Sociolinguistica sociolinguistics l-20


SOCIOLINGUISTICA E DISCIPLINE AFFINI



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2SOCIOLINGUISTICA E DISCIPLINE AFFINI

2.1.1Sociolinguistica e sociologia del linguaggio


Il termine Sociolinguistics appare nel 1952. E’ una scienza di confine, caratterizzata da forte interdisciplinarità. Scienza eminentemente linguistica, si differenzia dalla sociologia del linguaggio, specializzazione sociologica, che studia l'organizzazione sociale del comportamento linguistico ( J. Fishman).

Sociologia del linguaggio è lo studio dei contenuti che discendono dalla considerazione sociale "generale" del fenomeno lingua inteso come langue saussuriana, e sociolinguistica lo studio degli aspetti sociali della parole saussuriana, vale a dire dell'attualizzazione concreta della lingua in rapporti quotidiani di scambio linguistico, orizzontale o diagonale, tra individui, gruppi sociali o comunità.

2.1.2Sociolinguistica e Filosofia del linguaggio


La filosofia del linguaggio indaga le relazioni tra linguaggio, pensiero e realtà. Studia il rapporto tra segno e significato e la capacità umana di usarli nella comunicazione. Ogni problema pratico rimanda infatti a questioni teoriche: la comunicazione umana è un fatto che concerne la psicologia, la metafisica, l'epistemologia, la logica, la linguistica, la semiotica? In un certo senso, tutte queste discipline sono coinvolte.

2.1.3Sociolinguistica ed etnolinguistica.


Sociolinguistica ed etnolinguistica sono considerate le due branche della macrolinguistica: la prima è in voga nelle società evolute, dotate di grande complessità interna; la seconda nelle culture primitive di cui studia il linguaggio in rapporto alla cultura; è la "sociolinguistica delle società primitive" (Berruto).

La “lingua degli altri” suscita di solito curiosità e interesse (Cardona 1987), spesso immotivati giudizi di valore. Si sa che per il mondo greco antico gli uomini si dividono in Hellenes e barbari (βαρβαροφώνοι [barbaro-phònoi] ‘balbuzienti’). Alle società primitive si riferiscono in genere gli etnolinguisti (Franz Boas, Edward Sapir, Bronislaw Malinowski, Alessandro Duranti ecc.).


A livello di sistema la SL ha connessioni con le seguenti discipline:

• Dialettologia (Dialectology)

• Creolistica (Creolistics)

• Linguistica variazionale (Varietätenlinguistik)


A livello di uso la SL ha connessioni con le seguenti discipline:

• Pragmatica

• Analisi della conversazione

• Etnometodologia

• Etnografia della comunicazione

• Etnolinguistica

Psicologia sociale

2.1.4Sociolinguistica e scienze cognitive


La lingua è come un “modello” cognitivo: riflette la realtà come appare ai parlanti.

Cardona spiega il concetto di "modello" ricordando la carta geografica, che dipinge la realtà si una scala ridotta.

Modelli etnolinguistici sono gli usi specifici del genere grammaticale per veicolare valori culturali: per i paesi mediterranei la luna è femmina, il sole maschio; per i Tedeschi è il contrario: Der Mond (la luna) è di genere maschile, die Sonne (il sole) è femminile.

Si pensi poi al genere grammaticale assegnato a certi veicoli: la Cinquecento è femmina, il BMW è di solito maschile. L’arabo jihād «guerra santa», propriamente «sforzo» (per il genere grammaticale, è maschile in arabo, femminile in italiano per accostamento a guerra (cfr. Sgroi 1995: 59).


Altro esempio: il sistema dei numeri grammaticali. Le lingue che hanno solo singolare e plurale “vedono” il mondo in modo diverso dalle lingue che dispongono di singolare, duale e plurale. Alcune ripartiscono il mondo con le categorie animato/inanimato; ad es. il tocario, lingua indoeuropea dell’estremo oriente, ha strumenti morfologici per classificare gli “esseri razionali” (dotati di anima), tra cui il cane ed “esseri irrazionali”, tra cui la donna.

Una questione interessante è quella del genere grammaticale che viene assegnato ai prestiti: perché Leadership, Login sono di norma femminili in italiano?



2.1.5Etnoscienza e tassonomie


Negli ultimi decenni è maturato il concetto di etnoscienza, il complesso di saperi di una comunità linguistico-culturale. Lo studio delle conoscenze etnoscientifiche mostra che la lingua non è un mero repertorio: ad ogni lingua corrisponde un'organizzazione particolare dei dati dell'esperienza.
Tassinomia linguistica e classificazione del reale.

Saussure (Cours, 19) insegnava che la lingua è «un principio di classificazione».

Ciò discende dall’altro assioma saussuriano che definisce la lingua un sistema: l’esempio egli scacchi.
Cardona, Etnolinguistica, 110: «Ogni cultura elabora tassonomie (cioè classificazioni sistematiche) dei diversi settori dell'esperienza, non solo del reale empiricamente percepibile, ma anche di istituzioni (es. i sistemi di parentela), di complessi tecnologici (mestieri, tecniche)». Es.: il sistema patrilineare ie.
+ Tassonomie scientifiche (classificazioni apparentemente oggettive): tavola degli elementi chimici di Mendeleiev, Systema Naturae di Carlo Linneo (1753).
+ Tassonomie etnologiche (incomplete e sproporzionate): La suddivisione dell'universo materiale in cose e dell'universo mentale in concetti è tipica di ogni cultura. Il nostro modo di classificare la realtà è un fatto di lingua e cambia da idioma a idioma2 .
Anzitutto è facile constatare che i sistemi linguistici non hanno corrispondenze biunivoche (anisomorfismo).

2.1.6 Lingua e concezione del mondo: ipotesi Sapir-Whorf.


Determinismo: il linguaggio determina il pensiero. La lingua modella la nostra concezione del mondo. Noi vediamo e sentiamo in base alle categorie e alle distinzioni codificate nella nostra lingua. La gente di solito nota e ricorda le cose che sono codificabili nella propria lingua. Senza lingua non si può pensare.
Whorf: teoria della relatività linguistica: è il nostro linguaggio a fornirci la forma dell'esperienza che pensiamo di avere del mondo: gli uomini non vedono le cose cui non danno un nome. [Ma si può ribaltare: gli uomini non hanno bisogno di dare un nome alle cose di cui non hanno esperienza].
Tesi opposta di E. Durkheim: la struttura sociale plasma non soltanto il sistema di valori di una società, ma anche i suoi strumenti concettuali.
Ogni societa' suddivide il mondo in oggetti secondo i propri bisogni. I vocabolari di solito non sono isomorfi. Non esistono concetti universali anteriori alle lingue che li denominano.
Es.: terminologia del colore (Hjelmslev, Cardona Etn. 115): lo spettro dei colori è un continuum fisico e visivo (psichico): ogni lingua lo segmenta in maniera diversa (le lingue sono sistemi simbolici arbitrari).

- eskimo: molti nomi per "neve"

- hopi: non ha la categoria del tempo, ma del modo

- nomadi del Nord-Africa: 60 termini per "cammello"

- lingue bantu: 60 termini per "palma"

- gauchos argentini: 200 varietà di cavalli (in italiano circa 10 termini)


METODI ETNOLINGUISTICI E STRATIFICAZIONE SOCIALE

Alcuni principi euristici e metodologici dell'etnolinguistica si possono utilizzare, mutatis mutandis, in sociolinguistica, anche se tra "ethnos", "cultura", strato, classe, gruppo sociale non c'è equipollenza.

Saussure insegnava che i costumi di una nazione incidono sulla lingua e, d'altra parte, è proprio la lingua che fa la nazione (Cours, p. 31).

Il concetto di “stratificazione”, esaltato in passato dalla visione marxista, è ormai in crisi. La società post-moderna è “liquida”, come ha vaticinato il sociologo polacco Zygmunt Bauman (1925-2017): l’uomo moderno, uomo senza legami, individuo plasmato dalla «modernità liquida», è un consumista senza legami (postmodernità). Anche la lingua avrebbe perso il suo valore identitario.


2.1.7Onomastica (Sociolinguistica del nome proprio)


Un es. di struttura linguistica riflesso della cultura è il sistema onomastico (Cardona, 1985a, 133 sgg.)

- Nell'antichità il nome era considerato un “presagio”: nomen omen.

Ciò spiega la vasta tipologia di nomi propri: nomi teofori, apotropaici, totemici, celebrativi, indicanti l'ordine della nascita, ecc.

Si comprende anche perché le società antiche hanno sviluppato un complesso rituale dell'imposizione dei nomi.

- L’Onomastica indo-europea preistorica è bimembre, almeno quella aristocratica; ogni nome ha un “significato” sociale.

- Grecia: Nel linguaggio dell’epos il nome proprio (onoma) è il precipitato di un mito; il pendant scritto è il «mitogramma»; L’eponumon e l’ epitheton hanno un’etimologia trasparente, che racconta qualcosa del suo portatore.


Storia dell'etimologia nel pensiero greco.

I Greci sono interessati alla “giustezza dei nomi” (orthotes ton onomaton): differenza tra nome proprio e nome comune.

Platone, Aristotele, ecc., nel parlare di etimologia citano spesso nomi propri. Perché?

L'onomaturgo, il platonico creatore dei nomi, è un nomothetes, una specie di legislatore. Anche il nome è muthos e poiesis! Scopo principale del mito e della poiesis è – secondo Platone – l’insegnare (didaskein).


Per Platone il nome ha due funzioni:

a) didaskalikon organon ‘strumento d’insegnamento’

b) diakritikon tes ousias ‘atto a classificare la realtà’

La funzione prima è insegnare [o designare?], la seconda è designare (tassinomia del reale: semantica).

Probabilmente Platone, parlando di onoma, aveva qui in mente, per a), il nome proprio (e principalmente il teonimo) con la sua carica evocativa di micro-racconto e, per b) la sua teoria delle lettere.
Da b) deriva la teoria delle lettere e della sillaba, il preteso fonosimbolismo o cinestesismo (Belardi). E' una teoria elaborata da Platone, sviluppata poi dagli stoici, da Aristotele, ecc.: nome come mimesis del reale.
Da a) deriva quella che per noi moderni è paretimologia (falsa etimologia), per la cultura greca antica è dottrina (mathesis), racconto (muthos), creatività (poiesis).

E' la dottrina sulla “correttezza” dei nomi (doxa perì onomaton orthotetos), che si trova nei poemi di Omero, la dottrina tradizionale, che Platone riprende: il nome è icona del vero (onoma = eikone).


Se il nome comune è mimesi della realtà extralinguistica, il nome proprio è icona del suo portatore: ne racconta le caratteristiche tipiche o le funzioni (che possono essere anche secondo la stirpe (katà genos): Ektor e Astuanaks sono lo stesso nome perché indicano lo stesso referente (tauton semainei) (394c): cf. l'onoma eponumon di Sulzberger 1926).

Nel Cratilo di Platone c’è in nuce la teoria dei Nomi parlanti (393a). La denominazione (eponumia) deriva dal genitore o dalla stirpe (genos) (394d)

b) verte sul significante,

a) sul significato


Argomenti da approfondire:

La “teoria della spola” (Cratilo)

- tria nomina Romanorum

- Onomastica biblica

- Onomastica cristiana

- B. Migliorini: dal nome proprio al nome comune

- L'attuale sistema cristallizzato dei nomi e cognomi (opachi e immotivati), vige prevalentemente nelle classi alte e nelle situazioni formali.

Tuttavia si nota, in certi ambienti, un recupero colto del significato etimologico del nome.


Il soprannome

Ingl. Nickname, fr. sobriquet, sp. apellido.

- Negli strati popolari e marginali (paesi, borgate metropolitane, campagne, gruppi chiusi), il soprannome è ancora vitale.
L. Sciascia: in Sicilia il soprannome (detto anche ingiuria, ma non ha niente di offensivo ed è accettato dal suo portatore) è "una specie di genere letterario". Per il soprannome in Sardegna vedi Putzu 2000.

2.1.8Ecolinguistica


L’ecologia della lingua (Language Ecology) o ecolinguistica (Ecolinguistics) è una prospettiva di studio intrapresa all’inizio degli anni ’70 dal sociolinguista americano di origine norvegese Einar Haugen. Secondo tale linea di ricerca, il comportamento linguistico non può essere compreso pienamente senza l’investigazione della totalità delle relazioni tra la lingua e il suo ambiente, l’ecologia appunto. In prospettiva ecologica, lo studio del contatto linguistico implica dunque l’analisi approfondita delle caratteristiche del contesto storico, sociologico, culturale, economico, politico, religioso e psicologico dei parlanti delle lingue in contatto, nonché l’indagine degli effetti che l’interrelazione tra gli aspetti di tale contesto produce sulle scelte dei parlanti. Solo alla luce di tali osservazioni è possibile fornire una spiegazione attendibile del comportamento dei parlanti. Inoltre, lo studio degli ecosistemi è importante nell’interpretazione dei processi di language shift e morte linguistica3.

Non bisogna però dimenticare che lo spazio della lingua non è lo spazio della natura, ma lo spazio della cultura (Lazzeroni, Linguistica storica, 35).

Per Hagège 1989, 194-6: l'ecologo della lingua è un “nemico di Stato”.

RIVISTA DI ECOLINGUISTICA: http://www.ecoling.net/journal.html



2.1.9Paleontologia linguistica


L'esistenza di una lingua permette di inferire l'esistenza di una società. Ma ci fornisce notizie sulla natura e la cultura di tale società?
- Adolphe PICTET, Les origines indo-européennes, 1859-63: dalle testimonianze delle lingue ie. si potrebbero ricostruire i tratti fondamentali della civiltà degli Indoeuropei (utensili, armi, animali domestici; vita sociale: nomadi o sedentari; ecc.) e il loro Urheimat (la Battriana).

Vedi il vol. di M. P. Bologna. La paleontologia linguistica di A. Pictet .


Per Hermann HIRT, Die Indogermanen, 1905-7, fatti di vocabolario indicherebbero che gli Indoeuropei erano agricoltori, la loro sede era un paese boscoso (abete, betulla, faggio, quercia), da localizzare tra lo Harz e la Vistola.
- Adalbet KUHN utilizzò la paleontologia linguistica per ricostruire la mitologia e la religione degli Indoeuropei.
- F. de Saussure: la paleontologia linguistica non ci può dare certezze: incertezza dell'etimologia, evoluzione del vocabolario, possibilità dei prestiti.

In alcuni casi la paleontologia opera su terreno più sicuro: il lessico della parentela ci consente di ricostruire la struttura e l'ideologia della famiglia indoeuropea.



2.1.10Semiologia


Come scienza generale dei sistemi di segni, la semiologia non può ignorare i dati della sociolinguistica.

Varvaro esclude dall'ambito della sociolinguistica lo studio della lingua come sistema semiologico «tranne che per quanto attenga al nesso tra cultura e sistema, nell'ipotesi che essi siano reciprocamente condizionati».



2.1.11Psicolinguistica


Considerata impropriamente una branca della psicologia, la Psicolinguistica inizia il suo sviluppo autonomo agli inizi degli anni Cinquanta [Miller 1951; Saporta e Bastian 1961]; si occupa della comunicazione umana in generale, e, in particolare, delle condizioni di uso dei sistemi simbolici come la lingua.

In sostanza, lo studio psicolinguistico della lingua riguarda sempre l'esecuzione linguistica, quella che Saussure definiva la parole (langue /parole): il fine di tale studio è rinvenire indizi utili a ricostruire il comportamento umano e il modello cognitivo che lo rende possibile.

I nuclei di interesse descrittivo sono l'acquisizione del linguaggio, il rapporto tra l'attività linguistica e le basi cerebrali, le patologie del linguaggio che portano alla sua perdita, come le sindromi afasiche (afasia).

Per quanto riguarda i rapporti tra comportamento e lingua, si possono distinguere almeno cinque diverse ipotesi di lavoro:

1) la cosiddetta "ipotesi Sapir-Whorf", secondo cui la lingua del parlante condizionerebbe il suo modo di percepire e organizzare a realtà;

2) la posizione dei neopositivisti logici della scuola di Vienna (Carnap) secondo cui le condizioni di verità alle quali le espressioni linguistiche sono soggette derivano dalla organizzazione della realtà;

3) la posizione di Piaget e della scuola di epistemologia genetica che da lui deriva, che rappresenta in un certo senso un punto di sintesi tra le prime due. Infatti, secondo lo psicologo svizzero, sia la lingua che il pensiero rappresentano due manifestazioni distinte di un comune processo, piú generale e profondo, che è quello che governa l'attività simbolica dell'uomo;

4) gli psicologi comportamentisti (comportamentismo) americani [Skinner 1947], che hanno elaborato una teoria dell'apprendimento linguistico e del comportamento verbale in generale, basata sullo schema dell'associazione stimolo /risposta. Lo stimolo è qualsiasi impressione percepita dal soggetto; la risposta è la reazione a tale stimolo, la quale può essere "rinforzata" positivamente (mediante incoraggiamento, ricompensa, ecc.) determinando in tal caso l'apprendimento dell'associazione e la sua generalizzazione;

5) infine, piú recentemente, la psicolinguistica ha trovato un rapporto di complementarietà con la grammatica generativa di Chomsky. Il punto di contatto sta nel comune interesse per la ricerca degli universali linguistici innati, cioè non acquisiti con l'esperienza o l'apprendimento. Cosí, ad es., secondo Chomsky, la fase di acquisizione del linguaggio da parte del bambino mostrerebbe la capacità innata della mente di operare la generalizzazione delle regole che il bambino osserva all'opera e assume a proprio modello nella performance o esecuzione linguistica dei parlanti adulti. Compito della psicolinguistica sarebbe dunque mettere alla prova sperimentalmente questa ipotesi, al fine di verificarla. Mentre l'analisi linguistica vera e propria si svilupperebbe ad un altro livello, quello della competenza linguistica vera e propria.

Psicologia del linguaggio è una variante del termine psicolinguistica; ma un accento piú forte è posto sull'appartenenza del campo alle discipline psicologiche, piuttosto che linguistiche, sia per quanto riguarda la metodologia, sia per quanto riguarda l'oggetto di indagine.

2.1.12Folklinguistics


La Linguistica popolare studia le idee popolari sulla lingua nell'ambito della Kulturforschung (vedi § 8.2).

2.1.13Pragmalinguistica:


Studia i rapporti tra i segni e l'uso che di essi fanno gli utenti.

2.1.14Glottodidattica


Teoria e prassi dell’insegnamento delle lingue.


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