La prima edizione del CdG/1 (allora chiamato Catechismo dei ragazzi/2) era stata pensata esplicitamente per comunicare la fede agli adolescenti in chiave anche vocazionale, anche perché tale obiettivo non era stato “tematizzato” nei catechismi precedenti dei fanciulli e dei preadolescenti. Tale finalità, con gli accorgimenti adottati, è rimasta nel testo attuale, il quale si può quindi legittimamente tradurre in itinerario vocazionale nella sua globalità, e non solo per un capitolo, il quinto (Chiamati a seguire Gesù), anche se quest’ultimo è al riguardo sintesi culminante.
È doveroso, allora, evidenziare il “filo vocazionale” di Io ho scelto voi seguendo il discorso catechistico nel suo insieme, e successivamente, seppure brevemente, sottolineare le esigenze di comunicazione da parte del catechista.
Il profilo vocazionale globale
Alla luce della Rivelazione cristiana, il termine “vocazione” - superando la specificità, almeno in prima istanza, di vocazione in senso stretto - assume decisamente e giustamente il senso vasto, ma non generico, di chiamata che Dio fa ad ogni uomo alla vita, quella umana, e più specificamente a quella di figlio di Dio. È la vocazione comune, che ha davanti a sé molte strade diverse su cui realizzarsi, le vocazioni appunto in senso specifico.
Tale pensiero, che compare proprio agli inizi del capitolo quinto del CdG/1 (p. 242), può essere definito “leit-motiv” dominante o “tema generatore”, intorno a cui si costruisce in certo modo tutto il catechismo: anzitutto proponendo la “grande chiamata” di Dio, quella che riguarda tutti, entro cui si colloca la propria “personale chiamata”.
È una scoperta che avviene significativamente attraverso un doppio itinerario: considerando la successione dei capitoli e attendendo alla dinamica di ciascun capitolo. È quanto vogliamo brevemente illustrare.
Dio chiama dentro l’area della vita
Il CdG/1 si snoda intenzionalmente in sei capitoli, strutturati in misura tale che siano messe in evidenza le esperienze fondamentali di vita di un ragazzo all’interno della fede cristiana. Ed ogni capitolo è, a suo modo, la percezione di un dono che interpella l’uomo, di una chiamata che viene ultimamente da Dio, colui che ha creato la vita con le sue risorse ed esigenze.
Il capitolo 1, “Cerchiamo insieme la vita”, è bene evidenziato dall’affermazione di sintesi: “Questa vita è il luogo in cui oggi tu cresci fino alla maturità: il Signore ha messo dentro ai fatti una forza capace di spingere avanti e di provocare” (p. 21). Appare indovinatissimo questo verbo “provocare”: è la vocazione che perviene al ragazzo come domanda insaziata di felicità, dunque come pro-vocazione, come appello a guardare la propria vita ambito dove si fa sentire la Parola di Dio.
I capitoli 2 e 3, “In cammino con gli altri”, “Responsabili nel mondo” , hanno il compito di mettere in luce le “casse di risonanza” della chiamata di Dio nell’area della vita. Esse sono le due qualità costitutive dell’uomo: la sua socialità e la sua cosmicità, ossia la relazione vitale con il mondo.
* Qui la voce di Dio lascia la sua “traccia” anzitutto nel volto dell’altro: gli altri che sono la famiglia, “il primo ambiente che lancia i suoi messaggi di amore e di preoccupazione” (p. 35); gli amici, con i quali “si parla lo stesso linguaggio” (p. 36); la figura maschile e femminile, perché “ci si rende conto di essere chiamati a muovere i primi passi di un’arte difficile ma preziosa... che è quella di saper amare” (p. 37); per approdare alla scoperta che esistono “modelli della vita quotidiana”, che potremo definire “vocazioni in codice”: sono persone, almeno quelle positive, “che vivono con coraggio la loro avventura umana”, e dunque riescono “a dare senso non solo alla loro vita, ma anche a quella degli altri” (p. 41).
* L’uomo, il giovane, vive nel mondo: quello della scuola, del lavoro, entro una dinamica di progresso fatta di luci e di ombre, a tu per tu con le cose, che affascinano od asserviscono. Parrebbe a prima vista estranea a ciò una relazione vocazionale. Ma questo avviene soltanto se il contatto con il mondo non è vissuto come qualità della persona, anzi come sua responsabilità. In realtà il catechismo intende per mondo ciò che denominiamo “mondi vitali” in cui i giovani hanno la grazia di sviluppare maggiormente la propria consapevolezza e venire aiutati ad essere attivi, orientando e qualificando le capacità proprie per il bene di tutti (p. 111).
Tocca al capitolo 4 “Liberi per amare”, riflettere quelli che nel discorso della vocazione sono i due fattori costitutivi e decisivi: la libertà e l’amore. Ed infatti questo capitolo antecede immediatamente il capitolo 5 dedicato alla vocazione in termini specifici.
La bella analisi della libertà nelle diverse sfaccettature porta a riflettere su quel nodo sostanziale che è “la libertà per”. Ne scaturiscono interrogativi preliminari, ma intrinseci ad ogni discorso vocazionale: “Ci sentiamo davvero responsabili in prima persona del nostro futuro? Su quale progetto di uomo e di donna stiamo scommettendo la nostra vita?... C’è un ideale che ti sta a cuore verso cui orienti la tua libertà?” (pp. 170, 177).
Più avanti nel capitolo, quanto la libertà viene compresa alla luce del Vangelo, arriva logica l’affermazione che i cristiani sono “chiamati ad essere liberi come figli di Dio, chiamati a vivere in Cristo, chiamati ad essere fratelli, chiamati ad essere testimoni” (pp. 224-226).
Arriva finalmente e logicamente il capitolo 5, “Chiamati a seguire Gesù”, che mette a fuoco la chiamata di Dio o vocazione, ormai a tutto tondo, diventando come l’approdo alle tracce vocazionali individuate in precedenza. Del suo intrinseco significato, si veda a parte in questa stessa rivista.
Il capitolo 6, “Aperti alla speranza”, conclude il CdG/1. Spinge lo sguardo sul futuro di Dio, quello che possiamo definire la sua ultima, solenne e decisiva chiamata dell’uomo alla pienezza della vita. In verità, il capitolo è orientato piuttosto a donare speranza al giovane, a dargli le risorse per essere fedele al progetto di vita che ha finalmente intravisto e su cui dovrà decidersi con scelte impegnative.
E così, il discorso vocazionale, impostato dal primo capitolo sulla provocazione di Dio che suscita la vita, sfocia alla fine sull’invocazione a Dio di essere fedeli alla sua vocazione per tutta la vita (p. 307).
Saper ascoltare la chiamata di Dio dentro l’area della vita
Non basterebbe diventare consapevoli che la propria vita è il luogo della chiamata di Dio, se non si sapesse cogliere, decifrare ed interiorizzare tale chiamata. Qui giova valorizzare l’articolazione secondo cui normalmente ogni capitolo viene strutturato. Sono le cosiddette “fasce”, che in realtà sono i livelli di maturazione della proposta di fede, e quindi della proposta vocazionale che direttamente ci interessa.
Ogni tema si apre con l’interrogare la stessa vita nelle sue diverse manifestazioni. Si potrà vedere come di fatto l’analisi che il catechismo fa dell’esperienza è solcata da continue domande (in parte le abbiamo esposte sopra). In questo modo si rifiuta che la vita - la socialità, la relazione con il mondo, la libertà, il futuro - sia un puro dato, chiuso in se stesso, compiuto nei suoi significati e valori. In realtà, la vita è domanda di senso, è appello, è chiamata a luce interiore.
Non è da poco per un credente acquisire la convinzione che già il domandarsi seriamente sulla vita è in certo modo aprirsi al discorso vocazionale, in quanto la vocazione cristiana, per quanto specifica nella forma, rimane sempre illuminazione di Dio, sua risposta su interrogativi profondi di vita che l’uomo, il chiamato per primo, porta dentro se stesso.
Fare domande sì, ma anche attendere risposte. È quanto tematizza la fascia seconda: “Ascoltare Dio che parla”. Parola-ascolto è un binomio sostanziale di ogni processo vocazionale.
Qui ci accompagna l’Antico Testamento nelle figure più significative di chiamati, quali Amos, Geremia, Mosè, entro un popolo di chiamati. Persone che in vista della vita sono entrati in dialogo con il Dio vivente.
Evidentemente la Parola ha la sua espressione più alta, e dunque l’appello di Dio risuona nella sua interezza, in Gesù. “Incontrare Gesù”, e non solo ascoltarlo, diventa pertanto il momento o fascia di indagine che sta al centro, dove è dato di vedere la sua vocazione all’opera a confronto con le esperienze di base che sono comuni a lui e a noi.
Gesù è il modello di perfetta vocazione, luogo della sintesi delle nostre aspirazioni, fondamento di ogni maturo progetto di vita. È lui stesso, la sua vita e in particolare la sua esperienza di morte e risurrezione l’appello decisivo per la vita di ciascuno. La risposta che egli dà alla vocazione all’amore, che il Padre gli propone, è provocazione e fondamento di un progetto di vita d’amore proposto e reso possibile per tutti, anche per l’adolescente che si apre alla vita.
“Vivere la comunione nella Chiesa” (è la quarta fascia) ha per scopo di dare volto storico alla voce di Dio che chiama, all’esempio di Gesù che coinvolge, alla vita di Gesù che apre possibilità di vita nuova per l’uomo.
Ebbene, ciò si compie in comunione con gli altri, accogliendo i segni sacramentali della comunità, vivendo a fianco delle persone. È allora che si dà concretezza alla propria chiamata, la si riconosce come propria, la si nutre dovutamente, la si esercita nel proprio spazio e nel proprio tempo, e soprattutto secondo le urgenze manifestate dalla comunità.
“Confrontarsi con i testimoni” ed “educarsi al servizio” formano le fasce ulteriori di ogni capitolo del testo, che hanno il pregio anzitutto di presentare cristiani in carne ed ossa, ciascuno dei quali, uomo e donna, visti e proposti secondo la loro specifica vocazione. Incontriamo Benedetta Porro, Giuseppe Moscati, Marcello Candia, Giorgio La Pira, Padre Massimiliano Kolbe, Vittorio Bachelet, Edith Stein, Pier Giorgio Frassati, Don Antonio Seghezzi, Simona Romagnoli... Si apre la possibilità di un confronto quanto mai incisivo ed attraente sulla vita assunta come vocazione di Dio per il Vangelo.
L’invito al servizio coinvolge il giovane, che, dopo aver visto i testimoni, si sente invitato ad assumere la “missione” intrinseca ad ogni vocazione, cioè realizzare in pratica la “voce” di Dio, i grandi orientamenti proposti e vissuti da Gesù nel Vangelo, mediante scelte ed atti concreti nell’ambito della propria vita e in ordine alla missione della Chiesa, attraverso un apprendistato che aiuta, a individuare il cammino proprio a ciascuno, a misurare le forze, a verificare le scelte.
Prima ancora sta la fascia del pregare, pur esso momento decisivo per ogni vocazione, per cui il cristiano afferma la propria fede, la propria disponibilità, trepidante, ma sincera a ciò che Dio intende comunicare con la sua chiamata.
La Parola che chiama, come dice il profeta Isaia, fa il suo tragitto dal cielo alla terra per tornare carica di frutti in cielo (Is 55). La vocazione non è attimo, ma percorso, cammino di scoperta e di crescita: piccolo seme dentro la vita, si manifesta come Parola di Dio, anzi suo intervento storico in Gesù, dove risuona ogni chiamata; la Chiesa è come il “seminario” dove i diversi semi di Parola attecchiscono e maturano in scelte vocazionali; figure storiche di chiamati fanno da modello attraente; lo Spirito spinge ciascuno a discernere e vivere la propria chiamata nel servizio del popolo di Dio.
Il compito del catechista
Il testo del CdG/1 è denso, esigente e richiede dei catechisti addentro alla materia e capaci di una buona comunicazione. Qui, in termini sintetici, ricordiamo un paio di compiti che si affacciano al catechista che voglia realizzare l’itinerario che abbiamo fin qui delineato.
Consapevole del ruolo determinante che egli stesso gioca nella comunicazione della fede alle giovani generazioni, ogni catechista rinverdirà la propria vocazione, mostrando di comprendere lui per primo di crederci responsabilmente.
In secondo luogo il catechista procederà ordinatamente nell’esposizione del CdG/1, senza frantumarlo, bensì lievitando “vocazionalmente” quanto viene proposto dal testo. Semmai sarà capace di ampliare, approfondire, coinvolgere specie nelle fasce dedicate ai testimoni, al servire e al pregare, avendo come punto di convergenza e di sintesi il capitolo quinto, dove il motivo vocazionale approda all’esplicita trattazione.
STUDI 3
La “segnaletica vocazionale” del Catechismo dei Giovani: svincoli e segnali
di Francesco Lambiasi, Rettore del Pontificio Seminario Regionale di Anagni
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