Guerra giudaica



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LIBRO II

CAPITOLO VENTIDUESIMO

Libro II:647 - 22, 1. Così cessarono i disordini nella Galilea e, chiuse le lotte civili, si dedicarono ai preparativi contro i romani,


Libro II:648 mentre in Gerusalemme il sommo sacerdote Anano e tutti i capi che erano avversi ai romani rafforzavano le mura e ap­prestavano molte macchine da guerra.
Libro II:649 In ogni parte della città si fabbricavano dardi e armature, la massa dei giovani si esercitava in un clima di disordine e dappertutto regnava la confusione, mentre la gente dabbene era profondamente angosciata e molti gemevano al pensiero delle imminenti sciagure.
Libro II:650 Si verificarono prodigi sfavorevoli, secondo quelli che volevano la pace, mentre chi voleva la guerra li giudicò di buon augurio, e l'aspetto di Gerusalemme, prima che arrivassero i romani, era quello di una città prossima alla rovina.
Libro II:651 Anano si proponeva di lasciar da parte a poco a poco i preparativi di guerra e di indirizzare al bene della nazione i rivoluzionari e quegli sconsiderati dei cosiddetti Zeloti, ma dovette sotto­stare alla loro violenza, e diremo appresso quale fu la sua fine.
Libro II:652 - 22, 2. Nella toparchia di Acrabatene Simone figlio di Ghiora, raccolta una grossa banda di rivoluzionari, si diede al saccheggio e non solo depredava le case dei ricchi, ma ne maltrattava anche le persone, e già da allora si poteva comin­ciate a capire che si avviava a diventare un tiranno.
Libro II:653 Quando Anano e i magistrati mandarono contro di lui un esercito, egli si rifugiò con i suoi presso i briganti di Masada, e ivi rimase fino all'uccisione di Anano e degli altri suoi avversari facendo scorrerie nell'Idumea,
Libro II:654 sicché i capi di quella gente, per il gran numero degli uccisi e le continue ruberie, raccol­sero un esercito e presidiarono i villaggi. Tale era la situa­zione nell'Idumea.

LIBRO III

CAPITOLO PRIMO

Libro III:1 - 1, 1. Nerone, quando venne informato dei rovesci subiti in Giudea, fu naturalmente colto da una segreta angoscia e paura, mentre in pubblico affettava noncuranza e disdegno,


Libro III:2 dicendo che si trattava di episodi imputabili più a inerzia di comandanti che al valore dei nemici, e stimando che per il prestigio dell'impero gli conveniva di mostrare disprezzo per i casi avversi e di ostentare un animo superiore a ogni calamità.
Libro III:3 - 1, 2. Comunque la sua ansia interiore era tradita dalla preoccupazione, perché egli andava considerando a chi affidare l'o­riente in sommossa con l'incarico di punire l'insurrezione dei giudei e d'impedire il dilagare della ribellione che aveva già contagiato i paesi circonvicini.
Libro III:4 Trovò che il solo Vespasiano era all'altezza del compito e capace di sobbarcarsi al peso di una guerra così importante: un uomo che era invecchiato nei comandi militari esercitati fin dalla giovinezza e, dopo aver pacificato sotto il dominio di Roma l'occidente sconvolto dai Germani,
Libro III:5 aveva assoggettato la Britannia fino allora presso­ché sconosciuta, procurando al padre suo Claudio di cele­brare il trionfo su di essa senza assoggettarsi a personali fatiche.
Libro III:6 - 1, 3. Da ciò traendo favorevoli auspici, e avendo riguardo all'età matura e ricca d'esperienza, e considerando un gran pegno di fedeltà i suoi figli, che nel fiore degli anni erano come il braccio della mente paterna, e forse anche perché già il Dio andava realizzando qualche suo disegno circa le sorti dell'impero,
Libro III:7 Nerone lo inviò ad assumere il comando delle forze nella Siria dopo molti complimenti e attestazioni di stima dettate dalla necessità di quel momento critico.
Libro III:8 Vespa­siano dalla Grecia, ove si trovava al seguito di Nerone, inviò il figlio Tito ad Alessandria per rilevarne la legione decima­quinta; egli poi attraversò l'Ellesponto e raggiunse per via di terra la Siria, dove concentrò le forze romane e raccolse nu­merosi contingenti ausiliaria dai re delle regioni vicine.

LIBRO III

CAPITOLO SECONDO

Libro III:9 - 2, 1. I giudei, dopo la disfatta di Cestio, esaltati dagli insperati successi, non erano più capaci di frenare il loro ar­dore e, come infiammati dalla buona fortuna, spingevano ancor oltre il conflitto; pertanto raccolsero in fretta tutte le loro forze più combattive e mossero contro Ascalona.


Libro III:10 Que­sta è un'antica città, distante cinquecentoventi stadi da Geru­salemme, tenuta sempre in odio dai giudei, e anche perciò allora sembrò più vicina come obiettivo dei primi attacchi.
Libro III:11 Guidavano la spedizione tre uomini eminenti per il valore e l'intelligenza: Niger il Peraita, Silas il Babilonese e Giovanni l'Esseno.
Libro III:12 Ascalona era circondata da una potente cinta mu­raria, ma era pressoché priva di difensori; infatti era presi­diata da una coorte di fanteria e da una sola ala di cavalleria agli ordini di Antonio.
Libro III:13 - 2, 2. Quelli per il loro ardore aggressivo marciarono molto più speditamente e arrivarono come se fossero partiti da vi­cino.
Libro III:14 Antonio, che non ignorava la loro intenzione di attac­care, fece uscire i cavalieri e, senza lasciarsi per nulla impaurite né dal numero né dal coraggio dei nemici, affrontò animosa­mente i primi assalti e respinse quelli che avanzavano verso le mura.
Libro III:15 Poiché si trattava di un assalto di inesperti contro esperti di guerre, di individui a piedi contro soldati a cavallo, di gente disordinata contro uomini in ranghi compatti, di gente armata in maniera rudimentale contro soldati dotati di un regolare armamento, di una massa guidata più dalla furia che dalla riflessione contro soldati disciplinati che facevano tutto secondo gli ordini del comandante, gli attaccanti ebbero senz'altro la peggio;
Libro III:16 infatti appena le prime file si scompiglia­rono, furono volti in fuga dalla cavalleria e, scontratisi con quelli che alle loro spalle spingevano in direzione delle mura, diventarono gli uni i nemici degli altri fino a che, non resi­stendo alle cariche della cavalleria, si dispersero per tutta la pianura, che era ampia e interamente praticabile ai cavalli.
Libro III:17 Questo particolare, favorevole ai romani, causò un'immensa strage dei giudei; quelli infatti superavano in velocità i fug­giaschi, poi si voltavano e, passando attraverso le schiere che si erano accalcate nella fuga, ne uccidevano un numero ster­minato e poi, circondando i vari gruppi che cercavano scampo nelle varie direzioni e galoppando intorno a loro, li bersa­gliavano facilmente con le frecce.
Libro III:18 Ai giudei il loro gran nu­mero sembrava una solitudine per l'impotenza in cui si dibat­tevano, mentre i romani, sebbene fossero pochi, avevano nel loro trionfo l'impressione di essere superiori ai nemici anche nel numero.
Libro III:19 E poiché gli uni, nonostante le perdite, si ostinavano a combattere per la vergogna di essersi fatti così presto volgere in fuga e per la speranza di un rivolgimento, mentre gli altri non si stancavano di sfruttare il successo, la battaglia si protrasse fino a sera, quando restarono uccisi diecimila uomini dei giudei e due dei loro capi, Giovanni e Silas;
Libro III:20 tutti gli altri, per lo più feriti, insieme col capo super­stite Niger, si rifugiarono in una città dell'Idumea chiamata Chaallis.
Libro III:21 Anche alcuni pochi dei romani restarono feriti in questo combattimento.
Libro III:22 - 2, 3. I giudei non si lasciarono abbattere da un si grave disastro, anzi il rovescio subito ne esaltò l'audacia e, trascu­rando i cadaveri ai loro piedi, si fecero attirare dal pensiero dei precedenti trionfi a una seconda sconfitta.
Libro III:23 Senza nemmeno aspettare di curare le ferite, e raccolte tutte le forze, con mag­gior furia e in numero molto maggiore tornarono ad attac­care Ascalona.
Libro III:24 Ma con l'inesperienza e gli altri motivi di infe­riorità in guerra si portarono appresso la stessa fortuna di prima;
Libro III:25 avendo infatti Antonio teso agguati lungo le vie di accesso, quelli inavvertitamente incapparono nelle insidie e, accerchiati dai cavalieri prima di schierarsi a battaglia, di nuovo perdettero oltre ottomila uomini; tutti gli altri fuggirono, fra cui anche Niger, che nella fuga compì molti atti di valore, e incalzati dai nemici si raccolsero nella torre forti­ficata di un villaggio chiamato Belzedec.
Libro III:26 Gli uomini di An­tonio, per non logorarsi intorno alla torre che era difficil­mente espugnabile e, insieme, per non lasciar sopravvivere il comandante e il più valoroso dei nemici, diedero fuoco al muro.
Libro III:27 Incendiata la torre, i romani si ritirarono assai contenti al pensiero che anche Niger era perito; quello invece, saltando giù dalla torre, si era rifugiato nel sotterraneo più profondo della fortezza e tre giorni dopo si fece sentire da quelli che erano venuti a cercarlo in gramaglie per seppellirlo.
Libro III:28 Sbucato fuori, riempì di gioia insperata tutti i giudei che lo ritennero salvato dalla volontà di Dio perché li guidasse nelle future battaglie.
Libro III:29 - 2, 4. Vespasiano rilevò le sue forze da Antiochia, che è la capitale della Siria e per grandezza e opulenza occupa indi­scutibilmente il terzo posto fra le città del mondo romano - ivi aveva trovato ad attendere il suo arrivo anche il re Agrippa con tutte le sue milizie - e mosse alla volta di Tolemaide.
Libro III:30 In questa città fu raggiunto dagli abitanti di Sepphoris della Galilea, gli unici di quella regione che nutrissero intenzioni pacifiche;
Libro III:31 costoro, preoccupandosi e della loro salvezza e della potenza dei romani, prima che arrivasse Vespasiano avevano dato a Cesennio Gallo pegni di fedeltà e ne avevano ricevuto assicurazioni e avevano accolto una guarnigione.
Libro III:32 Al­lora poi fecero cordiali manifestazioni al comandante in capo e di buon grado promisero che lo avrebbero aiutato contro i loro connazionali;
Libro III:33 a loro richiesta il duce assegnò per la loro sicurezza fanti e cavalieri quanti ritenne sufficienti a respingere le incursioni, se i giudei avessero intrapreso qualche tenta­tivo;
Libro III:34 infatti per la guerra che si apriva appariva un rischio non piccolo la perdita di Sepphoris, che era la città più grande della Galilea, circondata da mura in una posizione fortissima e atta a vigilare tutta quella regione.


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