ALCUNE OSSERVAZIONI SULLA CORTESIA LINGUISTICA NELLA LETTERA COMMERCIALE ITALIANA E ROMENA
Diana SOPON
Universitatea „Babeş-Bolyai”, Cluj-Napoca
All’interno del linguaggio settoriale economico, il linguaggio della corrispondenza commerciale si propone come una specie di sottolinguaggio in quanto si presenta in una maniera molto tecnica e perché viene sottomesso a molte regole e stereotipie. I linguaggi settoriali presentano due tratti specifici che si individuano nel piano della semantica e nel piano dello stile. Per ciò che riguarda il lato semantico, questi linguaggi sono eccesivamente produttivi, siccome stanno registrando un numero considerevole di vocaboli per indicare in un modo estremamente preciso le nozioni correlate ad un campo specifico, vocaboli che, secondo Oana Sălişteanu (2007: 8), offrono una “precisione denotativa che non lascia spazio alle ambiguità.” Parliamo, quindi, usando i termini della stessa studiosa romena, della natura disarmonica di questo tipo di linguaggio, incontrata a livello semantico. Per ciò che riguarda l’aspetto stilistico, si parla di una rigidità e di una sobrietà, dato che questi linguaggi usano spesse volte dei cliché e delle formule stereotipate. Di solito, questi linguaggi vengono caratterizzati come privi di emotività, però ci sono degli autori come Gian Luigi Beccaria, che accennano ai tratti emotivi ritrovabili soprattutto in eufemismi e metafore nell’ambito della microlingua economica. Questi afferma che “il linguaggio dell’economia, pur avendo molti caratteri in comune con gli altri linguaggi settoriali, specialisti, scientifici, diversamente da quelli è, per larga parte, un linguaggio emotivo”, aggiungendo che “la componente espressiva, metaforica è molto rilevante” in questo lingguagio specialistico. (Beccaria 2000: 12)
Ma la forma attuale della lettera commerciale italiana non ha sempre caratterizzato questo tipo di comunicazione. Proseguendo sulla scia diacronica di questo genere comunicativo, dobbiamo ricordare che all’inizio la lettera si presentava in una forma molto diversa da quella di oggi, come un genere non-specializzato, con accenti, tonalità e stile diversi (Del Lungo Camiciotti 2005: 65-66). Con la sua evoluzione, la lettera ha ricevuto delle funzionalità ben definite durante il processo di specializzazione. Questo processo ha richiesto dei rigori tanto alla forma quanto allo stile dell’epistola e ha imposto l’uso delle formule di cortesia.
Accenniamo, quindi, alla lettera commerciale da una parte come l’espressione di un sottolinguaggio economico, avente tutte le caratteristiche del linguaggio settoriale economico, da un’altra parte come un vettore della cortesia linguistica, che però non si sovrappone alla cortesia sociale. Intendiamo con la cortesia linguistica un concetto che si situa a metà strada fra la sociolinguistica e la pragmatica e che si sottoscrive alla deissi sociale, intesa come parte della pragmatica che si occupa della cortesia e delle relazioni sociali. Definito in diversi modi, questo concetto di cortesia linguistica è molto esteso, e si fondamenta sempre sulle relazioni linguistiche e sociali tra il locutore e l’allocutore. In questo senso, apportiamo una definizione della cortesia linguistica di Liliana Ionescu-Ruxăndoiu (1995: 88), la quale afferma che: “Conceptul pragmatic de “politeţe” depăşeşte cu mult sfera înţelegerii curente a acestui termen. În mod obişnuit, a fi politicos înseamnă a respecta anumite norme de comportament care funcţionează prin tradiţie într-o comunitate dată; în plan verbal, aceasta s-ar traduce prin apelul la unităţi şi construcţii caracteristice unui registru prin excelenţă formal, gradul de formalitate a expresiei fiind direct proporţional cu gradul de politeţe. Asemenea mărci definesc însă numai un aspect al politeţii pragmatice, şi anume deferenţa.” Secondo Luminiţa Vleja che riprende un’idea espressa nella Gramatica limbii române (GALR), il ruolo del pronome di cortesia è quello di rappresentare e di codificare allo stesso tempo i partecipanti all’atto di parlare e le loro relazioni sociali e discurssive: “Pronumele de politeţe (...) evocă sau reprezintă în discurs participanţii la actul de comunicare şi, în acelaşi timp, gramaticalizează diverse aspecte ale relaţiilor discursive şi sociale dintre aceştia.” (Vleja 2007: 205)
Vogliamo vedere nel nostro percorso in che modo viene percepito il concetto della cortesia nella lingua italiana e in quella romena e poi in che modo viene espressa la cortesia nella lettera commerciale italiana e romena per poter osservare di conseguenza le differenze di significato e di forma che si avvertono tra i due generi epistolari. L’origine del termine “cortesia” in italiano è strettamente legata all’ambiente sociale di un certo momento della storia, cioè alle corti europee del Medioevo. Il termine “cortesia”, secondo il Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli (1995: 463) significa qualità dell’essere cortese; affabilità, amabilità, garbo, gentilezza, mentre il termine “cortese” sul quale si appoggia la definizione della cortesia, viene definito nello stesso dizionario come appartenente alla cultura medievale e rinascimentale, che possiede qualità di raffinatezza, moralità, cultura, eleganza di comportamento e sono considerate tipiche della vita di corte; gentile, garbato in un modo simpaticamente discreto; affabile, amabile, urbano. Per il termine romeno di “politeţe” ricordiamo l’opinione di Emilia Parpală (2006: 186), secondo la quale il significato originario di questo vocabolo si collega al verbo latino ”polire”, che indicava limare e abradere le parti di un mecanismo in vista di un migliore funzionamento. Tramite un’estensione metaforica, il termine è venuto ad indicare la lisciatura delle asperità del carattere e della condotta di una persona. Questi rimandi etimologici portano verso degli indizi sopra la psicologia e l’immaginario diversi dei due popoli, e indicano sicuramente percezioni e punti di vista diversi su ciò che riguarda il concetto di cortesia.
Cercheremo di osservare il modo in cui viene espressa la cortesia nei due tipi di lettere commerciali. Sicuramente, tanto nella lettera commerciale italiana, quanto in quella romena, la cortesia si mette in rilievo con i pronomi di cortesia e con le formule di allocuzione. Una prima incongruenza formale e di significato sorge con i pronomi di cortesia usati in queste lettere. Così, il pronome di cortesia ricorrente nella corrispondenza d’affari italiana può essere di terza persona singolare Lei, o di seconda persona plurale Voi, mentre in romeno la cortesia verrà sempre espressa con il pronome di seconda persona plurale Dumneavoastră. Siccome la corrispondenza commerciale viene generalmente intesa come un tipo di comunicazione tra aziende e organizzazioni, il pronome più usato nelle lettere d’affari italiane è Voi. Secondo Elena Pîrvu (1999: 64), “nel linguaggio commerciale, il voi di cortesia è usato spesso, in funzione spersonalizzante e generalizzante, per rivolgersi a un ufficio o a una ditta. In questo caso, il voi richiede tutte le concordanze al maschile plurale”. Se la lettera è indirizzata ad una persona e non ad un’azienda, il pronome di cortesia utilizzato in italiano è il formale Lei, il quale esige il verbo alla terza persona singolare. Per ambedue i pronomi di cortesia ricorrenti nella lettera commerciale italiana, la parte corrispondente in romeno è il pronome di cortesia Dumneavoastră, che richiede il verbo alla seconda persona plurale. Offriamo come esempio le seguenti lettere commerciali, mettendole a confronto, per far evidenziare l’assimetria delle forme italiane e romene di cortesia nella corrispondenza d’affari.
Egregio Signor
Con la presente La informiamo di non aver potuto prendere in considerazione la domanda che ci ha inviato per il posto di direttore marketing. Consideriamo la Sua esperienza professionale non rispondente alle nostre richieste.
La ringraziamo per l’interesse nei confronti della Ns. Società e Le auguriamo esiti positivi nelle successive attività.
Distinti saluti.
Il Direttore Risorse Umane, (Răchişan, Todericiu 2003: 28)
Stimate Domnule
Prin prezenta vă aducem la cunoştinţă faptul că nu putem lua în considerare oferta pe care ne-aţi trimis-o pentru ocuparea postului anunţat de noi. Considerăm că profilul în care v-aţi exercitat activitatea profesională pînă acum nu corespunde specificului activităţii noastre.
Vă mulţumim pentru interesul manifestat pentru firma noastră şi vă dorim succes în activitatea viitoare.
Cu stimă,
Director Resurse Umane, (Idem: 27)
Spettabile Società Elanul,
Abbiamo il piacere di confermarVi la ricevuta delle merci ordinate. Il controvalore della fattura è stato girato sul Vs. conto.
RingraziandoVi nuovamente, Vi confermiamo la ns. volontà di rimanere gli stessi clienti fedeli e Vi porgiamo distinti saluti.
Il direttore, (Idem: 58)
Către Societatea Comercială Elanul,
Avem plăcerea de a vă confirma primirea mărfurilor solicitate. Am virat în contul dumneavoastră contravaloarea facturii.
Mulţumindu-vă încă o dată, vă promitem a fi clienţii dumneavoastră fideli şi vă salutăm cu stimă.
Director, (Idem: 57)
Si verificherà essere molto difficile capire il significato uguale di questi pronomi di cortesia nell’ambito della lettera commerciale. Oltrepassare i confini meramente morfologici con dei rimandi culturali e storici e con delle considerazioni sopra la storia della lingua potrebbe agevolare una migliore comprensione della funzione semantica e anche formale di questi pronomi nel quadro stilistico stereotipato della lettera commerciale. Il problema del pronome di cortesia può essere esaminato dal punto di vista filologico e dal punto di vista linguistico. L’approccio filologico si riferisce all’attestazione, all’evoluzione, alla diffusione e alla scomparsa delle forme pronominali, mentre l’approccio linguistico si occupa della struttura e delle funzioni del pronome di cortesia. Nel caso dell’italiano e del romeno, l’espressione pronominale della reverenza presenta interessanti aspetti contrastivi, storici e sociolinguistici. Bisogna, perciò, ricorrere ad elementi quantitativi e qualitativi dell’uso del pronome di cortesia in contesto romanzo. Consideriamo che sia opportuno per l’apprendimento o per l’insegnamento di una di queste due lingue tener presente che nel quadro delle lingue romanze, al di là dei tratti comuni delle lingue costituenti, con i pronomi, e soprattutto con i pronomi di cortesia, si avvertono delle cospicue differenze che sono dovute ai fattori socio-culturali in cui si sono sviluppate le lingue (Vleja 2007: 202).
Una spiegazione filologica dell’uso dei pronomi reverenziali nell’italiano e nel romeno viene offerta da Mirela Aioane (2004: 203), la quale afferma che “in tutte le lingue romanze il plurale allocutivo reverenziale è stato trasmesso per via culturale al livello della lingua scritta convenzionale. Il contesto socio-culturale diverso in cui si sono formate le lingue romanze spiega le differenze esistenti tra i pronomi reverenziali romanzi. Questi pronomi provengono sia da formule allocutive protocolari, sia sono la conseguenza della trasformazione dei pronomi personali che indicano la lontananza dal locutore o la pluralità degli interlocutori.” La stessa studiosa considera che la forma indiretta della cortesia italiana, espressa con il pronome Lei, è dovuta all’ “ondata di cerimoniosità spagnola” (Aioane 2004: 206) del XVI secolo, ma che “l’origine della forma e il modo in cui si cristalizza sono in gran parte italiani.” Per il romeno, Mirela Aioane (2004: 208) ricorda che “come pure il dalmato, essendo state lingue parlate da persone semplici, non conoscevano il pluralis reverentiae. Il rumeno è arrivato al plurale reverenziale molto più tardi, tramite influenze culturali.” Il romeno non ha un procedimento indiretto di rivolgersi ad una persona, il pronome reverenziale in romeno si esprime con una forma diretta, “che ha alla base un sostantivo “domnie”, articolato, a cui si aggiungono i pronomi personali lui, ei, o i possessivi său, sa, ta, noastră, ecc.”
Un’altra assimetria risulta con le formule allocutive presenti in queste lettere. Formule di uso come Gentile/ Egregio/ Illustre/ Pregiato Signor troveranno la corrispondenza in un’unica forma in romeno, cioè Stimate Domnule. Cercando sulle stesse scie dell’etimologia, si troverà che l’aggettivo gentile viene dal latino gentile(m) < gens, gentis (gente), il quale significava “della stessa bouna schiatta”, e che attualmente significa, secondo lo Zingarelli (1995: 762), “di chi ha maniere garbate e affabili nei rapporti con gli altri”, che l’aggettivo egregio viene sempre dalla parola latina egregiu(m) < ex-grex, gregis, che significava letteralmente “che si stacca dal gregge”, con il significato attuale secondo lo stesso dizionario di “che esce dall’ordinario, che è singolare, eccellente” (Zingarelli 1995: 606) e che l’aggettivo illustre, avente il significato attuale di “che gode grande e meritata fama per qualità o per opere notevoli” (Zingarelli 1995: 847), ha le sue radici nella voce latina lustrum, che significava “luminoso”. L’unico termine fra questi che si avvicina come contenuto alla sfera del termine romeno “stimat”, che, secondo il DEX (1996: 1022) significa “care se bucură de stimă, de consideraţie, respectat ”, è sicuramente “pregiato”, il quale significa “che è tenuto in pregio, che ha valore” (Zingarelli 1995: 1399). Abbiamo evidenziato con questi esempi una situazione di incongruenza contenutistica dovuta all’impossibilità della lettera commerciale romena di esprimere gli stessi significati di quella italiana. Però questo squilibrio che si avverte nel piano lessicale è collegato al lato stilistico, dato che sono il cliché, la norma e la stereotipia quelli che non ammettono altre varianti di formule allocutive nella corrispondenza d’affari romena.
Altre formule di allocuzione su cui ci soffermiamo sono le ricorrenti “Alla cortese attenzione di ...” e “Spettabile Ditta ...”, nelle quali ci saranno d’interessse i termini “cortese” e “spettabile”. Le corrispondenti formule in romeno sono “În atenţia ...” e “Firmei...”. Abbiamo precisato già il significato dell’aggettivo “cortese”, cercheremo di mettere in rilievo il carico contenutistico del termine “spettabile”. Questo termine deriva dalla voce latina spectare, significa attualmente “ragguardevole, rispettabile” e costituiva nel tardo latino anche titolo di dignitari imperiali secondo lo Zingarelli (1995: 1751). Anche in questo caso si prende nota di una perdita di significato e, per conseguenza, di un’assimetria formale. Come si può osservare nella variante romena, i due termini mancano del tutto e i questo contesto della lettera commerciale risultano intraducibili in romeno. A questo punto si deve accennare ad un aspetto alquanto interessante su ciò che riguarda le affinità tra la lingua italiana e quella romena. Si tratta nel caso dell’italiano e del romeno di due lingue imparentate geneticamente, con un importante sfondo di vicinanza e di somiglianza. I due esempi visti prima, con la loro intraducibilità nel romeno, ci propongono un caso di divergenza tra le due lingue.
Non per caso la prima parte del nostro contributo si è riferita ai linguaggi settoriali come parti della lingua caratterizate a livello semantico da un lessico proprio e a livello stilistico da rigidità, stereotipia e neutralità emotiva. Quello che vogliamo suggerire nei confronti del sottolinguaggio della lettera commerciale è che un approccio culturale, storico, forse anche etimologico potrebbe riconfigurare il significato contenutistico perso quando si prosegue da una lingua verso l’altra. In questo senso, riportiamo un pensiero di Gabriella Alfieri che si sovrappone del tutto alla nostra opinione: “Nell’attuale situazione comunicativa di tutti i parlanti di una società avanzata, uno dei pericoli più incombenti è quello dell’automatismo linguistico. L’influsso dei mezzi di comunicazione di massa e la continua esposizione alla comunicazione pubblicitaria determinano una tendenza all’espressione stereotipata di cui bisogna acquisire consapevolezza, senza assumere posizioni catastrofiche, ma col positivo intento di proporre delle alternative. Tale intento va perseguito soprattutto a vantaggio dei parlanti giovani e dei parlanti stranieri interessati all’acquisizione dell’italiano.”(Alfieri 1997: 13)
Gli esempi offerti mostrano che i vocaboli di una lingua hanno un potenziale espressivo superiore a quello da noi riconosciuto e usato, per questo ci sembra giusto il rimando etimologico, come modalità di rispecchiare e recuperare il significato originale ed intero di una parola. A questo proposito siamo dello stesso parere di Luiz Jean Lauand, e come lui affermiamo che “senza etimologia non si conosce la realtà e con essa si può raccapezzare la forza espressiva delle parole” e che “le parole hanno un potenziale espressivo maggiore di quanto noi – così automatico è l’uso che d’esse facciamo – possiamo immaginare”. Parole come “gentile”, “egregio”, “illustre” anche se usate stereotipicamente nelle formulazioni rigide della corrispondenza d’affari offrono un ampio ventaglio di sfumature e di significati se intese da un’angolatura culturale ed etimologica. Riprendendo le idee di Luiz Jean Lauand (1998: 27), possiamo dire che una lingua “risulta in molti casi depositaria delle grandi esperienze dimentiche”. Proprio con questi termini della lettera commerciale si può affermare che “al di là dell'eventuale formalismo vuoto, (...) queste espressioni incidono originariamente su importanti dimensioni della realtà umana.” (Lauand 1998: 28) In questo senso, considerando anche l’importanza dell’aspetto antropologico, ricordiamo quello che Humboldt ha affermato per primo, cioè che la struttura di una lingua rivela la struttura di una società e della sua psicologia. L’insegnamento e l’apprendimento di una lingua straniera si dovrebbe fare, tenendo presenti queste opinioni, mirando sempre al lato culturale, storico, etimologico ed antropologico di una lingua e di una nazione.
Per concludere, si può dire che l’analisi contrastiva del contenuto e della struttura della lettera d’affari italiana e quella romena avverte un’assimmetria della forma, che è sempre accompagnata, nel piano lessicale, da un’incongruenza semantica. Per andare oltre a queste mancate corrispondenze, soprattutto a quella semantica, consideriamo utile un approccio culturale, tanto dell’insegnamento, quanto dell’apprendimento del sottolinguaggio della lettera commerciale. Si è visto poi come la lettera d’affari italiana apporta un bagaglio lessicale molto più cospicuo di quello della lettera romena. Siccome si è già accennato al significato originale dei vocaboli come “gentile”, “egregio”, “illustre”, “spettabile”, osiamo dire, dato il rimando verso l’eccellenza e verso lo straordinario del senso originario di queste parole, che esse conferiscano al testo una sfumatura iperbolizzante. Ognuna di queste parole offre di per sé un senso accrescitivo ad una certa qualità. Si può intravvedere quindi, a scapito del formalismo e della stereotipia della lettera, una tonalità emotiva della lettera commerciale italiana, tonalità che manca nella corrispondente forma romena. Non per ultimo, ricordiamo che abbiamo mirato a suggerire che l’approccio culturale per insegnare o per imparare una lingua resta valido anche nel caso di un sottolinguaggio che si presenta apparentemente arido tanto come forma quanto come contenuto.
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DEX, Dicţionar explicativ al limbii române, ediţia II, Univers Enciclopedic, Bucureşti, 1996.
ABSTRACT
This paper deals with semantic and formal differences between forms of address in Italian and Romanian commercial letters. The paper also suggests that the cultural and etymological approach should be taken into consideration for a better understanding of these stereotyped formulas.
Key words: commercial letters, forms of address, stereotyped formulas
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