Francesco Morcaldi era solo a Roma. Emanuele Brunatto si era trasferito a Parigi per lavoro. "Vai a trovare le persone importanti che conosci in Vaticano" gli scrivevano gli amici da San Giovanni Rotondo. "Chiedi informazioni. Fissaci un appuntamento e verremo a parlare. Il Padre soffre, e ha bisogno di noi più che mai." Morcaldi leggeva quegli appelli angosciati, si rendeva conto della drammatica situazione che era venuta a crearsi lassù, al paese. Conosceva bene San Giovanni Rotondo e la sua gente per essere stato sindaco. E conosceva bene Padre Pio, l'affetto che il religioso aveva per gli abitanti. Si dava da fare. Prendeva contatti, chiedeva appuntamenti, ma non riusciva a combinare niente. "Nessuno ci vuole aiutare" rispondeva demoralizzato agli amici. "Siamo isolati. Coloro che stimano Padre Pio non hanno potere. Il cardinale Augusto Silj è morto; il cardinale Pietro Gasparri non è più segretario di Stato di Sua Santità; Monsignor Valbonesi non sta bene di salute e non esce più di casa; Don Orione continua a farmi coraggio, ma non ha mai proposte concrete. Ho allacciato nuove amicizie, nuovi contatti con persone che ammirano il Padre. In particolare con Padre Giuseppe Bini, un Camilliano amico di Don Orione che si dà molto da fare, ma anche lui combina poco. I nuovi padroni del Sant'Uffizio sono inavvicinabili. Mi sento sconfitto!" "Ieri ho visto il Padre e mi ha detto che ti pensa sempre e ti benedice" gli scrisse un giorno l'amico Antonio Massa. E quelle parole riaccesero l'entusiasmo di Morcaldi.. Il "Comitato per la difesa di Padre Pio" continuava a tenere riunioni. Da quando il Padre non scendeva più in chiesa per la celebrazione della Messa e per le confessioni, i contatti con lui erano diventati inesistenti. Riuscivano a ricevere solo brevi comunicazioni attraverso qualche biglietto che il Padre faceva uscire dal convento. Ma si trattava di poche parole, un saluto, l'espressione di un sentimento. Era quasi impossibile parlare con lui per chiedere consiglio su come agire. Ma l'immobilità, l'inerzia, parevano loro una colpa. - Di una cosa siamo assolutamente certi - dicevano nelle loro riunioni. - Questa prigionia forzata del Padre è ingiusta. - E di sicuro gli risulta anche dolorosa. - Dobbiamo fare qualche cosa. - Senza dubbio lui non vorrebbe azioni chiassose, violente, dimostrazioni di piazza. - Ma se potesse parlare ci chiederebbe di perorare la sua causa presso le autorità del Vaticano. Ecco allora che Francesco Morcaldi, trasferitosi quasi definitivamente a Roma, diventava il loro principale punto di riferimento. Morcaldi sentiva che tutte le speranze degli amici erano puntate su di lui ed era inquieto. Era rimasto letteralmente sconvolto dal nuovo severissimo provvedimento del Sant'Uffizio nei confronti di Padre Pio. Aveva in atto importanti trattative con alte autorità del Vaticano. Pensava di tenerle in pugno con il libro Lettera alla Chiesa. Il volume, già stampato e pronto per essere diffuso, era stato scritto da Morcaldi insieme a Brunatto e costituiva una violenta denuncia della vita scandalosa dei nemici del Padre. Il suo scopo era di dimostrare che non erano attendibili. La diffusione sarebbe stata impedita solo se le autorità ecclesiastiche avessero riabilitato Padre Pio. Morcaldi e Brunatto attendevano una risposta, però il Sant'Uffizio, con quella mossa a sorpresa, aveva ribadito la propria ostilità verso il Padre e la decisione di rifiutare ogni trattativa. Chiuso nell'appartamento di via Tibullo, Morcaldi meditava. "Devo trovare altre vie, altre possibilità, altri contatti" ripeteva fra sé. Nella speranza di ricevere un pò di conforto e qualche utile ispirazione, andò a trovare il dottor Festa. - Hai notizie? - gli domandò. - Nessuna. E tu? Domanda e risposta erano state pronunciate in un tono estremamente depresso. Si vedeva che i due amici erano molto angosciati. - Niente - rispose Morcaldi sedendosi. - Assolutamente niente - ripeté annoiato. Un silenzio pesante scese tra di loro. - Che stai facendo di bello? - domandò ad un certo momento Morcaldi sviando il discorso su altri argomenti e cercando di dimenticare per un pò la cappa opprimente di preoccupazioni che avvolgeva i loro animi. - Sto finendo il mio libro. - Un libro? Complimenti! Di che tratta? - domandò Morcaldi distratto. - È quel mio studio sulle stigmate di Padre Pio! - rispose il dottor Festa, meravigliandosi che la cosa avesse lasciato indifferente l'amico. - Ah sì, me ne avevi parlato tempo fa - disse Morcaldi improvvisamente attento. La parola "stigmate" aveva risvegliato tutte le sue preoccupazioni e i suoi interessi. Gli aveva fatto ricordare il Padre e balenare nella mente un'intuizione. - Che genere di studio è? - Io sono medico - disse il dottor Festa parlando sottovoce, come se stesse riflettendo. - Ho avuto la fortuna di studiare quelle piaghe più d’ogni altro. E l'ho fatto ufficialmente. Credo che una mia testimonianza potrebbe servire per la storia. Gli occhi di Morcaldi si illuminarono. L'intuizione che aveva avuto prese ancor più consistenza. Trattenne l'entusiasmo per non far sorgere sospetti nell'amico. - Penso che sia una buona idea - disse quasi con indifferenza. - Credo di avere grandi responsabilità di fronte a questo evento - proseguì il dottor Festa in tono meditativo. - Sono convinto che nella vita delle persone non succede mai niente per caso. Io non avrei mai pensato di dover diventare testimone di uno dei più importanti fenomeni mistici della storia. Ho studiato bene quelle ferite e non ho dubbi: la scienza non potrà mai darne spiegazioni plausibili. Sono quindi provocate da un intervento soprannaturale e, conoscendo ormai bene Padre Pio, ho la certezza che ci troviamo di fronte ad un evento mistico d’incalcolabile valore per la storia del mondo. Morcaldi era affascinato da quel modo di parlare pacato e monotono. Si rese conto che il dottor Festa aveva bisogno di esporre le proprie riflessioni a qualcuno. Le esponeva per chiarire dentro di sé ragionamenti e pensieri in modo da trovare poi la forza per passare all'azione. Era fatto così. Ormai lo conosceva. - Dici proprio bene - rispose con il proposito di assecondare quel gioco psicologico. - In Padre Pio ci sono tali e tanti misteri da far pensare certamente che abbia ricevuto da Dio una missione straordinaria. - Io le ho studiate a fondo quelle piaghe - continuò il dottor Festa seguendo il filo dei propri pensieri. - Sono l'unico che le ha viste in periodi diversi, a distanza di tempo. Perciò sono il più documentato. Le ho viste anche nel 1925, quando ho operato Padre Pio d’ernia. Dopo gli studi che avevo svolto nel 1919,”20 e”21, il Sant'Uffizio aveva proibito al Padre di mostrare ancora le sue piaghe. E ad una mia precisa richiesta, il Sant'Uffizio aveva dato risposta negativa. D'altra parte, a me sarebbe servito molto, da un punto di vista scientifico, poterle esaminare di nuovo dopo quattro, cinque anni dal primo studio. "L'occasione mi si presentò nel 1925, quando il Padre mi chiese di operarlo d’ernia. Al momento dell'intervento, però, come sai, rifiutò l'anestesia totale. Proprio per impedirmi di visitare le sue misteriose ferite, evitando così di disubbidire a precise disposizioni del Sant'Uffizio. Dovetti operarlo ricorrendo solo all’anestesia locale. Ad un certo momento, però, il Padre svenne per il dolore, e io ne ho approfittato per esaminare ancora le piaghe. Un esame veloce, ma importantissimo. "Come vedi, sembra che anche quell'incidente sia capitato proprio perché io potessi documentarmi ulteriormente. Ho riflettuto molto su queste coincidenze e mi sono convinto che dovevo agire." - A pensarci bene, infatti, solo tu, tra i medici che hanno visitato le ferite di Padre Pio, hai potuto raccogliere un'abbondante documentazione. - Nel 1919, quando fu diffusa la notizia delle stigmate, erano innumerevoli i colleghi che desideravano controllare il fenomeno. Solo a pochissimi è stato concesso di vedere quelle piaghe. E soltanto quattro hanno ricevuto il permesso di studiarle. Ma solo a me è toccato di vederle varie volte, e a distanza di tempo. - Sembra proprio che tu sia stato predestinato. - Come sai, il professor Bignami, che è ateo, pur dimostrando stima per Padre Pio, ha espresso un giudizio negativo. E ha visto quelle piaghe una sola volta, le ha esaminate nel corso di un paio d'ore. Padre Gemelli non le ha addirittura mai viste, noi lo sappiamo bene, ma ha compilato lo stesso una relazione negativa. Falsa, ma negativa! Bignami e Gemelli sono due persone famose: grande cattedratico il primo, celebre scienziato e teologo il secondo. E le loro relazioni, anche se, per ragioni diverse, non attendibili, hanno dettato legge. I loro giudizi hanno messo in croce Padre Pio. Anch'io ho presentato una relazione, e anche il dottor Romanelli lo ha fatto. Ma noi non siamo famosi agli occhi del mondo, i nostri giudizi sono rimasti sepolti negli archivi del Sant'Uffizio. - È sempre così nella vita - commentò Morcaldi. - Si fanno strada coloro che riescono a strepitare più forte. - Un giorno, riflettendo su quanto stava accadendo intorno a Padre Pio, ho capito di avere grandi responsabilità di fronte alla storia e ho deciso di preparare una trattazione scientifica, testimoniando meticolosamente tutto quello che ho visto. - Hai fatto bene. - Mio caro Francesco, io, tu, Gemelli, Bignami, i cardinali dél Sant'Uffizio siamo destinati a sparire nel giro di qualche decennio, ma quello che è accaduto a Padre Pio sarà ricordato nei secoli. Si tratta di un messaggio di Dio al mondo. - Sei grande, Giorgio! - Ho soltanto preso coscienza delle opportunità che mi si sono presentate. - Quindi, il tuo libro è pronto - disse Morcaldi rincorrendo l'intuizione che si era accesa nella sua mente. - Sì, è pronto. Ho finito di mettere a fuoco i particolari storici, ho vagliato tutte le osservazioni scientifiche. Posso dire che è pronto. - Quando lo pubblichi? - Non so lo. Non certo adesso. Ho scritto per la storia. Divulgare una cosa del genere ora sarebbe un suicidio. Nel libro ho dovuto polemizzare pesantemente con Gemelli, denunciare il falso da lui commesso. Se pubblicassi il libro sarei finito: Gemelli è uno che non perdona. - In questo momento, però, un libro come il tuo potrebbe essere utile per la causa di Padre Pio. - Non credo. Il mio libro sarebbe criticato, deriso, demolito, probabilmente sarebbero istruiti anche dei processi e finirei in prigione. Non è il momento per pensare ad una pubblicazione. Mentre in futuro, quando la Chiesa e la Scienza avranno il coraggio di affrontare l'evento delle stigmate di Padre Pio con serenità, il mio libro diventerà una testimonianza scientifica di straordinario valore, in quanto io, medico, ho visto e studiato fin dall'inizio. - Hai veramente compiuto un lavoro eccezionale e preziosissimo - osservò Morcaldi. E subito aggiunse: - Mi piacerebbe poter leggere il tuo lavoro. - Te lo do volentieri - replicò subito il dottor Festa. - Tu conosci bene Padre Pio, hai seguito tutte queste vicende come me, potresti darmi altri importanti suggerimenti e aiutarmi ad aggiungere particolari per chiarire meglio i fatti. Ti sarei grato se lo leggessi attentamente prendendo appunti, cosicché poi potrò arricchire il mio lavoro. - Figurati se non lo farò volentieri e con diligenza. Nella mente di Morcaldi mulinava un progetto ambizioso. Voleva tentare di far conoscere subito quello studio scientifico a diversi cardinali e personalità cattoliche, per accreditare la tesi della serietà del "caso Padre Pio". "Un documento del genere dovrebbe avere l'effetto di una bomba" si diceva mentalmente Morcaldi. Sapeva che per realizzare il progetto avrebbe dovuto tradire la fiducia dell'amico. Si sentiva un verme per questo, ma non gli restavano alternative. Il dottor Festa estrasse da un cassetto della scrivania un grosso dattiloscritto. - Mi raccomando, è una cosa segreta - disse consegnandolo a Morcaldi. - Non farlo vedere a nessuno. - Stai tranquillo. - Leggilo in fretta e riportamelo subito. - In pochi giorni sarò di nuovo qui da te. Tornando a casa, Morcaldi aveva là testa in ebollizione. Era ormai buio. Camminava distrattamente per la strada molto affollata a quell'ora. Volti stanchi e tristi. Una folla che rientrava dal lavoro nelle case. L’umanità affaticata. Morcaldi, assorto nei propri pensieri, rischiò di finire sotto un tram. Era convinto che quel manoscritto potesse avere un peso determinante nella vicenda di Padre Pio. Uno studio medico completo, meditato, costato anni di lavoro ad un ricercatore serio e preciso come il dottor Festa! Vedeva già i titoli sui giornali e l'imbarazzo delle autorità ecclesiastiche. "Qui non ci sono di mezzo ricatti, scandali, chiacchiere, impressioni, emozioni, ipotesi" si diceva. "Qui c'è la testimonianza di un grande medico." Giunto nell'appartamento di via Tibullo, si gettò sul letto e cominciò a leggere. Al mattino aveva finito. "Una bomba, una vera bomba" ripeteva fra sé. Non era stanco per aver trascorso la notte insonne. Quel che aveva letto gli aveva dato energia, forza, ottimismo, sicurezza, voglia di lottare. "Questo libro va fatto conoscere subito" disse fra sé. Aveva un piano. Usci in città, contattò alcuni dattilografi disposti a lavorare anche di notte. Li convocò a casa sua e trasformò la cucina e il piccolo soggiorno in una copisteria. In una settimana riuscì a preparare una trentina di copie e poi andò a restituire il manoscritto al dottor Festa dicendogli: - Hai scritto un capolavoro. - Ti ringrazio, sei molto gentile - rispose il medico commosso. Avrebbe voluto parlare, discutere di quel lavoro con l'amico, ma Morcaldi lo aveva già salutato e se n'era andato via come il fulmine. - Sempre di corsa, sempre indaffarato - disse Festa scuotendo il capo. Morcaldi fece rilegare elegantemente le copie, in modo che sembrassero dei veri libri stampati. Le portò di persona ai cardinali che conosceva da tempo e con i quali era in contatto per la "riabilitazione" di Padre Pio. - Leggete - diceva. - Rendetevi conto dell'importanza scientifica del caso e dell'ingiustizia che si sta compiendo nei confronti di questo uomo di Dio. Finito il giro della consegne, decise di sparire dalla circolazione, almeno per un pò. Lasciò Roma e si ritirò presso una famiglia amica nei pressi di San Giovanni Rotondo. Alcuni giorni dopo scoppiò il finimondo. Il dottor Festa cominciò a ricevere lettere e telegrammi. Contenevano congratulazioni e proteste, ma anche minacce. "Quel farabutto mi ha fregato" pensò. "Adesso però me la paga salata." Furibondo, andò alla ricerca dell'amico, ma l'appartamento di via Tibullo era chiuso. - Da giorni non si vede nessuno - gli dissero i vicini. Inviò telegrammi a San Giovanni Rotondo, ma anche là, di Morcaldi nessuna traccia. Una mattina ricevette un biglietto dal cardinale Gasparri: "Se le è possibile, venga oggi pomeriggio a casa mia". "Sono perduto" si disse il dottor Festa. Era certo che la convocazione da parte dell'illustre porporato riguardasse il suo manoscritto. "La prima copia Morcaldi l'ha portata di sicuro a Gasparri, e chissà che cosa vuole sapere adesso Sua Eminenza" ripeteva fra sé camminando nervoso nello studio. Non riuscì a pranzare. Era solito concedersi una breve pennichella nelle prime ore del pomeriggio, ma quel giorno non ci fu niente da fare. Aveva l'impressione che gli mancasse il respiro. Alle 16 era davanti all'appartamento dell'ex segretario di Stato di Pio XI. Si domandava se fosse l'ora adatta per suonare, oppure se fosse troppo presto. "Nel suo biglietto ha scritto nel pomeriggio si disse angosciato. "Sono le quattro, anche se fosse andato a riposare a quest'ora dovrebbe essere in piedi." Attese ancora un pò. Fece il giro del palazzo e poi suonò. - Sono il dottor Festa - disse al domestico che venne alla porta. - Sua Eminenza l'attende nello studio - rispose questi facendogli strada nel grande appartamento, che aveva lo strano odore tipico delle biblioteche. - Oh, molto piacere di vederla - disse il cardinale alzandosi a fatica dalla sedia e andandogli incontro con modi cordiali. Gli strinse la mano, sorridente. Il dottor Festa Io osservava cercando di scorgere tra le pieghe del viso un messaggio, un'informazione. - Mi dispiace averla disturbata - esordì il cardinale entrando immediatamente in argomento. - Ho letto il suo studio e volevo avere qualche chiarimento. Tornò alla scrivania dove teneva aperto il manoscritto. Cercò alcuni punti che aveva segnato inserendo dei fogli nelle pagine. - Bel lavoro - mormorò come parlando a se stesso. Poi, rivolgendosi al medico, aggiunse: - Oh, ecco qui, ho trovato. Volevo sapere qualche cosa di più preciso a proposito del capitolo che ha dedicato a Padre Gemelli. - Eminenza, quello che ho scritto corrisponde nel modo più assoluto alla verità. - Se combinassi un incontro con Padre Gemelli, qui a casa mia, lei verrebbe? - Senz'altro, Eminenza. Anzi, mi farebbe proprio piacere poter discutere con Gemelli di questa vicenda. Tutte le volte che ci siamo incontrati, mi ha dato assicurazioni che poi ha smentito con i fatti. - Le saprò dire. Comunque, devo farle i miei complimenti. Bel lavoro. Curato, importantissimo direi. Perché non lo pubblica? La domanda colse il dottor Festa in contropiede. - Non so se ne vale la pena - rispose. - Lo pubblichi - disse serio il cardinale. Festa ricevette molte congratulazioni. Lettere lunghissime da colleghi ammirati, e anche da personalità del mondo cattolico. Si rese conto che Padre Pio aveva numerosi ammiratori che però non volevano apparire. Con il passare dei giorni, la sua rabbia contro Morcaldi andò sbollendo. Rimase però la paura. "Gemelli mi distruggerà" ripeteva fra sé molto preoccupato, ma nello stesso tempo sperava nell'incontro in casa del cardinale Gasparri. "Almeno potrò chiarire che io non volevo rendere di dominio pubblico il mio lavoro" si diceva. Morcaldi seguiva quanto avveniva a Roma attraverso persone fidate. Quando seppe che il dottor Festa si era calmato e non andava più a cercarlo in via Tibullo, decise di rientrare. Si presentò a casa dell'amico pronto a ricevere qualsiasi rimprovero. - Sei un vigliacco, un farabutto, non potrò mai più fidarmi di te - lo investì il dottor Festa fingendo una rabbia che ormai non provava più. - Sono venuto a chiederti perdono. - Perdono un corno. Mi hai recato un danno morale grandissimo. Ti ho denunciato. - Picchiami, se vuoi, ma sappi che l'ho fatto solo per Padre Pio. Aveva preparato una sceneggiata che a quel punto prevedeva che lui cadesse in ginocchio davanti all'amico, ma non fu necessario, perché si era reso conto che Festa non era per niente furibondo. Anzi, a giudicare dal tono della voce non era neppure arrabbiato. E Morcaldi cambiò subito registro: - Tutti dicono che il tuo libro è un vero capolavoro. - Per la verità, anch'io ho ricevuto tante testimonianze di stima e felicitazioni - disse Festa compiaciuto. - Perché non lo pubblichi? - Mi hai tradito. Avresti almeno potuto chiedere il mio permesso, prima di farlo conoscere. - Ero certo che non me lo avresti concesso, ma sapevo che sarebbe stato utile alla nostra causa. Comunque, io l’ho dato a poche persone, alcuni cardinali e alti prelati. Sono stati loro a divulgarlo. - Non raccontarmi frottole. In ogni caso ti devo dire che ho ricevuto tante di quelle lodi che non me lo sarei mai aspettato. -Vedi? Ho fatto bene. Tu avevi paura, invece... - Invece un bel niente - lo interruppe Festa. - Sono sempre qui in attesa della vendetta di Gemelli. Quello non perdona. È un uomo freddo, non agisce d'impulso. Sta solo aspettando il momento giusto per distruggermi, e sono certo che lo farà. - Se vuoi impedirglielo, devi passare all'attacco - suggerì Morcaldi. - Poiché il libro ha suscitato tanti consensi, pubblicalo, e Gemelli avrà paura del tuo successo. - Potrebbe essere una buona soluzione - replicò Festa sorprendendo ancora una volta Morcaldi. -Però non devi perdere tempo. È adesso che il libro può servire alla nostra causa. - Appena ho cominciato a ricevere lettere - disse Festa – ho capito che avevi messo in giro il mio manoscritto Sono andato dai carabinieri e ho sporto denuncia. Ma contro ignoti: non volevo coinvolgerti. Desideravo però mettermi al sicuro. Se Gemelli mi querelasse, ho un alibi: in realtà non intendevo rendere di dominio pubblico il mio lavoro. "Adesso però ho delle ragioni per pubblicarlo. Aggiungo un'introduzione in cui racconto che il manoscritto mi è stato sottratto e poi è stato messo in circolazione a mia insaputa. Molti citano brani a sproposito, attribuendomi affermazioni e giudizi che danneggiano la mia professionalità. E allora, per tutelarmi, sono costretto a uscire allo scoperto facendo conoscere l'originale autentico delle mie ricerche. - Ottima decisione. - Ma chi lo pubblica? Non credo di poter trovare un editore pronto a mettersi contro Gemelli. - Pubblicalo in proprio. - Non ho soldi. Oltre tutto, sinceramente, non voglio rischia re. - Lo pubblico io. - Se trovi un finanziamento, sono d'accordo. - Ho dei risparmi, li investo in questo libro. Morcaldi, in realtà, non aveva una lira. Doveva ancora pagare i dattilografi che lo avevano aiutato a preparare le trenta copie del manoscritto. Ma era certo che il libro sarebbe servito alla causa di Padre Pio, e per lui era disposto a qualunque sacrificio. Cominciò a visitare tutte le persone importanti che conosceva a Roma. Parlava del libro che intendeva pubblicare. Raccontava com'era nato e che cosa conteneva. Doveva anche riferire della polemica con Padre Gemelli, e tutti, di fronte a questo particolare, diventavano prudenti. Gemelli era una potenza. Non riuscì a trovare nessuno che lo aiutasse nell'impresa. Si sarebbe dovuto mettere a cercare in altri ambienti, ma aveva fretta: il libro doveva uscire al più presto. Era una carta decisiva da giocare per la liberazione di Padre Pio. In quel momento, tuttavia, era impossibile. Morcaldi, intanto, continuò a servirsi delle copie che aveva fatto realizzare.
4
Chiamò Padre Francesco Saverio e sono un religioso dei Carmelitani Scalzi. Alcuni amici mi hanno parlato di lei, e mi piacerebbe poterla incontrare. Se ha un pomeriggio libero, venga a trovarmi alla chiesa di Santa Teresa, in Corso Italia." Francesco Morcaldi trovò il biglietto tra la corrispondenza rientrando a Roma da uno dei suoi viaggi a San Giovanni Rotondo. Lo osservò, attratto anche dalla scrittura nitida e lineare. Non conosceva questo Padre Francesco Saverio. Sapeva però dove si trovava la chiesa di Santa Teresa. E poiché annaspava alla ricerca d’agganci, di contatti che potessero aiutare Padre Pio, pensò che ogni pista poteva essere quella buona e decise di andare dal Carmelitano quel giorno stesso. - Oh, avvocato, che piacere conoscerla! Morcaldi si trovò di fronte ad un religioso d’età imprecisata, ma non inferiore alla sessantina, alto, magrissimo, che metteva allegria al solo guardarlo. - Venga, dobbiamo parlare - aggiunse con un sorriso molto cordiale. Gli fece strada all'interno della chiesa. Passando davanti all'altare maggiore fece una profonda e armoniosa genuflessione, mantenendo il busto perfettamente eretto e fermandosi qualche attimo in devota preghiera con il ginocchio a terra e lo sguardo fisso verso il tabernacolo. "È uno di quelli che ci credono" disse fra sé Morcaldi, ammirato da quella fede semplice e viva. Padre Saverio invitò l'ospite ad entrare in una saletta accanto alla sacrestia. - Qui nessuno ci disturba - disse. - Prego, si accomodi - e si sedette dall'altra parte del tavolo. - Ho bisogno che mi parli di Padre Pio - aggiunse immediatamente. - Amici comuni mi hanno riferito che lei lo conosce bene. Tutto si era svolto senza che Morcaldi avesse trovato l'occasione per dire una parola. Sembrava che Padre Saverio fosse al corrente di tutto, avesse idee chiare, avesse atteso quel momento da tempo. - Come mai questa curiosità? - domandò Morcaldi un pò sospettoso. - Da anni sento parlare di lui. Ma sempre da persone che riferiscono cose sentite da altri. - Che cosa le hanno raccontato? - Di tutto. Nel bene e nel male. Tanto bene e tanto male. Per questo ho cominciato ad incuriosirmi. Non è possibile che uno sia contemporaneamente un santo e un demonio. Morcaldi sorrise. - Per me è un angelo. - Fortunato lei che conosce un angelo. Piacerebbe anche a me conoscerlo. - Chi le ha fatto il mio nome? - domandò ancora Morcaldi, che non riusciva a capire da quali intenzioni fosse mosso quel religioso nella ricerca d’informazioni su Padre Pio. - Don Orione e Padre Bini. - Ah! - fece Morcaldi felice, e lasciando subito cadere tutti i suoi sospetti aggiunse: - Da Don Orione deve aver sentito "il bene" su Padre Pio. E anche da Padre Bini. - Esatto, ma in certi ambienti influenti del Vaticano, dove mi trovo spesso, ho sentito l'altra campana. E questi ambienti sono molto vicini al Sant'Uffizio. Certamente lei sa quale suono aveva quella campana. - Certo che lo so, eccome! Caro Padre, se Don Orione l'ha mandata da me significa che lei mi può aiutare. - Perlomeno ho intenzione di aiutarla. Anzi, vorrei aiutare Padre Pio. - Mai come in questi momenti il Padre ha bisogno d’aiuto. Vengo da San Giovanni Rotondo, dove mi sono fermato alcuni giorni, ma senza poterlo vedere. Mi hanno riferito però che soffre moltissimo, non tanto per le calunnie infami che sono state messe in giro sul suo conto, quanto per non poter confessare. Era uno che stava in confessionale anche diciotto ore al giorno. I penitenti attendevano due, tre settimane per confessarsi da lui. Venivano da ogni parte e se ne tornavano a casa convertiti, trasformati. E ora gli hanno tolto la facoltà di confessare. - Mi è stato riferito. È un provvedimento severo, che presuppone mancanze gravissime. - Padre Pio è innocente come un angelo. - Che cosa sta facendo per difendersi? - Niente, che io sappia. Soffre e piange. - Male - disse deciso Padre Saverio. - L'innocente deve difendersi. Ricordo che un mio antico confratello, Padre Antonio, coofondatore dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi insieme a San Giovanni della Croce e a Santa Teresa d'Avila, diceva: "Un sacerdote innocente che non si difende quando è accusato di colpe gravi commette peccato mortale". - Ma come potrebbe difendersi Padre Pio? Gli hanno proibito d’avere contatti con la gente, di scrivere lettere. Vive isolato dentro il convento. Non può neppure dire la Messa in pubblico. Dovrebbero difenderlo i suoi confratelli, ma anche loro sono accusati di colpe orribili e quindi non hanno alcun credito. Si è scatenato un meccanismo diabolico perciò questo povero innocente si trova nella condizione di non poter neppure tentare la propria difesa. Per questo noi suoi amici laici e suoi "figli spirituali", ci diamo da fare. - Lei che cosa sta combinando in suo favore? - Io batto due strade. La prima mira a dimostrare che Padre Pio è un religioso dotato di straordinari carismi, quindi un uomo di Dio. Ho fatto pubblicare un poderoso studio scientifico sulle ferite che da tredici anni il Padre ha sul proprio corpo. Si tratta della relazione di un medico che a suo tempo ebbe modo di studiare quelle piaghe ufficialmente, anche a nome del Sant'Uffizio. È l'unico medico che le ha esaminate a lungo, osservandole ripetutamente, in tempi diversi e lontani. E le sue conclusioni non lasciano dubbi: sono segni inspiegabili per la scienza medica. "La seconda strada ha lo scopo di dimostrare che le accuse mosse contro Padre Pio sono false. Con un amico, figlio spirituale del Padre, abbiamo svolto un'inchiesta meticolosa e poi scritto un libro sulle persone che accusano il Padre, dimostrando che non sono attendibili. Anzi, dimostrando che hanno ordito un piano diabolico per distruggere il suo prestigio attraverso una serie di calunnie inventate di sana pianta." -Interessante. E perché queste persone nutrirebbero tanto odio per Padre Pio? -Perché lui vive da santo e loro da malandrini. La gente fa i confronti, e quegli individui vorrebbero dimostrare che il Padre non è diverso da loro. - Mi piacerebbe leggere questi due libri. - Glieli faccio avere domattina. - Li aspetto, li leggerò e poi ci vedremo di nuovo. - Si alzò di scatto, agilissimo. - È stato un piacere parlare con lei, e ci tengo a vederla quanto prima. Non si pentirà. - Salutò cordialmente Morcaldi stringendogli la mano con vigore e lo accompagnò alla porta che dal convento immetteva in chiesa. - Arrivederci - disse ancora con un simpatico sorriso. «È un personaggio curioso" pensava Morcaldi mentre attraversava la chiesa per tornare in corso Italia. «Però mi sembra una persona sincera." Quattro giorni dopo Morcaldi ricevette un nuovo biglietto da Padre Saverio: «Ho bisogno di vederla". Ci andò subito. Accorreva in tutte le direzioni che potessero offrirgli qualche aiuto per Padre Pio. Dopo il primo incontro, Morcaldi aveva svolto indagini su Padre Saverio, scoprendo che quel religioso era una personalità importante. Era assai stimato in Vaticano, legato a cardinali e alti prelati. Era inoltre il confessore del cardinale Raffaello Carlo Rossi, un porporato di gran prestigio da poco nominato segretario della Sacra Congregazione Concistoriale. - Ho parlato con il cardinale Rossi, che conosco bene - esordì Padre Saverio. - Gli ho portato anche i due libri che mi ha dato. - Che dice il cardinale? - Vuole incontrarla. - Quando? -Appena lei ha tempo. - Anche subito. - Bene. Mi ha già detto che, se per lei va bene, l'aspetta domattina alle 10 nel suo ufficio, alla Concistoriale. Morcaldi arrivò in anticipo. Poiché gli uffici della Concistoriale si trovavano nella piazza antistante la Basilica di San Pietro, cercò di ingannare il tempo ammirando la bellezza di quella grande chiesa e del mastodontico colonnato. Mentre osservava compiaciuto, però, vide sul fondo, a sinistra, dietro il colonnato, il palazzo del Sant'Uffizio, e quella visione lo rese nervoso. Sentì crescere dentro di sé un astio irrefrenabile. "Noi cristiani costruiamo monumenti, innalziamo chiese, ma a volte uccidiamo le persone" borbottava fra sé, pensando naturalmente a Padre Pio e alla sua condizione di carcerato sancita da un decreto del Sant'Uffizio. « Chissà se un giorno davanti a questa chiesa, in questa piazza, si raduneranno delle persone per esaltare le virtù di Padre Pio, oppure se la sua vicenda si concluderà lasciando soltanto una marea di denunce e documenti negli archivi del Sant'Uffizio. Chissà! E quando? Tra quanti anni o secoli?" Il campanile della vicina chiesa di Sant'Ignazio suonò le 10. Morcaldi salì al secondo piano del palazzo della Concistoriale. Era atteso e venne fatto accomodare in un'ampia sala dai soffitti altissimi. Le finestre davano su Piazza San Pietro. Dopo pochi secondi, da una porta laterale, perfettamente mimetizzata nella parete, arrivò il cardinale Rossi. Morcaldi rimase sorpreso dal suo aspetto giovanile. Sapeva che aveva cinquantacinque anni, ma non li dimostrava affatto. - Ho letto i due libri che mi ha dato Padre Saverio – esordì asciutto e quasi irritato mentre Morcaldi gli baciava l'anello. - Che ne pensa, Eminenza? - Interessante il manoscritto del dottor Festa. Molto preoccupante e sconcertante invece la Lettera alla Chiesa. Morcaldi si trovò spiazzato e non gli vennero le parole per replicare. - Perché tanto astio, tanto accanimento contro la Chiesa? - domandò il cardinale sempre in un tono intriso di livore. - Non contro la Chiesa, ma contro alcune persone che alla Chiesa fanno del male - rispose Morcaldi che si stava risvegliando dal torpore iniziale. - Ne è sicuro? - Credo di averlo ampiamente dimostrato - affermò risoluto. Si sentiva meglio. Aveva vinto l'indecisione del primo impatto e voleva tener testa a quel cardinale che tentava di metterlo in soggezione. - La pubblicazione di un simile libro sarebbe molto dannosa per la Chiesa - disse ancora il cardinale. - Pensa che l'ingiusta condanna di un innocente faccia onore alla Chiesa? - replicò Morcaldi. - Non spetta a lei dire che si tratta d’ingiusta condanna. - Se ha letto bene il mio libro, ho ampiamente dimostrato che le accuse sono costituite da calunnie, e si sono rivelate tali anche nel corso di un'inchiesta svolta proprio dal Vaticano. Tanto è vero che i responsabili sono stati tutti puniti. Ma l'innocente, invece di una riabilitazione piena, ha ricevuto ulteriori punizioni, anzi, la carcerazione. - Ci saranno certamente delle ragioni gravi. - Altre calunnie, non ragioni. - Come fa ad esserne sicuro? - Sono un avvocato e seguo questa vicenda da dieci anni. Posso ritenermi un esperto. - Volete sollevare uno scandalo per motivi finanziari? - Se avessimo avuto questa intenzione, con il materiale in nostro possesso avremmo già agito, e in modo assai più pesante che non compilando quel libro. Il cardinale rimase qualche attimo in silenzio riflettendo, poi disse cambiando tono: - Padre Saverio mi ha parlato molto bene di lei. Mi ha detto che è un figlio devoto della Chiesa. - Faccio del mio meglio. Da giovane sono stato un pò distratto, non mi interessavo di certi valori, ma poi ho avuto la fortuna di incontrare Padre Pio, e lui mi ha cambiato. - Io sono convinto che la Chiesa farà giustizia e che Padre Pio sarà riabilitato. - È un ritornello che sento ormai da anni. Mi permetta di prendere le sue affermazioni con un pò di scetticismo. - Si fidi di me - disse il cardinale con dolcezza. Questa volta fu Morcaldi a rimanere alcuni secondi in silenzio. Sentiva nelle orecchie la frase di Padre Pio: "Satanasso, gettati ai piedi della Madre Chiesa". "Perché sento quelle parole?" si domandò Morcaldi. "Significa forse che mi devo fidare del cardinale?" - Mi fido certamente di lei, Eminenza - disse infine Morcaldi. - Ma so che anche lei non è in grado di risolvere il problema da solo; Nemmeno il cardinale Gasparri, quando era segretario di Stato, è mai riuscito a fare quel che riteneva giusto e che voleva fare per Padre Pio. La questione è molto ingarbugliata. Perciò io e gli amici miei, dopo anni d’attesa abbiamo deciso di ricorrere a questi mezzi estremi che, ne siamo consapevoli, non sono certo raccomanda bili. - Mi fa piacere che lo riconosca - commentò brusco il cardinale. - Voi in realtà state ricattando la Chiesa. - È proprio così. Noi abbiamo compilato questo libro raccontando la verità. Una verità che serviva ad evidenziare un'enorme ingiustizia. Non lo abbiamo pubblicato subito perché lo scopo era di informare i responsabili. Perciò abbiamo diffuso alcune copie dattiloscritte solo fra gli "addetti ai lavori". I quali, come le ho già detto, se ne sono serviti, hanno constatato che le nostre denunce corrispondevano al vero, hanno punito i colpevoli, ma senza riparare l'ingiustizia. Adesso noi chiediamo che quell'ingiustizia sia riparata, e al più presto, altrimenti il libro sarà reso di dominio pubblico. - Un ricatto bell'e buono. - Certamente, un ricatto. Chi conosce l'ingiustizia e non la combatte si rende responsabile della stessa. Trattandosi di persona a noi molto cara, vogliamo aiutarla in tutti i modi. - Quella che state percorrendo non è la strada giusta. - Ci indichi lei quella efficace. - Fidatevi di me: mi impegno personalmente a chiarire la questione, cioè a rendere giustizia a Padre Pio. Ma voi dovete dare una prova tangibile del vostro attaccamento alla Chiesa, della vostra fiducia filiale in essa. - Che genere di prova? - Consegnare tutte le copie della Lettera alla Chiesa e gli originali dei documenti che contiene. - Lei mi chiede una cosa impossibile. - Non sono io a chiedergliela, è la Chiesa. - Ci sono altre persone coinvolte in questa impresa. Abbiamo lavorato insieme per mesi e mesi, affrontando sacrifici indicibili. Non accetteranno mai di consegnare i documenti. - Io le prometto, le do la mia parola, che il vostro gesto servirà ad ottenere ciò che volete. - E come posso spiegarlo agli altri? - Non sono in grado di aiutarla. Per quanto mi riguarda, mi espongo di persona. Al resto deve provvedere lei. Morcaldi si sentiva schiacciare. "E se, dopo avergli consegnato quei documenti, il cardinale non mantenesse la promessa?" si domandava. Ma subito aggiungeva fra sé: «Se non mi fido di un cardinale che mi dà la sua parola d'onore, non mi posso più fidare di nessuno". Doveva decidere. Pensò a Padre Pio quasi invocandolo per avere un consiglio. Vide i suoi occhi corrucciati e udì la sua voce che gli diceva: "Satanasso, gettati ai piedi della Chiesa". - Va bene. Io mi fido di lei e offro alla Chiesa la mia prova di fiducia. Mi auguro di non rimanere deluso per l'ennesima volta. - Ora so che lei è un devoto figlio della Chiesa come mi ha assicurato Padre Saverio - disse il cardinale alzandosi dalla sedia. - Non se ne pentirà, glielo assicuro. Alzò la mano benedicente. Morcaldi si inginocchiò ai suoi piedi. - Teniamoci in contatto attraverso Padre Saverio - aggiunse il cardinale uscendo dalla porta laterale da cui era arrivato.