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3.7.2. La chiesa di Moncucco


A mezz'ora buona di cammino dalla frazione Moglia, per sentieri campestri, si giunge a Moncucco.

Ogni sabato sera Giovannino chiede ai padroni il permesso di recarsi alla chiesa parrocchiale, dedicata a san Giovanni Battista, sul far del mattino, per la prima Messa. Essi non comprendono il motivo di questo anticipo, visto che poi egli partecipa anche alla "Messa grande" e a tut­te le funzioni del pomeriggio. Perciò una domenica la signora Dorotea lo precede e si apposta in casa di un'amica. Lo vede entrare nella chiesa e lo segue: Giovanni si accosta al confes­sionale del parroco, teologo Francesco Cottino (1768-1840), e poi riceve la santa Comunione, che al tempo si distribuiva anche prima della Messa. Da quel giorno gli viene concessa piena libertà di movi­mento.

Vedendo il suo impegno e la sua capacità di attirare ed a­nimare i ragazzi, don Cottino lo incoraggia. Gli ottiene anche la sala della scuola comunale per i giorni freddi e piovosi: nasce così un primo abbozzo di oratorio festivo.

3.8. SAN GIOVANNI DI RIVA

3.8.1. Casa nativa di san Domenico Savio


A 2 chilometri da Riva di Chieri, in una borgata che ap­partiene alla frazione di S. Giovanni, c'è la casa in cui è na­to Domenico Savio (2 aprile 1842).

È stata restaurata con cura in questi ultimi anni ad ope­ra dei Giovani Cooperatori e dei Giovani Exallievi salesiani di Torino che - adattando e in parte ricostruendo totalmente altri ambienti - l'hanno trasformata in un centro di accoglienza e di spiritualità per comunità giovanili.

Anticamente la casa, che Carlo Savio affittava da Gaetano Gastaldi, si presentava così: al pian terreno la cucina e, sul retro, un locale ad uso cantina o ripostiglio dal quale, attra­verso una porta tuttora esistente, si passava in un portico, oggi abbattuto; al piano superiore, al di sopra della cucina, la camera da letto dei genitori (dove il 2 aprile 1842 è nato Domenico) e, dietro, la camera dei bambini. Si accedeva al pia­no superiore per mezzo di una scala in legno appoggiata alla facciata della casa, proprio come alla "Casetta" dei Becchi.

Il laboratorio da fabbro di papà Carlo era collocato, pre­sumibilmente, nel portico che si trovava dietro la casa, oppure nel locale situato tra la cucina e il portico. La scala che da questo locale oggi ci porta al primo piano, fu costruita nel 1930, dal proprietario Giuseppe Gastaldi (1891-1964), nipote di quel Gaetano che aveva affittato la casa a Carlo Savio. In quell'occasione si fece un restauro generale e il tetto, che prima era ad un solo spiovente appoggiato a quello della casa vicina, fu trasformato in quattro spioventi, con la sostituzio­ne di travi greggi e tarlati. È stato lo stesso Giuseppe Ga­staldi a cedere nel 1954 il terreno sul quale è sorto il monu­mentino a Domenico Savio.

I Savio vissero qui solo un paio di anni, fino al novembre 1843, poi si spostarono a Morialdo.

3.8.2. Il centro di accoglienza giovanile


La casetta e il cascinale attiguo, acquistati nel 1978 da­gli eredi di Giuseppe Gastaldi per interessamento dell' Ispet­toria salesiana Centrale, sono affidati dal 1981 ai membri laici della Famiglia Salesiana, Cooperatori ed Exallievi, perché ne curino la conservazione e la destinazione ad usi giovanili.

I lavori si sono svolti in due fasi successive. Nel 1983 è stata rimessa a nuovo la parte abitata dai Gastaldi, ricavando­ne cucina, sala mensa, alcune camere, servizi igienici e termi­ci adatti all'accoglienza di 22 persone. Nel 1985 sono iniziati i lavori di risanamento della casetta e di ristrutturazione degli edifici circostanti. Si sono ricavati così tre grossi locali per la notte, tre saloni per incontri, camere e ambienti per servizi vari. La capacità di ricezione è salita ad oltre 50 posti letto. Il complesso è stato inaugurato nel maggio 1987.

Tre sono gli scopi dell'opera: 1) conservare dignitosamen­te la casa del giovane allievo di don Bosco; 2) rendere effica­ce il suo ricordo con una struttura a servizio dei giovani; 3) offrire ai membri laici della Famiglia Salesiana occasione di gestire direttamente una struttura per fini educativi e pasto­rali.

Nella casetta di Domenico Savio, restaurata, l'antica cu­cina è stata adibita ad uso cappella. Al suo fianco sorge un piccolo museo che richiama l’attività del padre di Domenico (fabbro) e l’antica cultura contadina. Le due stanze del piano superiore contengono testimonianze della vita del giovane Santo, oggetti d'uso familiare dell'epoca, ed alcune espressioni devozionali che testimoniano il particolare legame tra le mamme e Domenico Savio.


II PARTE



GIOVANNI BOSCO A CHIERI
(1831-1841)

GLI ANNI DELL’ADOLESCENZA E DELLA GIOVINEZZA


1. SIGNIFICATO E TESTIMONIANZA



1.1. I dieci anni di Chieri nella vita di don Bosco

Nella città di Chieri Giovanni Bosco dimorò dal novembre 1831 al maggio 1841: gli anni decisivi dell'adolescenza e della giovinezza, durante i quali andò strutturando e consolidando la sua personalità.

Arrivò sedicenne, ragazzo di campagna, pieno di buona vo­lontà e ne partì prete ventiseienne, spiritualmente solido, cul­turalmente preparato, con una gran voglia di tuffarsi nel mini­stero pastorale, particolarmente a favore dei giovani.

Un itinerario percorso in due grandi tappe: le scuole pub­bliche (1831-1835) e il seminario (1835-1841).


Gli anni della scuola pubblica sono il periodo più trava­gliato ed insieme vivace. Travagliato perchè maggiormente segna­to dalle privazioni economiche, dal lavoro intenso e sacrifica­to, dalle lunghe nottate di studio e di lettura e, ancor più, dalla tensione spirituale nella ricerca della propria vocazione. Ma anche tempo vivace, perché ricco di interessi, nel quale e­splode in Giovanni l'intensa carica di doti umane e spirituali, di esuberanti energie, di allegria e cordialità. L'ambiente se­reno della cittadina si rivela ideale per la sua maturazione. Gli studenti vengono seguiti e curati in ogni momento della loro giornata dalla presenza esigente, ma sempre umana e spesso cor­dialmente amica, dei professori, del Prefetto degli studi (re­sponsabile degli aspetti disciplinari) e del Direttore spiritua­le. L'influsso formativo dell'ambiente scolastico trova un com­plemento adeguato nell'attenzione delle famiglie, presso cui gli alunni dimorano a pensione, e nelle amicizie profonde tra i gio­vani, fatte di chiassose e allegre compagnie, di scambi intensi (Società dell'Allegria).
Nel periodo del seminario, abbandonato gradualmente il vi­vacissimo e giocoso ritmo di vita degli anni precedenti, il chierico Bosco concentra i suoi sforzi nella qualificazione cul­turale e nell'impegno spirituale per plasmarsi secondo il model­lo sacerdotale che gli viene proposto, senza però perdere mai la sua cordiale umanità.

Come programma di partenza assume l'impegno della fedeltà costante ai doveri quotidiani scanditi dal severo regolamento seminaristico. Agli obblighi scolastici, richiesti dai programmi, aggiunge una lettura vorace di opere a carattere storico, bibli­co, teologico ed ascetico, sfruttando ogni briciolo di tempo li­bero. Contemporaneamente affina la propria maturazione umana e spirituale. Docile e affezionato verso i superiori, si rende di­sponibile alle esigenze molteplici della vita comunitaria e al­laccia amicizie spiritualmente feconde con i migliori tra i suoi compagni. Insieme a loro condivide ricreazioni, studio, preghie­ra e ideali ascetici. Col passar degli anni cresce nella tensio­ne interiore ed amplia gli interessi culturali. Si immerge nel­la lettura di opere sempre più impegnative, utilizzando anche i mesi delle vacanze autunnali.

Lo sforzo, il lavoro intenso, l'ascetico tenore di vita in­deboliscono la sua salute e più di una volta è sul punto di soc­combere; ma la fibra robusta di Giovanni non viene spezzata. L'amico Luigi Comollo, invece, ne è stroncato e muore a ventidue anni non ancora compiuti.
Quando il 5 giugno 1841 don Bosco viene ordinato sacerdote a Torino, la sua formazione culturale e spirituale è ormai asso­data. Don Cafasso lo inviterà al Convitto Ecclesiastico per una maggiore qualificazione pastorale, ma le solide basi poste nel decennio chierese e le ricchezze accumulate in questi anni na­scosti e intensi riveleranno la loro fecondità in tutta la sua esistenza di educatore e pastore dei giovani.



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