ESPERIENZE DI PREGHIERA COME FORMA DI VITA CRISTIANA
resoconto di una iniziativa pastorale
di
don Chino Biscontin
Con questa comunicazione offro, come mi è stato chiesto, il resoconto di una esperienza pastorale di cui sono coordinatore e che ha diversi anni di vita nella mia diocesi di Concordia-Pordenone. La prima radice di tale esperienza risale a circa venti anni fa, in una “scuola di preghiera” che coinvolgeva un’ottantina di persone. Essa cercava di combinare insieme uno spazio di preghiera e insieme un insegnamento sulla preghiera. Ciò finiva per dare, strutturalmente, un peso eccessivo alla parola di chi guidava, comportando dapprima una breve lezione sulla preghiera e poi una meditazione su un testo biblico entro una celebrazione della Parola. Il risultato era una sostanziale passività dei partecipanti e uno sbilanciamento didatticistico del tutto. Difetto, quest’ultimo, molto frequente nelle iniziative di quegli anni e, mi pare, anche di come era compresa e attuata la riforma liturgica allora.
Quando venni coinvolto nell’iniziativa manifestai le mie perplessità, basate su queste valutazioni. Dopo un qualche tempo, anche per l’estenuarsi dell’esperienza, ottenni di poter distinguere un percorso didattico sulla preghiera da uno spazio di preghiera vero e proprio da offrire a chi ne avvertiva l’esigenza. Sorse in tal modo un appuntamento diocesano mensile di preghiera, con un discreto numero di partecipanti. Con il passare degli anni la struttura dell’incontro di preghiera subì delle modificazioni ed attirò un interesse crescente. Negli ultimi quattro anni, e a questo segmento mi riferirò in ciò che segue, gli incontri di preghiera si tengono da ottobre a maggio, per un totale di otto incontri l’anno, in tre sedi diverse, i primi giovedì venerdì e sabato di ogni mese, con una media di milleduecento partecipanti. Naturalmente il filo conduttore degli incontri ha fatto riferimento ai temi della preparazione e della celebrazione del Giubileo.
Descrivo ora la struttura di ciascun incontro, così come si è venuto sistemando ultimamente.
L’ambiente (tre chiese, di cui due parrocchiali e una succursale cittadina) viene dotato della riproduzione in grande formato di una immagine sacra. La scelta viene fatta di preferenza facendo ricorso alla iconografia esistente sul territorio della diocesi. Solo raramente si ricorre ad una icona di tradizione bizantina. Più spesso si ricorre ad opere rinascimentali e talvolta anche dell’arte contemporanea. L’icona è collocata al centro dell’asse visiva dell’assemblea, ornata con fiori e ceri in abbondanza.
I partecipanti ricevono un fascicolo che permette loro di partecipare ai vari momenti della preghiera. Il fascicolo contiene i testi dei canti, della lettura biblica, delle preghiere ed è corredato da immagini. Ai partecipanti viene anche consegnato, durante la preghiera, come si dirà, un secondo fascicolo, contenente suggerimenti per la preghiera quotidiana tra un incontro di preghiera e l’altro. Mentre si attende che l’assemblea si completi vengono fatte alcune prove dei canti.
Negli ultimi anni la preghiera veniva introdotta dalla lettura di un breve testo, normalmente un breve racconto ad alto valore emblematico. L’assemblea aveva terminato le prove dei canti e v’era stato un breve stacco di silenzio o di ascolto di un brano organistico. Un lettore leggeva il racconto e i partecipanti ascoltavano ancora seduti. Seguiva la proiezione di alcune diapositive, da otto a dieci, accompagnate da un paio di frasi di commento per ciascuna. Naturalmente l’ambiente veniva oscurato. La proiezione avveniva o su una parete adatta o su un grande schermo predisposto. Le dispositive vengono scelte in maniera da costituire un percorso organico nella successione degli otto incontri. Possono essere riproduzioni di opere d’arte (pittura, ma anche scultura e architettura) ma anche di altro soggetto (aventi, persone, natura…). Nell’anno 1999-2000, ad esempio, si è trattato di un rapido panorama di quanto la fede cristiana ha prodotto in opere d’arte nei duemila anni di tradizione, dalle catacombe ad oggi.
Dopo la proiezione delle diapositive l’ambiente viene rapidamente illuminato, l’assemblea si alza e viene cantato un primo canto. Chi presiede, vestito di un ampio camice e con stola, prende posto nel presbiterio e, terminato il canto, saluta l’assemblea e con quattro o cinque frasi annuncia l’orizzonte dell’incontro di preghiera.
Segue un salmo, che viene pregato in modi diversi: o cantato a due cori, o recitato da solisti, intervallato dal canto di un’antifona, o recitato a cori alteri. Normalmente viene usata la traduzione CEI, ma talvolta (e ciò avviene anche per la lettura biblica) si sceglie la traduzione più adatta tra quelle disponibili (ABU, Turoldo…). Il salmo viene pregato in piedi.
Segue una acclamazione che introduce la proclamazione di una lettura biblica. Si tratta di una sola lettura, più frequentemente del Nuovo Testamento, ma talvolta anche dell’Antico. L’assemblea ascolta in piedi.
Dopo la proclamazione ha luogo un’omelia sullo stile della lectio, che non supera i dieci minuti. Terminata l’omelia l’illuminazione dell’ambiente viene abbassata, così che si crei una situazione di penombra. L’immagine, illuminata dai ceri e talvolta da un faro, rimane l’unico punto di luce. Davanti ad essa viene posto un incensiere. I partecipanti rimangono seduti in silenzio meditativo per dieci minuti. Il silenzio termina con l’esecuzione di un brano d’organo adatto e con il canto ripetuto più volte di un breve canone. Al termine del canone viene proposta una preghiera a strofe da recitare a cori alterni (o alternando solista e assemblea): la preghiera è composta per l’incontro e usa un linguaggio attuale. I partecipanti sono invitati a dare un aiuto alla creazione di tale preghiera facendo pervenire propri testi ai coordinatori.
Viene quindi proposta un’azione a valenza simbolica che comporta un movimento processionale. Si tratta di andare verso l’altare, di compiere l’azione proposta e di ritirare il libretto con i suggerimenti per la preghiera quotidiana. Viene consegnato anche il testo di una breve riflessione su aspetti della vita cristiana (la partecipazione all’eucaristia, indicazioni su come pregare da soli e in famiglia, approfondimenti di aspetti della fede, indicazioni di comportamento…) e un foglio con notificate le iniziative e le opportunità offerte dagli uffici pastorali diocesani. Durante la processione vengono cantati dei canti ed eseguiti pezzi musicali all’organo e con altri strumenti musicali.
Quanto all’azione simbolica, normalmente si tratta di qualcosa che fa riferimento ad elementi già posti in atto dalla liturgia sia eucaristica che dei sacramenti in genere, ma con una certa libertà. Se, ad esempio, si usa l’acqua per ricordare il battesimo, i partecipanti si avvicinano a chi presiede e ad altre due o tre ministri che lo aiutano e vengono bagnati in fronte con acqua fredda e invitati a fare successivamente il segno della croce. Non raramente però si ricorre anche a gesti colti dalla spontaneità della religiosità popolare: il bacio o il contatto con la mano o con la fronte di una immagine sacra o l’uso di un cero acceso. Talvolta si ricorre all’inedito, come al dono di un bulbo di fiore con l’invito (che viene accolto davvero) a piantarlo e a farlo fiorire, o al dono di un oggetto da portare a casa e che fa riferimento alla preghiera vissuta insieme.
Terminata l’azione simbolica ha luogo una preghiera “universale”: composta di setto o otto intenzioni di preghiera, scritte con linguaggio il più possibile concreto e che fa riferimento a situazioni del vissuto quotidiano, spesso suggerito da qualcuno dei partecipanti. Alla fine il canto del Padre nostro.
Segue un breve spazio (chiamato “dalla preghiera alla vita”) nel quale qualcuno illustra una iniziativa diocesana o zonale che avrà luogo nelle settimane successive (un incontro importante, una iniziativa di carità, una iniziativa pastorale che ha bisogno di supporto…).
L’incontro si chiude con una formula di benedizione, il congedo e un canto finale. Molti partecipanti rimangono ancora, in un clima di dialogo e di amicizia, nel luogo della preghiera.
Il tutto per una durata che va da un’ora a un’ora e dieci minuti. L’impressione di chi vi partecipa, tuttavia, testimoniata molte volte, è che si tratti di una durata ben minore. Le parole più usate per esprime il vissuto sono: serenità, pace, gioia, conforto.
Si è potuto verificare che almeno due terzi dei partecipanti usa il suggerimento per la preghiera quotidiana, individualmente e anche in famiglia, e legge il foglio con le riflessioni.
Per maggiore concretezza cito, come esempio, le scelte fatte per l’incontro di preghiera dell’aprile 2000. Il percorso degli otto incontri faceva riferimento alla celebrazione eucaristica, letta dalla parte dell’esperienza di chi vi partecipa (e ciò come scelta di accompagnamento del tempo giubilare, “intensamente eucaristico”). Il titolo dell’incontro (risultante sulle locandine distribuite in diocesi e sul fascicolo messo tra le mani dei partecipanti) era: “D’intesa con Dio”, e faceva riferimento alla comunione eucaristica, ma compresa anche come legame di alleanza con Dio, in Gesù. La lettura biblica scelta era Giovanni 15, 1-17 nella traduzione ABU e il Salmo l’84 nella traduzione di Ceronetti. Nel libretto il titolo era esplicitato da un disegno di due mani con il pane e il calice “dell’alleanza”; l’immagine al centro dello spazio celebrativo era una bella e ampia (m. 1,50 x 2,00) riproduzione della cena di Emmaus del Caravaggio. Si tenga conto che l’incontro precedeva da vicino la settimana santa e le celebrazioni pasquali.
L’azione simbolica proposta consisteva nel ricevere da un ministro dell’assemblea un calice (naturalmente vuoto), nel trattenerlo alcuni istanti tra le mani formulando una preghiera silenziosa (invocazione, ringraziamento, promessa…). Uno dei calici era antico (sec. XVII), altri due erano legati alle celebrazioni eucaristiche domenicali in loco.
La preghiera composta appositamente per l’incontro (utilizzando i molti suggerimenti pervenuti da fogli scritti da partecipanti) era la seguente:
Padre, io desidero con tutte le mie forze di fare la tua volontà,
io voglio evitare il peccato che mi porta lontano da te:
ma tu conosci la mia debolezza. Vieni in mio aiuto!
Tu conosci la mia sofferenza, tu vedi il mio smarrimento,
e anche i miei dubbi sulla tua presenza e sulla tua bontà:
mi farai attendere a lungo un segno della tua vicinanza?
Sulla mia strada ho incontrato persone che mi fanno del male,
ma tu, mio Padre e mio Amico, sei più forte di loro:
difendimi dal male e impediscimi di fare il male.
Non riesco a darmi pace pensando a quanta gente sta male,
a quanta gente ha fame e sete, è malata e senza casa:
mostrami, Signore, che cosa posso fare di più di quello che già faccio.
Ho pronunciato parole sbagliate, dalle mie labbra è uscita l’offesa,
però non ho ricevuto vendetta, ma un perdono umile e silenzioso:
ricompensa tu, perché io non ne sono capace, chi mi sa perdonare.
Alle volte penso quello che hai chiesto a Maria ai piedi della croce,
quello che hai chiesto a S. Francesco, a Madre Teresa:
mio Dio, fa che non abbia paura di quello che puoi chiedere a me.
Quante volte incontro persone buone, generose, limpide!
Quanta serenità mettono nel mio cuore, quanta speranza mi regalano!
Esse non sanno quanto bene mi fanno, ma tu lo sai, Signore.
Il mondo è così grande e così complicato e c’è tanta confusione.
Davvero tu sai che io esisto, davvero mi conosci e mi segui da vicino?
Non mi sembra vero che uno come Te mi voglia così tanto bene!
E penso alle sofferenze di Gesù sulla croce, e mi viene da piangere.
E sento il desiderio di essere una persona profondamente buona.
Mi aiuterai, mio Dio, ad assomigliare almeno un po’ a Gesù?
Qualche volta ti sento vicino, così vicino che mi sembra di toccarti.
E sento vicino anche Gesù, che tu, mio Dio, hai risuscitato da morte.
Qualche volta tu sai riempire la mia anima di una felicità sconosciuta.
Le intenzioni della preghiera d’invocazione, per le quali ci si era ispirati al linguaggio della pietà popolare, tenevano conto della vicinanza con le celebrazioni della settimana santa, ed erano le seguenti:
Gesù, la tua fronte rifletteva la luce del cielo. Ti hanno percosso al capo con una canna e ti hanno coronato di spine. Guida il corso dei nostri pensieri perché siano in armonia con il tuo vangelo. Ti preghiamo.
Gesù, la tua mano destra ha guarito i lebbrosi, ha risuscitato i morti. Ti hanno inchiodato la mano alla traversa della croce. Aiutaci a dare una mano a chi ha bisogno del nostro aiuto, aiutaci ad essere generosi. Ti preghiamo.
Gesù, la tua mano sinistra non sapeva il bene compiuto dalla destra. Ti hanno calunniato e ti hanno accusato di essere un malfattore. Sostienici con la tua mano, perché non sprofondiamo nello scoraggiamento quando sperimentiamo la nostra debolezza e la nostra cattiveria. Ti preghiamo.
Gesù, i tuoi occhi esprimevano perdono e infondevano fiducia. Ti hanno preso a schiaffi e ti hanno sputato in faccia. Impedisci alla nostra mente di concepire disprezzo, rendi il nostro cuore mite e umile. Ti preghiamo.
Gesù, con i tuoi piedi sei andato in cerca di chiunque si era perduto. Hanno inchiodato i tuoi piedi al montante della croce. Rendici insopportabile l’egoismo, rendici facile il perdono. Ti preghiamo.
Gesù, con il tuo cuore hai trepidato per la salvezza di tutta l’umanità. Con una lancia hanno raggiunto e spaccato il tuo cuore. Fa che non dimentichiamo mai quanto ci hai amati, a quale prezzo hai resa possibile la nostra salvezza. Ti preghiamo
La benedizione finale:
Dio nostro Padre, ti chiediamo luce e protezione per il nostro cammino!
E cuore ben aperto e docile ad accogliere ogni tuo dono!
Gesù, Figlio di Dio, ti chiediamo di saper amare come tu ci hai amati!
E di essere riconoscenti verso coloro che ci amano e ci aiutano!
Spirito Santo, ti chiediamo di farci comprendere ogni parola di Gesù!
E di colmarci di quella pace che solo tu puoi donare!
Qualche chiarimento sul perché di alcune scelte e impostazioni.
Anzitutto sull’utilità di un appuntamento regolare diocesano di preghiera. Abbiamo notato che frequentavano gli incontri di preghiera anche persone che non partecipavano regolarmente alla celebrazione domenicale dell’eucaristia in parrocchia. Ho presente lo stupore di un parroco di fronte a questa constatazione. Personalmente ritengo che un fatto simile dovrebbe far riflettere sulla qualità propriamente “religiosa” delle celebrazioni eucaristiche domenicali. Se qualcuno ha fame e sete di Dio, ha una qualche nostalgia di un segno della sua vicinanza, non sempre trova nelle celebrazioni eucaristiche abituali una qualche risposta. Non raramente ci si imbatte, infatti, in un ambiente maltrattato, in una ritualità svolta con sciatteria, in una predicazione poco ispirata; non sempre il linguaggio dell’eucologio è il più adatto. Così, ritengo, c’è sul territorio una fame e sete di Dio superiore a quella a cui le attuali normali risposte parrocchiali offrono. Per dirla in altri termini: c’è il desiderio di venir rassicurati che Dio davvero esiste ed ha cura di noi, che su di Lui si può contare, che da Lui ci si può attendere un indirizzo di vita, una consolazione, una speranza. L’incontro di preghiera ha come effetto quello di una percezione più viva del fatto che Dio è realmente reale, o, con linguaggio biblico, che Dio è vivente, che è davvero in mezzo a noi, e che è possibile camminare nella vita sperimentando un’intesa con Lui. E, tutto sommato, credo che questa sia la forma o modello di vita cristiana che, come metamessaggio costante, viene presentata dagli incontri di preghiera: un’esistenza condotta d’intesa con Dio. Intesa significa dialogo, esperienza di vicinanza, confidenza, docilità e così via. Se potessi sintetizzare il tutto con un’espressione direi: un cristianesimo che si manifesta come qualità dell’animo, qualità del cuore.
Naturalmente restiamo vigilanti a che gli incontri di preghiera siano anche un percorso che faciliti la comprensione e la partecipazione più viva all’assemblea eucaristica domenicale. Ciò con il recupero di gestualità (ad esempio, al momento della proclamazione di un brano evangelico; nei saluti e monizioni, ad es. introducendo il “Padre nostro”…), nei simbolismi (i paramenti di chi presiede; la scelta delle azioni simboliche). E vigiliamo anche su richieste di esperienze religiose che, se assecondate, porterebbero ad un misticismo sentimentale, evasivo. Verso la fine dell’incontro, in un segmento intitolato “Dalla preghiera all’impegno”, uno dei responsabili degli uffici pastorali diocesani commenta e sottolinea le iniziative di impegno cristiano che vengono proposte per il periodo immediatamente successivo all’incontro: partecipazione a conferenze o dibattiti, iniziative di solidarietà e condivisione, corsi di preparazione a servizi pastorali (catechesi, centri d’ascolto, centri d’accoglienza…) e altro ancora.
Da tener presente il fatto che un numero non trascurabile di partecipanti ritrova il gusto e la pratica della preghiera quotidiana individuale e che non poche famiglie hanno sperimentato nuovamente la gioia di momenti di preghiera familiare (nei sussidi che vengono offerti è data un’attenzione particolare a questo aspetto). Nell’incontro che precede il Natale offriamo un dono che faciliti la preghiera familiare (ad esempio una candela di fattura adatta da mettere nel presepio, accompagnata da una preghiera); ugualmente in vista delle celebrazioni pasquali (doniamo un cartoncino con riprodotta una bella immagine che fa riferimento a tali celebrazioni e sul retro una preghiera dialogata da recitare in famiglia); durante l’ultimo incontro prima dell’estate (doniamo, ad esempio, un bulbo da piantare e far fiorire in vaso: una memoria viva della preghiera vissuta assieme…).
Una attenzione particolare è stata data al corpo. Ci si è chiesti: per quanto tempo si può stare in piedi senza essere disturbati dalla pesantezza? Per quanto tempo stare seduti senza cadere in una situazione di passività? Il camminare non aiuta forse il coinvolgimento? Come impegnare i sensi per favorire la piena partecipazione interiore? Così abbiamo dosato lo stare in piedi e lo stare seduti, lo stare fermi e il muoversi, abbiamo utilizzato il variare dell’illuminazione e curato il centro dell’orientamento visivo, abbiamo collocato spazi di silenzio, spazi di ascolto di musica e spazi di canto, abbiamo utilizzato l’incenso, abbiamo studiato azioni simboliche ben percepibili corporalmente. In alcuni casi abbiamo anche fatto spazio al mangiare del pane benedetto preparato per quel tipo d’uso.
Oltre ai fascicoli per la preghiera quotidiana e la riflessione, in tre incontri su otto, come accennavo sopra, i partecipanti ricevono un dono: ad esempio una candela colorata da porre accanto al presepio, un bulbo di fiore da piantare in un vaso o nel giardino, una bella riproduzione di una immagine da tenere in vista in casa durante la quaresima, un ciottolo di bella forma e ornato con una croce colorata e altro ancora. La gratuità del dono e il portare via dall’incontro di preghiera qualcosa da tenere in casa produce un sentimento di gioia non trascurabile.
Naturalmente viene posta cura anche per quanto riguarda i testi e i messaggi e in maniera particolare si cerca di porre attenzione al linguaggio, sia per la traduzione dei testi biblici (salmo e lettura) che per la composizione delle preghiere utilizzate. L’omelia, con linguaggio molto piano, ha l’andamento della lectio e mira a nutrire il sentimento profondo. Più in generale la conduzione dello svolgimento della preghiera, nei suoi vari elementi, viene concepita come una iniziazione al sentimento della vicinanza e della comunione con Dio.
Un’ultima considerazione. Nella mia diocesi vi sono due appuntamenti di preghiera che coinvolgono ciascuno alcune centinaia di persone. Sono nati l’uno attorno ad un prete (di recente defunto) e l’altro attorno ad una anziana, entrambi in un clima di attesa di soccorso miracoloso da parte di Dio o della Vergine Santissima. In uno dei due casi i partecipanti sono persuasi che la Madonna appare ad una giovane, una volta al mese (eccetto due mesi estivi), in un ambiente appartato (una sacrestia), e affida anche un messaggio. Il vescovo, pur non impedendo la cosa, non la ritiene autentica. In entrambi i casi la preghiera è piuttosto lunga e prevede la recita del rosario e la celebrazione dell’eucaristia, secondo modalità particolari. In un caso ha un rilievo importante l’omelia, che invece nell’altro caso è più discreta. Mi sono posto il problema del confronto tra l’iniziativa diocesana di preghiera e questi due appuntamenti spontanei di preghiera. Credo si possa usare per tutti e tre gli appuntamenti la qualifica di “devozionale”, sia pure con significati in parte diversi. E in particolare per due elementi non presenti negli incontri diocesani e presenti negli altri due appuntamenti: la carismaticità dei leader, che vengono percepiti come medium della potenza benefica di Dio; l’attesa dell’intervento miracoloso o comunque straordinario di Dio, o della Madonna, riguardo a problemi vissuti con una certa dose di ansietà.
Come responsabile di pastorale e persuaso dell’importanza della devozione e della necessità che essa abbia radici popolari, senza preoccuparmi di approfondire ulteriormente questa qualifica, mi chiedo se sia possibile generare un fenomeno di devozione popolare con un buon lavoro pastorale, anche senza il verificarsi di particolari carismi mediatici e senza che la cosa dipenda da attese di interventi straordinari di Dio (e dunque senza dover fare i conti con i problemi che al cristianesimo questi due elementi possono provocare). Sulla base dell’esperienza di cui ho riferito credo che si possa rispondere di sì per quanto riguarda la seconda parte della domanda. Purché vi sia da una parte un notevole impegno nell’ascoltare quello che succede, a livello religioso, nel profondo dell’animo di chi appartiene al “popolo” e nell’essere oculatamente docili alle indicazioni che ne vengono, così che l’iniziativa sia qualitativamente buona, e d’altra parte vi sia una collaborazione pastorale vasta sul territorio che coaguli attenzione e partecipazione attorno ad una tale iniziativa. Sono portato a credere invece, per quanto riguarda la prima parte della domanda, che un evento, una realtà, una situazione che per molte persone assuma il significato di un dischiudersi del sacro verso di noi non sia provocabile unicamente con una forte azione pastorale. Se mai parlerei di discernimento pastorale che sappia scorgere il verificarsi di una tale dischiudersi del sacro e vi sappia reagire opportunamente.
C’è, tuttavia, un ulteriore aspetto da tener presente. La “carismaticità” o di un individuo o di un evento o luogo espongono le persone che vi sono attratte ad un tipo di religiosità che finisce per essere in parallelo e non integrato con il contesto più ampio della Chiesa diocesana: aspetto che nella tipologia di incontri di preghiera da me qui presentati è decisamente in primo piano. Si tratta di una diversità seria, che può diventare contrapposizione se si verificano polarizzazioni: da una parte verso un miracolismo che sconfini nel magicismo, dall’altra verso un dirigismo (didatticismo e moralismo) clericale disattento alle modalità popolari della devozione.
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