Oscar fantascienza Isaac Asimov



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sud."
~lla fine, sor~olarono un tratto di costa dove le cupo- ;

le erano orlate di ghiaccio in prossimità del mare.


Poi, all'improvviso, l'avio puntò verso il basso.
Raych urlò: ~Cadiamo! Ci sbricioleremo!,..
Seldon strinse i braccioli del sedile, mentre i suoi '

muscoli addominali si tendevano.


Dors rimase impassibile. «I piloti là davanti non,

sembrano allarmati. Ci infileremo in un tunnel~ os- l

servò. 3
E, mentre parlava, le ali dell'avio si piegarono e spa-

rirono sotto la fusoliera, e come up proiettile il velivolo

penetrò in un tunnel. Per un attimo furono inghiottiti

dall'oscurità, ma un istante dopo l'impianto di illumi- ;

nazione della galleria entrò in funzione. Le pareti del

tunnel sfrecciavano lateralmente.


«Probabilmente non mi convincerò mai che i piloti

sanno già che il tunnel è libero« borbottò Seldon.


«Sicuramente hanno ricevuto la conferma a qualche

decina di chilometri dall'arrivo« disse Dors. «In ogni 4

caso, questa dovrebbe essere la parte conclusiva del

viaggio, e presto sapremo dove siamo.« S'interruppe,

quindi soggiunse: «E ho l'impressione che quando lo

sapremo non sarà affatto una scoperta piacevole«.


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L'avio usci dal tunnel posandosi su una lunga pista. Li

il tetto era talmente alto che, per la prima volta dopo

avere lasciato il Settore Imperiale, Seldon ebbe la sen-

sazione che la luce del giorno fosse quasi autentica, co-

me all'esterno.
Si fermarono prima di quanto Seldon non si aspet-

tasse, ma dovettero sopportare una sgradevole pressio-

~e in avanti. Raych, in particolare, si ritrovò schiaccia-
~to contro il sedile che aveva di fronte ed ebbe difficoltà

E~espiratorie, finché Dors non gli mise una mano sulla

F; spalla tirandolo leggermente indietro.
r Il sergente Thalus, maestoso ed eretto, lasciò il veli-

volo e si portò sul retro, dove apri il portello dello

scompartimento passeggeri e aiutò i tre a scendere.
Seldon fu l'ultimo. Passando di fronte al sergente, si
E girò e disse: «Un viaggio piacevole, sergente«.
Un lento sorriso sbocciò sulla faccia di Thalus, cur-

vandogli il labbro superiore baffuto. Thalus toccò la vi-

siera del berretto abbozzando un saluto militare. «Gra-

zie di nuovo, dottore.«


Furono fatti salire sul sedile posteriore di una vet-

tura lussuosa, e il sergente stesso prese posto ai co-

mandi e guidò il veicolo con mano sorprendentemen-
~ te delicata.
E~ Percorsero strade ampie, fiancheggiate da edifici alti

dalle linee armoniose che scintillavano alla luce del

giorno. Come nel resto di Trantor, in lontananza si sen-
~ tiva il ronzio di una Espressovia. I passaggi riservati ai

E~ pedoni erano affollati di persone che per la maggior

parte erano ben vestite. L'ambiente era notevolmente
~: pulito (quasi in modo ecc~,ssivo).
Il senso di sicurezza di Seldon vacillò ancor di più. I

timori di Dors riguardo la loro destinazione adesso

sembravano giustificati, dopo tutto. Seldon si sporse

verso di lei. «Credi che siamo tornati nel Settore Impe-


L riale?«
Dors rispose: «No, nel Settore Imperiale gli edifici

sono più rococò, e qui non c'è tutta quella "parcoma-

nia" imperiale... se mi concedi il termine«.
«Allora, dove siamo?«
«Temo che dovremo chiedere, Hari.«
Non fu un viaggio lungo. Ben presto si fermarono in

un parcheggio fiancheggiato da un'imponente struttu-

ra a tre piani. Un fregio di animali immaginari percor-
4~4 ~

reva la sommità, decorata da lastre di pietra rosa. Una

facciata maestosa, dalle linee decisamente gradevoli.
Seldon osservò: «Questo è abbastanza rococò, mi

pare«.
Dors si strinse nelle spalle, incerta.


Raych fischiò e, cercando di non mostrarsi colpito

ma senza riuscirci, disse. «Ehi, guardate che posto da

ricchi«.
Thalus rivolse un gesto a Seldon, indicandogli chia-

ramente che doveva seguirlo. Seldon non si mosse e,

sempre ricorrendo al linguaggio universale dei gesti,

allargò le braccia verso Dors`e Raych.


Il sergente esitò, con un'aria leggermente abbattuta,

di fronte all'imponente arcata rosa dell'ingresso. Sem-

brò quasi che i suoi baffi si afflosciassero.
Poi disse burbero: «Tutti e tre, allora. La mia parola

d'onore è sempre valida... Però, forse gli altri non si

sentiranno vincolati dalle mie promesse«. 3

Seldon annul. «Per me, siete responsabile solo delle

vostre azioni, sergente.«

Thalus era chiaramente commosso e, per un attimo,

la sua faccia si illuminb, come se stesse prendendo in

considerazione la possibilità di stringere la mano a

Seldon o di esprimere la propria approvazione in qual-

che altro modo. Respinse l~dea, comunque, e sall sul

primo gradino della rampa che conduceva alla porta.

La scala cominciò immediatamente a muoversi verso

l'alto.

Seldon e Dors salirono insieme subito dopo di lui e



mantennero l'equilibrio senza difficoltà. Raych, bloc-

cato per un attimo dallo stupore, saltò sulla scala dopo

una breve corsa, infilò le mani in tasca e fischiettò di-

sinvolto.

Laporta si aprì e uscirono due donne, una su ogni la-

to. Erano giovani e attraenti. I loro abiti, stretti in vita

da una cintura, arrivavano quasi alla caviglia, ricade-

vano in tante pieghe e frusciavano quando le donne


camminavano. Entrambe avevano capelli marroni rac-

colti in grosse trecce ai lati della testa. (Un'acconciatu-

ra che gli piaceva, rifletté Seldon. Però, chissà quanto
E impiegavano ogni mattina per sistemarsi i capelli co-

sì? Non aveva notato un'acconciatura tanto elaborata

nelle donne viste per le strade durante il tragitto.)
Le due donne fissarono i nuovi arrivati con evidente
E disprezzo. Seldon non si stupì. Dopo gli avvenimenti

della giornata, lui e Dors erano male in arnese quasi

quanto Raych.
t Tuttavia, le donne si inchinarono, poi si girarono e

indicarono l'interno con sincronismo e simmetria per-

fetti. (Si esercitavano a compiere quei gesti?) Era chia-

ro che i tre dovevano entrare.


Entrarono in una stanza piena di mobili e di oggetti
'I decorativi di cui Seldon non riuscì ad afferrare subito

lo scopo. Il pavimento era chiaro, elastico, luminescen-


L te. Imbarazzato, Seldon si accorse che le loro scarpe la-

sciavano delle impronte polverose.


Poi, una porta interna si spalancò e apparve un'altra

donna. Era nettamente più vecchia delle prime due

(che al suo ingresso si piegarono lentamente incrocian-

do le gambe in modo simmetrico... Seldon si meravi-

glib che riuscissero a mantenere l'equilibrio; senza

dubbio dovevano esercitarsi parecchio).


Seldon si chiese se fosse tenuto a compiere anche lui

qualche strano gesto rituale di saluto ma, dal momen-

to che non aveva la più pallida idea di quale potesse es-

sere, si limitò a piegare leggermente la testa. Dors ri-

mase perfettamente eretta, l'aria forse un po' sdegno-

sa, notò Seldon. Raych stava guardandosi attorno a

bocca aperta, e sembrava che non avesse nemmeno vi-

sto la donna appena entrata.


Era rotondetta... non grassa, má abbastanza formo-

sa. Aveva la stessa acconciatura delle due giovani e un


F vestito di linea identica, ma molto più adorno... trop-

po, per i gusti estetici di Seldon.

Era di mezz'età, e c'era un accenno di grigio nei suoi

capelli, ma le fossette che spiccavano sulle sue guánce

le conferivano un'aria ancora piuttosto giovanile. Ave-

va occhi castano chiari, allegri, e complessivamente un

aspetto materno più che di vecchiaia.
Disse: «Come state? Tutti quanti~-. (Non parve sor-

presa dalla presenza di DQrs e Raych, ma disinvolta

estese il saluto anche a loro.) «Vi aspettavo da un po'

di tempo, ed ero quasi riuscita a raggiungervi a Stree-

ling, sulla Faccia superiore. Voi siete il dottor Hari

Seldon, che non vedevo l'ora di incontrare. Voi dovete

essere la dottoressa Dors Venabili, perché mi è stato

riferito che eravate in sua compagnia. Il giovanotto,

invece, temo di non conoscerlo, ma mi fa piacere ve-

derlo. Ma ora basta con le parole... certamente, prima

vorrete riposare.J-
«E lavarci, signora« aggiunse Dors. «Abbiamo tutti

bisogno di un lunga doccia.«


«Sì, certo. ~ di cambiarvi. Soprattutto il giovanot-

to.~- La donna guardb Raych, senza mostrare il disprez-

zo e la disapprovazione delle due donne alla porta.

«Come ti chiami, giovanotto?)~


« Raych « rispose il ragazzo, la voce un po' strozzata e

impacciata. E soggiunse a titolo di prova: «Signora«.


«Che strana coincidenza« fece la donna, gli occhi

raggianti. «Un presagio, forse. Io mi chiamo Rashelle.

Non è strano?... Ma, venite. Ora provvediamo a voi.

Avremo tutto il tempo necessario poi per pranzare e

per parlare.~
«Aspettate, signora« disse Dors. «Posso chiedervi do-

ve siamo?«


«A Wye, mia cara. E vi prego, chiamatemi Rashelle,

quando vi sarete ambientata maggiormente. Mi sento

sempre a mio agio quando si accantonano le cerimo-

nie.«
Dors si irrigidì. «Come? Il nome di questo posto... Ma

avete risposto alla mia domanda?«
Rashelle rise; una risata simpatica e argentina. «E

vero, dottoressa Venabili, bisogna fare qualcosa per il

nome di questo posto. No, non vi ho detto: "Hawai",

mia cara... Ho detto: "Wyen. Siete nel Settore di Wye.«


«A Wye?« sbottò Seldon.
«Certo, dottor Seldon. Desideriamo avervi con noi

da quando avete parlato al Convegno Decennale, e

adesso siamo felicissimi di avervi qui.«
Fu necessario un giorno intero per riposare, lavarsi, at-

tendere i vestiti nuovi (lucenti e piuttosto ampi, secon-

do lo stile di Wye) e dormire parecchio.
'~ Solo la seconda sera ci fu il pranzo promesso da Ra-

shelle.
Il tavolo era grande... troppo grande, considerato che

erano solo in quattro a occuparlo: Hari, Dors, Raych e

Rashelle. Le pareti e il soffitto avevano una luminosità

tenue, e i colori cambiavano a un ritmo che si notava

ma che non era tanto rapido da disturbare la mente. La

tovaglia stessa, che non era di tessuto (Seldon non ave-

va individuato con sicurezza di che materiale si trat-

tasse), sembrava luccicare.
I servitori erano numerosi e silenziosi, e quando la

porta si apriva Seldon aveva l'impressione di scorgere


i dei soldati all'esterno, armati e pronti a intervenire. La

stanza era un guanto di velluto, ma il pugno di ferro

non era molto lontano.
Rashelle era garbata e cordiale e, chiaramente, ave-

va una particolare simpatia per Raych, infatti aveva

insistito perché sedesse accanto a lei.
Raych... lavato, strofinato e tirato a lucido, quasi ir-

riconoscibile nei suoi abiti nuovi, coi capelli puliti, ta-

gliati e spazzolati... non osava in pratica pronunciare

una parola. Sembrava quasi che pensasse di non Posse-

dere più una grammatica adatta al proprio aspetto.

Era imbarazzatissimo e osservava attentamente Dors,

mentre lei passava da una posata all'altra, cercando di

imitarla alla perfezione.

Il cibo era gustoso ma piccante, al punto che Seldon

non riusciva a ricon~scere bene la natura delle portate.

Rashelle, il volto paffuto illuminato dal suo dolce

sorriso e dai denti candidi, disse: «Forse penserete che

questi cibi contengano additivi micogeniani, ma non è

cosl. Produciamo tutto noi qui a Wye. Wye è il settore

più autosufficiente del pianeta. Lavoriamo alacremen-

te per mantenere questa situazione«.

Seldon annui serio. «Tutto quello che ci avete offerto

è di prima qualità, Rashelle. Vi siamo molto obbligati«

disse. f

Eppure, nel proprio intimo, non riteneva che quei

piatti fossero all'altezza del cibo micogeniano; inoltre,

come aveva mormorato prima a Dors, aveva la sensa-

zione di festeggiare la propria sconfitta. O la sconfitta

di Hummin, in ogni caso... il che gli sembrava la mede-

sima cosa.
Dopo tutto, era stato catturato da Wye... un'eventua-

lità che aveva preoccupato moltissimo Hummin all'e-

poca dell'incidente sulla Faccia superiore.
Rashelle disse: «Forse, nel mio ruolo di padrona di

casa, mi perdonerete se vi farò qualche domanda per-

sonale~. Sbaglio, o voi non rappresentate una famiglia?

Voi, Hari, e voi, Dors, non siete sposati, e Raych non è

vostro figlio, vero?«.
«Tra noi tre non esiste alcun rapporto di parentela~

spiegò Seldon. «Raych è nato su Trantor, io su Helicon,

Dors su Cinna.«
«E come vi siete conosciuti?«
Seldon lo spiegò brevemente, limitando al massimo i

particolari . « Non c'è nulla di romantico o di significa-

tivo in questi incontri« aggiunse.
«Eppure, se non erro, avete fatto delle difficoltà al
mio aiutante personale, il sergente Thalus, quando lui

voleva prelevare da Dahl soltanto voi.«


Seldon rispose con un'espressione solenne- «Mi sono

affezionato a Dors e a Raych, e non volevo separar

da loro~.
Rashelle sorrise. aVedo che siete un sentimentale.
·~SI, sono sentimentale. E anche perplesso.«
«Perplesso?«
a Sl. E dal momento che siete stata cosi gentile da ri-

volgerci domande personali, posso farne una anch'io~«


«Certo, mio caro Hari. Chiedete quello che deside-

rate.«
~ «Al nostro arrivo, avete detto che Wye mi voleva dal

rr giorno in cui sono intervenuto al Convegno Decennale.

Perché?«
«Non credo che siate così ingenuo da non saperlo. Vi

vogliamo per la vostra psicostoria.~
«D'accordo, questo l'avevo capito. Ma cosa vi fa pen-

sare che avere me significhi avere la psicostoria~«


«Be', non sarete stato tanto sbadato da perderla,

jl vero?«


«Peggio, Rashelle. Non l'ho mai avuta.«

r~ Le fossette di Rashelle si accentuarono. «Eppure nel

vostro discorso avete detto il contrario. Non che io ab-

bia capito quel discorso. Non sono un matematico

Odio i numeri. Ma ho dei matematici che lavorano per

me, e che mi hanno spiegato quello che avete detto.l~


«In tal caso, mia cara Rashelle, dovete ascoltare con

maggìore attenzione. Senza dubbio vi hanno detto che

ho dimostrato che le predizioni psicostoriche sono con-

cepibili, però vi avranno anche detto che non sono fat-

tibili in pratica.JD
« Non posso crederci, Hari. Il giorno dopo, siete stato

convocato per un'udienza da quello pseudo-imperato-

re, Cleon.~
«Pseudo-imperatore?« mormorò ironica Dors.
«Oh, sì« disse Rashelle, come se stesse rispondendo a

una domanda seria. «Pseudo-imperatore. ~on ha alcun

diritto al trono, in realtà.«
·~Rashelle« disse Seldon, accantonando quel com-

mento leggermente spazientito. «A Cleon ho detto esat-

tamente le stesse cose che ho appena detto a voi, e lui

mi ha lasciato andare.«


Questa volta Rashelle non sorrise. La sua voce si in-

crinò un poco. «Sl, vi ha lasciato andare come il gatto

della favola lascia andare il topo. Vi ha dato la caccia

fin da allora... a Streeling, a Micogeno, a Dahl. Vi da-

rebbe la caccia anche qui, se avesse il coraggio di farlo.

Ma, via... il nostro discorso serio è troppo serio. Diver-

tiamoci. ~scoltiamo un po' di musica.«
E non appena pronunciò quelle parole, si diffuse al-

l'improvviso una melodia strumentale, sommessa ma

gioiosa. Rachelle si chinò verso Raych. «Ragazzo mio,

se sei a disagio con la forchetta, usa il cucchiaio o le di-

ta. Non ho nulla in contrario.«
Raych disse: «Sì, signora« e deglutl impacciato. Ma

Dors incrociò il suo sguardo e con le labbra formò in si-

lenzio la parola: «Forchetta«.
Raych continub con la forchetta.
Dors disse: «La musica ~ deliziosa, signora« (si rifiu-

tava di rivolgersi a lei con familiarità) «ma non deve

distrarci. Forse i nostri inseguitori in realtà agivano

per conto di Wye, nei settori che avete nominato pri-

ma. Secondo me, non sareste cosl bene informata su-

gli avvenimenti se l'iniziativa non fosse partita da

Wye«.
Rashelle rise. «Wye ha occhi e orecchie dappertutto,

naturalmente, però non eravamo noi gli inseguitori. Se

fossimo stati noi gli inseguitori, vi avremmo presi, sen-

za fallo... come è successo infine a Dahl quando, in e£

fetti, eravamo noigli inscguitor~i. Di fronte a una caccia

che fallisce, a una mano che cerca di afferrare ma man-

ca l'obiettivo, invece, si può star certi che si tratta di

Demerzel.~-


«~vete una cosl scarsa considerazione di Demerzel?

mormorò Dors.


«si. Vi sorprende? Lo abbiamo battuto.
«Voi? O il Settore di Wye?«
«Il Settore, certo, ma se Wye è vittorioso, anch'io so-

no vittoriosa.«


«Strano« disse Dors. «Secondo un'opinione molto

diffusa in tutto l~antor, gli abitanti di Wye non hanno


1, nulla a che fare con la vittoria, la sconfitta, o qualsiasi

altra cosa. Pare che a Wye esista un'unica volontà e

cioè quella del Sindaco. Sicuramente, voi, o qualsiási
1 altro cittadino di Wye, non contate nulla al confronto.«
Rashelle sorrise. Guardò Raych benevola e gli pizzi

cò una guancia, poi disse: «Se credete che il nostro Sin-

daco sia un autocrate e che a Wye conti un'unica volon-

tà, forse avete ragione. Ma anche in questo caso posso

continuare a usare il pronome personale, perché la mia

volontà conta.«


«Perché?« chiese Seldon.
F «Perché no?« fece Rashelle, mentre i servitori comin-

ciavano a sparecchiaFe la tavola. «Io sono il Sindaco di

Wye.~
Fu Raych il primo a reagire a quell'affermazione. Libe-

randosi del manto di educazione cosl scomodo da in-


t: dossare, scoppiò a ridere e disse: «Ehi, signora, non po-

tete essere sindaco. I sindaci sono maschi!«


Rashelle lo guardò con affetto e imitando alla perfe-

zione il suo tono ribatt~: «Ehi, piccolo, certi sindaci so-


E no maschi e certi sono femmine. Ficcatelo nella zucca e

fai frullare il cervcllo«.


Raych strabuzzò gli occhi e parve sbalordito. Infine

riuscl a dire: «Ehi, parlate normale, signora«.


«Garantito. Normale finché vuoi~ fece Rashelle,

sempre sorridendo.

Seldon si schiarì la voce. «Un accento notevole il vo-

stro, Rashelle.«


l~ashelle agitò leggermente la testa. «Non lo usavo

da molti anni, ma è impossibile dimenticarlo. Una vol-

ta avevo un amico, un caro amico, che era Dahlita...

quando ero molto giovane. « Sospirò. « Non parlava co-

si, naturalmente... era intelligentissimo... però volendo

era capace e mi ha insegnato. Era eccitante parlare in

questo modo con lui. Si creava un mondo che esclude-

va l'ambiente circostante. Era meraviglioso. Era anche

impossibile. Mio padre lo ha messo bene in chiaro. E

adesso ecco che arriva questo furfantello, Raych, a ri-

cordarmi quei giorni tanto lontani. Ha l'accento giu-

sto, gli occhi, quell'atteggiamento impudente... e tra

qualche anno sarà la delizia e il terrore delle ragazze.

Vero, Raych?~


Raych rispose: «Non so... ehm, signora...~.
«Oh, si che lo sarai, e assomiglierai moltissimo al

mio... vecchio amico, e allora sarà molto meglio che io

non ti veda. Be', la cena è finita, ed è ora che tu vada in

camera tua, Raych. Puoi guardare l'olovisione per un

po', se vuoi. Immagino che tu non legga.«
Raych arrossi. «Leggerò, un giorno. Il signor Seldon

dice che leggerò.«


«Allora non ne dubito.
Una giovane donna si avvicinò a Raych, rivolgendo

un inchino rispettoso a Rashelle. Seldon non aveva vi-

sto il segnale che l'aveva fatta accorrere.
Raych disse: «Non posso stare con il signor Seldon e

la signora Venabili?«.


«Li vedrai più tardi« rispose con dolcezza Rashelle.

«Adesso il signore, la signora ed io dobbiamo parlare...

quindi tu devi andare.«
In silenzio, la bocca di Dors scandi decisa: «Vai!1 e

con una smorfia il ragazzo si alzò e segui l'inserviente.


Quando Raych fu uscito, Rashelle disse: «Il ragazzo

sarà al sicuro, naturalmente, e verrà trattato con ogni

riguardo, non temete. E anch'io sarò al sicuro. Come è

arrivata quella ragazza, può arrivare anche una decina

di uomini armati, e molto più rapidamente, a un se-

gnale. Voglio che lo sappiate«.


Seldon disse pacato: «Non abbiamo alcuna intenzio-

ne di aggredirvi, Rashelle... o devo chiamarvi "Signor


Sindaco", adesso?«.
«Sempre Rashelle. A quanto pare, siete un lottatore

da non sottovalutare, Hari... e voi, Dors siete molto

abile coi coltelli che abbiamo tolto dalla vóstra stanza

Non voglio che contiate inutilmente sulle vostre doti

dal momento che a me Hari interessa vivo, integro é

ben disposto.,t


«Signor Sindaco« disse Dors, non mascherando mi-

nimamente la propria ostilità «tutti sanno ché da qua-

rant'anni il sovrano di Wye è Mannix, Quarto del No-

me, e che Mannix è ancora vivo e in pieno possesso del-

le sue facoltà. Dunque, chi siete voi, in realtà?«
«Esàttamente quello che affermo di essere, Dors.

Mannix IV è mio padre. Certo, è ancora vivo e in pos-

sesso delle sue facoltà. Agli occhi dell'Imperatore e di

tutto l'Impero, è il Sindaco di Wye, però è stanco del

logorio del potere e finalmente è pronto a passarlo a

me, che sono altrettanto pronta ad accettarlo. Sono la

sua unica figlia, e sono stata allevata per governare.

Mio padre~dunque è Sindaco di nome, ma io sono Sin-

daco di fatto. E a me che le forze armate di Wye hanno

giurato fedeltà, e a Wye è questo che conta.«


Seldon annul. « D'accordo, sia pure. Ma in ogni caso,

indipendentemente da Mannix IV o da Rashelle I... Ra-

shelle prima, immagino... indipendentemente da chi è

il Sindacoj non vedo lo scopo di essere trattenuto qui.

Vi ho detto che non dispongo di una psicostoria appli-

cabile in pratica, e secondo me nessuno arriverà mai

ad aver!a. L'ho detto all'Imperatore. Non servo né a voi

né a lun«


Rashelle fece: «Come siete ingenuo. Conoscete la sto-

ria dell'Impero?« .

Seldon scosse la testa. «Ultimamente rimpiango di

non conoscerla molto meglio.«


Dors intervenne, caustica. ~Io conosco la storia im-

periale piuttosto bene, anche se la mia specializzazio-

ne è la storia pre-imperiale, signor Sindaco. Ma che

importanza ha se la conosciamo o meno?«


«Se conoscete la storia, saprete che la Casa di Wye è

antica e onorabile e discende dalla dinastia daciana.«


Dors disse: ~I Daciani governavano cinquemila anni

fa. Nelle centocinquanta generazioni venute in seguito,

il numero dei loro discendenti pub essere aumentato fi-


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