Journalisme et litterature notes



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JOURNALISME ET LITTERATURE --- NOTES
Programma del corso:

Corso tenuto in LINGUA FRANCESE



Il corso si propone di studiare il rapporto tra letteratura e giornalismo in Francia dal XVIII secolo a oggi, dal punto di vista storico (presentazione delle principali testate che dal Settecento in Francia hanno aperto le loro colonne alla letteratura e agli scrittori) e teorico (analisi delle modalità del discorso letterario in ambito giornalistico).
Inoltre, il corso prevede una parte pratica, intitolata: “Come si scrive una recensione”.

Modalità d’esame:

orale
Bibliografia:

- AA. VV., “L’oeil de la NRF. Cent livres pour un siècle”, Folio Gallimard, Paris, 2009



- Gabriella Bosco, “Il romanzo francese contemporaneo”, Trauben, Torino 2011

- Appunti e fotocopie distribuite durante il corso
Programme: nous allons étudier comment la littérature à travers la presse périodique entre dans le domaine public. Une autre façon pour le dire: les voies de la diffusion pour la littérature, comment la littérature, les livres donc la culture arrivent aux gens.

Quand un livre sort, comment on fait pour se renseigner (premier niveau du discours) sur le livre sorti et décider si oui ou non nous allons l’acheter et le lire?

Comment vous faites?

Quels sont aujourd’hui en Italie les possibilités que vous avez à disposition pour vous renseigner sur les livres parus (limitons-nous à la littérature, d’abord nous parlerons de la littérature en générale, après nous nous concentrerons sur la littérature française):


*Tuttolibri hebdomadaire

*L’Indice mensuel

*Studi francesi trimestriel (aujourd’hui ils paraissent tous les quatre mois, trois fois par an)
Différences principales:

*Tuttolibri s’adresse à un large public, c’est fait pour les lecteurs communs, ceux qui lisent le journal La Stampa tous les jours et qui s’intéressent de tous les aspects de la vie sociale donc aussi de la vie culturelle et littéraire, une fois par semaine on leur donne les nouveautés des différentes littératures, présentées par des professeurs oubien des spécialistes de chacune d’entre elles;



*L’Indice s’adresse aussi à un large public mais déjà beaucoup plus restreint par rapport à celui de Tuttolibri, c’est-à-dire le public de ceux qui veulent acheter un journal consacré entièrement àux livres, présentés par des spécialistes mais qui écrivent pour des gens qui ne le sont pas nécessairement, qui peuvent être aussi simpement des passionnés de littérature même s’ils ne l’étudient pas d’un point de vue scientifique;

* Studi Francesi est une revue littéraire de et pour les spécialistes.
Les correspondants français:

*Le Monde des Livres hebdomadaire



*La Quinzaine littéraire bi-mensuel

*Le Magazine Littéraire mensuel

*La Nouvelle Revue Française trimestrielle (à l’origine mensuelle)
(illustration des caractéristiques principales de chacune de ces publications).
Quelques renseignements supplémentaires pour ceux qui veulent en savoir plus (en italien pour les titres italiens):

Tuttolibri è il supplemento culturale, con periodicità settimanale, del quotidiano La Stampa, nato il 1º novembre 1975 per iniziativa del direttore di allora Arrigo Levi e del suo vice Carlo Casalegno.

Dalla fondazione al 1980

Negli anni settanta i quotidiani italiani riservavano ai libri soltanto la terza pagina, con commenti autorevoli ma poco leggibili per i non specialisti. L'allora direttore della Stampa, Arrigo Levi, decise, con il vicedirettore Carlo Casalegno e l'amministratore delegato Giovanni Giovannini, di lanciare una nuova testata dedicata dedicata ai libri ma più divulgativa e ricca di recensioni (allora poco diffuse), sul modello della stampa anglosassone (in particolare il «Literary Supplement» del Times e la «Book Review» del New York Times. Levi e Casalegno ottennero il sostegno delle molte case editrici torinesi: Utet, Paravia, Loescher, Lattes e soprattutto Einaudi (il suo fondatore Giulio Einaudi fu tra i primi sostenitori dell'iniziativa).

Il primo numero del settimanale uscì il 1º novembre 1975. Si presentava in formato tabloid ma stampato su carta da quotidiano, con una foliazione di ventiquattro pagine (di cui la prima e le due centrali stampate a colori). La grafica era curata da Bruno Faussone. Il settimanale era una pubblicazione autonoma, aveva una sua distribuzione ed usciva al prezzo di 150 lire.
Nell'editoriale di apertura Arrigo Levi rivendicava l'affinità «a una certa idea della cultura, ma anche a una certa idea dell'Italia e di come una società si sviluppa: il libro è un momento essenziale di ogni crescita civile». Il primo fascicolo della rivista ospitava un'intervista a Eugenio Montale (sulla funzione della poesia nella società moderna) e una con Alberto Moravia sulla scrittura civile. Il numero d'esordio ottenne lusinghieri risultati di vendita: 130.000 esemplari in prima tiratura, seguiti da una seconda tiratura di 30.000 copie.

Sul secondo numero apparve una breve intervista di Pier Paolo Pasolini con Furio Colombo, che acquisì una vastissima risonanza in quanto il poeta friulano morì tragicamente la notte stessa dopo averla rilasciata. Sulla scia del clamore riscontrato dalla scomparsa del celebre intellettuale, il numero 2 di Tuttolibri uscì in 177.000 copie, presto esaurite, che rimasero il record assoluto del periodico.

Una novità che caratterizzò il settimanale fu la classifica dei libri (affidata alla Demoskopea, compiuta per la prima volta con criteri scientifici). In più Tuttolibri pubblicava, ogni settimana, l'elenco dei libri nuovi in uscita. In Italia in quel periodo si pubblicavano 15.000 nuovi titoli all'anno.

Dal 1980 ad oggi

Il 13 settembre 1980 viene annunciata la trasformazione del settimanale: Tuttolibri diventa un supplemento a tutti gli effetti de La Stampa. Le cause sono essenzialmente economiche: il periodo di boom si è esaurito e il pubblico non è più ricettivo ai prodotti di alto livello culturale. L'inserimento del giornale all'interno del quotidiano comporta anche un cambio generale di linea, che si avvicina a quella del pubblico di un quotidiano. Non appare più la lista delle nuove pubblicazioni, mentre compaiono per la prima volta articoli su temi più generalisti. Il nuovo Tuttolibri appare con il numero de La Stampa del 18 ottobre 1980. Ha assunto il formato lenzuolo, tipico dei quotidiani, e la foliazione è stata ridotta da 24 ad 8 pagine. La stampa è in bianco e nero. La testata è divisa nelle due parole «Tutto» e «libri», una sotto l'altra, completata dal sottotitolo: «Settimanale di attualità culturale, letteratura scienza arte spettacolo» [1]. Nasce la rubrica «Parliamone», che avrà molta fortuna e verrà mantenuta nel tempo.

Nel 1981 è attivata una collaborazione con la prestigiosa The New York Time Book Review, che consente di pubblicare in esclusiva su Tuttolibri i servizi della rivista americana.

Sulla strada aperta da Tuttolibri, nascono altri supplementi de La Stampa: il primo è Tuttoscienze (1981), poi è la volta di Tuttodove (1982), Tuttocome (1984) e infine Tuttosoldi (1995) e Tuttoaffari (1999).

Dagli anni novanta Tuttolibri cambierà di nuovo foliazione e aspetto, riflettendo i cambiamenti del quotidiano. Dal 1989 il nuovo art director è Angelo Rinaldi. Riappare il colore.
Il 7 aprile 1996 il supplemento raggiunge il fatidico numero 1000. Dal 1001 Tuttolibri sposta il giorno d'uscita al giovedì. Nel 1999 si ritornerà al tradizionale sabato, con un aumento di foliazione a 12 pagine.

Dal 1999 il sito web de La Stampa ha una sezione dedicata a Tuttolibri. Dal 2001 la classifica dei libri è curata dall'istituto Marcam, salvo tornare nel 2004 alla Demoskopea, fino al novembre 2011, quando sarà affidata alla Nielsen Bookscan.



L'indice dei libri del mese è un mensile italiano d'informazione culturale.

È una delle più autorevoli riviste italiane di informazione culturale. Fondata nel 1984, ogni mese propone aggiornate riflessioni sull'attualità culturale a partire dalle pubblicazioni più significative del momento.



Storia

Nell'ottobre del 1984 Cesare Cases apriva la storia de "L'indice" spiegando ai futuri lettori proprio quel che una recensione, a suo parere, doveva fare: "L'essenziale è che il primo momento, cioè l'esposizione del contenuto, abbia la centralità che gli spetta. La connivenza con il lettore non dovendo stabilirsi (...) né attraverso l'interesse specialistico né attraverso lusinghe formali, è solo il contenuto a determinarla (...). L'essenziale è che attraverso l'esposizione il lettore acquisisca una chiara idea di quel che il libro è e delle ragioni della sua importanza, ragioni che hanno fatto sì che lo scegliessimo a differenza di altri".


Studi Francesi

Fondata nel 1956 da Franco Simone illustre francesista, all’origine della scuola torinese, grande studioso del Barocco e di tutte le epoche di transizione e grande docente e fondatore della rivista che oggi in Italia è la più importante nel settore.



Le Classicisme

Le XVIIe siècle est le Grand Siècle, et pourquoi l’appelle-t-on ainsi?

– parce que c’est le siècle de Louis XIV

– et parce que c’est le siècle du CLASSICISME.

Louis XIV devient roi en 1643 et il reste au pouvoir jusqu’à sa mort en 1715: souverain absolu de ceux qui pensent la monarchie comme un droit qui leur vient directement de Dieu, il veut donner de son royaume une image dorée, sans tâche, et où rien ne puisse échapper à l’autorité du roi. Ce contrôle absolu concerne bien sûr la création artistique et littéraire aussi.
Le Classicisme est donc un corpus de règles à respecter pour que la production artistique réfléchisse, réponde, illustre l’autorité du roi, corpus dont la codification en 1674 est établie par quelqu’un qui peut être considéré le théoricien par excellence, Nicolas Boileau, dans son Art Poétique en vers et en quatre chants, une codification a posteriori qui décline les règles à respecter pour que l’oeuvre littéraire soit bien vue, et bien accueillie en fonction de son respect de la volonté du roi.

J’ai dit qu’il s’agit d’une codification a posteriori parce qu’elle a été fixée à partir de la pratique, de la praxis, à partir de l’analyse des oeuvres d’art et littéraires qui, au cours du siècle, depuis l’arrivée au pouvoir de Louis XIV, ont été jugées bien faites, bien réalisées. Au delà des exigences de clarté, linéarité, ordre d’exposition – tout ce qui correspond donc à la notion plus large de cartésianisme –– à respecter sont les règles prêchées par les défenseurs de l’Antiquité qui s’opposent à la Modernité et qui considèrent les auteurs classiques grecs et latins comme des modèles de perfection contre ceux qui affirmaient la nécessité d’un renouveau (c’est la bien connue querelle des Anciens et des Modernes). En ce qui concerne le théâtre il s’agit des règles des trois unités: de temps, de lieu et d’action. Il y a ensuite la codification du genre poétique et de ses différentes formes (poésie lyrique, célébrative, épique – forme qui est considérée la plus élevée, à réaliser suivant les enseignements aristotéliciens dans l’espoir de pouvoir produire le grand oeuvre épique qui glorifie le roi et qui ait la même dignité des grandes épopées antiques). En ce qui concerne le roman, qui est un genre moins codifié dans l’antiquité, les règles en sont élaborées à partir de celles de l’épopée considérée en effet, même si elle est en vers, un genre narratif, où il y a des faits racontés par l’auteur.


L’historiographie traditionnelle a longtemps considéré le XVII siècle comme le siècle du Classicisme tout court. Dans les manuels on évoquait tout au plus une période de préparation qui précède le triomphe du Classicisme, période à laquelle on donnait le nom de Préclassicisme, dans les arts et la littérature, identifié avec le style Louis XIII, étant celui qui dominait avant l’arrivée au pouvoir de Louis XIV sous le règne de son prédécesseur Louis XIII, souvent aussi identifié et rapidement liquidé sous une autre étiquette, définition, celle de Préciosité, époque et style dont les excès sont devenus objet de satyre déjà dans la deuxième moitié du siècle de la part de Molière dans sa comédie Les précieuses ridicules (1659).
Pour un temps très long, depuis le XVII siècle et jusqu’aux années Cinquante du XX siècle, toute une partie de la production artistique et littéraire du XVII siècle a été méconnue parce qu’elle était différente, alternative par rapport aux règles officielles, la production je veux dire qui va sous le nom de Baroque. Qui a été longtemps tue, ignorée, puis rejetée en tant que “laide”, le contraire du beau artistique, par Benedetto Croce, le philosophe écrivain et critique italien que vous connaissez, au début du XX siècle, et par toute son école qui a été nourrie et longue à s’épuiser. Marcel Raymond et Jean Rousset, suisses, sono ceux qui ont mis en marche la redécouverte, puis en Italie, ici à Turin l’école de Franco Simone (grande spécialiste du Baroque est Daniela Dalla Valle, qui a été longtemps professeur dans notre faculté, première élève de Franco Simone). Il se développe ainsi un riche courant d’études sur cette partie de la production du XVII siècle, on a commencé par exemple a voir dans la première partie de la production de Corneille (L’Illusion comique, 1635; Le Cid, 1636) l’influence de la pensée baroque, et cette période de redécouverte évolua par la suite comme il arrive souvent dans des cas analogues dans une mode, dans les années Soixante-dix/Quatre-vingt du XX siècle par exemple à la radio on n’entendait plus que de la musique baroque. Aujourd’hui on peut dire que même cette exagération dans la direction opposée a été normalisée et finalement on porte un regard objectif dans la mesure où cela est possible bien sûr sur la variété du XVII siècle, qui n’est plus donc considéré comme étant le siècle du Classicisme seulement.
Mais dans quel sens le Baroque s’opposait aux règles officielles: les découvertes géographiques d’un côté, la révolution astronomique de Copernic d’autre côté, les guerres de religion de la fin du XVI siècle sont les principaux éléments de déstabilisation qui au début du XVII siècle déterminèrent une attitude de doute, je dirais presque systématique, par rapport à la centralité de l’homme dans l’univers, ce qui avait été une croyance très forte pour les hommes de la Renaissance, en sorte que – un peu comme ce qui se produisit au début du XX siècle quand des éléments de déstabilisation engendrèrent les avant-gardes – là aussi le sentiment commun de penseurs et artistes se dirigea vers un principe de relativisation des valeurs: la seule certitude étant l’instablité des choses humaines et le manque de certitudes. Les artistes baroques choisirent donc des formes d’expression qui soient conformes à cette instabilité, en pratiquant des genres hybrides comme la tragi-comédie, tout à fait inacceptables pour les défenseurs de l’imitation des Anciens pour lesquels la séparation, la distinction nette des genres par exemple était un dogme intouchable, ou alors exaltant par exemple des beautés tout à fait autres par rapport à la beauté classique (la femme belle n’est pas blonde comme pour les classiques mais brune, sa peau n’est pas blanche mais foncée etc.). Dans le domaine de la narration, par exemple encore, la forme dominante est initialement celle du roman fleuve, comme L’Astrée d’Honoré d’Urfé (1607-1627: 5 parties, 40 histoires, 60 livres, 5.399 pages) où les aventures s’accumulent et se mélangent et où domine le principe de l’incertitude la plus grande. Vous voyez bien comme tot cela ne pouvait pas plaire à Louis XIV, pour qui la certitude totale et pleine devait être représentée par l’autorité du roi et rien ne devait la mettre en discussion.
Mais même l’idée que la production baroque soit limitée à la première moitié du siècle, à son tour très répandue, est à corriger. Un exemple dans ce même domaine du roman.

La Princesse de Clèves de Madame de La Fayette, publiée en 1678, surtout pour le fait que c’est un roman court et où il y a une seule et unique action, pour son style considéré classique par excellence, clair simple et linéaire, a été longtemps tenu pour le premier roman classique de l’histoire littéraire française. Premier roman qui creuse la psychologie du personnage etc. Cette vision monolitique et trop polie de cet-objet/roman aussi est nécessairement à corriger, là aussi à partir d’une relecture moins aplatie sur les schémas storiographiques traditionnels, en étudiant de près son écriture, son style, le monde fantastique mis en place par l’auteur. Je veux dire que là aussi il y a de la part de Madame de La Fayette la mise en oeuvre d’éléments qui ne correspondent pas tout à fait aux règles classiques, par exemple sa manière d’insérer des digressions dont elle se sert pour faire passer ce qu’elle pense de ceci ou de cela.
Qui est-elle?

Madame de La Fayette: Marie-Madeleine Pioche de La Vergne (1634-1693), appartenant à une famille de la petite noblesse parisienne, qui épousant le comte de La Fayette, membre de la grande noblesse même s’il n’avait pas un sou, peut accéder à la vie de la Cour et arriver à bien connaître, de l’intérieur, l’entourage du roi. En plus, elle fréquente les salons parisiens les plus importants, connaît les grands intellectuels de l’époque, de La Rochefoucault à Boileau à Racine à Segrais. Son ouvrage le plus important est justement La princesse de Clèves publiée sans nom d’auteur en 1678.


Quatre ans seulement auparavant, c’est un autre ouvrage très important qui paraît, celui dont je vous ai déjà cité le titre, L’Art poétique de Nicolas Boileau. Nous partirons de là pour voir ce que le canon, la régle établie demandait au sujet du roman, et pouvoir donc ensuite apprécier la nouveauté de la proposition, du projet novateur des auteurs baroques.
Nicolas Boileau nacquit à Paris en 1636. Il devint d’abord avocat selon la volonté de son père mais après la mort du père il se consacra entièrement à la littérature. Il eut tout de suite un très grand succès. Il était ami des grands et des intellecteuls. Grâce à la protection de Louis XIV il eut une pension (c’est à dire une rente en argent) en 1669 et il fut nommé historiographe du roi en 1677. Vous comprenez la confiance que Louis XIV avait en lui, le chargeant de l’élaboration du discours officiel le concernant, concernant ses faits et gestes. En 1684 il entra à l’Académie Française, l’institution officielle la plus importante qui avait été crée par Richelieu dans les années Trente, il participa activement à la "querelle des anciens et des modernes", du côté des Anciens bien sûr, s’opposant par exemple à Charles Perrault l’auteur des fables qui, lui, était pour les Modernes. Il mourut à Paris en 1711. Ses oeuvres principales: Satires (1660–1668), Épîtres (1669-1695), Art poétique (1674), Traité du sublime (1674), Le Lutrin (1674-1683), Dialogue sur les héros de roman (1688), Réflexions critiques sur Longin (1694-1710), Lettres à Charles Perrault (1700).

Un nombre croissant de textes défendent le genre romanesque, comme le célèbre Traité de l'origine des romans (1670) de Pierre-Daniel Huet qui comporte, outre la fameuse définition du genre comme « fictions d’aventures amoureuses, écrites en prose avec art, pour le plaisir et l’instruction des lecteurs », une réflexion sur le roman qui s’attarde autant sur les qualités et potentialités que sur les imperfections et défauts difficiles à éviter de ce genre.


E lungo il secolo ci sono gli autori di romanzi, oltre ai teorici, che ne scrivono di varia natura, varie interpretazioni del genere, un ventaglio di realizzazioni che portano dal roman fleuve al romanzo di piccole dimensini come La princesse de Clèves. Per lo più si tratta di autori “moderni” che scelgono questo genere proprio come presa di posizione a favore del rinnovamento. Da Charles Sorel autore dell’Histoire comique de Francion (1623) a Tristan L’Hermite autore del Page disgracié (1643) a Scarron, sono dunque autori che contaminano livelli stilistici e narrativi diversi, e che introducono con forza l’elemento satirico, ovvero di critica dall’interno dei tentativi di rendere classico un genere come quello del romanzo che nella classicità praticamente non esisteva.
Come dire, in altri termini, che da parte di questi autori l’atto creativo si abbina dall’interno con un atto teorico, una presa di posizione rispetto all’elaborazione di un discorso teorico sul genere. Il discorso del romanzo è doppiato da un discorso sul romanzo, scrittura cioè metanarrativa, quella che riflette, facendosi, sul proprio farsi.

Le Mercure Galant

Le Mercure galant fut fondé en 1672 par Donneau de Visé. On sait que Thomas Corneille s'associa à Donneau de Visé en 1680 et participa à cette publication jusqu'à sa mort. Comme l'écrit François Denis Camusat (auteur de L’histoire critique des journaux publiée en 1734 deux ans après sa mort), c'était un «amas de toutes sortes de choses. Nouvelles, concernant les Promotions aux Dignités de l'Etat, Nominations aux Bénéfices, Mariages, Baptêmes et Morts, Spectacles; Histoires galantes, Médailles, Réceptions aux Académies, Sermons, Plaidoiés, Arrêts, petites Pièces de Poésie, Enigmes, Chansons, Dissertations, quelquefois savantes et quelquefois enjouées». «… volumes où se trouvaient régulièrement des sonnets, impromptus, Madrigaux», des pages critiques, «contes... », des «chansons à boire», une «énigme», le récit des combats... En fait, la première originalité de cette gazette était d'associer la politique (représentée par le récit des fastes royaux et surtout des guerres) et la littérature, qui y revêtait deux visages: la galanterie (petits vers, contes) et la critique des ouvrages récents. A cela s'ajoutèrent encore, sous l'influence peut-être de Fontenelle, le neveu de Thomas Corneille, des dissertations de physique et de philosophie.

Presque tous les écrivains de cette époque publièrent dans Le Mercure galant, Charles Perrault pour faire un exemple des plus prestigieux. Le maître du goût de ce temps, Fontenelle, fut, surtout entre 1677 et 1685, l'un des principaux collaborateurs de la gazette. Même Pierre Corneille et La Fontaine ne dédaignèrent pas d'y figurer. En revanche, Racine y fut plus ou moins sournoisement raillé; Boileau dut attendre sa réconciliation avec Perrault pour y recevoir quelques éloges, et La Bruyère y fut insulté. C'est-à-dire que cette gazette ne fut pas neutre. Elle servit tous les combats des Modernes, aidant à la diffusion des premiers livres de Fontenelle (les Dialogues des morts, les Conversations sur la Pluralité des Mondes), empressée à soutenir les contes de fées et les romans, ces nouveaux genres si contestés, et, en particulier, la Princesse de Clèves, qui fut lancée par le questionnaire organisé par Donneau de Visé en 1678. Mêlant la galanterie et les problèmes sérieux, chérissant un style ingénieux, souvent artificiel, fantaisiste, parfois humoristique, le Mercure est le meilleur témoignage que nous ayons sur cette époque qui vécu à côté des triomphes des grands classiques. C'est un parfait exemple de littérature et de pensée «baroque».

Avec son engagement, ses partis pris, son affectation, il n'est pas surprenant que cette feuille ait reçu beaucoup de critiques. Celles des classiques d'abord, de La Bruyère, qui la jugea «au-dessous de rien» (Donneau de Vizé s’était opposé à son élection à l’Académie française). Celles aussi du Journal de Leipzig et surtout de François Gacon (Le Poète sans fard, Discours satyrique en vers 1698). Ce sont toujours les mêmes reproches: galanterie douceâtre, plaisanteries «ridicules», et aussi, ce qui est plus fâcheux, complaisance aux «flatteurs mercenaires», car Donneau de Visé avait une bonne réputation de cupidité. Nous ne sommes pas obligés de partager cet avis. Non dénué sans doute d'excès et de facilités, le Mercure galant n'est pas seulement un passionnant document sur la vie intellectuelle de l'époque, c'est l'expression rigoureusement cohérente dans tous les domaines (politique, littéraire, philosophique) d'un esprit qui régna en France au XVII siècle en même temps et souvent en opposition avec celui des classiques (c’est l’opinion, par exemple, d’Alain Niderst, important dix-septiémiste, aujourd’hui professeur honoraire à l’Université de Rouen et président d’honneur du Centre International Pierre Corneille).


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