Gianmario demuro


I conflitti reali e virtuali



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4. I conflitti reali e virtuali: Strasburgo vs Lussemburgo?

Passando dalla analisi dei singoli cases alla disciplina giuridica di soluzioni normative adottate per ridurre il rischio dei conflitti65, abbiamo ricordato più volte che Strasburgo si serve di una Carta dei diritti fondamentali parziale e datata, la CEDU, che essa stessa ha contribuito a rendere viva tanto da non riuscire a distinguerla da una vera e propria carta “giurisprudenziale” dei diritti. Viceversa Lussemburgo non ha mai, completamente, riconosciuto alla Corte EDU questo ruolo di interprete autentico sia della Convenzione che dei diritti fondamentali in genere. La maggiore novità in questo campo è ora rappresentata dall’art. 52 della Carta di Nizza66.

Senza poter nemmeno sfiorare l’intenso e approfondito dibattito sulla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tuttavia uno dei sentieri che portano alla mutual cooperation tra le Corti parte proprio da qui. L’articolo in questione al primo paragrafo prevede che “eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta” debbano “essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà”; “nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità d’interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui”. Clausola limitativa generale dei diritti che non trova, però, applicazione per i diritti che “trovano fondamento nei trattati comunitari o nel Trattato dell’Unione” (par. 2). Per quanto, specificamente, attiene ai diritti “corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”, il terzo paragrafo del suddetto articolo stabilisce che “il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione”, salva la facoltà per il diritto dell’Unione di concedere “una protezione più estesa”.

Dagli atti preparatori – nota del Presidium dell’11 ottobre 2000– si ricava che il legislatore comunitario non può apportare all’esercizio di tali diritti, limiti ulteriori o più intensi di quelli previsti dalla CEDU. La nota in questione elenca, di seguito, i diritti contenuti nella Carta che hanno “significato e portata identici agli articoli corrispondenti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo” 67.

Vi sono poi articoli che hanno “significato identico agli articoli corrispondenti della CEDU ma la cui portata è più ampia” (ad esempio, l’art. 9 della Carta, che prevede il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, ha lo stesso significato dell’art. 12 CEDU, ma il suo ambito di applicazione può essere esteso ad altre forme di matrimonio eventualmente istituite dalla legislazione nazionale). Ad ogni modo, ai diritti della Carta desunti dalla CEDU non possono essere attribuiti né un significato diverso, né una portata più circoscritta di quelli risultanti dalla Convenzione68. Sotto questo profilo, appare chiaro il legame tra l’art. 52 e l’art. 53 della Carta, fortemente voluto dal Consiglio d’Europa, in virtù del quale il livello di protezione offerto dalla Carta medesima ai diritti tratti dalla CEDU non può in alcun caso essere inferiore a quello garantito da quest’ultima69.

Da quanto sopra detto si ricava l’altissimo tasso di consapevolezza della possibilità dei conflitti e che, nel contempo, proprio da parte comunitaria vi è il tentativo di ridurre il rischio dei conflitti. Tale posizione comunitaria potrebbe risolversi proprio a favore della CGCE per il ruolo di Corte costituzionale europea70. Il conflitto per tanti anni latente sarebbe, quindi, sul punto di deflagrare definitivamente e, si tratta di capire se la solenne proclamazione della Carta di Nizza riduca o aumenti le possibilità di conflitto.

Le prove giurisprudenziali dei conflitti e le prove giurisprudenziali della cooperazione in precedenza esaminate non sono di per sé sufficienti ad allontanare il pericolo di conflitti. Abbiamo potuto notare come la Corte del Lussemburgo si sia appropriata della giurisprudenza di Strasburgo, nel senso che i diritti CEDU sono tendenzialmente intesi nel significato in cui “vivono” nella sua giurisprudenza. Viceversa Strasburgo certamente tiene conto della giurisprudenza del Lussemburgo e pur utilizzando tecniche decisorie similari71, le Corti si riconoscono vicendevolmente il carattere autonomo e la natura specifica dei rispettivi ordinamenti giuridici che scaturiscono dalla CEDU e dai trattati. In effetti, i rapporti tra le istituzioni comunitarie – e, in particolare, le Corti – comunitarie, da un lato, e gli organi di Strasburgo, dall’altro, sembrano essersi assestati in termini di rispetto della reciproca autonomia72. La Corte del Lussemburgo ed il Tribunale di primo grado si rifiutano di agire come organi subordinati alla giurisdizione della Corte di Strasburgo, ma si dimostrano, comunque, disposti a rispettarne la giurisprudenza, come risulta, in particolare, dalle sentenze Grant, Baustahlgewebe e, soprattutto, dalla recente pronuncia in relazione alla causa Mannesmannröhren-Werke AG/Commissione73, nella quale il Tribunale di primo grado ha sottolineato, non a caso, che “il diritto comunitario riconosce il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa e quello del diritto a un processo equo”. Principi, questi, “che offrono…una protezione equivalente a quella garantita dall’art. 6 della CEDU”; dal canto loro, gli organi di Strasburgo non ammettono di interferire nel livello di protezione dei diritti umani nella CE finché detti diritti ricevano in questo una tutela equivalente.

Indicazioni in senso contrario potrebbero ricavarsi dal celeberrimo caso Matthews c/ Regno unito del 18 febbraio 1999, ove la Corte di Strasburgo - pur riconoscendo “che gli atti delle Comunità europee non possono essere impugnati come tali davanti alla Corte, perché la Comunità in quanto tale non è parte contraente” - decide di valutare il rispetto dei diritti-CEDU da parte degli atti interni di attuazione del diritto comunitario. Ciò avviene in quanto gli Stati membri sono pur sempre responsabili della attuazione interna del diritto comunitario potenzialmente lesivo della Convenzione74.

La Corte di Strasburgo considerandosi interprete e giudice idoneo del diritto comunitario derivato 75, anticipa i termini di una necessaria actio finium regundorum, dove i confini sono: ridurre al minimo il rischio dei conflitti e garantire una maggiore certezza dei diritti76. Dall’integrazione dolce al progressivo assorbimento della tutela dei diritti fondamentali nella sfera della Corte di giustizia il passo è, infatti, molto breve77. Come detto la Corte del Lussemburgo nel parere del 28 marzo 1996 aveva negato l’ammissibilità, salvo riforma dei trattati, della adesione delle istituzioni europee come tali alla Convenzione. Di conseguenza, la Corte di Strasburgo non ha potuto pronunciarsi sulla legittimità degli atti degli organi comunitari come tali, comprese le sentenze della Corte del Lussemburgo, utilizzando la CEDU come fonte formale. In questo contesto i rapporti tra le due Corti sono destinati a rimanere circolari, sino a quando non si chiarirà il futuro istituzionale dell’Europa vi sarà una circolarità di reciproco e sospettoso rispetto.

I conflitti sono sempre possibili perché la UE si rende sempre più autonoma rispetto alla CEDU – la Carta di Nizza, al di là dei problemi relativi alla sua efficacia ne è un esempio – non foss’altro per il fatto che la CEDU non è che uno dei materiali utilizzati per scriverla78. I conflitti potrebbero sorgere proprio dalla fusione di materiali eterogenei79. Tuttavia non è chi non veda, come si è in precedenza rilevato, che il rischio della doppia pronuncia divergente fosse altrettanto probabile prima della emanazione della Carta. Dobbiamo dunque aspettarci in futuro un permanente stato di conflittif? In realtà possono essere individuate alcune soluzioni che tengano conto dell’effetto principale della proclamazione della Carta dei diritti: la consacrazione ufficiale dell’esistenza di due sistemi europei di protezione dei diritti fondamentali80, di due sistemi di tutela dei diritti senza Leviatano81.


5. Conclusioni.

La prima, che potremmo definire sussidiaria, può attivarsi mediante l’incorporazione nei Trattati istitutivi – o in un’eventuale “Costituzione europea” – della CEDU82. La Corte di giustizia sarebbe obbligata in questo modo ad adeguarsi allo standard minimo di tutela offerto dalla Convenzione, ferma restando la facoltà di concedere un livello di tutela più elevato al quale si potrebbe arrivare, invece, integrando la Carta di Nizza nei Trattati83. In questo modo, le possibilità che insorga un vero e proprio conflitto tra le due giurisdizioni – che, è bene sottolinearlo, si esercitano su due territori molto diversi uno internazionale e l’altro sovranazionale – risulterebbero considerevolmente ridotte, in quanto il margine di discrezionalità lasciato dalla Carta dei diritti alla Corte del Lussemburgo si limiterebbe alla fascia di protezione superiore a quella “di base” offerta dalla CEDU84. Un vero e proprio contrasto avrebbe ragion d’essere soltanto nel caso – piuttosto improbabile – in cui la Corte di giustizia riconoscesse ad un diritto della Convenzione una portata più ristretta di quella allo stesso attribuita dalla Corte di Strasburgo85.

Una seconda soluzione è quella di prevedere, previa la descritta adesione, una sorta di pregiudiziale “vincolante o solo consultiva, della Corte di Strasburgo in quanto Corte avente una competenza ed esperienza specifica”86. Un ragionamento analogo mi sembra emergere dalla sentenza del 2000, la BananenmarktordnungUrteil, della Corte federale tedesca. In tale sentenza si stabilisce il principio dell’obbligo di astensione del giudice costituzionale su un caso individuale di violazione di diritti fondamentali da parte del diritto comunitario, a meno che non si dimostri che il caso dedotto in giudizio non palesi un rifiuto generale delle Comunità di assicurare uno standard equivalente di protezione dei diritti fondamentali a livello comunitario87. In questa decisione “la parola determinante è “generale” essa richiede una estesa verifica di come gli organi dell’Unione proteggono il diritto fondamentale in questione”88. In via di principio, il controllo preventivo della compatibilità degli atti comunitari con i diritti fondamentali della CEDU e l’adozione della Carta dei diritti fondamentali porterebbe ad una maggiore protezione dei diritti a livello europeo, anche in prospettiva dell’allargamento dell’Unione89.

In entrambi i casi le possibili ambiguità vengono risolte con la creazione di un legame formale che, partendo da una riforma dei Trattati (e forse anche della Convenzione), sembra in linea con l’ampiezza delle possibili combinazioni dei futuri legami tra democrazia, sovranità e diritti così come emergono dallla dichiarazione congiunta di Laeken del 15 dicembre 200190.



1 Versione provvisoria e incompleta della relazione al Convegno su La Corte costituzionale e le Corti d’Europa - Catanzaro, 31 maggio -1 giugno 2002.

2 La definizione è di G. ZAGREBELSKY, Dichiarazioni dei diritti e giurisdizioni nazionali e sovranazionali, paper della relazione tenuta alla LUISS nel Gennaio 2001.

3 In tema, anche per ulteriori indicazioni bibliografiche, v. U. DE SIERVO, La difficile Costituzione europea e le scorciatoie illusorie, in La difficile Costituzione europea, a cura di U. DE SIERVO, Bologna, 2001, pp. 109.

4 Cfr. P. HABERLE, Germania, in Le costituzioni dei paesi dell’Unione europea, a cura di E. PALICI DI SUNI PRAT-F. CASSELLA-M. COMBA, Padova, 2001, p. 332. Id., Per una dottrina della Costituzione come scienza della cultura, ed. italiana a cura di J. Luther, Roma, 2001, pp. 126 ss.

5 In argomento sulla de-formalizzazione del diritto costituzionale come tendenza ormai generalizzata, rintracciabile anche nella giurisprudenza della nostra Corte costituzionale v. M. DOGLIANI, Diritto costituzionale e scrittura, in Ars interpretandi, 1997, passim.Sul “sistema comunitario non scritto dei diritti fondamentali” cfr. L. AZZENA, Le forme di rilevanza della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in La difficile Costituzione cit., pp. 257 ss.

6 La definizione è di D. J. ELAZAR, Constituitionalizing globalization. The Postmodern Revival of Confederal Arrangments, Oxford, 1998, pp. 105 ss.

7 Sottolinea questo aspetto P. RIDOLA, Libertà e mercato nella “Costituzione europea”, in Annuario 1999-La Costituzione euroepea, Padova, 2000, pp. 337 ss.

8 D. J. ELAZAR, Constituitionalizing cit., p. 136, spec. 138.

9 Sentenza 12 novembre 1969, causa 29/69, in Racc. Uff., 1969, p. 419 ss.

10 Sentenza 17 dicembre 1970, causa 11/70, in Racc. Uff., 1970, p. 1124 ss.

11 In argomento M. CARTABIA-J. WEILER, LItalia, cit., p. 219

12 Sentenza 28 ottobre 1975, causa 36/75, in Racc. Uff., 1975, p. 1219 ss.

13 Sul punto v. per tutti T. GROPPI, Commento all’art. 52, in L’europa dei diritti, a cura di R. Bifulco-M. Cartabia-A. Celotto, il Mulino, Bologna, 2001, p.357.

14 In argomento, F. G. JACOBS, Human rughts in the European Union: the role of the Court of Justice? in Eur. Law Rev., 2001, pp. 331 ss.

15 In tal senso cfr. L. S. ROSSI, “Costituzionalizzazione” dell’UE e dei diritti fondamentali, in Carta dei diritti fondamentali e Costituzione dell’Unione europea, a cura di L. S. ROSSI, Milano, 2002, pp. 273 ss. secondo cui l’uso funzionale dei diritti porta la CGCE ad interpretare in modo riduttivo i diritti CEDU e “tende a privilegiare gli interessi generali della Comunità rispetto ai diritti individuali”.

16 In tal senso cfr. S. GAMBINO, Il diritto costituzionale europeo: principi strutturali e diritti fondamentali, in Costituzione italiana e diritto comunitario, a cura di S. Gambino, Milano, 2002, p.40.

17 In argomento cfr. K. LENAERTS-E. DE SMIJTER, A “bill of rights” for the european union, in Common Market Law Review, 2001, pp. 273 ss.

18 Per un esame della giurisprudenza comunitaria del 2000 cfr. H. GAUDIN, Chronique de jurisprudence communautarie 2000, in Rev. du Droit. Public., 2001, pp. 1003.

19 Cfr. S. SENESE, La protezione internazionale dei diritti fondamentali, in Una Costituzione senza Stato, a cura di G. BONACCHI, Bologna, 2001, pp. 493 ss.

20 J.H.H. Weiler, Federalism and Constitutionalism: Europe’s Sonderweg, in www.jeanmonnetprogram.org.

21 Per una critica alla funzionalizzazione della tutela comunitaria dei diritti v. per tutti M. LUCIANI, Il lavoro autonomo di una prostituta, in corso di pubblicazione in Quad. cost. 1 del 2002, a commento della pronuncia della Corte di giustizia in materia di prostituzione (sent. 20 novembre 2001, Causa 268/99, Jani e altri) nella quale la prostituzione viene intesa come “una prestazione di servizi retribuita la quale... rientra nella nozione di “attività economiche” (punto 49) e, di conseguenza, alla CGCE “non le spetta sostituire la sua valutazione a quella dei legislatori degli Stati membri in cui un’attività asseritamente immorale è lecitamente praticata” (punto 56). Alla luce di tale premessa la Corte rileva che “la prostituzione, lungi dall'essere vietata in tutti gli Stati membri, è tollerata o anche disciplinata nella maggior parte di tali Stati, ed in particolare nello Stato membro interessato dal procedimento principale” (punto 57), “un comportamento non può considerarsi abbastanza grave da legittimare restrizioni all’accesso o al soggiorno, nel territorio di uno Stato membro, di un cittadino di un altro Stato membro, nel caso in cui il primo Stato non adotti misure repressive o altri provvedimenti concreti ed effettivi volti a reprimerlo, ove lo stesso comportamento sia posto in essere da propri cittadini” (punto 60). L’Autore sottolinea in proposito come “anche qui i risvolti etici della questione sono rimasti completamente in ombra, mentre tutta la vicenda è stata letta nella chiave della qualificazione economico-giuridica delle situazioni economiche di vantaggio in giuoco. Sarebbe del tutto ingiustificato imputare ai giudici della Corte di giustizia una qualche mancanza di sensibilità e di attenzione per il tema dei diritti e della dignità della persona, che è inevitabilmente legato alla questione della prostituzione. La Corte deve pronunciarsi in base ai parametri che il diritto comunitario vigente le offre, e tra quei parametri la dignità della persona è assente. La lunga traversata dell’ordinamento comunitario attraverso il deserto dei valori personalistici, per quanto abbia trovato (soprattutto grazie alla stessa giurisprudenza di Lussemburgo) molte oasi, è tutt’altro che conclusa, perché la prospettiva economicista dei Trattati non è venuta completamente meno, e non tutti quei valori sono giudizialmente utilizzabili”.

22 In argomento v. per tutti L. S. ROSSI, Il parere 2/94 sull’adesione della Comunità europea alla Convezione europea dei diritti dell’uomo, in Il dir. un. Europea, 1996, pp. 839 ss.; A. BULTRINI, La questione dell’adesione della Comunità europea alla convezione europea dei diritti dell’uomo di fronte alla Corte di giustizia, in Riv. dir. int. Priv. e proc., 1997, pp. 97 ss.

23 In argomento M. CARTABIA-J. WEILER, LItalia, cit., p.221.

24 Sul punto cfr. V. ANGIOLINI, Carta dei diritti dell’Unione europea e diritto costituzionale: incertezze apparenti e problemi veri, in Dir. pubbl, 2001, p. 931. La prima sentenza che fa esplicito riferimento alla Carta, Max-mobil Telekommunication Service GmbH c/ Commissione del 30 gennaio 2002, testualmente prevede che: “ poiché nel caso di specie si tratta di un ricorso contro un atto di rigetto di una denuncia, si deve sottolineare, in via preliminare, che il trattamento diligente ed imparziale di una denuncia trova espressione nel diritto ad una buona amministrazione, che rientra tra i principi generali dello Stato di diritto comuni alle tradizioni costituzionali degli Stati membri. Infatti, l'art. 41, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 conferma che «ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell'Unione»…”Occorre esaminare prima di tutto la natura e la portata di tale diritto e del concomitante obbligo dell'amministrazione, nel particolare contesto dell'applicazione del diritto comunitario della concorrenza ad un caso individuato, come fa valere la ricorrente nel caso di specie. sindacato giurisdizionale rientra altresì nei principi generali dello Stato di diritto comuni alle tradizioni costituzionali degli Stati membri, come è confermato dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, il quale prevede che ogni individuo i cui diritti garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice”.

25 Per una prima visione d’insieme cfr. G. SCALA, L’”emergere”della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Giur.it., 2002, p. 250.

26 Nella quale si sostiene che “quanto all'eventuale incidenza della Carta, invocata dalla ricorrente (v. il precedente punto 15), nella valutazione della presente causa, occorre ricordare che detta Carta è stata proclamata dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione il 7 dicembre 2000. Pertanto la Carta non può avere alcuna conseguenza sulla valutazione dell'atto impugnato, adottato anteriormente” (punto 76). Per un commento cfr. L. MONTANARI, Una decisione del tribunale di prima istanza fra la CEDU e la Carta di Nizza, in Dir.pubbl. comp ed eur., 2001, pp. 670 ss; A. BARBERA, La carta dei diritti dell’Unione Europea, relazione al Convegno in memoria di Paolo Barile (Firenze 25 giugno 2001); P. BIAVATI, L’art. 47 della Carta dei diritti e il processo comunitario: spunti dal caso Mannesmannröeren, in Diritti fondamentali e giustizia civile in Europa, Torino, 2002, pp. 207 ss. secondo cui “il fascino dell’art.47 ha avuto il peso: e, per quanto indiretto, si tratta di un primo effetto della Carta dei diritti”.

27L'avvocato generale ha qualificato detto principio come un «diritto civile fondamentale» (47). Ai sensi dell'art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, «qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione».79.La qualifica di diritto fondamentale attribuita al diritto di accesso ai documenti costituisce una fase supplementare nell'opera di riconoscimento e di gerarchizzazione di tale principio nell'ordinamento giuridico comunitario.80.Certamente non si deve ignorare la volontà chiaramente espressa dagli autori della Carta di non dotarla di forza giuridica obbligatoria (48).Ma, a parte qualsiasi considerazione relativa alla sua portata normativa, la natura dei diritti enunciati nella Carta dei diritti fondamentali vieta di considerarla come una semplice elencazione senza conseguenze di principi meramente morali. Occorre ricordare che tali valori hanno in comune il fatto di essere unanimemente condivisi dagli Stati membri, che hanno scelto di renderli visibili trascrivendoli in una Carta, al fine di rafforzarne la tutela (49).La Carta ha innegabilmente collocato i diritti che ne costituiscono l'oggetto al più alto rango dei valori comuni agli Stati membri. Pertanto il giudice comunitario assume la Carta come testo che riassume i diritti che sono ormai patrimonio comune degli Stati dell'Unione: come tali, in virtù dell'art. 6 del TUE, già principi generali del diritto comunitario. Nella medesima prospettiva, la Carta serve a definire e chiarire i principi generali del diritto comunitario, anche l’avv. Gen Tizzano. Diversa sembra invece la posizione di Jacobs che si riferisce alla Carta come strumento proclamato dalle istituzioni comunitarie e, di conseguenza, per esse vincolante.

28 In materia di biotecnologie v. la sentenza Pays-Bas / Parlamento e Consiglio 9 ottobre 2001 in causa C-377/98 della CGCE, che nega vi sia stata violazione dei diritti umani da parte della direttiva in materia di biotecnologie

29 Sul punto v. le dichiarazioni di A. VITORINO, Commissario europeo per la Giustizia e gli Interni, che nella audizione pubblica del 17 aprile 2002 presso la Commissione dei diritti libertà e dei diritti dei cittadini, della giustizia e degli interni del Parlamento europeo ha prospettato la necessità, nell’ottica di migliorare l’attuale situazione di tutela dei diritti umani a livello europeo, sia di integrare la Carta nei Trattati, sia di far aderire la Comunità alla CEDU. Le dichiarazioni possono leggersi in www.europa.eu.int.

30 La bibliografia in materia è vastissima. Per le opere in italiano v. per tutti S. BARTOLE-B. CONFORTI-G. RAIMONDI,

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