Eliminiamo IL denaro



Yüklə 159,3 Kb.
səhifə1/3
tarix04.01.2018
ölçüsü159,3 Kb.
#37057
  1   2   3

Eliminiamo il denaro

E' uno schema mentale, un'illusione che in pochi decenni può essere superata". Come? Lo spiega ad Affari Pierangelo Dacrema (Bocconi) su www.affaritaliani.it


23 settembre 2004

Da almeno duemilacinquecento anni, l’istituto del denaro esercita un potere che è soprattutto simbolico, e sappiamo quale forza esprimano i simboli sull’uomo, l’animale symbolicum per definizione. "Un asse hai, un asse vali", sentenzia brutalmente Petronio nel "Satyricon". "Oggetto oscuro e ingovernabile, ossessione di sfruttati e sfruttatori", lo considera Pierangelo Dacrema, professore ordinario all'università di Cosenza - insegna Economia degli intermediari finanziari -, oltre che autore di un libro dal titolo provocatorio: "La morte del denaro. Una rivoluzione possibile" (Christian Marinotti Edizioni, pagg. 236, euro 15).


Pierangelo Dacrema



"Il denaro è antiquato quanto la clava, che dopo millenni l'uomo ha abbandonato, perché gli appesantiva il passo e serviva solo a spaventare", spiega il professore ad Affari. "In pratica è un fattore che non c’entra nulla con lo sviluppo e favorisce la disoccupazione. Serve soltanto a operare una distinzione fra chi lo possiede e chi no".
Ma non sarà macchinoso eliminare il denaro?
"Il denaro è uno schema mentale, una grande illusione che in pochi decenni può essere superata. La pretesa più fallace del denaro è quella di sostitursi all’uomo come misura di tutte le cose - ribatte Dacrema -. Una semplificazione grave, che non corrisponde all’economia. La matematica finanziaria dei pil e dei rating è elementare e non traduce l’economia reale. La quale è scelta, gesto.".
Liberarci del denaro: non è una provocazione?
"Non semplicemente. La mia è una proposta che posso supportare con calcoli tecnici. Sta per uscire un mio articolo, in cui parlerò specificamente agli addetti ai lavori, economisti, analisti finanziari. Il dato di prima evidenza: un terzo del mondo si dedica alla contabilità - aggiunge l'esperto bancario -, invece di fare produzione e buoni gesti. Il sistema è pieno di difetti: troppo costoso, generatore di un clima ostile, di beni non necessari, le motivazioni della produzione sono deviate. Quanto alla disoccupazione, questa in realtà è solo apparente. Senza il denaro, l'economia avrà invece un ritmo più veloce, produrrà cose più importanti. "
Qualcuno potrebbe giudicarla una visione pauperistica...
"No, è una visione oggettiva. Io voglio che il cuoco pensi a cuocere bene la mia bistecca piuttosto che al suo stipendio. Ora noi tutti siamo specialisti dell'incasso, vince solo chi massimizza la differenza fra incassi ed esborsi. Ma con la demitizzazione del consumo, il valore delle cose avrà un senso, non un prezzo. Se a me chiedono quanti soldi vorrei per entrare nella gabbia dei leoni, la mia risposta sarà diversa da quella di un domatore di leoni, il cui lavoro ha un senso per lui. Siamo inondati di produzioni di cui si può fare a meno, la tecnologia deborda di continue novità. Smettiamo di lavorare per guadagnare soldi. Un disoccupato può essere molto ben occupato nel fare altro."
Qual è l’alternativa al denaro? Torneremo al baratto?
"Un’economia ricca può esistere anche in assenza dello strumento-denaro che è divenuto un’ossessione. Si potrebbe produrre molto di più, dirottando alla produzione quel terzo di persone , di norma professionalmente qualificate, oggi addette alla contabilizzazione, cioè al nulla. Serve poi un’educazione diversa al consumo".
Una volta che i supermercati si svuoteranno, il mondo sarà più felice e onesto?
"No, non penso che si risolveranno i grandi contrasti, ricchi e poveri, sfruttatori e sfruttati. Ci sarà comunque un clima di minore ostilità e l'esistenza potrà appropriarsi di nuovo dei veri piaceri".
Concludendo. Nella premessa del libro, Dacrema riassume così la sua visione. "Il denaro è una forma di velocità superabile - si legge -, oltre che una tecnica di misurazione imprecisa e incongruente con la funzione che le è stata assegnata. Perché il valore è insondabile e irrimediabilmente soggettivo... Il denaro è un fenomeno distributivo, non produttivo, e il fatto che venga anteposto alla produzione è frutto di un ragionamento economicamente infondato. La sua totale estraneità al gesto e alle conseguenze dell’agire... allontana il denaro dall’evento economico e lo colloca al di fuori dell’economia...

La colpa non è del capitale, del capitalista o di una multinazionale.

La disoccupazione è l’esclusione dal circuito della moneta, e non certo l’essere privi di una mansione in un mondo dove tutto è ancora da fare. E sull’eventuale differenza fra un imprenditore fallito e un operaio licenziato prevale la discriminazione subita da entrambi a opera di uno strumento che distingue soltanto chi lo possiede da chi non lo possiede".
Su questo e su molto altro si mediterà, nel corso di una tavola rotonda, al Teatro Franco Parenti di Milano, martedì 29 settembre (ore 18), Relatori Giorgio Galli, Giulio Giorello, Edoardo Boncinelli, moderatore Armando Massarenti.
CHI È PIERANGELO DACREMA

Quarantasei anni, ha svolto fino al 1994 attività di operatore dei mercati finanziari. Poi si è dedicato in via esclusiva all’insegnamento accademico, corredato da una vasta attività saggistica e di studi: già docente presso le università di Siena e Bergamo, alla Cattolica e alla Bocconi di Milano, è attualmente professore ordinario di Economia degli Intermediari finanziari all’università di Cosenza. Tra le sue pubblicazioni principali ricordiamo: «L’ evoluzione della banca in Italia : profili storici e tecnici», Egea, 1997 e «Il

comportamento degli intermediari finanziari: elementi di teoria», Utet, 1992.


Le crisi economiche: perché nascono e come difendersi
A cura di Pieraldo Frattini*

Il mondo soffre permanentemente crisi monetarie, 


e talvolta la crisi è così acuta da costringere il passaggio 
da un sistema monetario sbagliato ad un altro. 
(M.Rothbard)

    I sistemi monetari in vigore oggi, basati sul rapporto tra monete che in sé non hanno valore intrinseco (dollaro,euro,yen, etc) sono per loro stessa natura molto instabili. Secondo Rothbard, l’unica cosa peggiore che poteva esistere erano tassi di scambio fissi tra le monete senza valore intrinseco e l’intervento coordinato delle banche centrali per “correggere” questi rapporti quando una crisi appariva all’orizzonte.


    I mercati sono fluidi e mutevoli, dunque in perenne contrasto con i tassi fissi imposti dalle banche centrali. La storia degli sforzi compiuti per mantenere fissi i rapporti tra le monete tramite accordi internazionali è costellata di fallimenti. Il potere dei governi non può nulla contro la forza dirompente del mercato.

L’ERA DI BRETTON WOODS
    Il dollaro fin dalla sua nascita si è comportato come un fanciullo pestifero, insofferente alle regole del potere. L’accordo di Bretton Woods, in vigore dal 1944 al 1971, fu un sistema basato su una forma di scambi fissi tra le monete orchestrato a livello mondiale; il dollaro era definito 1/35 di oncia d’oro e tutte le altre monete avevano un tasso fisso di scambio col biglietto verde. Il dollaro era l’unica moneta che poteva essere convertita in oro, non dai cittadini statunitensi ma solo dai governi esteri.
    Come ci si poteva aspettare, il governo statunitense, così come tutti gli altri governi sono portati a fare, produsse dollari (processo inflazionistico). Il quantitativo d’oro rimase ovviamente invariato, perché è facile stampare banconote, più difficile è eseguire lo stesso processo con l’oro. Inevitabilmente, mentre i governi esteri iniziarono a scambiare i loro dollari in oro, gli Stati Uniti si accorsero che i loro lingotti stavano diminuendo a vista d’occhio.
    Ovviamente dovettero rompere l’accordo, atto che siglò l’allora presidente Nixon nel 1971. Il nuovo accordo (l’Accordo Smitsoniano) tra le altre cose decretò una svalutazione del dollaro dell’8%. Il tutto non fermò le ire del mercato, che, come un fiume in piena, ignorò qualsiasi opera dell’uomo per contenerlo. Nel 1973 il dollaro fu nuovamente svalutato e l’accordo stracciato. Da allora il dollaro è stato una moneta fluttuante senza valore proprio in quanto slegato al valore dell’oro.

E L’EUROPA?
    Neanche l’Europa è stata capace di costruire un sistema monetario durevole usando una moneta senza valore intrinseco. I membri della comunità europea nel 1972 decisero che le loro monete dovevano essere contenute entro rapporti fissi tra loro. Il sistema venne denominato in modo colorito: “il serpente”. La pressione del mercato distrusse l’animale strisciante senza pietà. Il passo successivo lo fecero nel 1979 con l’introduzione del Sistema Monetario Europeo nel quale le monete dei vari paesi erano collegate all’unità di riferimento detta Ecu. Anche questo sistema fallì miseramente e scomparì nel 1992. L’ultimo sistema creato, l’Euro, nacque nel 1999; è ancora relativamente giovane e anche se non esistono tabelle relative all’età media di una moneta senza valore intrinseco, la storia ha dimostrato più volte che è qualcosa di non permanente.

LA CRISI DELLA TEQUILA DEL 1994-95
    I sistemi monetari basati su tassi di scambio fissi tra monete sono perfetti per alimentare le crisi economiche così come i combustibili prendono fuoco con il piccolo aiuto di un fiammifero e distruggono tutta la casa.
    Prima della crisi il Messico aveva legato la sua moneta, il pesos, al dollaro permettendogli di oscillare entro un limite fisso. Il governo messicano doveva intervenire spesso sul mercato perché la moneta non uscisse dai limiti. Nel 1994 il Messico accumulò un enorme deficit commerciale indicante la possibilità che il pesos fosse sopravvalutato; inoltre enormi quantità di moneta furono create negli anni precedenti la crisi. Come accade sempre a questi sistemi il governo messicano non potè mantenere il valore del peso rispetto al dollaro nella banda di oscillazione e la banca centrale dovette svalutarlo del 13%. Dopo soli quattro mesi il peso perse il 50% del suo valore.

LA CRISI ASIATICA NEL 1997
    Chi la può dimenticare? Sorse in Tailandia e si diffuse in tutto il sud-est asiatico – Malesia, Indonesia, Filippine e Taiwan – riducendo fortemente il valore delle monete e diffondendo instabilità su tutti i mercati mondiali e miseria tra la gente.
    Prima della crisi la Tailandia aveva legato la sua moneta al dollaro. Il Thai, la sua moneta, si indebolì sui mercati e gli investitori esteri la vendettero in cambio di dollari. La banca centrale tailandese spese più di 20 miliardi di dollari per mantenere in vita il vincolo col dollaro ma alla fine dovette gettare la spugna. In cinque settimane il thai perse più del 20% del suo valore. Gli altri paesi asiatici fecero la stessa fine.

IL LEGAME DOLLARO-YUAN
    Dovrebbe essere evidente che mantenere un legame tra monete non in armonia con le forze mutevoli del mercato è la ricetta per un costoso disastro.
Per dieci anni la Cina ha mantenuto il tasso di scambio fisso col dollaro a 8,28 yuan. Gli Usa sono grandi importatori di beni cinesi e grandi esportatori di dollari infatti nelle casse della Banca cinese arrivano ogni mese circa 10 miliardi di dollari.
    Questo andamento è insostenibile. Ad un certo punto la Cina dovrà smettere di acquistare dollari con il tasso fisso attuale. Lo yuan è troppo poco valutato e la sua produzione è in atto a ritmi esplosivi: il credito in Cina è nella fase del boom.
    Non è dunque un caso che il mercato immobiliare sia infiammato, così come lo è la crescita delle richieste di mutui per la casa. Le autorità cinesi non sono state in grado di mettere un freno alla produzione della loro moneta.
Rendendo lo yuan così svalutato lo hanno messo nelle condizioni di essere sovrabbondante.
Il risultante boom artificiale dell’economia cinese non è positivo per i cinesi; infatti al boom segue sempre la crisi che sembra arrivare come un fulmine a cielo sereno.
    Se allo Yuan fosse consentito di oscillare liberamente ne seguirebbe un suo aumento di valore e il flusso di yuan sul mercato rallenterebbe. Per la Cina comunque potrebbe essere ormai troppo tardi; il suo governo sembra intenzionato a distruggere la propria moneta, così come sta facendo quello americano, consapevolmente o no.
Potete segnare il fallimento del rapporto dollaro-yuan come un altro capitolo nella lunga saga dell’inutile lotta dell’uomo per controllare il valore delle banconote. Il sogno irraggiungibile è quello di fabbricarne a volontà a costo zero e allo stesso tempo di mantenerne il potere d’acquisto nel mondo delle cose reali. Il dollaro dalla sua origine a oggi ha perso oltre il 90% del suo potere d’acquisto.

L’UNICO SISTEMA FUNZIONANTE
    Un economista scrisse: “ I governi non lo sanno, o non lo vogliono sapere, ma il solo sistema di scambi fissi di successo si ebbe durante l’epoca dello standard aureo”. È facile capirlo; funzionò perché le unità monetarie, come il dollaro, avevano un valore fisso rispetto all’oro. L’oro deve essere estratto, non può essere creato dal nulla come le banconote.
    I governi non amano l’oro perché lega loro le mani; non possono spendere liberamente in quanto i debiti contratti devono essere sistemati in oro. Come giustificherebbero ai cittadini l’azzeramento delle riserve auree? I governi sanno che l’oro ha valore e le banconote no, infatti le banche non si sognano neanche lontanamente di svuotare i loro forzieri del prezioso metallo.

SQUILIBRIO MONDIALE
    Le banche centrali hanno accumulato enormi riserve di dollari che fluiscono negli Stati Uniti sotto forma di investimenti (azioni, obbligazioni,etc) per cui i debiti restano impagati. Questi dollari hanno creato il boom sul mercato azionario statunitense e sul quello degli immobili; inoltre hanno contribuito a mantenere basso il livello dei tassi di interesse statunitensi. Tutto questo ha prodotto uno squilibrio mondiale negli investimenti che si manifesta in cicli di boom e depressione in varie regioni del globo.
    Si dice che ogni bolla abbia il suo ago; gli stranieri, soprattutto giapponesi e cinesi, hanno in mano un ago molto affilato: nelle loro casseforti giacciono ben 9 triliardi di asset americani, più che sufficienti per decretare con la loro vendita la parola fine all’esistenza del biglietto verde.
Il dollaro è molto malato e con esso l’economia globale mentre l’oro viene accumulato silenziosamente da alcuni anni per proteggersi dalla prossima grave crisi.

* Dr.Pieraldo Frattini


Consulente indipendente in investimenti finanziari
Autore del sito di controinformazione finanziaria:www.demetrainvestimenti.com


www.disinformazione.it

L’ECONOMISTA GALLONI: LA BASSA CRESCITA EUROPEA NON È CASUALE

ROMA, 3 giugno 2005 - AgenParl – Commentando i risultati del referendum sulla costituzione europea svoltosi in Olanda, l’economista Nino Galloni ha detto all’AgenParl: “La maggior parte dei francesi, dei tedeschi e degli olandesi sono per un ritorno alle monete nazionali. Un risultato che non deve stupire. Le politiche economiche, monetarie e di bilancio sono sbagliate perché fortemente condizionate dall'impossibilità di utilizzare la normale leva monetaria quando ce n’è bisogno; vale a dire quando l'economia ristagna e i privati non effettuano abbastanza investimenti anche se i tassi di interesse sono bassi. Credo che stia cambiando il vento che venticinque anni fa ci ha portato fino alle attuali secche. Le previsioni per il 2006 - bassa crescita e alti deficit pubblici - sono la classica zappa sui piedi dei tecnocrati e dei politici miopi: sanno che la crescita sarà bassa perché sono loro a volerla, in quanto non vogliono ritornare a meccanismi monetari flessibili e controllabili da parte degli elettori. Nei prossimi mesi si deve solo vedere se le classi dirigenti saranno capaci di impostare un profondo ripensamento delle politiche economiche oppure se dovranno subire ulteriori e sempre più devastanti urti popolari”.


Intervista all’economista Nino Galloni*


Marcello Pamio - www.disinformazione.it 

D: Il 6 aprile del 2005, la Camera ha approvato una mozione per una Nuova Bretton Woods. Il sistema monetario deciso a Bretton Woods nel 1944 in pratica ha messo il dollaro come moneta principale a livello mondiale. Nessuno però di questa mozione ne ha parlato. Come mai? E cosa contiene?
R: La mozione ha l’obiettivo di recuperare la logica di incontro tra le varie realtà politiche del pianeta al fine di arrivare ad accordi di natura valutaria, monetaria di politica economica finalizzata allo sviluppo. Quindi, finanziare le grandi reti infrastrutturali, la ricerca ad altissimo livello e la promozione di tutte quelle realtà che oggi si trovano in una condizione di arretratezza, non tanto perché sia naturale che ciò avvenga, quanto perché le scelte di politica economica maturate dopo la dichiarazione di non convertibilità del dollaro da parte di Nixon nel 1971, quindi gli anni ’70, ’80 e ’90 hanno condannato questi paesi, questi popoli e queste realtà a subire una serie di svantaggi dal punto di vista delle relazioni economiche.
Ad esempio si parla molto dell’azzeramento del debito nei confronti dei paesi in via di sviluppo, però non si parla abbastanza dei meccanismi che l’hanno determinato, perché se anche questo debito si azzerasse, e poi non si intervenisse sui meccanismi che l’avevano determinato si ricostituirebbe senza nessun risultato utile.

D: In una recente dichiarazione pubblicata dall’Agenzia Parlamentare per gli Studi economici e politici lei ha detto che “lira, euro e valuta complementare non è questo il problema” ma semmai chi emette la moneta. Penso si riferisse al poco famoso Signoraggio. Ci può spiegare cos’è questo benedetto Signoraggio?


R: Il signoraggio è la differenza tra il valore facciale di una banconota e quello che è costato produrla. Il punto è che noi stiamo parlando di moneta che ha corso legale, cioè che noi siamo obbligati forzosamente ad accettare. Allora è chiaro che chi può emettere questa moneta ha un grandissimo potere: il potere di creare un valore, perché poi questa moneta deve essere accettata. La stessa cosa si può ottenere tra due persone che si emettano reciprocamente una promessa di pagamento di un qualche cosa se poi nel frattempo questa invenzione reciproca di valore trova conferma nell’ambito del circuito produttivo, perché con questa promessa di pagamento, nel caso delle banche si chiama credito, faranno seguito degli atti di natura economica, produttiva ecc. che generano reddito e consentono la restituzione della somma che stiamo parlando. La banconota, la moneta, si parla di signoraggio, perché c’è una autorità che emettendola si appropria di quella differenza tra il valore nominale e il costo di produzione. Ora se questa autorità è lo stato nazionale è chiaro che non è la stessa cosa delle singole persone che compongono la collettività, però se questo stato emette questa moneta per fare degli investimenti produttivi, c’è una logica, se invece di essere gli stati (come sappiamo nel caso europeo, che hanno rinunciato alla propria sovranità sia nei confronti delle banche centrali che nei confronti nella banca centrale europea), accade che la popolazione non ha più alcun vantaggio da questa grande invenzione dell’umanità che è la moneta.

D: Quindi se ho capito bene: la banca centrale stampa la moneta spendendo pochissimi spiccioli tra carta e inchiostri e la vende allo stato al valore nominale, cioè a quel numerino stampigliato sopra, giusto. Il signoraggio pertanto in termini economici è un guadagno impressionante. Che viene incassato dalle banche centrali che sono private…


R: Sì, praticamente le banche centrali, così come la banca europea, sono organismi privati…
L’idea del signoraggio
precostituisce il diritto da parte dei cittadini di vedersi restituite queste somme. Ci sono della cause in corso in molti paesi, anche negli Stati Uniti, per ottenere questo rientro da parte dei cittadini stessi. Quella che è stata una mia battaglia storica, fin dagli anni ’80 da quando ero nel Ministero dell’Economia, riguardava la possibilità dello stato di mantenere il diritto a spendere quando si trattava di investimenti produttivi, di creare posti di lavoro, ecc., perché ciò che lo stato spendeva anche in disavanzo per quelle attività che ho citato, poi sarebbero rientrati, non erano soldi che andavano buttati all’aria. Nel momento in cui si ridusse questa possibilità, crebbero gli tassi di interesse, perché poi la domanda di moneta da parte dell’economia c’era, e si penalizzarono le imprese meno forti, i lavoratori, le famiglie. Oggi siamo in una situazione pericolosissima perché le famiglie per mantenere il proprio livello di consumi, si sono indebitate enormemente. Allora se il prodotto interno lordo, ciascun anno per molti anni, cresce di meno dei tassi di interesse, che pure sono bassi (ma sono più alti della crescita del Pil) è chiaro che nella media non c’è la possibilità di restituire questi prestiti, e allora che cosa succederà?

D: Cosa mi dice delle recenti votazioni in Francia e Olanda sulla Costituzione europea?


R: Queste votazioni sono state un messaggio chiarissimo da parte di questi due paesi, nel senso che la costituzione europea era un compromesso piuttosto alto e intelligente tra i bisogni della popolazione, quindi l’Europa dei popoli che non si è fatta, e quella dei banchieri, della finanza e dell’euro che si è fatta! Però questi popoli, francesi e olandesi, hanno detto chiaramente che a loro questo compromesso non sta bene. Che loro vogliono un’altra cosa. Quindi è un attacco chiaro all’Europa dei banchieri e della finanza. Questo però non significa che bisogna uscire dall’euro e abbattere l’euro, non necessariamente significa questo. Il problema è che anche a livello europeo proprio per andare dietro a quelli che sono gli interessi e i problemi della popolazione bisognerebbe che l’Europa potesse battere moneta per fare investimenti, costruire infrastrutture, creare lavoro, ecc. Questo è il punto: fare l’Europa dei popoli. 
Quindi se dobbiamo intervenire sulla
competitività dobbiamo fare in modo che i vari sistemi siano più compatibili, perché è chiaro che se ci sono dei paesi dove il costo del lavoro è bassissimo, non si sono le assicurazioni sanitarie, dove non c’è rispetto dell’ambiente, ecc. è chiaro che creiamo un discorso di concorrenza assolutamente insostenibile.

D: Ho sentito parlare di un 3° Polo indipendente che teoricamente dovrebbe presentarsi nel 2006 alle elezioni. Può dirci qualcosina di più?


R: Innanzitutto non dobbiamo confondere il Terzo Polo con il trasversalismo. Il trasversalismo è per esempio quello che sta dietro la mozione della Nuova Bretton Woods che abbiamo detto prima, consiste nel fatto di prendere idee e persone che stanno da una parte e dall’altra rispetto al centro sinistra e centrodestra e farli convenire su qualche cosa che si condivide. Questo è trasversalismo.
E’ una possibilità che ha la caratteristica
di essere più culturale che politica. Il Terzo Polo è un progetto di fare una cosa che non sia né centrodestra né centrosinistra, perché si ritiene che sia il centrodestra che il centrosinistra tutto sommato, nell’ambito delle grandi scelte di politica economia non si distinguono granché, e non abbiamo brillato granché, se vuole la mia opinione di addetto ai lavori, perché essendo nella Pubblica Amministrazione ad alti livelli da tanti anni, ne ho visto di tutti i tipi e devo dire che purtroppo si è passati dal centrosinistra al centrodestra, dal punto di vista delle grandi scelte economiche, senza quasi accorgersene, e questo è negativo secondo me.
Il Terzo Polo è il tentativo di presentarsi agli elettori con un programma nuovo, diverso, con un programma alternativo, tanto alternativo da giustificare la nascita di una nuova
coalizione. Ovviamente con l’attuale sistema maggioritario questo è molto difficile da proporre agli elettori…

D: Nel mondo ci sono oltre 5000 valute complementari. Secondo lei queste monete alternative sono valide oppure no?


R: La valuta complementare si può intendere in molti modi, se per esempio a livello locale 50, 60 o 100 aziende si accordano per accettarla nei loro scambi, se pur parzialmente, questo può consentire di far crescere le loro rendite e quindi la loro forza lavoro, perché chi spende moneta locale compra moneta locale, mentre chi spende la moneta internazionale compra prodotti internazionali. In certi tipi di comuni è chiaro che se vado a comprare la benzina, a fare il pieno di benzina, lo debbo fare in euro, però se vado a comprare un chilo di pane o un cassetta di pomodori prodotti localmente, posso pagare con la moneta locale (ovviamente se viene accettata).

D: Ci sono in Francia, Germania, Giappone, le risultano anche in Italia?


R: In Italia c’è stato l’esperimento del Prof. Auriti, ma quello era più una valuta alternativa. La valuta complementare è un qualche cosa che si affianca a quella ufficiale, non è che la sostituisce completamente. Serve per creare nuovi posti di lavoro e correggere i danni della cosiddetta globalizzazione.

D: Quello che è successo in Argentina?


R: In Argentina questa moneta popolare è stato l’unico rimedio vero nei confronti di una crisi economica istituzionale che sennò sarebbe stata irreversibile. Non sono state certo le ricette del Fondo Monetario Internazionale a tenere a galla l’’Argentina…

D: In qualità di economista onesto corretto e soprattutto senza peli nella lingua, qual è la sua ricetta per uscire da questa crisi economica?


R: La ricetta per uscire dalla crisi in generale è non confondere i vincoli con gli obiettivi! Nell’economia noi abbiamo dei vincoli, cioè uno non può fare un’impresa senza tener conto che dovrà vendere prodotti per un valore superiore ai costi che deve affrontare per produrre. Esistono vincoli anche nei bilanci pubblici, però non sono gli obiettivi.
Gli obiettivi sono nell’ambito dello sviluppo economico, nella protezione dell’ambiente, della salute della popolazione, della felicità della popolazione soprattutto
dei giovani, ecc. Allora per questi obiettivi devo fare tutti gli sforzi possibili, non mi devo privare della flessibilità della manovra di politica economica e monetaria come si è fatto in questi anni, in nome di un dio euro. L’euro non è dio.
Se noi mettiamo sull’altare l’euro e pensiamo che l’altare sia sacro perché c’è sopra l’euro, sbagliamo: confondiamo il vincolo con l’obiettivo. Certamente non è che nell’economia siamo liberi di fare come ci pare, perché abbiamo tanti vincoli, ci sono delle leggi economiche da rispettare, però nell’ambito di questi vincoli è possibile fare in modo molto diverso rispetto a quello che si è fatto in questi anni. E questo ci potrà dare dei risultati migliori, che magari non significa la pienissima occupazione, o che stiamo tutti benissimo, però significa fare molto meglio di quello che è successo in questi venti-trent’anni

D: L’ultima domanda poi la lascio. Sento sempre più spesso parlare del crollo del dollaro USA a causa di una economia indebitata fino all’osso. Ecco perché ogni 2 anni devono fare una guerra. Le risulta una situazione allarmante del genere oppure no?


R: Arrivo subito alla risposta altrimenti dovrei fare dei discorsi di natura storico-economica molto lunghi. Se Cina, India e Russia, che sono i principali detentori di dollari, li buttassero sul mercato (per fare la cosa più razionale) per prendere una valuta più forte come l’euro, succederebbe una crisi di tali proporzioni che saremo costretti a cercare di risolvere i problemi con dei criteri e logiche che adesso sembrerebbero impensabili. Ci troveremo di fronte alla più grande crisi finanziaria e valutaria nella storia dell’umanità, quindi loro non lo possono fare: se li debbono tenere, e in cambio di questo cercano di avere dei vantaggi dagli Stati Uniti e nell’ambito del sistema, facendo un tira e molla sulla competitività, sulla vendita dei loro prodotti, e su altre cose.
Però è un sistema assolutamente instabile e non votato al successo, quello nel quale ci
siamo venuti a trovare. Quindi sicuramente si dovrà arrivare o a nuova Bretton Woods o a un grande cambiamento di politica economica, o entrambi.

* Prof. Nino Galloni, economista tra i più affermati a livello nazionale, già Direttore del Ministero del Lavoro e presidente del Centro Studi Monetari www.centrostudimonetari.org 

Oggetto: Eliminiamo il denaro

Eliminiamo il denaro

E' uno schema mentale, un'illusione che in pochi decenni può essere superata". Come? Lo spiega ad Affari Pierangelo Dacrema (Bocconi) su www.affaritaliani.it
23 settembre 2004

Da almeno duemilacinquecento anni, l’istituto del denaro esercita un potere che è soprattutto simbolico, e sappiamo quale forza esprimano i simboli sull’uomo, l’animale symbolicum per definizione. "Un asse hai, un asse vali", sentenzia brutalmente Petronio nel "Satyricon". "Oggetto oscuro e ingovernabile, ossessione di sfruttati e sfruttatori", lo considera Pierangelo Dacrema, professore ordinario all'università di Cosenza - insegna Economia degli intermediari finanziari -, oltre che autore di un libro dal titolo provocatorio: "La morte del denaro. Una rivoluzione possibile" (Christian Marinotti Edizioni, pagg. 236, euro 15).



Pierangelo Dacrema
"Il denaro è antiquato quanto la clava, che dopo millenni l'uomo ha abbandonato, perché gli appesantiva il passo e serviva solo a spaventare", spiega il professore ad Affari. "In pratica è un fattore che non c’entra nulla con lo sviluppo e favorisce la disoccupazione. Serve soltanto a operare una distinzione fra chi lo possiede e chi no".
Ma non sarà macchinoso eliminare il denaro?
"Il denaro è uno schema mentale, una grande illusione che in pochi decenni può essere superata. La pretesa più fallace del denaro è quella di sostitursi all’uomo come misura di tutte le cose - ribatte Dacrema -. Una semplificazione grave, che non corrisponde all’economia. La matematica finanziaria dei pil e dei rating è elementare e non traduce l’economia reale. La quale è scelta, gesto.".
Liberarci del denaro: non è una provocazione?
"Non semplicemente. La mia è una proposta che posso supportare con calcoli tecnici. Sta per uscire un mio articolo, in cui parlerò specificamente agli addetti ai lavori, economisti, analisti finanziari. Il dato di prima evidenza: un terzo del mondo si dedica alla contabilità - aggiunge l'esperto bancario -, invece di fare produzione e buoni gesti. Il sistema è pieno di difetti: troppo costoso, generatore di un clima ostile, di beni non necessari, le motivazioni della produzione sono deviate. Quanto alla disoccupazione, questa in realtà è solo apparente. Senza il denaro, l'economia avrà invece un ritmo più veloce, produrrà cose più importanti. "
Qualcuno potrebbe giudicarla una visione pauperistica...
"No, è una visione oggettiva. Io voglio che il cuoco pensi a cuocere bene la mia bistecca piuttosto che al suo stipendio. Ora noi tutti siamo specialisti dell'incasso, vince solo chi massimizza la differenza fra incassi ed esborsi. Ma con la demitizzazione del consumo, il valore delle cose avrà un senso, non un prezzo. Se a me chiedono quanti soldi vorrei per entrare nella gabbia dei leoni, la mia risposta sarà diversa da quella di un domatore di leoni, il cui lavoro ha un senso per lui. Siamo inondati di produzioni di cui si può fare a meno, la tecnologia deborda di continue novità. Smettiamo di lavorare per guadagnare soldi. Un disoccupato può essere molto ben occupato nel fare altro."
Qual è l’alternativa al denaro? Torneremo al baratto?
"Un’economia ricca può esistere anche in assenza dello strumento-denaro che è divenuto un’ossessione. Si potrebbe produrre molto di più, dirottando alla produzione quel terzo di persone , di norma professionalmente qualificate, oggi addette alla contabilizzazione, cioè al nulla. Serve poi un’educazione diversa al consumo".
Una volta che i supermercati si svuoteranno, il mondo sarà più felice e onesto?
"No, non penso che si risolveranno i grandi contrasti, ricchi e poveri, sfruttatori e sfruttati. Ci sarà comunque un clima di minore ostilità e l'esistenza potrà appropriarsi di nuovo dei veri piaceri".
Concludendo. Nella premessa del libro, Dacrema riassume così la sua visione. "Il denaro è una forma di velocità superabile - si legge -, oltre che una tecnica di misurazione imprecisa e incongruente con la funzione che le è stata assegnata. Perché il valore è insondabile e irrimediabilmente soggettivo... Il denaro è un fenomeno distributivo, non produttivo, e il fatto che venga anteposto alla produzione è frutto di un ragionamento economicamente infondato. La sua totale estraneità al gesto e alle conseguenze dell’agire... allontana il denaro dall’evento economico e lo colloca al di fuori dell’economia...

La colpa non è del capitale, del capitalista o di una multinazionale.

La disoccupazione è l’esclusione dal circuito della moneta, e non certo l’essere privi di una mansione in un mondo dove tutto è ancora da fare. E sull’eventuale differenza fra un imprenditore fallito e un operaio licenziato prevale la discriminazione subita da entrambi a opera di uno strumento che distingue soltanto chi lo possiede da chi non lo possiede".
Su questo e su molto altro si mediterà, nel corso di una tavola rotonda, al Teatro Franco Parenti di Milano, martedì 29 settembre (ore 1, Relatori Giorgio Galli, Giulio Giorello, Edoardo Boncinelli, moderatore Armando Massarenti.

CHI È PIERANGELO DACREMA

Quarantasei anni, ha svolto fino al 1994 attività di operatore dei mercati finanziari. Poi si è dedicato in via esclusiva all’insegnamento accademico, corredato da una vasta attività saggistica e di studi: già docente presso le università di Siena e Bergamo, alla Cattolica e alla Bocconi di Milano, è attualmente professore ordinario di Economia degli Intermediari finanziari all’università di Cosenza. Tra le sue pubblicazioni principali ricordiamo: «L’ evoluzione della banca in Italia : profili storici e tecnici», Egea, 1997 e «Il

comportamento degli intermediari finanziari: elementi di teoria», Utet, 1992.


Bush non arriverà alla flat tax , ma cercherà di avvicinarsi il più possibile a questa formula con una semplificazione del Tax Code che ne ridurrà la progressività e gli adempimenti, quei sei miliardi di ore di lavoro cartaceo imposto annualmente ai contribuenti di cui il presidente parla ormai in tutte le piazze della sua campagna elettorale.

«Sono più delle ore utilizzare per costruire ogni automobile, camion e aereo prodotti negli Stati Uniti» nota Stephen Moore, economista del Cato Institute, una delle centrali del pensiero liberista. Moore sostiene che un sistema semplificato senza più aliquote a strati, farebbe crescere del 5-10% la ricchezza prodotta e che non c'è nulla di avventato nel seguire tale modello, visto che anche la Cina, ispirandosi all'esempio di Hong Kong, va in questa direzione. Mentre in Russia l'aliquota al 13% voluta da Putin, ha rilanciato l'attività imprenditoriale e garantito un gettito tributario superiore a quello raccolto quando il prelievo arrivava fino al 70%.

Scusate se insisto.

Lo so che questo e’ uno di quegli argomenti che sulle prime ti metti a scrutare l’interlocutore per vedere se e’ matto.

Capita cosi’ a tutti coloro che avanzano proposte innovative.


Eppure in Svezia, per esempio, poiche’ dopo una certa fascia di reddito il fisco si prende il 98% degli introiti, invece che mortificare la libera iniziativa hanno riesumato il vecchio caro baratto, sviluppando cosi’ una serie di attivita’ non profit ( non tassabili) che assomigliano un poco alla nostrana iniziativa “La Banca del Tempo” dove la gente si scambia il tempo come fosse denaro.
Perche’ una considerazione in fondo occorre farla: fin dai tempi della preistoria, l’Uomo usciva di casa all’alba e dopo una giornata di lavoro, fatta di sudore e di pericoli, tornava a casa al tramonto e riusciva a sbarcare il lunario.

Sono scomparsi l’arco e le frecce sostituiti da allevamenti e macelli eccelsi, e’ scomparso l’aratro e la zappa, e’ scomparso il telaio a mano, ma l’Uomo esce sempre di casa all’alba e torna al tramonto per poter sbarcare il lunario. Certo, adesso si compra pure il telefonino, la play station per i figli, e puo’ rimanere due settimane all’anno senza lavorare, ma tutto il progresso tecnologico e filosofico non sono riusciti a farci pensare una forma diversa di uso del nostro tempo.


Che se andiamo poi a guardare com’e’ strutturata la nostra societa’, secondo Pierangelo Da Crema, troviamo che la contabilita’ del danaro, le strutture che lo fanno aumentare, e le holding che lo accumulano, piu’ consulenti affiancatori eccetera, rappresentano il 40 per cento di tutta la struttura portante di questa societa’ post industriale.
Abbiamo vissuto cinquant’anni di guerra fredda nell’illusione che meta’ del mondo fosse libero e nell’altra meta’ fossero tutti uguali, dimenticandoci che senza giustizia non si puo’ avere l’illusione ne’ di questo ne’ di quello.

Possibile che non ci sia un altro modo di pensare ad una sociata’ futura, libera fino ai confini della liberta’ del nostro prossimo, equa e solidale quel tanto che ci permetta di vivere pacificati con noi stessi e con gli altri?

Vuoi vedere che per un progetto di societa’ futura, ci vorra’ un economista e non un filosofo?

Simbolismo esoterico nel dollaro statunitense?


di Marcello Pamio, pubblicato su "Nexus New Times" n. 43

Ce ne siamo giΰ occupati in passato!


La simbologia occulta nelle banconote, oramai dovrebbe essere ben nota ai lettori di Nexus: ricordiamo infatti l’articolo pubblicato nel numero 40 nel quale Carmen Rettore ha dimostrato inconfutabilmente come i marchi tedeschi recavano impressi dei numeri Maya! Numeri «fuori luogo», che apparentemente non c’entravano nulla nel contesto, almeno per noi comuni mortali, e che invece avevano una loro e sottile funzione subliminale!
Oggi invece analizzeremo una delle banconote piω conosciute e diffuse al mondo: il dollaro statunitense.
Cercheremo di comprendere se anche in questa banconota esiste un «linguaggio» o dei messaggi segreti che sfuggono al nostro controllo conscio. «The One Dollar», come viene comunemente chiamato, fu adottato per la prima volta durante la presidenza di George Washington, nell’anno 1794. Questo spiega come mai un lato della banconota - che per comoditΰ chiameremo lato A - presenta proprio l’effige del primo presidente degli Stati Uniti d’America. 


Lato A del dollaro

Sulla figura storica di George Washington si potrebbe scrivere un intero libro, ma in questa sede ci accontenteremo di una piccola parentesi storica, perchι colui che supervisionς la costruzione della «White House»1[1] ha avuto strettissimi collegamenti con la massoneria dell’epoca. Ufficialmente George Washington venne eletto il 30 aprile 17892[2], ma quello che pochi ignorano θ che tale nomina fu voluta fortemente dal Gran Maestro (massone) di New York, e che il giuramento presidenziale fu fatto addirittura sopra la «bibbia sacra» della massoneria3[3]. Non θ certo una novitΰ questa per il giovane George, se consideriamo che venne «iniziato» ai segreti esoterici prima di compiere ventuno anni; quindi ben prima della sua candidatura.


A destra di Washington, sempre nel lato A, compare un cerchio di colore verde rappresentante il simbolo del Dipartimento del Tesoro («Department of The Tresury»), e una data: il 1789. 





Logo del Dipartimento del Tesoro e data 1789

Logo della Riserva Federale di Chicago

La data indica la nascita del Dipartimento del Tesoro statunitense ma coincide anche con la Rivoluzione francese, «una rivoluzione in cui la massoneria - guarda caso - ha contribuito alla sua preparazione intellettuale e ha svolto un ruolo determinante nelle agitazioni»4[4]. Il logo ad una osservazione piω attenta, risulta pregno di simboli massonici: «scudo», «bilancia», «squadra», «chiave» e «tredici» punti. La «bilancia», lo «scudo» e la «chiave» sono facilmente identificabili, mentre la «squadra» lo θ un po’ meno. Graficamente θ quella linea spessa di colore verde con il vertice al centro della bilancia, che divide in due lo «scudo»: separa in definitiva la «bilancia» dalla «chiave».
La «squadra», in cui sono disegnati «tredici» punti, rappresenta lo strumento principe del «lavoro massonico»: un utensile che racchiude in sι il rigore morale e la perfezione, e con il suo angolo sempre fisso puς essere usata come mezzo di riferimento. La «chiave» altro non θ che la conoscenza esoterica - rigorosamente gnostica - che i fratelli massoni si tramandano, e la «bilancia» indica l’equilibrio tra le forze opposte.
Non male come sigillo, vero? Almeno cinque simboli universalmente conosciuti in massoneria! Se ci spostiamo a sinistra, sempre nel medesimo lato, troviamo il logo della Riserva Federale di Chicago (Federal Riserve Bank of Chicago, Illinois).
Ad un occhio «esotericamente» allenato, colpisce immediatamente la lettera «G» maiuscola stampata all’interno del cerchio. Lettera diffusissima in massoneria a tal punto che viene considerata come uno dei simboli piω importanti.
Qual θ il suo significato? Ci sono cosμ tante interpretazioni che θ difficile integrare il vero significato, almeno per coloro che non sono iniziati agli «insegnamenti nascosti»: iniziale della parola «Gnosi» (conoscenza), «Geometria» (l’arte sacra della «costruzione»), «God» in inglese, «Got» in tedesco: Dio, «Generazione», «G.A.D.U.» (Grande Architetto dell’Universo), ecc.
E’ d’obbligo precisare, per non cadere nel ridicolo, che esistono altre serie della stessa banconota che presentano invece della lettera «G» la lettera «H» o la «J», questo a seconda della banca federale.
Perς θ altresμ vero che una simile coincidenza - per chi crede naturalmente nelle coincidenze - θ molto interessante.
Giriamo a questo punto il dollaro e passiamo al lato B. A destra, dentro un cerchio, l’animale per cosμ dire ufficiale degli Stati Uniti d’America: l’aquila calva o aquila romana.  


Lato B del dollaro

Questa «ufficialitΰ» l’ha sicuramente reso l’animale piω diffuso in loghi e/o simboli governativi.


Senza nulla togliere agli altri animali, l’aquila per sua natura, θ forse piω «vicina» a Dio di qualsiasi altro animale. Il significato quindi θ indubbiamente «divino». Essa infatti vola alta, sfiorando il cielo e osserva tutto e tutti. Nulla le sfugge dall’alto. 
Nel dollaro, l’aquila tiene nel becco un nastro con la scritta latina «E Pluribus Unum» (Out of Many, One), composta da «tredici» caratteri, che significa: «Da Molti Uno». Il numero «tredici», come vedremo meglio piω avanti, θ presente numerose volte nella banconota:

- le frecce che l’aquila tiene negli artigli della zampa a destra;


- le foglie del ramo nella zampa sinistra;
- le strisce dello scudo centrale che coprono il corpo;
- le stelle sopra la testa dell’aquila (che unite formano una stella a sei punte, sic!)
- i gradini della piramide;
- le lettere della scritta «E Pluribus Unum»;
- le lettere scritta «Annuit Coeptis»;

Aldilΰ dell’ovvio riferimento ai tredici stati che formarono la prima confederazione americana (tuttora presenti come numero nelle tredici strisce bianche e rosse della bandiera statunitense), il significato del «tredici» in numerologia potrebbe riempire tranquillamente una intera enciclopedia. Nei 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi θ raffigurato con la «Morte», intesa come trasformazione, cambiamento e rinascita. Nella tradizione cristiana, in cui Giuda il traditore θ legato al tredici (Gesω piω dodici apostoli), θ considerato il numero della gerarchia infernale. Per alcuni studiosi dell'alfabeto ebraico il «tredici» θ simbolo di distruzione e morte. Secondo invece Carmen Rettore, il tredici «oltre ad essere il numero cosmico del perdurare della presenza θ anche il numero del “trasporto” e del “volo”». Cosa significa questo? «In pratica con questo numero - continua Carmen Rettore - viene data alla banconota la pulsazione di un movimento universale», della serie: un movimento di «circolazione» che «perdura, trascende e resiste per l’eternitΰ». La conferma di quest’ultima affermazione, e cioθ della «circolazione che perdura», sta nel fatto che il dollaro θ sicuramente la banconota che circola maggiormente nel mondo e da tantissimo tempo.


Spostiamoci ora a sinistra, perchι adesso viene il bello. Preparatevi.  







La Piramide del Potere

L'aquila calva

Le stelline sopra l'aquila formano il Sigillo di Salomone (stella a sei punte)

Yüklə 159,3 Kb.

Dostları ilə paylaş:
  1   2   3




Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©muhaz.org 2024
rəhbərliyinə müraciət

gir | qeydiyyatdan keç
    Ana səhifə


yükləyin