Oscar fantascienza Isaac Asimov



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locale trantoriana. Di solito le fascette segnaora erano

visibili al buio, erano fosforescenti per permettere di


i . 7

r-
~8gere l'ora nel buio silenzioso di una camera da letto.

,i~e fascette heliconiane avevano questa caratteristica...

perché quelle trantoriane avrebbero dovuto essere di-

~ierse?
~`~ Guardò la fascetta segnaora con un misto di riluttan-

rl za e apprensione, e toccò il contatto che avrebbe dovu-

to prelevare l'energia necessaria all'illuminazione. La

~ fascetta luccicò debolmente e gli disse che erano le

F 18,47. Se era già notte, era perché si trattava della sta-

~F gione invernale... Ma quanto tempo era passato dal sol-

~ stizio? Quale era l'inclinazione assiale? Quanto era

b~ lungo l'anno? A che distanza dall'equatore si trovava

lui in quel momento? Erano tutte domande alle quali

~ non era in grado di rispondere, ma l'importante era

.~ che la scintilla di luce fosse visibile.
Non era cieco! Chissà come, il fioco baluginio della

fascetta segnatempo gli infuse nuova speranza.


Si sentì rincuorato. Avrebbe proseguito in quella di-

rezione. Per mezz'ora. Se non avesse trovato nulla, sa-


~:~ rebbe avanzato ancora per cinque minuti... solo altri

,~ cinque minuti. E se entro allora non avesse trovato

~ nulla, si sarebbe fermato a pensare. Adesso era presto

F per pensare, comunque. Adesso doveva solo concen-

trarsi sul cammino e compiere uno sforzo di volontà

per vincere il freddo. (Agitò le dita dei piedi, forte. Le

sentiva ancora.)
Seldon prosegul, e la mezz'ora trascorse. Si fermò,

poi esitante prosegui per altri cinque minuti.


Ora doveva decidere. Non c'era nulla. Chissà dov'era

finito? Forse era lontanissimo da qualsiasi ingresso

della cupola. D'altra parte, forse si trovava a due o tre

metri dalla stazione meteorologica... o addirittura a

brevissima distanza dall'accesso alla cupola, che co-

múnque sarebbe stato chiuso.


E adesso?
Sarebbe servito a qualcosa gridare? Era immerso in

un silenzio assoluto, rotto solo dal sibilo del vento. Se

tra la vegetazione che cresceva sulle cupole c'erano uc-

celli, animali o insetti, evidentemente non vivevano in

quella zona, o non stavano lì in quella stagione o in

quell'ora notturna. Il vento continuava a intirizzirlo.


Forse avrebbe dovuto gridare per tutto il tragitto.

Forse il suono si sarebbe diffuso per un buon tratto nel-

l'aria gelida. Ma ci sarebbe stato qualcuno a sentirlo?
Lo avrebbero sentito all'interno della cupola? C'era-

no degli strumenti per captare i suoni o i movimenti

provenienti dalla Faccia superiore? Per caso, c'erano

delle sentinelle appena all'interno?


Assurdo. Avrebbero sentito i guoi passi, no?
Eppure...
Seldon gridò:
«Aiuto! Aiuto! Qualcuno mi sente?«
Il suo grido era strozzato, un po' imbarazzato. Gli

sembrava sciocco urlare rivolto al nulla.


Del resto, era ancora più sciocco esitare in una situa-

zione del genere. Il panico si stava impossessando di

lui. Seldon inspirò a fondo e urlò il più a lungo possibi-

le. Altro respiro, altro grido, più stridulo. E un altro an-

cora.
Si fermò, senza fiato, girando la testa in tutte le dire-

zioni, anche se non c'era nulla da vedere. Non si senti-

va nemmeno un'eco. Non gli restava che aspettare l'al-

ba. Ma quanto durava la notte in quel periodo dell'an-

no? E fino a che punto sarebbe scesa la temperatura?
Seldon senti sulla faccia una goccia gelida. Poco do-

po, un'altra.


Nell'oscurità assoluta stava cadendo un nevischio

invisibile. Ed era impossibile ripararsi.


Seldon pensò: "Sarebbe stato meglio se quel verti-jet

mi avesse visto e mi avesse prelevato. Forse adesso sa-

rei prigioniero, ma almeno me ne starei comodo al cal-

do... O se Hummin non si fosse immischiato sarei su

Helicon già da un pezzo. Sorvegliato, ma comodamen-

te al caldo".


r
t Ecco quel che desiderava più di ogni cosa, essere al

~caldo.
t Però adesso poteva solo aspettare. Si rannicchiò, sa-

pendo che non avrebbe osato dormire, per quanto la

~ notte potesse essere lunga. Si tolse le scarpe e strofinb i


,~ piedi gelati, quindi si affrettò a rimettersi le scarpe.
Doveva farlo spesso, e doveva fregare anche le mani

e le orecchie per favorire la circolazione. E soprattutto


L doveva ricordare di non addormentarsi, perché se si

3~1 fosse addormentato sarebbe morto sicuramente.

,~ Seldon penso attentamente a tutte queste cose, poi

gli si chiusero gli occhi e si appisolb sotto il nevischio.

F LEGGEN, JENARR--- Il suo apporto alla meteorologia, per quan-

to considerevole, impallidisce comunque di fronte a quetla

che passò alla storia col nome di vertenza Leggen. Indubbia-
1~ mente, le sue azioni contribuirono a mettere a repentaglio la

vita di Hari Seldon, ma da sempre si discute con accanimen-


r~ to per stabilire se tali azioni fossero dovute a circostanze for-

tuite o rientrassero deliberatamente in un complotto. Si sono

creati due schieramenti opposti di sostenitori dell'una o del-

I'altra tesi ma nemmeno gli studi più accurati hanno portato

a conclusióni precise. Tuttavia, i sospetti sorti contribuirono

a rovinare la carriera e la vita privata di Leggen negli anni

che seguirono...

ENCICLOPEMA GALATrlCA

~C'era ancora un po' di luce diurna quando Dors Vena-

l~ bili cercò Jenarr Leggen. Lui rispose al suo saluto, sa~

F luto piuttosto apprensivo, con un grugnito e un breve

cenno del capo.


«Allora« fece Dors, leggermente impaziente. «Come

si è comportato?,


Leggen, che stava immettendo dati nel computer,

chiese: «Come si è comportato chi?«.


«Lo studente del mio corso... Hari. Il dottor Hari Sel-

don. i~ salito con voi. Vi è stato utile?~


Leggen staccò le mani dalla tastiera e si girò. «Quel-

l'Heliconiano? Non è stato di nessuna utilità. Non ha

mostrato il minimo interesse. Continuava a guardare il

panorama, anche-se non c'era nessun panorama da


` guardare. Un elemento davvero strambo. Perché avete

voluto mandarlo su?«


«Non è stata mia l'idea. E stato lui a voler venire.

Non capisco. Era molto interessato... Adesso dov'è?«


Leggen scrollò le spalle. «Che ne so? Da qualche

parte.«
«Dov'è andato dopo essere sceso con voi? Ve ~'ha

detto?«
F «Non è sceso con noi. Ve l'ho detto che la cosa non gli

interessava.«


«Allora quando è sceso?«
« Non lo so. Non lo stavo osservando. Avevo una mole

enorme di lavoro da sbri~are. Deve esserci stata una

bufera di ven~o con qualche rovescio temporalesco cir-

ca due giorni fa, e non era prevista né l'una né l'altra

cosa. ~ dati rilevati dai nostri strumenti non banno for

nito alcuna spiegazione valida del fenomeno, e non ci

hanno detto nemmeno come mai il sole previsto oggi

non si è fatto vivo. Adesso sto cercando di capirci qual-

cosa, e voi mi state disturbando.~- `
«Volete dire che non l'avete visto scendere~«
«Sentite, avevo in mente ben altro. Quell'idiota non

era vestito nel modo giusto, e ho capito subito che nel

giro di mezz'ora sarebbe morto di freddo. Gli ho dato

un maglione, ma un maglione non ripara certo le gam- ,

be e i piedi. Cosl ho lasciato aperto l'ascensore per lui,

gli ho detto come usarlo e gli ho spiegato che l'avrebbe

portato giù e sarebbe risalito automaticamente. Tutto

molto semplice, e senza dubbio l'Heliconiano ha soffer-

to il freddo, è sceso, e l'ascensore è tornato su e alla fine

siamo scesi tutti.«


«Però non sapete di preciso quando è sceso?«
«No. Ve l'ho detto, ero occupato. Però non era lassù

quando ce ne siamo andati, é ormai era buio e sembra-

va che stesse per nevicare. Quindi senza dubbio era già

sceso. «
«Qualcun altro l'ha visto scendere?«


«Non lo so. Forse l'ha visto Clowzia. E stata con lui

per un po'. Perché non lo chiedete a lei?«


Dors trovò Clowzia nel suo alloggio, appena uscita

dalla doccia.


«Faceva freddo là in alto~ disse la ragazza.
«Eri con Hari Seldon, sulla Faccia superiore?« do-

mandò Dors.


Clowzia inarcò le sopracciglia. « S~, per un po'. Aveva

voglia di girare e fare domande sulla vegetazione di

lassù. E un tipo sveglio, Dors. Sembrava interessato a

tutto, cosl gli ho detto quel che potevo, poi sono stata

chiamata da Leggen. Leggen era di umor nero, sai, una

di quelle giornate in cui ti sbranerebbe viva. La situa-

zione meteorologica non quadrava e...o
~ors l'interruppe. aDunque, non hai visto scendere

~ri con l'ascensore?«


_~Non l'ho più visto dopo che Leggen mi ha chiama-

. Ma dev'essere per forza quaggiù. Là non c'era,

_ lando siamo scesi noi.«
«Però non riesco a trovarlo in nessun posto.«
Clowzia parve turbata. «Davvero? Eppure deve esse-
.qui, da qualche parte.«
«No, non deve essere per forza qui« disse Dors, sem-
~re più in ansia. «E se fosse ancora lassù?«
«Impossibile. Non c'era. Naturalmente, abbiamo da-

to un'occhiata in giro prima di scendere. Leggen gli


~; aveva spiegato il funzionamento dell'ascensore. Sel-

don non aveva un abbigliamento adeguato, e c'era un

tempo schifoso. Leggen gli ha detto di non aspettarci se

avesse avuto troppo freddo. E Seldon il freddo lo senti-

va, questo è certo! Quindi è chiaro che è sceso, mi pare

logico.«
r aMa nessuno l'ha visto scendere... Gli è successo

qualcosa, lassù?~
«No, non aveva nulla. Almeno, finché sono rimasta

con lui. Stava benissimo... a parte il freddo, natural-

mente. «
Dors, ormai sconvolta, disse: «Dato che nessuno l'ha

visto scendere, può darsi che sia ancora lassù. Non do-

vremmo andare a controllare?«.
Clowzia replicò nervosa: aTi ho detto che abbiamo

dato un'occhiata in giro prima di scendere. La visibili-

tà era ancora buona, e lui non era in nessun posto«.
«Controlliamo lo stesso.«
«Ma io non posso portarti su. Sono solo una tiroci-

nante, non ho la combinazione dell'uscita della cupola.

Dovrai rivolgerti a Leggen.~

Dors Venabili sapeva che Leggen non sarebbe andato

di buon grado sulla Faccia superiore. Avrebbe dovuto

costringerlo.


Prima controlla di nuovo in biblioteca e nelle mense.

Poi chiamò la stanza di Seldon. Infine, sall e segnalò al-

la porta. Dal momento che Seldon non rispondeva, fece

aprire dal custode. No, Seldon non c'era. Dors interro-

gò alcune delle persone che lo avevano conosciuto nelle

ultime settimane. Nessuno l'aveva visto.


Bene, allora avrebbe costretto Leggen a portarla sul-

la Faccia superiore. Ormai era notte, però. Leggen si

sarebbe opposto in tutti i modi, e lei non poteva perde-

re tanto tempo in discussioni se Hari Seldon era in-

trappolato lassù in una notte gelida di pioggia e neve.
Le venne un'idea, e corse al computer secondario

dell'Università, che registrava i dati riguardanti gli

studenti, il corpo docente e il personale.
Le sue dita volarono sui tasti, e ben presto trovò quel

che desiderava.


Erano tre, in un'altra parte del campus. Dors prese

una vetturetta per raggiungere il posto, e trovò la resi-

denza che cercava. Sicuramente, uno di loro sarebbe

stato disponibile, o rintracciabile.


Fu assistita dalla fortuna. Alla prima porta a cui se-

gnalò~ si accese una luce interrogativa. Dors diede il

proprio numero d'identificazione, che indicava anche

la facoltà d'appartenenza. La porta si apri, e apparve

un uomo grassoccio di mezz'età. Evidentemente stava

lavandosi prima di cenare. Aveva i capelli biondo scu-

ro scompigliati, ed era a torso nudo.
Disse: «Scusate se mi presento cosi. Cosa posso fare

per voi, dottoressa Venabili?«.


Leggermente trafelata, Dors fece: «Siete Rogen Be-

nastra, il Capo Sismologo, vero?«.

aSi.«
tratta di un'emergenza. Devo vedere i dati si-

~nologici delle ultime ore riguardanti la Faccia supe-

~iore.«
F Benastra la fissò. «Perché? Non è successo nulla. Se

~fosse -successo qualcosa lo saprei. Il sismografo ci

avrebbe informati.«
«Non sto parlando di lm impatto meteorico.«
«Nemmeno io. Per quello non c'è bisogno del sismo-

grafo. Sto parlando di fratture minuscole. Niente del

genere, oggi.)-
«Non mi riferivo nemmeno a quello. Vi prego, porta-

temi al sismografo e leggetemi i dati. E questione di vi-

ta o di morte.~
«Avrei un appuntamento per cena...«
~;! «Vi ho detto che è una questione di vita o di morte,

non sto scherzando.,~


|' «Non capisco...~ inizib Benastra, ma si arrese di

fronte all'espressione torva di Dors. Si asciugò la fac-

cia, lasciò un breve messaggio sul trasmettitore, e si in-

filò in fretta e furia una camicia.


~; Raggiunsero quasi di corsa (spronati dalle esortazio-

ni impietose di Dors) il piccolo e tozzo Istituto di Si-

smologia. Dors, che non sapeva nulla di sismologia,
,~ disse: «Giù? Andiamo giù?«.
«Sotto i livelli abitati. Certo. Il sismografo deve esse-

re fissato al fondo roccioso, lontano dal frastuono e dal-

le vibrazioni dei livelli della città.«
«Ma da quaggiù come fate a sapere quel che succede

sulla Faccia superiore?«

k~ «Il sismografo è collegato a una serie di trasduttori

di pressione posti nello spessore stesso della cupola.

L'urto di un sassolino basta a far schizzare l'indicato-

re attraverso lo schermo. Possiamo registrare l'effetto

appiattente di un vento forte sulla cupola. Possia-
mo...«
«Sì, si« fece Dors spazientita. Non era li per una le-

zione sui pregi e l'efficacia delle apparecchiature. «Po-

tete individuare dei passi umani?«

«Passi umani?« Benastra parve confuso. «Poco pro-

babile sulla Faccia superiore...«
«Tutt'altro. Oggi pomeriggio c'era un gruppo di me

teorologi sulla Faccia superiore.~


«Oh, be'... difficile che dei passi siano percepibili.«
«Perché lo siano bisogna guardare bene, e voglio ch~

voi lo facciate.«


Anche se si irritò per il tono autoritario di Dors, Be

nastra non disse nulla. Toccò un contatto, e lo schermo

del computer si accese. Al centro, sul margine destro,

c'era un grosso punto luminoso da cui partiva una li-

nea orizzontale che arrivava fino al bordo sinistro del-

lo schermo. La linea oscillava leggermente; c'era una

serie casuale di minuscoli picchi vibratori che scorre-

vano verso sinistra. L'effetto era quasi ipnotico per

Dors.
Benastra disse: «Tutto tranquillo nei limiti del possi-

bile. Quello che vedete è il risultato dei cambiamenti

di pressione atmosferica in superficie, delle gocce di

pioggia forse, del ronzio lontano dei macchinari... Non

c'è nulla, lassù«.
«D'accordo, ma qualche ora fa? Controllate i dati

delle ore quindici, per esempio. Avrete senz'altro delle

registrazioni . «
Benastra diede al computer le istruzioni necessarie,

e per un paio di secondi sullo schermo scoppiò il caos.

Poi la situazione si normalizzb e riapparve la linea

orizzontale.


«Porterb la sensibilità al massimo« borbottò Bena-

stra. Ora i picchi erano più pronunciati, e mentre sfila-

vano verso sinistra il loro schema cambiava in modo

netto.
«Cos'è?« chiese Dors.


«Dal momento che avete detto che c'erano delle per-

sone lassù, immagino che siano passi, Venabili... lo

spostamento del peso corporeo, l'impatto delle scar-

pe... Forse non l'avrei capito se non avessi saputo che


~a della gente in superficie. Questa è quella che chia-

iamo una vibrazione benigna, non legata a fenomeni

~ricolosi conosciuti.«

«Siete in grado di stabilire il numero di persone pre-

j~nti?«
~1 «No di certo, a occhio. Quella che vediamo è una ri-

sultante di tutti gli impatti.«


«Non a occhio, dite. E possibile scomporre la risul-

tante col computer?«


aNe dubito. Questi sono effetti minimi, e bisogna te-

ner conto del rumore e dei disturbi inevitabili. Si otter-

rebbero dei dati poco affidabili.«
«Be', allora andate avanti finché i passi non cessano.

Non potete usare una specie di "avanzamento rapi-


~ don?«
«Se lo facessi, se usassi il vostro "avanzamento rapi-

don, avremmo solo una linea retta con un lieve alone

sfocato sopra e sotto. Però posso avanzare di quindici

minuti alla volta e studiare velocemente i dati prima

del salto successivo.«
«Bene. Fatelo.«
Entrambi osservarono lo schermo, finché Benastra

disse: «Adesso non c'è nulla. Vedete?«.


Era riapparsa la linea di prima con i minuscoli pic-

chi irregolari provocati dal rumore di fondo.


aQuando sono cessati i passi?«
aDue ore fa, o poco più.«
«E quando sono cessati, ce n'erano meno rispetto a

prima? «
Benastra assunse un'espressione leggermente offesa.

«Non sono in grado di dirlo. A mio avviso nemmeno

l'analisi pi~ approfondita potrebbe stabilirlo con pre-

cisione.~
Dors serrò le labbra. « State controllando un trasdut-

tore... l'avete chiamato cosl, vero?... un trasduttore vi-

cino alla stazione meteorologica?«
a S~, gli strumenti sono là, e i meteorologi si trovava-
156 ' 1 c7

no senza dubbio nei dintorni« rispose Benastra. Poi, in-

credulo: «Volete che provi degli altri trasduttori della

zona? Uno alla volta?«.


«No. Restate su questo. Ma continuate ad andare

avanti a intervalli di quindici minuti. Forse una perso-

na è rimasta indietro, e può darsi che sia tornata verso

gli strumenti.«


Benastra scosse la testa e borbottò qualcosa tra sé
Il diagramma sullo schermo cambiò ancora, e Dors

disse a un tratto: «Quello cos'è?~. e indicò col dito.


«Non saprei. Rumore...~-
«No. E periodico. Non potrebbero essere i passi di

un unica persona?)-


«Certo, e una dozzina di altre cose.«
«Grosso modo, quello è un ritmo di passi, no?« fece

Dors. E alcuni istanti dopo soggiunse: «~vanzate anc~

ra un po'«.
Benastra obbedì, e quando lo schermo si fu assestato

Dors disse: «Non stanno aumentando d'intensità quei


picchi?~-.
«Può darsi. Possiamo misurarli.1~
«Non è necessario. Si vede che sono più forti. I passi

stanno avvicinandosi al trasduttore. Avanzate ancora

Guardate quando si fermano.«
Poco dopo, Benastra annunciò: «Si sono fermati ven-

ti o venticinque minuti fa«. E, cauto, precisò: «Qualun-

que cosa siano«.
«Sono passi« disse Dors convintissima. «C'è un uo-

mo lassù, e mentre noi due stavamo qui a giocherellare

è crollato e il freddo lo ucciderà. ~desso non dite che

forse non sono passi! Chiamate Meteorologia e trovate-

mi Jenarr Leggen. E questione di vita o di morte, vi ri-

peto. Ditelo anche voi!«


Ormai Benastra, le labbra tremanti, non era più in

grado di opporsi alle richieste di quella donna strana e

impetuosa.
In tre minuti al massimo, l'ologramma di Le~en era
i
~la piattaforma dei messaggi. Era stato disturbato

.~ntre cenava. Aveva un tovagliolo in mano, e un velo

~,unto sotto il labbro inferiore.
L~La sua faccia lunga aveva un'espressione minacciosa

~orva. «Questione di vita o di morte? Cos'è questa sto-

~a? Chi siete?« Poi Leggen scorse Dors, che si era av-

~icinata a Benastra perché la sua immagine apparisse

~ullo schermo del meteorologo. «Ancora voi! Qu~esta è

~na molestia bella e buona!«


` Dors ribatté: «No. Ho consultato Rogen Benastra, il
~ Capo Sismologo dell'Università. Dopo che voi avete la-
F sciato col vostro gruppo la Faccia superiore, il sismo-

grafo mostra chiaramente i passi di una persona rima-

sta lassù. Si tratta di Hari Seldon, che è salito sotto la

vostra responsabilità, e che adesso quasi sicuramente è

crollato privo di sensi e rischia di morire.
«Quindi mi porterete subito lassù con tutto l'equi-

paggiamento necessario. Se non lo farete immediata-

mente, mi rivolgerò alla sicurezza dell'Università... al

Rettore in persona, se dovrò. In un modo o nell'altro


f arriverò là in alto, e se sarà successo qualcosa a Seldon

~' perché avete perso tempo, farò in modo che siate arre-

stato per negligenza, incompetcnza... qualsiasi impu-

tazione che riuscirò a trovare... e vi farò perdere la vo-

stra posizione e cacciare dall'ambiente accademico. E

se Seld-on sarà morto, naturalmente, sarà omicidio col-

poso per negligenza. O peggio, dal momento che vi ho

avvertito che sta morendo«.


Jenarr furioso si rivolse a Benastra. «Avete rileva-

~ to...«


f Ma Dors intervenne. «Mi ha detto quel che ha rileva-

to, e io l'ho detto a voi. Non vi permetterò di intimidir-

lo e confonderlo. Venite? Subito?~

«Avete pensato che potreste sbagliarvi?« sibilò Je-

narr. «Lo sapete cosa posso farvi se dovesse essere un

falso allarme doloso? I.a perdita della posizione vale

°° ~ I per tutti e due.l~
- 1 159

.~L'assassinio, no« ribatté Dors. «Sono pronta a ri-

schiare un processo per molestie dolose. Voi siete di-

sposto a rischiare un processo per omicidio?>~ ~I


Jenarr arrossl, più per il fatto di dover cedere che per i

la minaccia, forse. aVerrò, ma non avrò pietà di voi, ra-

gazza, se salterà fuori che il vostro Seldon è sempre

stato all'interno della cupola, sano e salvo, in queste

ultime tre ore.«
27
I tre salirono in un silenzio ostile. Leggen aveva cena-

to solo in parte e aveva lasciato la moglie senza una

spiegazione adeguata. Benastra non aveva cenato af-

fatto, e forse aveva deluso un'amica, sempre senza

una spiegazione adeguata. Nemmeno Dors Venabili

aveva mangiato, e sembrava la più tesa e infelice del

terzetto. Aveva con sé una coperta termica e due sor-

genti fotoniche.


Quando raggiunsero l'accesso della Faccia superiore,

Leggen, i muscoli della mascella contratti, inserì il

proprio numero d'identificazione e la porta si aprl. Un

vento gelido li colpì, e Benastra emise un brontolio.

Nessuno dei tre aveva un abbigliamento adatto, ma i

due uomini non avevano intenzione di restare lassù a

lungo.
Dors disse ansiosa: «Sta nevicando,..
E Leggen: «Neve bagnata. La temperatura si aggira

sul valore del punto di congelamento. Non è un gelo

micidiale~.
«Dipende da quanto tempo uno rimane esposto,

no?« fece Dors. «E il fatto di essere fradicio in mezzo

alla neve che si scioglie non è certo un vantaggio.,-
Leggen grugnl. «Be', dov'è?« Fissò accigliato l'oscu-

rità esterna, resa ancor più fitta dalla luce della cabina

alle sue spalle.


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