<------ELEPHANT-----TALK------fine del numero 46------->
<----------------------------------------------------------------> >-------------------> ELEPHANT TALK <-----------------< <----------------------------------------------------------------> rivista musicale elettronica diretta da Riccardo Ridi ----------------------------------------------------- Anno VII Numero 47 (29 Agosto 2000)
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INDICE
- COM’E’ VERDE LA MIA VALLE: BREVE VIAGGIO NEL PANORAMA MUSICALE GALLESE (E OLTRE) / di Rossana Morriello
- STATUTO: PIU’ SKAÉTENATI CHE MAI / di Rossana Morriello
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COM’E’ VERDE LA MIA VALLE: BREVE VIAGGIO NEL PANORAMA MUSICALE GALLESE (E OLTRE) / di Rossana Morriello
Ai cinefili piu’ attenti il titolo riportera’ alla mente un noto film di John Ford del 1941, vincitore di ben 5 premi Oscar. Tratto dal romanzo omonimo del 1939 del gallese Richard Llewellyn narrava del Galles industriale e minerario dei primi decenni del secolo. Periodo, questo, di grande crisi e di una decadenza che minacciava di far perire definitivamente una cultura e una lingua che ancora si legano alle origini celtiche, gia’ messe in pericolo da secoli di dominio della vicina Inghilterra.
Ma il popolo gallese riuscito ad impedire la scomparsa delle proprie tradizioni con una forza e una determinazione ammirevoli, culminata negli anni 60 e 70 con la lunga campagna di disobbedienza civile che porto’, non senza una tenace lotta non violenta, al riconoscimento ufficiale da parte del governo inglese dell’indipendenza culturale del Galles. Di conseguenza da circa 30 anni a questa parte il Galles culturalmente e linguisticamente rinato. Ormai bilingue (gallese e inglese) e per molti aspetti politicamente autonomo grazie all’istituzione due anni fa dell’Assemblea gallese e' anche rifiorito dal punto di vista paesaggistico e naturalistico: le miniere rimesse a nuovo sono ora luoghi di attrazione turistica. E lo stesso Llewellyn aveva suggellato tale trasformazione allora in corso con il seguito del suo romanzo dal titolo Com’e’ tornata verde la mia valle, uscito nel 1975.
Il fermento culturale che si respira oggi in Galles qualcosa di impressionante e degno di ammirazione: impossibile non rimanerne coinvolti. E impossibile, quindi, che il mondo musicale non ne venisse coinvolto (sul rock gallese vedi anche ET n. 45/2000). I nomi gia’ saliti alla ribalta internazionale sono molti: dagli Stereophonics ai Catatonia, dai Super Furry Animals ai Gorky’s Zygotic Myncy, dai Manic Street Preachers a Melys. Ma i gruppi che si muovono nei sotterranei del panorama musicale britannico e che hanno le loro radici in terra gallese sono un’orda. E sono pronti all’invasioneÉ Sara’ solo una questione di tempo.
Ma per anticipare i tempi proviamo a fare un rapido e, necessariamente, limitato giro nei sotterranei in questione, ad iniziare dai Topper, interessante gruppo di giovanissimi proveniente dal nord del Galles il cui nuovo album e’ previsto in uscita per la fine dell’anno. Sempre giovanissimi ma gia’ molto impegnati in concerti di spalla ai gruppi piu’ noti, nonche’ nella colonna sonora e partecipazione attiva in un programma della BBC dal titolo A light in the valley, sono i Picture the Beautiful, accostati per affinita’ elettive a Suede, Smashing Pumpkins, U2, Stereophonics, Cult, Morrisey. Anche per gli Ether, dal sud del Galles, i paragoni si sprecano: Elvis Costello, Police, Stevie Wonder con una spruzzatina di Brit-pop. Decisamente radicati nel punk rock di derivazione rhythm and blues degli anni 60, invece, i 60ft Dolls di Newport; influenze dichiarate? Jimi Hendrix Experience, Led Zeppelin, Van Morrison, Who, Small FacesÉ e scusate se e’ poco!
E ancora: Tokyu, band eclettica che spazia dal folk alla techno al funk psichedelico, tutto su base elettronica, anche loro gia’ spalla dei piu’ noti Super Furry Animals, e per fare solo alcuni nomi di altri artisti ben avviati nel cammino musicale: Ectogram, Liberty 37, Ruby Cruiser, Armstrong, Crocketts.
Senza dimenticare gli Zabrinski, gruppo psichedelico il cui nome si ispira al noto film di Michelangelo Antonioni (Zabriskie Point, 1970) amato dal chitarrista e dichiaratamente mal pronunciato dal cantante, pronuncia che e’ stata adottata ironicamente come nome del gruppo. Anche per loro album in uscita nell’anno. Gli Zabrinski si caratterizzano per non avere testi stabiliti per le loro canzoni: sulla base di una traccia, di una melodia i testi vengono improvvisati di volta in volta nei loro concerti e possono differire dalle versioni registrate nei loro dischi. Una caratteristica che non stupisce in una cultura che si lega fortemente ad una tradizione di oralita’, quella ereditata dagli antichi bardi e menestrelli di epoca celtica e che sopravvive ancor oggi in alcune manifestazioni popolari tra le quali spicca l’Eisteddfod.
L’Eisteddfod, la cui origine attestata risale all’XI secolo, ma leggende vogliono gia’ presente nel VI secolo, era una competizione di musica, poesia e letteratura in generale che vedeva confrontarsi i migliori bardi e menestrelli, a suon di poesia allitterativa e versi metrici e liberi in forme ancora oggi usate dai poeti gallesi (che si chiamano cywydd, cynghanedd e pryddest), per il conseguimento di un ambito premio. La tradizione rinvigorita in epoca vittoriana e’ diventata ora un evento nazionale che si tiene ogni anno nella prima meta’ di agosto. A questa si aggiunge un secondo Eisteddfod, dedicato ai giovani, che si svolge nel mese di febbraio e che ogni anno vede in competizione le band musicali emergenti e, ormai solo come ospiti, i gruppi gallesi gia’ affermati. Super Furry Animals, Manics, Stereophonics e altri non mancano di partecipare a tale evento davvero centrale nella rinata cultura gallese.
E’ proprio in questo genere di manifestazione che si rinnova quel legame da sempre esistente tra la letteratura, e in particolare la poesia, e la musica attraverso l’uso rigoroso della lingua gallese come mezzo di comunicazione. Non stupisce quindi che il sentito legame inscindibile tra le varie arti porti un poeta come Patrick Jones, fratello tra l’altro del piu’ noto leader dei Manic Street Preachers, Nicky Wire, a fare uscire un cd di poesia musicata da alcuni membri di due rock band quali Derrero e Pink Assassin (COMMEMORATION AND AMNESIA, e’ il titolo), o alla comparsa in un’antologia di poesia gallese contemporanea di un componimento che e’ in realta’ il testo di una canzone (L’ultimo poeta in I nuovi bardi: poesia gallese contemporanea, a cura di Sioned Puw Rowlands, Faenza, Mobydick, 1999) dato che il suo autore, Tym Morys, mantiene stretti legami con la musica, cosi’ come nella stessa antologia ci viene detto che un altro affermato poeta, Iwan Llwyd, scrive testi di canzoni e suona il basso in una rock band. Non si tratta di casi isolati, ma di una collaborazione che lega un intero movimento, quello dei “Poeti non ufficiali” nato nel 1976, alla musica pop-rock gallese.
Il legame tra la lingua gallese e la tradizione culturale celtica, sostanzialmente diversa da quella inglese, e’ vissuto da musicisti e scrittori come qualcosa di inscindibile. La lingua, e l’indipendenza linguistica, sono sempre state assunte a simbolo dell’autonomia culturale del Galles, come molta letteratura evidenzia piu’ o meno simbolicamente, ed e’ opinione condivisa che qualsiasi traduzione dal gallese sia necessariamente limitata e limitante poiche’ non e’ in grado di esprimere la musicalita’ e il ritmo originari della lingua. Ecco perche’ quasi tutti i gruppi presentano nei loro album uno o piu’ brani in lingua originale. Oltre alla volonta’, naturalmente, di affermare il proprio retaggio culturale in maniera forte e decisa, e di ribadire la propria diversita’ rispetto al mondo anglosassone.
Lo hanno sempre fatto i Gorky’s Zygotic Myncy, fin dal nome che, sebbene non abbia un significato preciso e corretto e’, tuttavia, la storpiatura di un nome gallese che significherebbe piu’ o meno “le scimmie psicotiche di Gorky”. Lo fanno i Melys (il nome gallese significa “dolce”) che nell’ultimo album caratterizzato da melodie zuccherine e morbidamente piacevoli, ma con la giusta dose di modernita’ e ritmicita’ elettroniche, introducono alcuni brani in lingua originale. KAMIKAZE (Sylem, 2000) e’ un gioiello di perfezione quasi assoluta impreziosito dalla splendida voce femminile di Andrea Parker, ed e’ stato presentato dalla band lo scorso 10 agosto a Llanelli, nei pressi di Swansea, proprio in occasione del National Eisteddfod 2000.
Lo fanno finalmente i Super Furry Animals che parevano privilegiare la lingua inglese ma ci regalano ora un album totalmente in gallese, MWNG (Placid Casual, 2000). Si tratta di brani nuovi e brani scritti in passato durante le registrazioni dei precedenti lavori che i Furrys avevano deciso di non includere perche’, dichiarano, pensavano fosse meglio averle tutte insieme piuttosto che qua e la’ nell’album o come b-sides di singoli. Certo l’impatto di un cd tutto in gallese e’ ben piu’ forte di qualche brano in un album. Inoltre, ora che i SFA hanno acquisito un seguito di pubblico, di sicuro MWNG sara’ apprezzato comunque. E in ogni caso, per i fans non gallesi, le traduzioni dei testi in inglese sono disponibili sul sito indicato sulla stessa copertina del cd : <http://www.mwng.co.uk.>. In MWNG (“criniera”), i Super Furry Animals appaiono a loro agio piu’ che mai. Abbandonate certe sperimentazioni non sempre riuscite degli album precedenti, si lasciano qui scivolare verso sonorita’ armoniche e coerenti che tolgono ogni eventuale dubbio sulla loro abilita’ compositiva.
E se altri nomi noti prediligono l’inglese per una ovvia maggiore facilita’ di pubblico, la gallesita’ viene riaffermata in altro modo. Wire dei Manic Street Preachers, ad esempio, alla domanda “Cosa ti rende felice?” risponde: “La famiglia, il cane, il Galles, casa e la band.” Gli Sterephonics, che provengono da un paesino del sud del Galles, hanno piu’ volte dichiarato di trarre ispirazione dalla vita e abitudini locali per le loro canzoni, e, infatti, il loro primo album WORD GETS AROUND (1997) e’ dichiaratamente un affresco di personaggi e storie gallesi.
Il panorama culturale, background volutamente presente in tutti gli artisti, e’ dunque vivacissimo e all’insegna della contaminazione tra le arti: poeti che scrivono musica, musicisti che compongono poesia, registi che come Peter Greenaway sono anche scrittori e pittori, e musicisti che fanno anche gli attori, come il Rhys Ifans di Twin Town. Insomma, la valle culturale gallese e’ sicuramente quanto di piu’ verde ci possa essere.
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STATUTO: PIU’ SKAÉTENATI CHE MAI / di Rossana Morriello
Scatenati gli Statuto lo sono sempre stati. Fin dal loro esordio discografico nel 1988 con VACANZE, un album che gia’ da allora evidenziava la carica esplosiva del gruppo torinese. E da sempre lo ska e’ la loro forma espressiva. Ricordate? Quei ritmi danzerecci di derivazione giamaicana che, mescolandosi a sonorita’ rhythm and blues e soul provenienti dagli anni Sessanta, divennero di gran successo alla fine degli anni Settanta e lo rimasero per tutta la prima meta' degli Ottanta, per poi scomparire quasi del tutto nel decennio successivo. Quelli di One Step Beyond dei Madness (forse il brano piu’ conosciuto) per intenderci.
Certo lo ska non fu solo Madness: ci furono anche gli Specials, i Selecter, i Bad Manners, per citare solo i piu’ importanti. Tutti inglesi, perche’ il fenomeno era tipicamente britannico. E come spesso accade non era solo musicale, ma spesso si accompagnava ad una forma di protesta sociale e politica, presente nei testi delle canzoni, e per molti giovani era anche uno stile di vita (moda?). Di certo lo era per coloro che si definivano Mods (sta per Moderns). Li ricorderete scontrarsi in furibonde risse e al suono degli Who contro i rivali Rockers in QUADROPHENIA, film inglese del 1979 diretto da Franc Roddam, che segno’ anche l’esordio cinematografico di Sting in una parte indimenticabile.
Ora, non che Torino abbia tutte queste affinita’ con Londra, ma gli Statuto non se ne sono mai accorti, e da anni continuano imperterriti a vestire Mod e a diffondere il genere musicale in questione, non solo attraverso i loro dischi, ma anche dai microfoni di varie stazioni radiofoniche e dalle consolle per dj dei locali cisalpini. Si potrebbe dire, fedeli alla linea, per citare tutt’altro gruppo e tutt’altra storia (leggi CCCP, ovvero i CSI da giovani).
Meglio non far loro scoprire, pero’, che Piazza Statuto, dove la leggenda metropolitana vuole che i nostri si formarono (forse ispirati dal monumento al traforo del Frejus, scambiato per la statua di Nelson), non e’ Trafalgar Square. Anche perche’ loro sono bravi davvero. E lo dimostrano con questo nuovo album, RISKATTO (Sony, 1999), raccolta di cover dei loro padri spirituali inglesi. Non originali, certo, d’altronde il genere consente poche variazioni sul tema, ma sempre piacevoli. E poi loro cantano in italiano. Cosicche’, tanto per fare qualche esempio, il superclassico One Step Beyond diventa felicemente Un passo avanti, e My Girl, sempre dei Madness, e’ Non cambiare mai, mentre Lorraine e Lip Up Fatty dei Bad Manners prendono il nome italiano, rispettivamente, di Laura e Rita smettila. E non si puo’ non riconoscere che la nostra lingua si presta oltre ogni immaginazione all’impresa, a cui peraltro i nostri non sono nuovi, poiche’ da sempre i loro lavori sono prevalentemente in italiano. Per non peccare , comunque, di totale esterofilia non manca nell’album un Bada bambina di nota provenienza nostrana o qualche brano straniero in origine, ma ormai parte a pieno titolo della cultura musicale italiana dei Favolosi, come Bandiera gialla.
Un solo brano originale nell’album, Grande, presente anche nel singolo insieme a Non cambiare mai, e concepito come tributo del gruppo al Grande Torino nella ricorrenza dei cinquant’anni dalla tragedia di Superga, in cui la squadra calcistica vide la sua fine in un incidente aereo.
Insomma, un’operazione gradevole nel complesso, a conferma, semmai ce ne fosse bisogno, dell’abilita’ del gruppo che nonostante abbia diverse cose da farsi perdonare, come la non ben compresa partecipazione al Festival di Sanremo di qualche anno fa con un brano decisamente al di sotto delle sue potenzialita’, rimane nel contesto italiano uno dei pochi e validi seguaci del genere. Altri nomi ci sono stati in realta’, tra i quali spiccano i Casino’ Royale degli esordi e i Fratelli di Soledad, ma si contano sulle dita di una mano.
E poi se andiamo a vedere cosa hanno appena fatto uscire i Madness. WANDERFUL (1999) e’ proprio una delusione. Di ska non c’e’ quasi piu’ traccia, ma, e questa e’ la cosa piu’ grave, non c’e’ nulla di nulla nel loro album. Se proprio reunion ci doveva essere, tanto valeva scegliere la via degli Statuto, rimanere cioe’ legati ad un passato che, seppur passato, ha un indiscutibile valore. E poi, chissa’, nei corsi e ricorsi storici, forse anche lo ska prima o poi tornera’ in auge. Di certo gli Statuto se lo augurano.
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