Oscar fantascienza Isaac Asimov



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persona, be', ho l'impressione che abbia messo in moto

qualcosa nella mia mente...«


«Cosa?«
&Idon scosse la testa. ~Sto ancora pensando. Forse

mi sbaglio completamente.« Mise a fuoco lo sguardo,

fissando Dors. «In ogni caso, dovremmo scendere a fa-

re colazione. Siamo in ritardo, e non credo che la si-

gnora Tisalver sia di umore abbastanza buono da prov-

vedere al servizio in camera.«


«Ottimista. Secondo me, non è di umore abbastanza

buono da volerci ancora qui... colazione o no. Per me,

la Tisalver vuole che ce ne andiamo.«
«Può darsi, ma noi la paghiamo.«
«Già, ma ho il sospetto che ormai ci detesti abba-

stanza da infischiarsene dei nostri crediti.«


«Forse suo marito vede ancora di buon occhio l'af-
~ fitto.«
t «Dubito che abbia il coraggio di parlare, Hari, e se lo

facesse sarei sorpresa quasi quanto sua moglie... Bene,

sono pronta.«
Quando scesero le scale per raggiungere la parte

d'appartamento occupata dai Tisalver, Casilia Tisal-

ver li stava aspettando... senza colazione, ma con

qualcos'altro, e di notevole anche.


~, Casilia Tisalver se ne stava impalata con un sorriso ar

cigno sulla faccia paffuta e uno scintillio negli occhi.


E Suo marito era appoggiato alla parete, l'aria malinco-

nica. Al centro della stanza c'erano due uomini, in pie-


~ di, rigidi e impettiti, come se avessero notato i cuscini

F sul pavimento ma disprezzassero certe cose.


~ Stando ai riccioli e ai baffi neri, doveva trattarsi di`

E due Dahliti. Entrambi erano magri, e indossavano in-

L~' dumenti scuri identici; uniformi, senza dubbio. C'era

un sottile fregio bianco sulle spalle e lungo i lati delle


~ gambe dei calzoni tubolari. Tutti e due avevano sul

L petto, a destra, l'Astronave e il Sole, simbolo dell'Im-

pero Galattico su tutti i mondi abitati della Galassia;

in questo caso, al centro del sole spiccava una "D«

scura.
Seldon capì subito che erano due membri delle forze

~F~ di sicurezza di Dahl.


«Che c'è?« chiese arcigno.
Uno degli uomini avanzò. «Sono l'agente di settore

Lanel Russ. Questo è il mio collega, Gebore Astin-

wald.«
Entrambi mostrarono delle luccicanti olopiastrine

di riconoscimento. Seldon non si prese la briga di guar-

darle. ~Cosa volete?«

Russ chiese pacato: «Siete voi Hari Seldon, di Heli-

con?« .
«Si.«
«E voi siete Dors Venabili, di Cinna, signora?«
~Si~ rispose Dors.
~( Sono qui per indagare in seguito a una denuncia in

base alla quale un certo Hari Seldon ieri avrebbe pro-

vocato un tumulto di folla.«
«Non ho fatto niente del genere« disse Seldon.
«Stando alle nostre informazioni« continub Russ,

controllando sullo schermo di un minicomputer ~ avete

accusato un giornalista di essere un agente imperiale,

istigando cosi la folla ad aggredirlo.«


Dors intervenne. aSono stata io a dire che era un

agente imperiale, agente. Pensavo che lo fosse. Mi pare

che non sia un reato esprimere la propria opinione.

Nell'Impero esiste la libertà di parola.«


«Una libertà che non è più valida quando un'opinio-

ne viene espressa volutamente per provocare un tu-

multo. «
«E chi vi dice che sia andata cosi, agente?«
A questo punto, la signora Tisalver intervenne con

voce stridula. «Io posso dirlo, agente! Lei ha visto

quella folla presente, gente di infimo livello che era 11

apposta in cerca di guai. Ha detto che quell'uomo era

un agente imperiale, volutamente, anche se non pote-

va saperlo. Lo ha gridato alla folla, per incitarla a

un'aggressione. Era chiaro che sapeva quel che stava

facendo.«


«Casilia« disse il marito, supplichevole, ma lei lo zit-

ti con uno sguardo.


Russ si rivolse alla Tisalver. «Siete stata voi a spor-

gere denuncia, signora?«


«Sì. Questi due vivono qui da alcuni giorni, e non

hanno fatto che creare dei guai. Hanno invitato nel mio

appartamento individui malfamati, rovinando la mia

reputazione agli occhi dei vicini.«


«Agente« chiese Seldon aè contro la legge invitare

nella propria stanza dei tranquilli cittadini di Dahl? Le

due stanze di sopra SOI10 nostre. Le abbiamo affittate e

paghiamo l'affitto. E un reato parlare con dei Dahliti a

,~ Dahl, agente?l-
«No« rispose Russ. «La denuncia non riguarda que-
e sto.. Signora Venabili, come mai avete pensato che la

persona da voi accusata fosse un agente imperiale?~-


Dors spiegò: aAveva baffi molto piccoli, castani per

cui ho concluso che non era un Dahlita. E ho presúnto

che fosse un agente imperiale«.
«Avete presunto? Il vostro amico, il signor Seldon,

non ha affatto i baffi. Presumete che sia un agente im-

E~ periale?«
«In ogni caso« si affrettb a precisare Seldon anon c'è

stato nessun tumulto. Abbiamo invitato la folla a la-

sciar stare il presunto giornalista, e sicuramente la fol-

la non l'ha neppure sfiorato.).


Ne siete sicuro, signor Seldon?« chiese Russ. «Stan-
t do alle nostre informazioni, vi siete allontanati subito

dopo la vostra accusa. Se non eravate presente, com'è

possibile che abbiate assistito a quanto è successo in

seguito?«


«Non ho assistito, infatti... Ma sentiamo un po'...

Quell'uomo è morto? E stato ferito?«


«E stato interrogato. Nega di essere un agente impe-

riale, e a noi non risulta che lo sia. Sostiene inoltre di

essere stato maltrattato.«
«Può darsi benissimo che menta su entrambe le co-

se« disse Seldon. «Io suggerirei una Sonda Psichica.«


~Non si può utilizzare con la vittima di un reato«

replicò Russ. «Il governo del Settore su questo non

transige. Si potrebbe usare con voi due, in quanto au-

tori del reato. Volete che vi sottoponiamo a una Son-

da Psichica?«
Seldon e Dors si scambiarono un'occhiata. Poi Sel

don rispose: «No, certo che no«.

«Certo che no~- ripeté Russ, con una punta di sarca-

smo. «Però non esitate a suggerirne l'impiego con qual-

cun altro.
L'altro agente, Astinwald, che finora non aveva aper- '

to bocca, sorrise. 3

Russ disse: «Inoltre, stando alle nostre informazioni,

due giorni fa a Billibotton siete stati protagonisti di

una rissa, coltello alla mano, e avete ferito seriamente

un cittadino dahlita di nome...« premette un tasto del

minicomputer e studiò la nuova pagina sullo søhermo

«Elgin Marron«.


«Le vostre informazioni dicono com'è iniziata la ris-

sa?« chiese Dors.


«Per il momento, questo particolare è irrilevante.

Negate che quella rissa sia avvenuta?«


«Certo che non lo neghiamo~. fece Seldon, infervo-

randosi. «Ma neghiamo di averla provocata noi. Siamo

stati aggrediti. Quel Marron ha aggredito la signora

Venabili, ed era chiaro che intendeva violentarla. Quel

che è successo in seguito è stata un'azione di legittima

difesa. O Dahl non punisce la violenza carnale?,


In tono piuttosto piatto, Russ disse: « Sostenete di es-

sere stati aggrediti? Da quante persone?


«Dieci uomini.,-
«E voi, da solo... con una donna... vi siete difeso lot-

tando contro dieci uomini?~


«La signora Venabili e io ci siamo difesi. Sl.~-
«Come mai, allora, nessuno di voi sembra avere ri-

portato qualche danno fisico? Avete tagli o contusioni

in qualche punto coperto dai vestiti?«
«No, agente.l-
«Un uomo e una donna contro dieci uomini, e voi

non avete la minima ferita, mentre il querelante, Elgin

Marron, è stato ricoverato all'ospedale con ferite mul-

tiple e dovrà essere sottoposto a un trapianto di pelle al

labbro superiore... come lo spiegate?~-
«Ci siamo battuti bene~- rispose truce Seldon.
«klcredibilmente bene. Cosa direste se vi dicesi che

tre uomini hanno testimoniato che voi due avete aggre-

dito Marron senza alcuna provocazione?«
F «Direi che è un'assurdità bella e buona. 5icuramen-

te, quel Marron avrà parecchi precedenti per risse e ac-

` coltellamenti. Erano in dieci... E evidente che sei si so-

no rifiutati di giurare il falso. Gli altri tre non spiegano

come mai non sono accorsi in aiuto del compagno

quando lo hanno visto aggredire senza motivo e in pe-


L ricolo di vita? Deve essere ovvio anche per voi che
E: quelli mentono.~
«Suggerite la Sonda Psichica per loro?,-
~ «Sì. E prima che me lo chiediate... no, noi continuia-
E mo a rifiutarla.~
Russ disse: «Inoltre, a quanto ci risulta, ieri, dopo

avere lasciato la scena del tumulto, avete incontrato

un certo Davan, un noto sovversivo ricercato dlalle for-

ze di sicurezza. E vero?~


F «Questo dovrete dimostrarlo senza il nostro aiuto~-

replicò Seldon. «Non intendiamo rispondere ad altre

domande.~-
Russ mise via il minicomputer. «Mi spiace, ma devo

chiedervi di seguirci al comando per essere interrogati

E ulteriormente.«
` «Non penso sia necessario, agente« disse Seldon.

«Siamo stranieri che non }~nno commesso alcun rea-


E~ to. Abbiarno cercato di sottrarci a un giornalista che ci

stava importunando, abbiamo cercato di difenderci da

un tentatiYo di violenza carn;lle e forse di omicidio, da

un'aggressione avvenuta in una zona del settore nota

per la sua criminalità, e abbiarno parlato con vari cit-

tadini dahliti. Ci pare che in tutto questo non ci sia nul-

la che giustifichi un ulteriore interrogatorio. Sarebbe

solo un atto classificabile come ~molestie ~


«Questo lo decidiamo noi« fece Russ. «Volete se-

guìrci?~-


«No~- rispose Dors.
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«Attenzionel« strillò la Tisalver. «Ha due coltelli!1


Russ sospirò. «Grazie, signora. Ma lo so che è arma-

ta.« Si rivolse a l:)ors. «Lo sapete che in questo settore è

un reato grave portare un coltello senza un apposito

permesso? Lo avete?«


«No, agente, non ho nessun permesso.*
«Dunque, è ovvio che avete aggredito Marron con un ~ì

coltello illegale, vero? Vi rendete conto che questo fa y

aumentare notevolmente la gravità del reato?,-
«Non c'è stato nessun reato, agente« protestò Dors.

«Anche Marron aveva un coltello, ed era senza permes-

so, ne sono certa.~
«~on abbiano prove a questo proposito, e mentre

Marron presenta delle ferite da coltello, voi due non

avete un graffio.«
«Ma certo che aveva un coltello, agente. Se non sape- j

te che tutti gli uomini di Billibotton, e la maggior parte

dei Dahliti, portano il coltello, probabilmente senza

permesso, be', siete l'unico a non saperlo a Dahl. Dap-

pertutto, qui, ci sono negozi che vendono tranquilla- ;

mente coltelli di ogni genere. Non lo sapete?*


Russ ribatté: «Quello che so o ignoro non ha impor- i

tanza in questo caso. Se ci sono altre persone che in-

frangono la legge, siano una o mille, non ha importan-

za. In questo momento l'unica cosa che ha importanza

è che la signora Venabili sta violando la legge che proi-

bisce di portare il coltello. Devo chiedervi di conse-

gnarmi subito quei coltelli, signora, dopo di che tutti e

due mi seguirete al comando«.


«Se volete i coltelli, venite a prenderli« disse Dors.
Russ sospirb. «Signora, non penserete che i coltelli

siano le sole armi esistenti a Dahl, o che io debba ne-

cessariamente lottare con voi? Il mio compagno ed io

abbiamo dei disintegratori che vi distruggeranno in un

attimo, prima che riusciate ad abbassare le mani alla

cintura... per quanto possiate essere rapida. Non usere-

mo i disintegratori, naturalmente, dato che non siamo
qui per uccidervi. Pera, tutti e due abbiamo anche una

frusta neuronica, che possiamo utilizzare senza proble-

mi. Spero che non vogliate una dimostrazione. La fm-

sta neuronica non vi ucciderà, non provocherà alcuna

lesione permanente, né lascerà alcun segno... però è do-
~ lorosissima. Il mio collega vi sta tenendcJ sotto tiro con

.~ una frusta neuronica in questo momento. E qui c'è la

mia... Bene, consegnatemi i vostri coltelli, signora Ve-

nabili.~
~'~ Un attimo di silenzio, poi Seldon disse: «E inutile,

,1~ Dors. Daglieli« .
In quel mentre risuonò un battito frenetico alla por-

ta, e si udì una voce acuta che gridava concitata.


Raych non aveva abbandonato del tutto la zona dopo

averli riaccompagnati.


Aveva mangiato bene, mentre aspettava che termi-
d~ nasse il colloquio con Davan, poi aveva dormito un po',

L dopo avere trovato un bagno grosso modo funzionante.

Non aveva un posto vero e proprio dove andare, ora

che la sua giornata era finita. Aveva una specie di casa,

e una madre che difficilmente si sarebbe preoccupata

se fosse rimasto via per qualche tempo. Non si preoc-

cupava mai, quella.
, Raych non sapeva chi fosse suo padre, e a volte si

chiedeva se ne avesse davvero uno. Gli avevano detto

che un padre doveva averlo per forza, e gli avevano

spiegato il motivo in modo piuttosto brutale. Chissà se

era il caso di credere a una storia così strana? si do-

mandava certe volte Raych, però i particolari in effetti

li trovava stuzzicanti.
Pensò a quell'argomento, e alla signora. Era una si-

gnora vecchia, certo, ma era carina e sapeva battersi

come un uomo... meglio di un uomo. Raych si sentì

tante idee vaghe per la testa...

E la signora gli aveva proposto di fare un bagno. I~

volte, quando aveva qualche credito che non gli servi-

va per nient'altro, o quando riusciva a sgattaiolare

dentro, Raych nuotava nella piscina di Billibotton.

Erano le uniche volte che si bagnava tutto, ma poi ave-

va freddo e ci metteva un po' ad asciugare.


Fare un bagno era diverso. ~cqua calda, sapone,

asciugamani, aria tiepida... Chissà che sensazione si

provava? Raych non lo sapeva al preciso. Però sapeva

che sarebbe stato bello se ci fosse stata anche lei là.


Conoscendo bene la zona, sapeva in quali vicoli rin-

tanarsi senza rischiare di essere scoperto e allontana-

to... vicoli abbastanza vicini a un bagno, ma anche a

dove si trovava la signora.


Trascorse la notte in compagnia di strani pensieri. E

se avesse imparato a leggere e a scrivere? Gli sarebbe

servito a qualcosa? Mah... forse la signora avrebbe sa-

puto dirglielo. Raych aveva qualche idea vaga... imma-

ginava di ricevere dei soldi per fare cose che adesso

non era capace di fare, ma non sapeva quali potessero

essere quelle cose. Bisognava che glielo dicessero... ma

come?
Se fosse rimasto con l'uomo e la signora, forse l'a-

vrebbero aiutato. Già, ma perché avrebbero dovuto

permettergli di rimanere con loro?


Si addormentò, e più tardi a svegliarlo non fu la luce

del giorno... fu il suo udito acuto che colse, provenienti

dalla strada, i rumori più intensi delle attività della

nuova giornata che stava iniziando.


Raych aveva imparato a riconoscere quasi ogni suo-

no, perché nel labirinto di Billibotton, se si voleva so-

pravvivere, bisognava capire le cose prima ancora di

vederle. E nel rumore del motore della vettura che sta-

va sentendo adesso, si, c'era qualcosa che faceva scat-

tare in lui un segnale di pericolo. Era un rumore osti-

le...

Si scosse per essere ben sve~lio e avanzò furtivo ver-


~; so la strada. Non c'era bisogno di vedere il simbolo del-

I'Astronave col Sole sulla vettura... era sufficiente

guardare la sua linea per riconoscerla. Raych capì che

erano venuti a prendere l'uomo e la signora perché

avevano incontrato Davan. Non si soffermb ad analiz-

zare i propri pensieri, a cercare una conferma. Parti di

corsa, lanciandosi nel traffico che stava cominciando

ad animarsi.


Fu di ritorno in meno di un quarto d'ora. La vettura

era ancora là, e c'erano delle persone curiose che la fis-

savano da ogni lato, tenendosi prudentemente a una
E certa distanza. Presto`ne sarebbero arrivate altre.
F Raych si precipitò lungo la scala, cercando di ricordare

la porta giusta dove bussare. Non c'era tempo per

I ascensore.
Trovò la porta... almeno, gli sembrava che fosse quel-

la... e cominciò a picchiare, urlando stridulo: ~Signo-

ra! Signora! «.
Era troppo agitato per ricordare il suo nome, però ri-

cordava in parte quello dell'uomo. «Hari!« gridò. aLa-

sciatemi entrare!«
La porta si aprì e Raych si lanciò all'interno... provò
L a lanciarsi. La mano rude di un agente lo afferrò per un

braccio.
«Calma, ragazzino. Dove credi di andare?«


E KMollami! Non ho fatto niente! « Raych si guardò at-

torno. «Ehi, signora, cosa stanno facendo?«


«Ci arrestano~ rispose Dors, I'espressione torva.
«Perché?« chiese Raych, ansimando e dimenandosi.

«Ehi, mollami, tu e quel tuo distintivo... mollami, sola-

re! Signora, non andate con lui. Non dovete andarci.«
«Tu, fila via~ disse Russ, scrollandolo forte.
«No, io non mi muovo. E neanche tu ti muovi di qui,

solare. Sta arrivando tutta la mia banda. Voi non usci-

te, se non lasciate andare quei due.«
Il «Quale banda?« Russ corrugò la fronte.
« Sono proprio qui fuori, adesso. Probabilmente stan-

no facendo a pezzi la vostra vettura. E faranno a pezzi

anche voi!«
Russ si rivolse al collega. aChiama il comando. Digli

che mandino un paio di mezzi pesanti.«


aNo!« strillò Raych, liberandosi e precipitandosi

verso Astinwald. aNon chiamare!«


Russ puntò la frusta neuronica e fece fuoco.
Raych urlò di dolore, si strinse la spalla destra e stra-

mazzò sul pavimento, contorcendosi come un ossesso.


Russ non ebbe il tempo di tornare a girarsi verso Sel-

don, perché il matematico gli afferrò la mano chè im-

pugnava la frusta neuronica, spingendola verso l'alto,

poi gli piegò il polso all'indietro, pestandogli un piede

per impedirgli di muove~si. Seldon sentl che la spalla

si slogava, mentre Russ emetteva un gemito strozzato.


Astinwald alzò rapido il disintegratore, ma Dors lo

bloccò circondandogli la spalla col braccio sinistro e

puntandogli un coltello alla gola.
«Non muoverti!« gli disse. «Muovi di un solo milli-

metro qualsiasi parte del corpo, e ti taglio il collo fin-

ché non sento la spina dorsale... Lascia cadere il disin-

tegratore. Lascialo! E la frusta neuronica.«


Seldon sollevò Raych che si lamentava ancora, e lo

strinse. Quindi si rivolsé a Tisalver. aC'è della gente là

fuori. Gente arrabbiata. Li farò entrare e loro spacche-

ranno tutto. Sfonderanno anche le pareti. Se non vole-

te che succeda, raccogliete quelle armi e buttatele nel-

la stanza vicina. Anche le armi dell'agente a terra. Pre-

sto! Fatevi aiutare da vostra moglie. La prossima volta

ci penserà due volte prima di denunciare delle persone

innocenti... Dors, questo a terra sarà inoffensivo per un

po'. Sistema l'altro, ma non ucciderlo.«


«D'accordo.« Dors girò il coltello, e col manico colpi

forte l'agente sulla testa. Astinwald stramazzò.


Dors fece una smorfia. «Detesto queste cose...«
«Hanno sparato a Raych« le rammentò Seldon, cer-

cando di mascherare il proprio disgusto per quanto era

accaduto.
Lasciarono in fretta l'appartamento e, una volta fuo-

ri, trovarono la strada affollata. Erano quasi tutti uo-

mini, e lanciarono un urlo quando li videro uscire. Si

avvicinarono, e l'odore di corpi non troppo puliti era

quasi insopportabile.
Qualcuno gridò: «Dove sono i solari?«.
«Dentro« sbraitò Dors. «Lasciateli stare. Sono fuori

combattimento per un po', ma riceveranno rinforzi

quindi sbrigatevi ad andarvene.,>
«E voi?« chiese una dozzina di voci.
«Ce ne andiamo anche noi. Non torneremo.«
«A loro ci penso io« strillò Raych. Si divincolò da

Seldon e si drizzò in piedi, massaggiandosi senza so-

sta la spalla. «Ce la faccio a camminare. Lasciatemi

passare.«


Nella folla si apri un varco, e il ragazzo disse: «Si-

gnore, signora... venite con me... Svelti!«.


Parecchie decine di uomini li scortarono lungo la

strada, poi all'improvviso Raych indicò un'apertura e

mormorò: «Qui dentro. Vi porterò in un posto dove

non vi trover~ nessuno. Probabilmente non lo conosce

neppure Davan. Solo che bisogna attraversare le fogne.

Là non ci vedrà nessuno, ma c'è un po' di puzza, ecco«.


«Per un po' di puzza, non moriremo« borbottò Sel-

don.
E scesero lungo una stretta rampa a spirale, mentre

un odore mefitico saliva incontro a loro.
Raych trovò un nascondiglio. Dopo essersi arrampicati

sui pioli di una scaletta metallica erano sbucati in una

specie di ampia soffitta, una stanza il cui utilizzo rima-

neva un enigma per Seldon. Era stipata di apparec-

chiature ingombranti e silenziose, e anche la funzione

di tali attrezzature rappresentava un mistero. Era ab-

bastanza pulita, non c'era molta polvere; una corrente

d'aria costante impediva alla polvere di depositarsi e,

soprattutto, sembrava attenuare l'odore.
Raych pareva soddisfatto. «Non è bello?« chiese. Si

massaggiava ancora la spalla di tanto in tanto, e sus-

sultava quando fregava troppo forte.
«C'è di peggio« disse Seldon. «A cosa serve questo

posto, Raych?~.


Raych fece per stringersi nelle spalle, ed ebbe un sus-

sulto. «Non lo so~- rispose. E con una punta di spaval-

deria soggiunse: «Che importa?«.
Dors, che si era seduta sul pavimento dopo averlo

spazzolato con la mano e aver guardato sospettosa il

palmo, disse: «Secondo me, fa parte di un impianto per

la depurazione e il riciclaggio dei rifiuti. Sicuramente

li trasformano in fertilizzanti«.
Seldon osservb cupo: «Allora, quelli che mandano

avanti l'impianto verranno qui periodicamente... po-

trebbero arrivare da un momento all'altro«.
«Io ci sono già stato qui« disse Raych. «Non ho mai

visto nessuno.


«Immagino che Irantor sia automatizzato in modo

massiccio dove possibile, e mi pare che uno dei proces-

si che richiedono particolarmente l'automazione sia il

trattamento dei rifiuti~. fece notare Dors. «Forse siamo

al sicuro... per un po'.«
«Non per molto. Avremo fame e sete, Dors.«
«Al cibo e all'acqua posso pensarci io« disse Raych.

«Un ragazzo di strada deve sapersi arrangiare.,-


«Grazie, Raych~. disse Seldon, distrattamente. «Ma

adesso non ho fame.~ Annusò l!aria. ~Forse non avrò

mai più fame.«
«Oh, sì, invece« ribatté Dors. «E anche se perderai

l'appetito per un po', ti verrà sete. Almeno, l'elimina-

zione dei rifiuti non è un problema. Praticamente sia-

mo sopra una fogna scoperta.«


Ci fu silenzio per un po'. La luce era fioca, e Seldon si
chiese come mai i l~antoriani non la spegnessero del

·, tutto. Poi ricordb che non aveva mai visto un'area pub-


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