Vangelo del giorno



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SETE di PAROLA

IV Settimana di Avvento
dal 21 al 27 dicembre 2014


VANGELO DEL GIORNO

COMMENTO

PREGHIERA

IMPEGNO

IV Domenica, 21 dicembre 2014

O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia:

vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Liturgia della Parola

2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38



La Parola di Dio

è ascoltata



Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
è meditata

Un giorno qualunque, un luogo qualunque, una gio­vane donna qualunque: il primo affac­ciarsi del Vangelo è un annuncio con­segnato in una casa. Al tempio Dio pre­ferisce la casa. È bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni delle chiese, ma anche - e soprattutto ­nella vita quotidiana. Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca, lo fa in un giorno di fe­sta, nel tempo delle lacrime o quando dici a chi ami le parole più belle che sai. La prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, ma: sii lieta, gioisci, rallegrati! Non ordina: fa' questo o quello, inginocchiati, vai, prega... Ma semplicemente, prima ancora di ogni risposta: gioisci, apriti alla gioia, come una porta si spalanca al sole. Dio parla il linguaggio della gioia per questo se­duce ancora. E subito aggiunge il per­ché della gioia: piena di grazia, riempi­ta di tenerezza, di simpatia, d'amore, della vita stessa di Dio. Il nome di Ma­ria è «amata per sempre». Il suo ruolo è ricordare quest'amore che dà gioia e che è per tutti. Tutti, come lei, amati per sempre. Maria fu molto turbata. Allora l'angelo le disse: Non temere, Maria. Non teme­re se Dio non sceglie la potenza, non te­mere, l'umiltà di Dio, così lontana dal­la luci della scena, dai riflettori, dai pa­lazzi; non temere questo Dio bambino che farà dei poveri i principi del suo re­gno. Non temere l'amore. Ecco concepirai e darai alla luce un Fi­glio, che sarà Figlio di Dio. La risposta di Maria non è un 'sì' immediato, ma u­na domanda: come è possibile? Porre domande a Dio non è mancanza di fede, è stare davanti a Lui con tutta la dignità di creatura, con maturità e consapevo­­lezza, usare tutta l'intelligenza e dopo accettare il mistero. Solo allora il 'sì' è maturo: eccomi sono la serva del Signore. Serva è parola biblica che non ha niente di passivo, non evoca sottomissione remissiva; serva del re è la pri­ma dopo il re, è colei che collabora con il creatore. E l'angelo partì da lei. Un inedito: per la prima volta in tutta la Bibbia è ad una creatura della terra, ad una donna, che spetta l'ultima parola nel dialogo tra il cielo e la terra: nuova dignità della creatura umana.

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Benedetta sii tu Maria! Dio si è innamorato della tua bellezza e ti ha scelta come Madre del suo Figlio. Benedetta sii tu Maria! Il tuo "Sì" ha reso possibile questo dolce abbassarsi di Dio verso l'uomo. Il Creatore e la Creatura si sono abbracciati e da quel momento niente li potrà separare. Benedetta sii tu Maria! Aiutami a dire sempre con te il mio "Sì", non solo nelle grandi occasioni, ma nella realtà della vita quotidiana dove Cristo è presente.

è pregata

Santa Maria, donna accogliente, aiutaci ad accogliere la Parola nell’ intimo del cuore. A capire cioè, come hai saputo fare Tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Vergine dell'Annunciazione, rendici, ti preghiamo, beati nella speranza, insegnaci la vigilanza del cuore, donaci l'amore premuroso della sposa, la perseveranza dell'attesa, la fortezza della croce. Ottienici, Madre, la gioia di gridare con tutta la nostra vita: "Vieni, Signore Gesù, vieni, Signore che sei risorto, vieni nel tuo giorno senza tramonto per mostrarci finalmente e per sempre il tuo volto".
mi impegna

Dio ha bussato alla porta di Maria e continua a bussare alla porta del nostro cuore. Dopo l’Incarnazione Egli non ci manda un angelo, ma viene di persona a dirci che la salvezza è già avvenuta, che Egli è entrato nella carne del mondo, grazie al sì di Maria, consenso libero e universale, che dobbiamo fare nostro e confermare di volta in volta. La piena di grazia, la piena di gioia, faccia risuonare il suo sì dentro di noi e ci dica come sia possibile ancora concepire in noi il suo Verbo attraverso le sue stesse parole: Chi fa la volontà del Padre mio, costui è mio fratello, sorella, madre.

Insieme alla Chiesa implorerò la sua intercessione, perché questo consenso diventi totale, definitivo, nell’ora della morte.

Lunedì, 22 dicembre 2014

O Re delle genti, atteso da tutte le nazioni,

pietra angolare che riunisci i popoli in uno:

vieni e salva l'uomo che hai formato dalla terra.
Liturgia della Parola

1Sam 1,24-28; Cant. 1Sam 2,1.4-8; Lc 1,46-55



La Parola di Dio

è ascoltata

In quel tempo, Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
è meditata


Solo chi è umile riesce a vedere la grandezza di Dio nella storia e nella propria vita ed esplodere di gioia davanti alla magnificenza della sua giustizia e della sua misericordia. Maria canta la grandezza di Dio, che si esprime nell’onnipotenza dell’amore e si realizza nel dono dei doni: Gesù.

Il Magnificat è da accogliere come stile di vita, come modello di preghiera, nei momenti di esultanza e nei momenti bui, quando la realtà sembra contraddirlo. È un canto che comincia sulla terra e finisce in cielo, come il Regno di Dio, qui appena intravisto e abbozzato e in cielo pienamente realizzato: gli affamati sazi e gli umili esaltati lo sono qui nella speranza, lo saranno pienamente in cielo, fra le braccia di Colui che è “grande nell’amore”. La nostra vita sia un canto di lode per le meraviglie che Dio compie in noi, suoi piccoli, suoi poveri e il nostro cuore trabocchi di gioia perché siamo figli di un Padre che costantemente ci raggiunge e ci ama in Gesù.

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Cantiamo qui l’alleluia, mentre siamo ancora privi di sicurezza, per poterlo cantare lassù, ormai sicuri. Qui nell’ansia, lassù nella tranquillità. Qui nella speranza, lassù nella realtà. Qui da esuli e pellegrini, lassù nella patria. Cantiamo da viandanti. Canta ma cammina. Canta e cammina.

S. Agostino

è pregata



C'è buio in me in te invece c'è luce; sono solo, ma tu non m'abbandoni; non ho coraggio, ma tu mi sei d'aiuto; sono inquieto, ma in te c'è la pace; c'è amarezza in me, in te pazienza; non capisco le tue vie, ma tu sai qual è la mia strada. Tu conosci tutta l'infelicità degli uomini; tu rimani accanto a me, quando nessun uomo mi rimane accanto, tu non mi dimentichi e mi cerchi, tu vuoi che io ti riconosca e mi volga a te.Signore, odo il tuo richiamo e lo seguo: aiutami! Signore, qualunque cosa rechi questo giorno, il tuo nome sia lodato! Amen.

Dietrich Bonhoeffer
mi impegna

A ritagliarmi, nella giornata, un breve tempo di silenzio per scoprire e ricordare i benefici, i doni, le opere d’amore che Dio ha compiuto nella mia vita e ringraziare con le parole di Maria.



Martedì, 23 dicembre 2014

O Emmanuele, nostro re e legislatore,

speranza e salvezza dei popoli.

vieni a salvarci; o Signore nostro Dio.
Liturgia della Parola

Ml 3,1-4.23-24; Sal 24; Lc 1,57-66



La Parola di Dio

è ascoltata

In quel tempo, per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.

è meditata



Zaccaria di fronte al miracolo della nascita del Battista non può trattenere la sua gioia. Ha riconosciuto - dopo il momento della incredulità - che la Parola di Dio è forte ed efficace. È ora diventato un credente. Non è più muto, la sua lingua si scioglie, e può parlare; il suo cuore è pieno di gioia per questo figlio, ch'è frutto dell'ascolto della Parola di Dio. E la nascita di Giovanni crea meraviglia non solo nella casa di Zaccaria, ma anche tra i vicini, come sempre accade ogni volta che il Vangelo viene ascoltato e messo in pratica. Il Vangelo crea sempre un clima nuovo tra la gente. E noi siamo chiamati ad accoglierlo nel nostro cuore e a comunicarlo a chiunque incontriamo. Diceva un santo mistico: "Nascesse Cristo mille volte, ma non nel tuo cuore, saresti perduto per sempre".

è pregata



Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza.

mi impegna

Nel silenzio prepariamoci al Natale, nel silenzio che riflette e medita, che scopre la volontà di salvezza di Dio, che cambia il nome alle cose, che ci permette di vedere il grande disegno che Dio ha sull'umanità!

Mercoledì, 24 dicembre 2014

Liturgia della Parola

2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16; Sal 88; Lc 1,67-79



La Parola di Dio

è ascoltata

In quel tempo, Zaccaria, padre di Giovanni, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo: «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace».
è meditata


Siamo alla vigilia di Natale e il Vangelo ci mette sulle labbra il canto di gioia del vecchio sacerdote Zaccaria che ha visto il miracolo di una nuova nascita. E, come è accaduto per Maria, anche lui non può trattenere la gioia della novità di Dio e prorompe in un canto di letizia – è il noto canto del "Benedictus" - per il piccolo Giovanni. Egli "andrà innanzi al Signore a preparargli le strade". Il Signore ha scelto di farsi precedere da qualcuno che gli prepari la via. E' così ancora oggi: ciascuno di noi ha bisogno di un fratello o di una sorella che ci aiuti ad incontrare il Signore. Non si può credere da soli. Tutti abbiamo bisogno di un angelo. Se ci lasceremo aiutare, anche noi vedremo cose nuove e potremo cantare come Zaccaria perché il Signore ha ancora una volta visitato il suo popolo.

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Felice giorno, felice ora, felice tempo: Dio è dunque con noi. Fino ad ora Egli era sopra di noi, oggi è con noi, nella nostra natura e nella sua grazia, nella nostra povertà e nella sua ricchezza, nella nostra miseria e nella sua misericordia. Non potevamo ascendere in cielo per essere con Dio, è disceso Lui per essere con noi, l’Emmanuele. Felice chi ti apre il cuore. Il tuo avvento, Signore, porta al cuore puro il meriggio celeste. Alfredo di Rievaulx

è pregata



È Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano; ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare un altro; ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. È Natale ogni volta che permetti al Signore di amare gli altri attraverso di te. Preghiamo di essere capaci di accogliere Gesù a Natale non nella fredda mangiatoia del nostro cuore, ma in un cuore pieno di amore e di umiltà, un cuore caldo di amore reciproco. Madre Teresa di Calcutta
mi impegna

Zaccaria ora parla: le sue parole sono benedizione e lode, sono stupore e meraviglia dinnanzi alla volontà salvifica e prodigiosa di Dio. E io cosa dico a Dio e di Dio? In questa vigilia di Natale vedrò di non bruciare il tempo e le forze solo in preparativi esteriori. Nella mia pausa di preghiera voglio davvero guardare a te, o Gesù, come al sole della mia vita che viene a visitarmi per redimermi dalle tenebre dell'egoismo, dell'orgoglio e per avvolgermi della tua luce che è anche calore di tenerezza infinita.

Natale del Signore

Giovedì, 25 dicembre 2014

Liturgia della Parola

La Parola di Dio

è ascoltata

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».  E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
è meditata


Sempre di nuovo la bellezza di questo Vangelo tocca il nostro cuore – una bellezza che è splendore della verità. Sempre di nuovo ci commuove il fatto che Dio si fa bambino, affinché noi possiamo amarlo, affinché osiamo amarlo, e, come bambino, si mette fiduciosamente nelle nostre mani. Dio dice quasi: So che il mio splendore ti spaventa, che di fronte alla mia grandezza tu cerchi di affermare te stesso. Ebbene, vengo dunque a te come bambino, perché tu possa accogliermi ed amarmi.

Sempre di nuovo mi tocca anche la parola dell’evangelista, detta quasi di sfuggita, che per loro non c’era posto nell’alloggio. Inevitabilmente sorge la domanda su come andrebbero le cose, se Maria e Giuseppe bussassero alla mia porta. Ci sarebbe posto per loro? E poi ci viene in mente che questa notizia, apparentemente casuale, della mancanza di posto nell’alloggio che spinge la Santa Famiglia nella stalla, l’evangelista Giovanni l’ha approfondita e portata all’essenza scrivendo: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” . Abbiamo tempo e spazio per Lui? Non è forse proprio Dio stesso ad essere respinto da noi? Ciò comincia col fatto che non abbiamo tempo per Dio. Quanto più velocemente possiamo muoverci, quanto più efficaci diventano gli strumenti che ci fanno risparmiare tempo, tanto meno tempo abbiamo a disposizione. E Dio? La questione che riguarda Lui non sembra mai urgente. Il nostro tempo è già completamente riempito. Ma le cose vanno ancora più in profondità. Dio ha veramente un posto nel nostro pensiero? Anche nel nostro sentire e volere non c’è lo spazio per Lui. Noi vogliamo noi stessi, vogliamo le cose che si possono toccare, la felicità sperimentabile, il successo dei nostri progetti personali e delle nostre intenzioni. Siamo completamente “riempiti” di noi stessi, così che non rimane alcuno spazio per Dio. Preghiamo il Signore affinché diventiamo vigili verso la sua presenza, affinché sentiamo come Egli bussa in modo sommesso eppure insistente alla porta del nostro essere e del nostro volere. Preghiamolo affinché nel nostro intimo si crei uno spazio per Lui. E affinché in questo modo possiamo riconoscerlo anche in coloro mediante i quali si rivolge a noi: nei bambini, nei sofferenti e negli abbandonati, negli emarginati e nei poveri di questo mondo.

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Se la luce di Dio si spegne, si spegne anche la dignità divina dell’uomo. Allora egli non è più l’immagine di Dio, che dobbiamo onorare in ciascuno, nel debole, nello straniero, nel povero. Allora non siamo più tutti fratelli e sorelle, figli dell’unico Padre che, a partire dal Padre, sono in correlazione vicendevole. Solo se la luce di Dio brilla sull’uomo e nell’uomo, solo se ogni singolo uomo è voluto, conosciuto e amato da Dio, solo allora, per quanto misera sia la sua situazione, la sua dignità è inviolabile. Benedetto XVI

è pregata



Asciuga, Bambino Gesù, le lacrime dei fanciulli! Spingi gli uomini a deporre le armi e a stringersi in un universale abbraccio di pace! Invita i popoli, misericordioso Gesù, ad abbattere i muri creati dalla miseria e dalla disoccupazione dall'ignoranza e dall'indifferenza, dalla discriminazione e dall'intolleranza. Sei Tu, Divino Bambino di Betlemme, che ci salvi, liberandoci dal peccato. Sei Tu il vero ed unico Salvatore, che l'umanità spesso cerca a tentoni. Dio della pace, dono di pace per l'intera umanità, vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia. Sii Tu la nostra pace e la nostra gioia! Amen! Madre Teresa
mi impegna

I pastori si affrettavano. Una santa curiosità e una santa gioia li spingevano. Tra noi forse accade molto raramente che ci affrettiamo per le cose di Dio. Oggi Dio non fa parte delle realtà urgenti. Le cose di Dio, così pensiamo e diciamo, possono aspettare. Eppure Egli è la realtà più importante, l’Unico che, in ultima analisi, è veramente importante. Perché non dovremmo essere presi anche noi dalla curiosità di vedere più da vicino e di conoscere ciò che Dio ci ha detto? Preghiamolo affinché la santa curiosità e la santa gioia dei pastori tocchino in quest’ora anche noi, e andiamo quindi con gioia di là, a Betlemme – verso il Signore che anche oggi viene nuovamente verso di noi..



Venerdì, 26 dicembre 2014

Santo Stefano, primo martire - Stefano, il primo martire cristiano, era uno dei primi sette diaconi, il cui dovere era quello di porsi al servizio della Chiesa e degli apostoli. Come servo di Cristo, Stefano era contento di essere come il suo Signore, e, nel momento della sua morte, fu molto simile a lui. Potrebbe sembrare che il Vangelo di oggi sia stato scritto a proposito di santo Stefano. Quando si trovò di fronte al sinedrio, lo Spirito Santo lo ispirò ed egli parlò con audacia; non solo respinse le accuse che gli erano state mosse, ma accusò a sua volta i suoi accusatori. Il suo sguardo era sempre rivolto al Signore, tanto che il suo volto splendeva come quello di un angelo e rifletteva la gloria di Cristo, che era in lui. La somiglianza tra santo Stefano e il suo Signore non è solo esteriore: nel momento della sua morte, Stefano rivelò le intime disposizioni del suo cuore, pregando perché i suoi assassini fossero perdonati, una preghiera che diede frutti più tardi, con la conversione di san Paolo. Santo Stefano, il cui nome significa “corona”, si procurò la corona del martirio dopo esservisi preparato con una vita di fedeltà al servizio di Cristo. 

Liturgia della Parola

At 6,8-10; 7,54-60; Sal 30; Mt 10,17-22



La Parola di Dio

è ascoltata



Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al Sinedrio. Tutti quelli che sedevano nel Sinedrio, [udendo le sue parole,] erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio».  Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.
è meditata

PAPA FRANCESCO: La liturgia prolunga la Solennità del Natale per otto giorni: un tempo di gioia per tutto il popolo di Dio! E in questo secondo giorno dell’ottava, nella gioia del Natale si inserisce la festa di santo Stefano, il primo martire della Chiesa. Il libro degli Atti degli Apostoli ce lo presenta come «uomo pieno di fede e di Spirito Santo», scelto con altri sei per il servizio delle vedove e dei poveri nella prima comunità di Gerusalemme. E ci racconta il suo martirio: quando, dopo un discorso di fuoco che suscitò l’ira dei membri del Sinedrio, fu trascinato fuori dalle mura della città e lapidato. Stefano morì come Gesù, chiedendo il perdono per i suoi uccisori.

Nel clima gioioso del Natale, questa commemorazione potrebbe sembrare fuori luogo. Il Natale infatti è la festa della vita e ci infonde sentimenti di serenità e di pace; perché turbarne l’incanto col ricordo di una violenza così atroce? In realtà, nell’ottica della fede, la festa di santo Stefano è in piena sintonia col significato profondo del Natale. Nel martirio, infatti, la violenza è vinta dall’amore, la morte dalla vita. La Chiesa vede nel sacrificio dei martiri la loro “nascita al cielo”. Celebriamo dunque oggi il “natale” di Stefano, che in profondità scaturisce dal Natale di Cristo. Gesù trasforma la morte di quanti lo amano in aurora di vita nuova!

Nel martirio di Stefano si riproduce lo stesso confronto tra il bene e il male, tra l’odio e il perdono, tra la mitezza e la violenza, che ha avuto il suo culmine nella Croce di Cristo. La memoria del primo martire viene così, immediatamente, a dissolvere una falsa immagine del Natale: l’immagine fiabesca e sdolcinata, che nel Vangelo non esiste! La liturgia ci riporta al senso autentico dell’Incarnazione, collegando Betlemme al Calvario e ricordandoci che la salvezza divina implica la lotta al peccato, passa attraverso la porta stretta della Croce. Questa è la strada che Gesù ha indicato chiaramente ai suoi discepoli, come attesta il Vangelo di oggi: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».

Perciò oggi preghiamo in modo particolare per i cristiani che subiscono discriminazioni a causa della testimonianza resa a Cristo e al Vangelo. Siamo vicini a questi fratelli e sorelle che, come santo Stefano, vengono accusati ingiustamente e fatti oggetto di violenze di vario tipo. Sono sicuro che, purtroppo, sono più numerosi oggi che nei primi tempi della Chiesa. Ce ne sono tanti!  Questo accade specialmente là dove la libertà religiosa non è ancora garantita o non è pienamente realizzata. Accade però anche in Paesi e ambienti che sulla carta tutelano la libertà e i diritti umani, ma dove di fatto i credenti, e specialmente i cristiani, incontrano limitazioni e discriminazioni. Io vorrei chiedervi di pregare per questi fratelli e sorelle un attimo in silenzio […]

E li affidiamo alla Madonna

Per il cristiano questo non fa meraviglia, perché Gesù lo ha preannunciato come occasione propizia per rendere testimonianza. Tuttavia, sul piano civile, l’ingiustizia va denunciata ed eliminata.

Maria Regina dei Martiri ci aiuti a vivere il Natale con quell’ardore di fede e di amore che rifulge in santo Stefano e in tutti i martiri della Chiesa.

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Oggi facciamo memoria del diacono Santo Stefano, il primo martire cristiano. Il suo esempio ci aiuta a penetrare maggiormente il mistero del Natale. Colui che vagisce nella mangiatoia, infatti, è il Figlio di Dio fatto uomo, che ci chiede di testimoniare con coraggio il suo Vangelo, come ha fatto Santo Stefano il quale, pieno di Spirito Santo, non ha esitato a dare la vita per amore del suo Signore. Egli, come il suo Maestro, muore perdonando i propri persecutori e ci fa comprendere come l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo dia origine ad una nuova civiltà, la civiltà dell’amore, che non si arrende di fronte al male e alla violenza e abbatte le barriere tra gli uomini, rendendoli fratelli nella grande famiglia dei figli di Dio.

è pregata



Donaci, o Padre, di esprimere con la vita  il mistero che celebriamo  nel giorno natalizio di santo Stefano primo martire  e insegnaci ad amare anche i nostri nemici  sull’esempio di lui  che morendo pregò per i suoi persecutori. 
mi impegna

La Festa di santo Stefano ci ricorda anche i tanti credenti, che in varie parti del mondo, sono sottoposti a prove e sofferenze a causa della loro fede. Affidandoli alla sua celeste protezione, impegniamoci a sostenerli con la preghiera e a non venir mai meno alla nostra vocazione cristiana, ponendo sempre al centro della nostra vita Gesù Cristo, che in questi giorni contempliamo nella semplicità e nell’umiltà del presepe. Invochiamo per questo l'intercessione di Maria, Madre del Redentore e Regina dei Martiri.



Sabato, 27 dicembre 2014

San Giovanni, apostolo ed evangelista - L'autore del quarto Vangelo e dell'Apocalisse, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo maggiore, venne considerato dal Sinedrio un «incolto». In realtà i suoi scritti sono una vetta della teologia cristiana. La sua propensione più alla contemplazione che all'azione non deve farlo credere, però, una figura "eterea". Si pensi al soprannome con cui Gesù - di cui fu discepolo tra i Dodici - chiamò lui e il fratello: «figli del tuono». Lui si definisce semplicemente «il discepolo che Gesù amava». Assistette alla Passione con Maria. E con lei, dice la tradizione, visse a Efeso. Qui morì tra fine del I e inizio del II secolo, dopo l'esilio a Patmos. Per Paolo era una «colonna» della Chiesa, con Pietro e Giacomo.

Liturgia della Parola

1Gv 1,1-4; Sal 96; Gv 20,2-8



La Parola di Dio

è ascoltata



Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesú amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
è meditata

Giovanni il mistico, il discepolo prediletto, colui che credette pur senza avere visto, il discepolo dell'amore che accolse il battito del cuore di Cristo durante l'ultima cena, che accolse in casa la Madre, ci accompagna a capire il Natale.
Giovanni nella Chiesa primitiva è una figura importante per la sua posizione di discepolo amato e per aver penetrato, al di là delle apparenze umane, il mistero del Verbo, entrando nel segreto della comunione divina
In questa ottava la liturgia ci propone una specie di riassunto del Natale, un compendio della vera fede. Gesù bambino non suscita tenerezza ma inquieta, destabilizza, ci obbliga a scegliere, ci mette dalla parte della verità di Dio e di noi stessi. Eccolo Dio: non dona, ma si dona, non fa i miracoli a nostra misura, chiede accoglienza. Lo vogliamo davvero un Dio così? La memoria di Stefano ci fa toccare con mano quanto può essere violenta la fede: siamo disposti ad accogliere il Dio fragile fino a morirne? E, oggi, la liturgia ci fa incrociare san Giovanni, il mistico. Il vangelo ci richiama alla globalità della fede cristiana: adoriamo quel bambino perché riconosciamo in lui il crocefisso risorto. Non ci fa tenerezza perché è un neonato che vagisce, ci spinge a conversione perché in lui riconosciamo il vero volto di Dio, il Dio morto e risorto per noi. Celebriamo il Natale come conseguenza della Pasqua. Abbiamo bisogno di volare in alto, come un'aquila, per penetrare il mistero della pienezza di Dio. Dobbiamo guardare col cuore e con lo spirito per penetrare le profondità del mistero. Giovanni il discepolo che, come noi, Gesù ama, ci accompagna a penetrare il mistero degli eventi. Perché possiamo celebrare cento natali senza che mai Dio nasca nei nostri cuori!

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La sua testimonianza, raccolta nel quarto Vangelo e nelle Lettere, è tutta centrata nella predicazione dell'amore di Dio e dei fratelli inteso come il cuore del messaggio del suo Maestro. E si narra che, avanti ormai negli anni, le uniche parole che diceva erano quelle del comandamento dell'amore. Siano per noi le parole di ogni giorno.

è pregata



O Dio, che per mezzo dell’apostolo Giovanni ci hai rivelato le misteriose profondità del tuo Verbo: donaci l’intelligenza penetrante della Parola di vita, che egli ha fatto risuonare nella tua Chiesa.
mi impegna

Cercare Dio, senza stancarsi mai, riconoscere i segni della sua presenza nell’intimo dell’anima, nell’universo che ci circonda, nella storia che scorre insieme a noi: questo ci chiede il Vangelo di oggi. Con lo stesso sguardo d’amore di Giovanni.



PAPA FRANCESCO ANGELUS Domenica 14 dicembre

Già da due settimane il Tempo di Avvento ci ha invitato alla vigilanza spirituale per preparare la strada al Signore che viene. In questa terza domenica la liturgia ci propone un altro atteggiamento interiore con cui vivere questa attesa del Signore, cioè la gioia. La gioia di Gesù, come dice quel cartello: “Con Gesù la gioia è di casa”. Ecco, ci propone la gioia di Gesù!

Il cuore dell’uomo desidera la gioia. Tutti desideriamo la gioia, ogni famiglia, ogni popolo aspira alla felicità. Ma qual è la gioia che il cristiano è chiamato a vivere e a testimoniare? E’ quella che viene dalla vicinanza di Dio, dalla sua presenza nella nostra vita. Da quando Gesù è entrato nella storia, con la sua nascita a Betlemme, l’umanità ha ricevuto il germe del Regno di Dio, come un terreno che riceve il seme, promessa del futuro raccolto. Non occorre più cercare altrove! Gesù è venuto a portare la gioia a tutti e per sempre. Non si tratta di una gioia soltanto sperata o rinviata al paradiso: qui sulla terra siamo tristi ma in paradiso saremo gioiosi. No! Non è questa ma una gioia già reale e sperimentabile ora, perché Gesù stesso è la nostra gioia, e con Gesù la gioia di casa, come dice quel vostro cartello: con Gesù la gioia è di casa. Lui è vivo, è il Risorto, e opera in noi e tra noi specialmente con la Parola e i Sacramenti.

Tutti noi battezzati, figli della Chiesa, siamo chiamati ad accogliere sempre nuovamente la presenza di Dio in mezzo a noi e ad aiutare gli altri a scoprirla, o a riscoprirla qualora l’avessero dimenticata. Si tratta di una missione bellissima, simile a quella di Giovanni Battista: orientare la gente a Cristo – non a noi stessi! – perché è Lui la meta a cui tende il cuore dell’uomo quando cerca la gioia e la felicità.

Ancora san Paolo, nella liturgia di oggi, indica le condizioni per essere “missionari della gioia”: pregare con perseveranza, rendere sempre grazie a Dio, assecondare il suo Spirito, cercare il bene ed evitare il male. Se questo sarà il nostro stile di vita, allora la Buona Novella potrà entrare in tante case e aiutare le persone e le famiglie a riscoprire che in Gesù c’è la salvezza. In Lui è possibile trovare la pace interiore e la forza per affrontare ogni giorno le diverse situazioni della vita, anche quelle più pesanti e difficili. Non si è mai sentito di un santo triste o di una santa con la faccia funebre. Mai si è sentito questo! Sarebbe un controsenso. Il cristiano è una persona che ha il cuore ricolmo di pace perché sa porre la sua gioia nel Signore anche quando attraversa i momenti difficili della vita. Avere fede non significa non avere momenti difficili ma avere la forza di affrontarli sapendo che non siamo soli. E questa è la pace che Dio dona ai suoi figli.

Con lo sguardo rivolto al Natale ormai vicino, la Chiesa ci invita a testimoniare che Gesù non è un personaggio del passato; Egli è la Parola di Dio che oggi continua ad illuminare il cammino dell’uomo; i suoi gesti – i Sacramenti – sono la manifestazione della tenerezza, della consolazione e dell’amore del Padre verso ogni essere umano. La Vergine Maria, “Causa della nostra gioia”, ci renda sempre lieti nel Signore, che viene a liberarci da tante schiavitù interiori ed esteriori.



SOLENNITÀ DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

PREGHIERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

O Maria, Madre nostra,
oggi il popolo di Dio in festa ti venera Immacolata,
preservata da sempre dal contagio del peccato.


Accogli l'omaggio che ti offro
a nome della Chiesa che è in Roma e nel mondo intero.


Sapere che Tu, che sei nostra Madre,

sei totalmente libera dal peccato ci dà grande conforto.
Sapere che su di te il male non ha potere,
ci riempie di speranza e di fortezza
nella lotta quotidiana che noi dobbiamo compiere
contro le minacce del maligno.


Ma in questa lotta non siamo soli, non siamo orfani,

perché Gesù, prima di morire sulla croce, ci ha dato Te come Madre.
Noi dunque, pur essendo peccatori,


siamo tuoi figli, figli dell'Immacolata,
chiamati a quella santità che in Te risplende
per grazia di Dio fin dall'inizio.


Animati da questa speranza,
noi oggi invochiamo la tua materna protezione


per noi, per le nostre famiglie,
per questa Città, per il mondo intero.


La potenza dell'amore di Dio,
che ti ha preservata dal peccato originale,
per tua intercessione liberi l’umanità


da ogni schiavitù spirituale e materiale,
e faccia vincere, nei cuori e negli avvenimenti,


il disegno di salvezza di Dio.

Fa' che anche in noi, tuoi figli, la grazia prevalga sull'orgoglio
e possiamo diventare misericordiosi
come è misericordioso il nostro Padre celeste.


In questo tempo che ci conduce alla festa del Natale di Gesù,
insegnaci ad andare controcorrente:


a spogliarci, ad abbassarci, a donarci,

ad ascoltare, a fare silenzio, a decentrarci da noi stessi,
per lasciare spazio alla bellezza di Dio, fonte della vera gioia.


O Madre nostra Immacolata, prega per noi! 


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