliendo al sole. Eravamo cotti, strafatti. Che cazzo facciamo.

- Bene. Io vado a casa

Dopo aver pronunciato questa frase decisiva il motociclista si sollevò pesantemente dallo sgabello. Barcollante. Era alto penso circa più o meno quasi un metro e novanta per un quintale e rotti. Bandana rossa e giacca di pelle, simile alla mia, ma più rigogliosa. Si mosse molto gelatinosamente e sprofondò i gomiti nel legno scuro del bancone del bar. Io a malapena stavo in piedi e lo fissavo come per dire sono ubriaco. Non era una gran bella frase, ma forse l'unica che sarei riuscito ad articolare in quel momento. Kurt rideva. Aveva la Marlboro di sbieco ed era saturo di alcol. aveva la faccia gialla. Io come avevo la faccia? Andai in bagno per guardarmela e ne approfittai per svuotarmi un po' l'idrante. Pisciai per non so quanto tempo. troppo. Chiusi un attimo gli occhi con la fronte appoggiata sulle piastrelle gelide. Mi sentii leggero e soave. Quando uscii dal cesso picchiai con la spalla sulla cassa matta della porta. Rimbalzai. Ero diventato elastico e privo di sensibilità tattile. Restai un secondo a fissare il locale da quell'angolazione e risi sentendo un ennesimo Mhaha che rimbombava nella mia testa. Dal mio nuovo punto di vista la prospettiva pareva distorta ed ormai le persone e le cose erano solo fumo colorato nel buio della stanza.

- Mhaha. Ti restano da pagare nove Grolsch...

- E i miei soci?

- Hanno già pagato la loro parte e se ne sono andati via mezz’ora fa. Tu dov’eri finito? Per caso ti sei perso nel cesso? Mhaha!

Cazzo. Forse mi ero proprio perso nel cesso.

- Bene, bene, allora il conto è… otto per nove… settantadue sesterzi.

Restai pietrificato. Ne avevo ancora più o meno ottanta. Mi sarebbero bastati, ma cazzo di un cane. Otto sesterzi per una Grolsch. Improponibile.

- Ma non erano in promozione?

- Mhaha, sono ancora in promozione…

- Scusa la mia ignoranza, ma le cose in promozione non dovrebbero costare meno?

- Infatti prima costavano otto sesterzi e cinquanta.

Santiddio, era inutile parlare con quello strozzino.

- Ok, ok. Ecco qua.

Ero fottuto. Non avevo più neanche mezzo scellino. Da mangiare e bere ne avevo ancora a casa, ma l’affitto? La porta? Chi cazzo avrebbe pagato? Il dottor Grolsch? Otto sesterzi. In quegli anni con otto sesterzi si mangiava una pizza compresa di coperto e bevanda.

Fanculo. Torno a casa, mi impallo un po’ di Mozart e finisco la sbronza.

Quando salii per i tre gradini del fabbricato e vidi un filo di luce uscire dalla porta dilaniata, mi tornò l'angoscia per aver lasciato le chiavi a Pinco Pallino. Scansai la porta ed entrai a testa bassa, con un mozzicone di sax penzolante in bocca

Santiddio.

Vidi che la tavola da pranzo era rovesciata in mezzo al corridoio. C’erano rottami, vetri e lattine dappertutto. Lattine vuote delle mie birre. Lo stronzo probabilmente in mia assenza aveva improvvisato un festino. Una festa di stronzi teppisti. Mi sedetti su una sedia marcita da non so cosa e mi accesi un’altra sigaretta. Avevo i nervi a fil di pelle. Guardai la porta della mia camera. Si aprì. Inizialmente non riuscii a credere ai miei occhi, poi li sgranai bene e mi apparve davanti proprio quel figlio di puttana di Pinco Pallino. Era ancora lì, il merdoso. Bene.

Mi alzai in piedi e restai per un istante duro immobile, valutando se fosse valsa la pena di sprecare parole o se sarebbe stato meglio passare subito alla violenza. Non feci tempo a riorganizzare il mio cervello corroso che il Pinco mi anticipò con disinvoltura

- È venuta qua un po’ di gente a far festa, ma io ho pensato bene di metterti in fresca questa buona bottiglia di vino!

In tempo zero Pinco aprì il frigo e recuperò il mio fragolino. Poi me lo porse come fosse il più gran regalo di tutta la mia vita. Rimasi incantato, stregato dal suo bel sorriso e dalle tette della sua roia che si stava rivestendo. Lui e la sua roia.

- Appoggiala, pure là sullo scaffale, grazie.

Appena la bottiglia fu al sicuro volai con un jet destro contro la sua mandibola, poi ancora più secco con un dritto sinistro sul suo sporco muso. Sangue. Lacrime isteriche della troia.

Pinco pallino finì disteso lungo la cucina. Non fece tempo a rialzarsi che il suo culo era già sul sedile della sua auto fiammante in fuga, insieme alla sua baldracca lacrimante. Quando bevevo troppo vedevo tutto scorrere così veloce, o più semplicemente diventavo io molto lento. Forse era per quello che non lo avevo fermato per il bis, se lo sarebbe meritato.

Ringraziai metaforicamente Dio che il Pallino mi aveva donato almeno un goccio da bere e mi distesi sul letto a bestemmiare.
Il campanello iniziò a suonare e interruppe la mia quiete religiosa.

Se è ancora quel figlio di puttana che si è pentito e viene a scusarsi gli spacco la testa. No. Non può essere lui. Forse è Kurt che è ancora in samba… magari con quel matto di un motociclista…


Yüklə 0,61 Mb.

Dostları ilə paylaş:
1   ...   4   5   6   7   8   9   10   11   ...   16




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©muhaz.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

gir | qeydiyyatdan keç
    Ana səhifə


yükləyin